Il genocidio degli Herero e dei Nama nell’Africa Sud-Occidentale Tedesca
Una brutta pagina quasi sconosciuta della storia europea all’alba del Novecento

Il genocidio delle popolazioni Herero e Nama da parte dell’esercito tedesco agli inizi del Novecento è un tema poco conosciuto, poiché i saggi ad esso dedicati sono quasi esclusivamente in lingua tedesca[1] e ciò ne ha diminuito molto l’eco; questo breve contributo intende delinearne le caratteristiche principali, offrendo inoltre un’accurata bibliografia per ulteriori approfondimenti.

Nel triennio 1904-1907, la Germania fu impegnata in uno sforzo militare ed economico molto importante per domare la rivolta degli Herero e dei Nama nella colonia dell’Africa Sud-Occidentale; la guerra si rivelò difficile per l’esercito tedesco, data la mancanza di infrastrutture, le pesanti condizioni climatiche e notevoli deficienze in ambito logistico. Le perdite in vite umane furono stimante in 1500 uomini, metà delle quali per malattia[2]. Di contro, i nativi subirono una vera e propria catastrofe demografica, con perdite intorno al 75- 80% per gli Herero e 45-50% per i Nama[3].

Per comprendere le motivazioni per cui le forze militari di una potenza europea profusero sforzi ed energie per un territorio arido e inospitale, è necessario considerare l’importanza dell’esercito nella vita sociale e istituzionale della Germania dell’Imperatore Guglielmo II. Ad uno sviluppo economico e tecnologico impressionante, si contrapponeva un modello costituzionale autoritario, in cui l’Imperatore designava il Cancelliere, il Parlamento non aveva potere di indirizzo politico o di controllo sull’operato del Governo e non esercitava il potere legislativo potendo legiferare solo su iniziativa o su approvazione dell’Imperatore. L’esercito, le cui alte gerarchie erano imparentate con l’aristocrazia, i magnati dell’industria e l’alta burocrazia statale, era non solo il simbolo della stabilità e della prosperità della Nazione, ma l’unica forza veramente legittimata a governare il Paese. In questo contesto, le innovazioni in ambito sociale introdotte da Bismarck, per esempio l’assicurazione obbligatoria degli operai contro gli infortuni sul lavoro, le malattie e l’invalidità, erano unicamente concessioni di uno Stato paternalistico ed autoritario di antico regime.

L’esercito di una grande potenza non poteva dunque perdere di fronte a popolazioni africane considerate inferiori; la sua stessa funzione di simbolo della potenza tedesca ne sarebbe stata irrimediabilmente danneggiata. Non era ammessa la sconfitta, soltanto la vittoria[4].

Secondo Isabell Hull, la politica militare tedesca nell’Africa Sud-Occidentale fu una «Vernichtungspolitik», una politica di annientamento, come lo stesso comandante Lothar Von Trotha «annunciò […] nella sua intenzione di raggiungere in Africa Sud-Occidentale una soluzione finale, in cui la morte di massa spinta fino allo sterminio costituiva un esito accettabile»[5]. In effetti, l’esercito tedesco nell’attuare tattiche militari come l’inseguimento e l’incarcerazione in campi di concentramento, provocò la morte di moltissimi nativi, «la morte di massa degli Herero fu dunque il risultato di una procedura militare standard, descritta (e forse sperimentata) dalla maggioranza dei Tedeschi coinvolti nell’operazione nei termini di una guerra convenzionale. La morte di massa fu il frutto di pratiche belliche, e non (perlomeno non ancora) di una politica annunciata mirante al genocidio. Questa è forse una delle ragioni per cui i partecipanti stentarono a credere alle dimensioni del fenomeno, malgrado ne avessero prove quotidiane. Agli occhi di molti gli Herero parvero semplicemente svanire, e gli ufficiali tedeschi furono presi dalla paura che potessero ritornare per continuare la guerra»[6].

