Francesco Baracca
Il cavaliere che solcò i cieli durante l’epilogo del lungo Risorgimento

Francesco Baracca

Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana

Le gesta di Francesco Baracca ci riportano alla memoria i temi mazziniani, ed egli fu, come i suoi illustri predecessori, attento a salvaguardare, a costo della stessa vita, gli ideali che nutrirono l’intero Risorgimento: libertà, indipendenza dallo straniero, idea di Nazione. Entrò a far parte dell’Aeronautica in anni cruciali, agli albori della stessa, che ebbe comunque i suoi precursori proprio nel corso del Risorgimento. Penso in particolare ai conti Zambeccari, parmensi, con Francesco, l’inventore del pallone aerostatico ed il di lui figlio Tito Livio. Il Lucchese Vincenzo Lunardi con Francesco Zambeccari a Londra mise a punto le teorie dei fratelli Montgolfier.

Il figlio di Francesco Zambeccari, Tito Livio, patriota mazziniano, a Lucca era di casa. Intorno al 1840 gli incontri in Lucca dello stesso col figlio di Ciro Menotti, qui esule con la madre dopo i fatti modenesi del 1831, con i fratelli Fabrizi, originari di Sassi Eglio nell’odierna Garfagnana Lucchese, ed i cugini di questi ultimi, i Pierotti, in accordo con le forze mazziniane che operavano nell’intero Stivale, divennero gli antesignani delle questioni politiche nazionali.

Anche se l’Aeronautica Militare come la conosciamo è posteriore a tale periodo, acquistando un suo ruolo solo durante la Prima Guerra Mondiale, conteneva nelle sue origini la spinta ideale del nostro Risorgimento, attraverso l’idea di Progresso che la caratterizzava e di cui si nutrì poi tutto il XIX secolo.

Francesco Baracca, eroe del secondo decennio del Novecento, si nutrì anch’egli di questo humus ideale del XIX secolo.

Indico di seguito alcune sue note biografiche. Nato a Lugo, in provincia di Ravenna, nel 1888, Francesco Baracca morì a Nervesa della Battaglia, in provincia di Treviso, nel 1918.

Proveniva da una ricca famiglia. Suo padre Enrico, uomo d’affari e proprietario terriero, era sposato alla contessa Paolina de’ Biancoli, madre di Francesco. Quest’ultima donò, su richiesta di Enzo Ferrari, dopo la morte del figlio, il suo simbolo, il cavallino rampante nero, al pilota Ferrari, che ne fece l’emblema della sua scuderia, la quale ancora oggi ci rappresenta in tutto il mondo.

Francesco Baracca, dopo gli studi a Lugo, nella sua città, ed a Firenze, si iscrisse all’Accademia Militare di Modena, emblema delle risorse militari più prestigiose del giovane stato unitario italiano. Nel 1912, a seguito di un’esercitazione aerea presso l’aeroporto di Roma, Centocelle, passò dall’esercito all’aviazione. Frequentò in Francia diversi corsi di pilotaggio. Fece varie esperienze come pilota, sin dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale all’interno della mitica 91° squadriglia, composta da molti assi del volo tra cui Pier Ruggero Piccio, Fulco Ruffo di Calabria, Guido Keller, Ferruccio Ranza, solo per citarne alcuni.

La «Squadriglia degli Assi»

La «Squadriglia degli Assi» di Francesco Baracca

Nella quarta missione del 19 giugno 1918 trovò la morte, nei cieli trevigiani. Baracca, che era ritornato alla base col terzo volo sul suo SPAD in quel 19 giugno, ridecollò con l’aereo di riserva, che non era danneggiato. Fu ritrovato qualche giorno dopo dal capitano Osnago, compagno del suo ultimo volo. Non sono chiare le dinamiche dell’accaduto. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che si sia trattato di suicidio per non cadere in mano nemica.

Il giugno 1918 fu un mese cruciale per il Regno d’Italia, vessato da una lunga guerra che ormai da tre anni lo vedeva contrapporsi all’esercito austro-ungarico. L’aviazione agli inizi del Novecento è una realtà giovane ed è stata considerata alla stregua dei nascenti sport motoristici. I nostri apparecchi sono tutti di marca straniera dato che le poche fabbriche italiane riuscivano a produrre dalle sei alle undici macchine all’anno. Più che di un’aviazione militare si trattava di una modesta e pittoresca collezione di aerei. Nessuna macchina era armata, lo erano invece i piloti i quali dovevano sparare al nemico. I piloti dovevano dimostrare perciò la propria abilità. Si percepivano quasi «in singolar tenzone», desiderando di misurarsi col nemico come in tempi lontani, alla stregua degli antichi cavalieri. Francesco Baracca questo rappresenta agli occhi degli Italiani suoi contemporanei, che leggono le sue gesta sui giornali.

