Lago d’Aral
Quando l’uomo vuole sostituirsi alla natura

Uno dei laghi più grandi della Terra fino a mezzo secolo fa era il Lago d’Aral; con i suoi 67.820 chilometri quadrati, era quarto, dietro il Mar Caspio in Asia, il Lago Superiore nell’America del Nord e il Lago Vittoria in Africa. L’avvallamento lacustre consiste in terreno piano che era completamente allagato. Il lago, posto a 50 metri sul livello del mare, aveva una profondità massima di 68 metri.

Esso rappresentava una ricchezza per le sue risorse di pesce (era presente una ventina di specie originarie), che fornivano una buona fetta del consumo della Russia, e per i prodotti tessuti di cotone, che avevano un fiorente mercato in tutto il mondo. L’acqua era abbondante, grazie al contributo offerto totalmente dai suoi due grandi immissari Amu Darya e Syr Darya, i maggiori fiumi dell’Asia Centrale, mentre non c’era un emissario: l’acqua non usciva da lì. La sua costa è suddivisa fra due Paesi, il Kazakistan e l’Uzbekistan, che nel passato facevano parte dell’Unione Sovietica.

Tempo addietro, attorno al lago c’erano enormi estensioni di territorio a steppa, che per i Governi sembravano adatte alla produzione di piante di cotone, che intendevano coltivare con la coltura intensiva, anche se si evidenziavano grandi difficoltà, essendo il suolo molto arido, mentre sono preferibili i terreni sciolti; d’altra parte, le infrastrutture idrauliche necessarie all’irrigazione erano assenti o quasi. I tecnici sovietici, per risolvere il complicato problema, pensarono bene di utilizzare le acque dei due grandi fiumi. Così, progettarono l’escavazione di un canale lungo 500 chilometri, che avrebbe tolto al lago non meno di un terzo della loro acqua, per allagare le risaie e per irrigare i campi di cotone, colture bisognose del prezioso liquido. Naturalmente, la presenza delle coltivazioni richiamò tanti lavoratori, affinché le curassero; in breve tempo, essi diventarono circa 40.000.

Sulla costa, era il centro abitato di Aralsk, dove nei primi anni del XX secolo i mercanti russi misero in piedi gradi organizzazioni per la pesca, alle quali seguì la costruzione di impianti navali.

Purtroppo, previsioni fallite, manutenzione non ben eseguita o carente, scarsa efficienza dei sistemi di irrigazione, provocarono un aumento sensibile e costante nella richiesta d’acqua sia dai fiumi sia dalle falde acquifere, alle quali, per necessità, si era iniziato ad attingere.

I risultati dell’operazione non furono dei migliori e, una trentina di anni dopo, i tecnici idraulici si resero conto che il quantitativo di acqua che arrivava al lago era un decimo di quello che si aveva all’inizio dell’opera: non c’è che dire, il guaio (e che guaio!) era combinato, giacché una buona porzione della superficie si era seccata e la parte restante era in fase di rapido prosciugamento. Il risultato fu che già nel 1989 il Lago d’Aral si mostrava diviso in due monconi: Lago d’Aral Superiore e Lago d’Aral Inferiore.

In una tale situazione, non ci si poteva aspettare che il peggio. La carenza di acqua aveva favorito e accelerato il fenomeno dell’evaporazione: in effetti, con l’evaporazione diminuiva la profondità, e quindi lo spessore dello strato di acqua; e al diminuire della profondità, si verificava la conseguente maggiore evaporazione.

Non stupisce il fatto che, nella nuova situazione, siano cambiati i parametri chimici dell’acqua, con conseguente aumento della salinità (l’acqua del lago è ricca di calcio, magnesio e fosfati) e a subirne i maggiori danni fu la fauna ittica, che rappresentava la fornitura di un quinto del fabbisogno dell’Unione Sovietica, mandando in fumo l’attività di migliaia di pescatori. Per contenere, più che ridurre, l’incombente salinità, si procedette all’emungimento dalle falde acquifere che, dagli originari 56 metri, passarono a 36. Insomma, danno su danno!

Chi ne soffrì maggiormente fu la popolazione locale, che si trovò in seria difficoltà nel procurare l’acqua potabile necessaria, anche perché quella rimasta era praticamente inutilizzabile, essendo inquinata dai prodotti chimici (pesticidi e fertilizzanti) usati nella coltivazione del cotone. E ciò non solo, giacché ci furono effetti assai negativi sulla salute, che si manifestarono con anemia, bronchite cronica, febbre tifoide, epatite, asma, tubercolosi, cancro linfatico, del fegato e della gola. La mortalità infantile divenne molto alta, soprattutto a causa delle malattie respiratorie procurate dal sale e dai minerali portati in giro dalla polvere.

