Il sionismo
Il difficile compito degli intellettuali ebrei per la creazione di una Nazione Ebraica in Palestina

Il sionismo è un movimento politico-religioso, sorto allo scopo di ottenere la costituzione in Palestina di una sede nazionale ebraica, destinata ad accogliere gli Ebrei desiderosi di tornare a risiedere nella loro terra storica.

Sin dalla distruzione del secondo Tempio (70 dopo Cristo), questa era stata una costante aspirazione degli Ebrei, che aveva trovato alimento nello stato di disagio in cui essi venivano a trovarsi in Paesi dove, non potendo né volendo assimilarsi alla popolazione locale, erano sopportati come stranieri indesiderabili e, a più riprese, perseguitati.

Il movimento sionistico, sviluppatosi tra la fine dell’Ottocento e gli anni susseguenti alla Seconda Guerra Mondiale, ha inteso dare finalmente corpo a tale millenaria aspirazione.

Primi sionisti possono essere tanto gli Hobebe Syyon (Amici di Sion), i quali promossero una prima colonizzazione della Palestina, quanto alcuni intellettuali che, ispirandosi al Risorgimento Italiano, intendevano raggiungere mete analoghe per la Nazione Ebraica.

Il movimento vero e proprio cominciò, però, ufficialmente, soltanto quando ne prese la guida Theodor Herzl, un brillante Ebreo Austriaco, intellettuale e giornalista: egli fu il creatore del «sionismo» in un periodo in cui il malcontento degli Ebrei Occidentali delusi si aggiungeva alla miseria del mondo ebraico dell’Est, entrambi mescolati con le antiche tradizioni e i vecchi dogmi religiosi. Nato a Budapest nel 1860, all’età di 18 anni entrò all’Università di Vienna.

Benché iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza egli cominciò a scrivere accarezzando l’idea di divenire un grande scrittore ed ottenne successi letterari che gli procurarono, nel 1891, il posto tanto agognato di corrispondente parigino del più importante quotidiano di Vienna, la «Wiener Neue Freie Presse».

Nel 1896 pubblicò Der Judenstaat, opera di propaganda indirizzata ai filantropi ebrei e a quanti potevano prendere interesse a questa causa, in cui auspicava la creazione di uno Stato Ebraico. E quanto alla sede, proponeva alternativamente la Palestina o un territorio dell’America Meridionale.

La «Società degli Ebrei» si sarebbe occupata di perorare la causa presso tutti i Governi Europei per ottenere aiuti e, al momento opportuno, il riconoscimento del nuovo Stato, avrebbe provveduto a stendere la Costituzione e a raccogliere fondi necessari per l’immigrazione degli Ebrei. Era un programma difficile, irto di ostacoli e circondato da diffidenza e incomprensioni; ma Herzl non si perse mai d’animo e nel 1896 già proponeva al Sultano di acquistare la Palestina, e organizzava nel 1897 un Congresso, da cui ebbe origine il cosiddetto «Programma di Basilea», le caratteristiche programmatiche del sionismo: preparare e favorire l’immigrazione degli Ebrei in Palestina; educarli alla nuova dignità di cittadini di uno Stato indipendente; ottenere dal Governo Turco facilitazioni nella Terra Promessa.

A questo Congresso, cui parteciparono i delegati eletti da coloro che pagavano annualmente il «siclo» (una sorta di contributo), ne seguirono altri cinque sino al 1903 ed altri ancora, ogni due anni, dal 1905 al 1935, con una interruzione dovuta alla Prima Guerra Mondiale, dal 1914 al 1920.

Quando, terminata la Seconda Guerra Mondiale, si riunì a Londra la Conferenza Mondiale Sionista (1945), i sionisti chiesero ancora che venissero loro accordati il riconoscimento di uno Stato Ebraico sovrano e il permesso di libera immigrazione, nonché l’abolizione di tutte quelle norme restrittive che gravavano sull’acquisto di terre in Palestina.

Il Governo di Washington, attraverso il Comitato Angloamericano d’inchiesta, si disse disposto ad approvare queste richieste.

Viceversa il Governo di Londra, cui gli interessi politici ed economici nel mondo arabo non permettevano molta libertà di manovra in questo campo, si dichiarò disposto ad approvare in Palestina non più di un piano di «autonomie provinciali».

Questa decisione non fu peraltro riconosciuta dal XXII Congresso Sionista, tenutosi a Basilea nel 1946, e la soluzione della vertenza venne affidata alle Nazioni Unite, che il 29 novembre 1947 dichiararono terminato il mandato del Governo Inglese in Palestina e decisero la costituzione dei due Stati, arabo ed ebraico.

La spartizione del Paese incontrò la fiera opposizione degli Arabi e portò ad una guerra conclusasi rapidamente con la vittoria degli Ebrei, assai più preparati e meglio armati.

Il 15 maggio 1948 venne costituito ufficialmente lo Stato d’Israele. Il sionismo era giunto così alla realizzazione piena del proprio programma.

L’immigrazione, frattanto, che, a seguito di norme restrittive instaurate dal Governo Inglese, avrebbe dovuto fermarsi, fu fortemente incrementata dall’immigrazione degli Ebrei dalla Germania.

Organizzazioni ebraiche armate a carattere estremista quali l’Irgum Zwai Leumi e la Banda Stern avevano da tempo dato inizio ad un’attività terroristica sfociante in atti di sabotaggio e attentati, mentre la Jewish Agency che aveva sconfessato le due organizzazioni creava come proprio organo militare l’Haganah, nucleo del futuro esercito israeliano.

I terroristi ebraici avevano i loro sostenitori organizzati negli Stati Uniti da cui ricevevano i fondi. Questi sostenitori scatenarono una astiosa campagna sui giornali statunitensi con pagine zeppe di annunzi che attaccavano gli Inglesi, e si stabilirono a Washington in qualità di rappresentanti della Nazione Ebraica. Agli affiliati venivano concessi i visti per il Vicino Oriente, tramite raccomandazioni ottenute da alti funzionari del Governo degli Stati Uniti.

L’Agenzia Ebraica e la sua forza di autodifesa chiamata Haganah erano così contrarie ai metodi dell’Irgun e della Banda Stern che dopo l’assassinio di Lord Moyne, Ministro di Stato Britannico nel Medio Oriente, compiuto nell’ottobre 1944 al Cairo, presero a collaborare con gli Inglesi nella lotta contro i terroristi; questa collaborazione ebbe termine nell’estate del 1945 quando il segretario del Foreign Office, Ernest Bevin, adottò la politica dell’Agenzia Ebraica nei confronti della Palestina.

(febbraio 2016)

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