Aveva ottenuto il 7 aprile 1916 la medaglia d’argento al valor militare in seguito alla sua prima vittoria nei cieli che era anche la prima in assoluto dell’aviazione italiana. Da quel momento era iniziata la sua ascesa militare. L’ufficialità vuole che abbia conseguito 34 vittorie. Quel 19 giugno 1918 la sua ultima missione. Sopra Colle Val d’Acqua, sul Montello, fu colpito da un biplano austro-ungarico non visto, o visto troppo tardi. Verrà ritrovato qualche giorno dopo, il 23 giugno, come ricordato, dal capitano Osnago, suo compagno dell’ultimo volo. Fu Gabriele D’Annunzio a pronunciare il suo elogio funebre a Lugo di Romagna. La salma di Francesco Baracca verrà inumata in una cappella sepolcrale nel cimitero di Lugo.

Egli fu membro della Massoneria di Rito Scozzese. Non voglio qui addentrarmi nelle varie tesi sulla sua scomparsa, ma solo ricordare ancora il celebre cavallino rampante nero che faceva dipingere sulla fiancata sinistra del proprio velivolo e che sua madre, cedendolo ad Enzo Ferrari qualche anno dopo, fece diventare per il mondo intero il simbolo vincente della scuderia Enzo Ferrari di auto da corsa, che tanta fortuna ha portato al nostro automobilismo in ambito internazionale.

Intendo parlare in particolare della figura dell’eroe vincente, del mito del volo di quegli anni, che contraddistinse anche la figura di Francesco Baracca.

La Prima Guerra Mondiale non vide l’aeronautica come predominante e decisiva per le sorti del conflitto, ma sicuramente fu con questo conflitto che divenne agli occhi del mondo decisiva, pronta a segnare il futuro dei rapporti di forza nello scacchiere internazionale. Gli eroi degli anni Dieci e Venti dell’aeronautica rappresentano perciò ancora oggi nell’immaginario collettivo i veri supereroi, coloro che impressero al XX secolo l’impronta essenziale che lo contraddistinse.

Essendomi occupata a fondo del Primo Risorgimento Italiano posso parlare dall’interno dell’aeronautica, affermando senza tema di smentita, come ho citato all’inizio dell’articolo, che i suoi pionieri qui li ritroviamo, nel Primo Risorgimento.

Loro furono i padri di Francesco Baracca e di chi come lui vide nei cieli il futuro non solo militare ma industriale dell’intero pianeta.

Il motore a scoppio proiettato oltre la frontiera terrestre divenne dunque per chi seguiva da vicino le «magnifiche sorti e progressive» non solo un mito ma insieme una realtà in divenire, un mondo che si faceva strada oltre ogni limite. L’Italia, una Nazione in crescita, da poco formatasi sul piano politico, in ritardo rispetto ad altri Paesi Europei, non fu però seconda a nessuno sin dagli albori nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnologica. Ciò le permise di coltivare nel suo seno nei primi anni del Novecento uomini come Francesco Baracca, che le regalarono dignità internazionale, voglia di esserci e di misurarsi con un futuro europeo.

L’Europa tutta di quegli anni, se faticava non poco sul piano politico, trovò senz’altro una sua dimensione «spirituale» sul piano industriale.

La crescita industriale doveva necessariamente andare di pari passo con una mitizzazione delle imprese e con la volontà di tutti di accettare nuove regole e diversi stili di vita, che tale industrializzazione necessariamente comportava. Il progredire dell’industria fu concomitante col progresso scientifico, che abbracciò vari ambiti, compreso quello automobilistico ed aeronautico.

Si trattava di mondi collegati, vicini, capaci di viaggiare a specchio ed all’unisono, in cui soprattutto la borghesia del tempo si riconosceva pienamente. Ma anche i ceti popolari assorbirono tali «idealità» mitizzando così situazioni e figure eroiche che meritano indubitabilmente di venire ancor oggi ricordate.

Il Novecento fu insieme un secolo distruttivo e costruttivo, al centro del quale troviamo come nel lungo Ottocento, l’idea di progresso quale marchio indelebile nella mente di ognuno. Il suo essere secolo distruttivo per i conflitti laceranti che lo attanagliarono nulla tolse alla poesia che caratterizzò taluni eventi, come quelli dell’aria, definendo e delineando così con certezza un’intera epoca.

(agosto 2017)

Tag: Elena Pierotti, Italia, Francesco Baracca, Risorgimento, Aeronautica, pallone aerostatico, Vincenzo Lunardi, Francesco Zambeccari, Tito Livio, Lucca, Prima Guerra Mondiale, Nervesa della Battaglia, 1918, Paolina de’ Biancoli, Enzo Ferrari, cavallino rampante, 91° squadriglia, assi del volo, Ferrari, Pier Ruggero Piccio, Fulco Ruffo di Calabria, Guido Keller, Ferruccio Ranza, aviazione agli inizi del Novecento, Colle Val d’Acqua, Montello, Lugo di Romagna, Gabriele D’Annunzio, Massoneria di Rito Scozzese, motore a scoppio.