Le bufere di sabbia iniziarono a imperversare sui territori litoranei, spargendovi sopra il sale asportato dal fondo marino. Per di più, questo, spinto dai venti, giunse fino a 200 chilometri di distanza, spargendosi su campi coltivati in diversi Paesi, fra cui Uzbekistan, Kirghizistan e Turkmenistan e raggiunse perfino le vette dei monti del Kirghizistan, incrementando lo scioglimento dei ghiacciai, già in difficoltà per conto loro, grazie ai cambiamenti climatici. Le tempeste di sale e l’abbassamento delle falde idriche misero in seria difficoltà la vegetazione, ridotta per circa due quinti, e le colture, per cui la popolazione dovette migrare in altro luogo, in cerca di una situazione meglio vivibile.

Il porto di Aralsk perse la sua funzione quale approdo per le navi e i pescherecci, quando negli anni Settanta del secolo scorso il lago, ritirandosi, si allontanava sempre di più, si potrebbe dire a vista d’occhio; e, nel frattempo, tutte le imbarcazioni si posarono sul fondo asciutto, diventando i simboli di un disastro non certo annunciato, se si esaminano le ragioni per le quali si è pervenuti a una simile calamità.

Anche il clima soffrì del nuovo stato di fatto. Diminuendo le sue dimensioni, il lago non era più in grado, con la sua massa liquida, di incidere sulle condizioni meteorologiche locali, per cui il clima, in precedenza relativamente mite, divenne decisamente continentale, con estati calde e inverni rigidi.

La situazione, si deve riconoscere, oggi è molto complessa e ardua da risolvere. È possibile ripristinare il lago come era in precedenza? Una domanda alla quale è assai difficile dare una risposta, anche e soprattutto perché sarebbe indispensabile che tutti collaborassero indipendentemente dalle condizioni economiche e dagli orientamenti politici, che hanno reso teso il contrasto sorto al momento della progettazione di una soluzione che accontenti tutti. Invero, i Paesi le cui coste sono sulle rimanenze del Lago d’Aral, cioè il Kazakistan e l’Uzbekistan, si trovano a confrontarsi con il Kirghizistan e il Tagikistan che sono i Paesi percorsi dai due grandi immissari Amu Darya e Syr Darya (un tempo facenti parte dell’Unione Sovietica, quando ancora era in piedi).

Comunque, nel 1996 si tentò di iniziare il recupero del lago, costruendo una diga avente la funzione di regolatrice del livello dell’acqua nella sua zona settentrionale e in più di fornitrice del prezioso liquido per irrigare il terreno circostante. La struttura, purtroppo, pare che sia stata troppo affrettata nella costruzione o non corrispondente alle regole della scienza delle costruzioni, tant’è che nel giro di pochi anni si sfasciò.

Quando nel 2004 si costruì una diga lunga 13 chilometri sul fiume, unitamente a diversi impianti idraulici migliorativi, il lago ringraziò, perché nel giro di mezzo anno il livello si alzò di quattro metri, consentendo alla sua superficie di estendersi di un terzo e riuscendo in tal modo a richiamare una parte della sua fauna acquatica. L’afflusso di acqua dal Nord ne ha consentito un timido allargamento verso Sud, mentre là l’evaporazione è diminuita. Anche la popolazione ha risentito dei cambiamenti in meglio, con un sensibile calo dell’anemia, grazie ai miglioramenti nell’alimentazione, a seguito di un risveglio dell’agricoltura e della pesca.

Il recupero del lago è lontano, ma non oltre l’orizzonte. Certo, le criticità non sono del tutto scomparse: nella parte meridionale c’è ancora il rischio di siccità, anche se esiste una certa tendenza dell’acqua a raggiungerla; al Nord, la salinità positivamente rallenta l’evaporazione.

Il progetto di recupero, finanziato dalla Banca Mondiale con 86 milioni di dollari, si propone di ricostruire gli argini, al fine di bloccare le perdite di acqua e di costruire una diga nella parte meridionale del Syr Darya per alimentare il contenuto idrico del Piccolo Aral, che è il residuo del lago nella parte settentrionale, appartenente al territorio kazaco. La diga, eretta nel 2005, ha dato i suoi frutti, giacché il livello dell’acqua, nel giro di sette anni, si è alzato di tre metri, rendendo l’ambiente liquido vivibile a specie di pesci (lucci, pagelli, rutili) che sono tornate a popolarlo con la soddisfazione della popolazione locale.

In definitiva, i presupposti sono tutti a favore di un recupero accettabile: il futuro dirà se le previsioni sono state correttamente individuate e i risultati continueranno a essere soddisfacenti.

(ottobre 2021)

Tag: Mario Zaniboni, Lago d’Aral, Amu Darya, Syr Darya, Kazakistan, Uzbekistan, Unione Sovietica, Aralsk, Lago d’Aral Superiore, Lago d’Aral Inferiore, Piccolo Aral, storia del Lago d’Aral.