Molti studiosi hanno sottolineato come soldati sofferenti siano più inclini a compiere atti crudeli[7]; i soldati tedeschi nell’Africa Sud-Occidentale dovevano affrontare tutti i problemi derivanti da una mancanza assoluta di capacità logistica, ciò comportava problemi sanitari assolutamente non secondari, come la denutrizione e lo scorbuto[8]. Vi era uno iato profondo fra le aspirazioni coloniali e militari della Germania e la reale gestione delle colonie; l’Impero non avrebbe mai potuto attuare una politica coloniale come quella inglese in India, che coinvolgeva, se pur in maniera sempre subordinata, nell’amministrazione e nell’esercito i nativi, poiché i nativi erano considerati inaffidabili. «I fallimenti nel campo logistico e della preparazione in generale, dietro i quali stavano manchevolezze profondamente radicate nelle istituzioni, erano tanto più sconvolgenti perché vi erano aspettative così elevate»[9].

Non esistono prove documentarie dell’ordine che il comandante Lothar Von Trotha avrebbe dato nel giugno del 1904, concernente l’uccisione di tutti i maschi herero, tuttavia, in molte occasioni pubbliche il comandante ebbe modo di chiarire la necessità di una guerra dura. «Anche in assenza di un ordine diretto, prima della battaglia ai soldati tedeschi fu dunque trasmessa l’impressione che un uso eccessivo della forza era ciò che ci si aspettava da loro, o che sarebbe comunque stato scusato dai loro comandanti»[10]. Alla fine del settembre del 1904, la tattica dell’inseguimento aveva già falcidiato la maggior parte degli Herero.

Il 2 ottobre del 1904, Von Trotha rivolse un proclama agli Herero in cui dichiarava esplicitamente che non sarebbero più stati fatti prigionieri maschi, né sarebbero state accolte donne e bambini. È importante sottolineare che, a questo punto della guerra, l’esercito aveva già smesso di fare prigionieri maschi, anche se aveva accolto donne e bambini, infatti fu proprio nel gruppo delle donne che si ebbe una maggiore percentuale di sopravvivenza.

L’internamento nei campi di concentramento fa parte dell’ultima fase della guerra. Per quanto concerne i campi di concentramento, da ricordare che in precedenza sia la Gran Bretagna durante la guerra anglo-boera sia la Spagna durante la guerra per Cuba ne avevano creato; l’esercito tedesco era assolutamente impreparato a gestirli, ma soprattutto non aveva un particolare interesse per la vita dei nativi nei campi[11]. Il razzismo, che permeava la cultura europea dell’epoca e che faceva da tragico sfondo alla vicenda degli Herero e dei Nama, non poteva che aggravare la condizione degli internati, denutriti e ammalati.

Nel caso dell’Inghilterra, l’indignazione dell’opinione pubblica riuscì a sottrarre ai militari la gestione dei campi di concentramento, così non fu in Germania, poiché sia la Costituzione sia la pratica corrente affidavano esclusivamente ai militari la direzione della guerra, inoltre ogni critica era considerata un tradimento. Soltanto dall’interno dell’esercito poteva arrivare la decisione di chiusura dei campi, come in effetti avvenne[12]; la impose il colonnello Ludwig Von Estorff, «il cui sentimento di orrore per le condizioni che trovò nei campi fu superato soltanto dal suo senso dell’onore personale: “Non posso incaricare i miei ufficiali di questi servizi da carnefice, né posso assumermene la responsabilità”»[13].


Note

1 Confronta Jan-Bart Gewald, Herero heroes: a socio-political history of the Herero in Namibia, 1890-1923, Athens OH, Oxford UK Ohio University Press, 1999.
Gesine Gruger, Kriegsbewältigung und Geschichtsbewusstsein: Realität, Deutung und Verarbeitung des deutschen Kolonialkriegs in Namibia 1904 bis 1907, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1999.
Ulrich van der Heyden – Joachim Zeller, Kolonialmetropole Berlin. Eine Spurensuche, Berlin, Berlin Edition, 2002.
Claus Nordbruch, Der Hereroaufstand, 1904, Stegen am Ammersee, K. Vowinckel, 2002.
Id, Völkermord an den Herero in Deutsch-Südwestafrika? Widerlegung einer Lüge, Tübingen, Grabert, 2004.
Marianne Bechhaus – Gerst e Reinhard Klein-Arendt, Die (Koloniale) Begegnung: Afrikaner Innen in Deutschland 1880-1945, Frankfurter am Main – New York, 2003.
Gerhard Seyfried, Herero: Roman, Berlin, Eichborn, 2003.
Giselher W. Hoffmann, Die schwweigenden Feuer: roman der Herero, Swakopmund, Hoffmann Twins Verlag, 1999.

