Medaglie d’Oro Ad Memoriam
Albino Baratto ed il caso delle onorificenze in metallo vile

La Legge 30 marzo 2004 numero 92 ha istituito il Giorno del Ricordo di Esodo e Foibe e delle «più complesse vicende del confine orientale» e nello stesso tempo, reso possibile il conferimento di una Medaglia in Onore dei Caduti infoibati o diversamente massacrati dai partigiani di Tito, nel periodo compreso fra l’8 settembre 1943 ed il 10 febbraio 1947: giorni da contrassegnare con una pietra nera negli annali d’Italia, quali date rispettive dell’armistizio e dell’iniquo trattato di pace con cui vennero consegnate alla Jugoslavia due intere Regioni, pari al 3% del territorio nazionale.

Al momento sono state consegnate poco più di 1.000 medaglie, a fronte di possibili aventi causa, pari a circa 20 volte: un buon motivo in più per auspicare un’opera informativa più attenta e capillare da parte delle Istituzioni e delle Organizzazioni esuli di Venezia Giulia e Dalmazia.

Nondimeno, vale la pena di sottolineare che, almeno in diversi casi, quella Medaglia avrebbe dovuto essere d’Oro, anziché di «metallo vile» come fu voluto dal legislatore italiano, non si sa bene se per promuovere una pur marginale economia a favore della finanza statale, o per non irritare troppo i Governi di Lubiana e Zagabria, sempre pronti ad offendersi per i riconoscimenti agli Esuli, come accadde nella vicenda della Medaglia d’Oro alla Città di Zara, deliberata e mai consegnata.

Un caso emblematico è quello di Albino Baratto, passato alla storia per essere stato l’ultimo Eroe ad avere fatto sventolare la Bandiera tricolore sulla sua Fiume, iterando il gesto di Giuseppe Librio, un ragazzo che aveva fatto altrettanto in Piazza Dante ed il cui corpo martoriato dagli aguzzini di turno venne ritrovato all’indomani nella zona portuale. Infatti, anche Albino Baratto ha lasciato un messaggio di alto patriottismo immolandosi il 28 aprile 1945 per un ideale senza macchia e senza sconfitta, come è stato riconosciuto nella motivazione con cui, a 70 anni dei fatti (!) gli è stata riconosciuta la Medaglia che il Presidente della Repubblica consegna agli aventi causa ogni 10 febbraio.

Senza entrare in valutazioni offensive per la memoria stessa dei Martiri, sia consentito sottolineare che, in casi come questi, il conferimento della Medaglia d’Oro al Valore sarebbe stato un atto dovuto, ma come tutti sanno, all’epoca tali riconoscimenti si sprecarono soltanto per i partigiani, mentre le Medaglie che erano state concesse da parte della Repubblica Sociale Italiana vennero addirittura revocate, quasi che i protagonisti meritevoli dell’onorificenza fossero volgari delinquenti: in Italia, a differenza di quanto è accaduto in altri Paesi, chi perde ha sempre torto, essendosi collocato automaticamente dalla parte «non giusta» e non avendo alcuna importanza il suo comportamento eroico all’insegna di un ideale dalla forte valenza etica. Del resto, c’è stato chi, senza colpe «fasciste» di sorta – come il Direttore delle miniere di Arsia, Ingegner Alberto Picchiani – si gettò volontariamente in foiba per sfuggire all’insulto degli assassini, col grido di «Viva l’Italia» e senza che a nessuno sia mai venuto in mente di onorarne la memoria con una Medaglia che non fosse di «metallo vile».

A suo tempo, il «Centro Studi Adriatici» di Roma, animato dall’infaticabile opera di Luigi Papo e di altri patrioti, aveva già illustrato il nobile comportamento di Albino Baratto in faccia alla sventura, tanto più commendevole tenuto conto che quel giorno la guerra era praticamente finita anche a Fiume, ormai circondata dalle forze di Tito che ne avrebbero preso possesso nel giro di poche ore, distinguendosi subito per l’efferatezza dei propri comportamenti a base di uccisioni e delitti indiscriminati. Ora, è certamente da sottolineare con compiacimento come tale sacrificio sia stato oggetto di un Ricordo destinato a trovare spazio, fra l’altro, nell’Archivio Centrale dello Stato: meglio tardi che mai, e peraltro, nella sommessa presunzione che le gesta di patrioti come lui sarebbero state veramente degne di una Medaglia d’Oro al Valore: un riconoscimento inopportunamente cancellato dalla legislazione militare italiana, ma sempre caro al cuore degli uomini di buona volontà.

Del resto, non è forse vero che a Norma Cossetto, assurta a simbolo del martirologio istriano, fiumano e dalmata, fu conferita la Medaglia d’Oro, sia pure al Valor Civile, per il nobile comportamento assunto davanti ai suoi aguzzini e per il rifiuto a collaborare con gli usurpatori della sua terra? Carlo Azeglio Ciampi, il Presidente dell’epoca, appuntando l’insegna aurea sul petto della sorella Licia, prima della sua tragica scomparsa nel settantennio della morte di Norma, comprese bene che, pur nella sopraggiunta impossibilità di conferire una decorazione militare, era cosa buona e giusta esprimere la riconoscenza dello Stato e del popolo con il più alto valore simbolico.

Si stanno vivendo tempi duri all’insegna dell’individualismo e di un materialismo dilagante che ha dato luogo alla crisi dei valori non negoziabili, ma il sangue dei Martiri, a prescindere dalle Medaglie, continua a suscitare «egregie cose» nelle menti dei patrioti, e ad essere onorato da quanti sono lealmente e seriamente impegnati nella difesa della fede e della speranza.

(ottobre 2017)

Tag: Laura Brussi, Legge 30 marzo 2004 numero 92, Medaglia d’Oro a Zara, Albino Baratto, Giuseppe Librio, Alberto Picchiani, Centro Studi Adriatici, Archivio Centrale dello Stato, Norma Cossetto, Carlo Azeglio Ciampi.