2 Kommando der Schutstruppe im Reichs-Kolonialamt, Sanitäs-Bericht über die Kaiserliche Schutstruppe für Südwestafrika während des Herero- und Hottentottenaufstandes für die Zeit vom I Januar 1904 bis 31 März 1907, 2 volumi, Berlin 1909, volume II, pagina 405.

3 Confronta Horst Drechsler, «Let us die fighting»: the struggle of the Herero and Nama against german imperialism (1884-1915), London, Zed Press, 1980, pagina 214.
Helmut Bley, South-West Afrika under German Rule, Evanston IL, Northwestern University Press, 1971, pagine 151-152.
Horst Grunder, Geschichte der deutschen Kolonien, Paderborn, Schöningh, 1995, pagina 121.

4 Confronta Kurt Riezler, Die Erfordelichkeit des Unmöglichen, München, G. Müller, 1913.
Hartmut Pogge Von Strandmann – Immanuel Geiss, Die Erforderlichkeit des Unmöglichen, Frankfurt am Main, Europäische Verlaganstalt, 1965.

5 Confronta Isabell Hull, Cultura militare e «soluzioni finali» nelle colonie: l’esempio della Germania guglielmina, in Robert Gellately – Ben Kierman (a cura di), Lo spettro del genocidio, Milano, Longanesi & C., 2006, traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti (titolo originale: The specter of Genocide, Cambridge, Cambridge University Press, 2003).

6 Isabell Hull, Cultura militare e soluzioni finali nelle colonie: l’esempio della Germania guglielmina, in Marina Cattaruzza, Marcello Flores, Simon Levis Sullam, Enzo Traverso (a cura di), Storia della Shoah, volume I, La crisi dell’Europa, lo sterminio degli Ebrei e la memoria del XX secolo, Torino, UTET, 2005, pagina 139.

7 Confronta C. Fourniau, Colonial Wars Before 1914: The Case of France in Indocina, in J. A. de Moor – H. L. Wesseling, Imperialism and War: Essays on Colonial Wars in Africa and Asia, Leiden, Universitaire Press, 1989, pagine 72-86.

8 Überblick über die bei Entsendung von Verstärkungen für die Schutztruppe in Südwest-Afrika gesammelte Erfahrungen an die in der Kommissionsberatungen zu erorternden Fragen, 1° novembre 1908, in Bundesarchiv – Militärarchiv Freibug, RW 51, volume 18, pagine 74-81.

9 Confronta Isabell Hull, Cultura militare e soluzioni finali nelle colonie: l’esempio della Germania guglielmina, opera citata, pagina 140.

10 Confronta Isabell Hull, Cultura militare e soluzioni finali nelle colonie: l’esempio della Germania guglielmina, opera citata, pagina 142.

11 Confronta Generalstab, Kriegsgebrauch im Landkriege, Berlin, 1902, pagina 15.
C. Lueder, Das Landkriegsrecht im Besonderen, in Handbuch des Volkerrechts, a cura di Franz v. Holtzendorff, volume IV, Hamburg, 1889, pagine 371-545, pagina 435.
Christian Meurer, Die Haager Friedenskonferenz, volume II: Das Kriegsrecht der Haager Konferenz, München, J. Schweitzer Verlag, 1907, pagina 122.

12 Estorff al Comando della Schutztruppe a Berlino, telegramma numero 461, Windhuk, 10 aprile 1907, in Bundesarchiv – Berlin, R 1001, numero 2140, pagina 88.

13 Confronta Isabell Hull, Cultura militare e soluzioni finali nelle colonie: l’esempio della Germania guglielmina, opera citata, pagina 147.

(novembre 2011)

Tag: Daniela Franceschi, Herero, Nama, Africa, Germania, genocidio, Novecento, Belle Epoque, Africa Sud-Occidentale Tedesca.