Veroli: ricordo dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe
Una celebrazione di alto impegno formativo e di sicuro riferimento etico

L’antica città di Veroli, in agro del Frusinate, che è stata sede di importanti eventi storici ed è patria di Aonio Paleario, martire rinascimentale del libero pensiero, ha voluto essere fedele alle sue tradizioni di impegno civile e culturale anche nel Ricordo di Esodo e Foibe, in conformità alla Legge 30 marzo 2004 numero 92: ciò, con la celebrazione che ha avuto luogo nell’ambito delle manifestazioni per il 10 Febbraio, a iniziativa del suo plesso scolastico, e alla presenza di circa 120 studenti, grazie alla dirigente Angela Avarello, ai suoi collaboratori, alla commossa tenacia del giornalista Gianmatteo Fascina, agli interventi di storici e testimoni diretti, senza dire delle significative attenzioni proposte dal momento politico regionale, con la partecipazione del Consigliere regionale Sara Battisti, e per l’Amministrazione comunale, del Consigliere Francesca Cerquozzi.

Il Ricordo, come è stato sottolineato nella circostanza, è un obbligo voluto dal legislatore nazionale, con particolare riguardo alle celebrazioni nelle scuole di ogni ordine e grado in un’ottica di alto valore morale, e nell’intento di colmare i vuoti dell’iniqua disinformazione pluridecennale protrattasi per tutto il secolo «breve». Come è stato rammentato anche nell’occasione, richiamandosi al pensiero di Ben Gurion, un popolo senza memoria storica sarebbe un popolo senza futuro, con tutte le conseguenze che ne derivano: di qui, la necessità di informare al meglio le nuove generazioni con l’apporto della storiografia e delle ultime testimonianze di quanti furono partecipi di quelle tragedie. L’assunto deve essere condiviso, a più forte ragione, tenuto conto della pervicacia con cui le teorie negazioniste e riduzioniste continuano a essere sostenute da una minoranza oggettivamente antistorica.

Nel caso di Veroli, che è giusto affidare alla riflessione comune quale esperienza di sicuro riferimento, l’iniziativa è stata molto efficace, diversamente da quanto accade laddove la preparazione preliminare risulti carente. Non a caso, momento fondamentale della celebrazione è stato il contributo attivo dei giovani studenti, con una ventina di quesiti anche molto specifici rivolti ai relatori: fatto davvero eccezionale, e prova evidente di un lavoro propedeutico dovuto all’intelligenza e alle competenti attenzioni del corpo insegnante, completato dalla lettura della celebre preghiera dell’infoibato, opera dell’eroico Vescovo di Trieste e Capodistria Monsignor Antonio Santin: lettura in cui si sono alternati diversi giovani, e conclusa da un minuto di silenzio in suffragio delle Vittime. A Veroli, i 20.000 Italiani incolpevoli massacrati o infoibati senza pietà dai partigiani di Tito, per non dire dei 350.000 Esuli che non vollero accettare l’ateismo di Stato, la collettivizzazione forzosa e il rischio concreto della foiba, sono stati onorati secondo giustizia: è cosa buona e doverosa darne atto, perché ha consentito al buon seme della memoria di rendere finalmente possibile la maturazione di frutti positivi.

Presenti – assieme al tricolore italiano – le bandiere di Fiume, Istria e Dalmazia, il quadro storico è stato illustrato da Carlo Montani, Esule da Fiume, con particolare riguardo al «diktat» del 10 febbraio 1947 e agli eventi successivi sino all’infausto trattato di Osimo del 10 novembre 1975 che chiuse definitivamente il contenzioso italo-jugoslavo, mentre una testimonianza di elevato livello emozionale è stata proposta da Maria Luisa Bove in onore dello zio Arrigo Furlani e della zia Nives Badin Furlani, catturati nel novembre 1943 in agro di San Daniele del Carso e scomparsi in qualche orribile foiba, senz’altra colpa all’infuori della loro italianità, nel quadro della pulizia etnica egregiamente ricordata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l’allocuzione del Quirinale per il Giorno del Ricordo 2019 (e a suo tempo riconosciuta dai massimi collaboratori di Tito, quali Milovan Gilas e Edvard Kardelj).

In un’ottica di permanente «contemporaneità» della storia, e di conseguente opera maieutica, hanno assunto particolare spessore gli interventi di Sara Battisti e di Francesca Cerquozzi, in cui è stata sottolineata la necessità di non dimenticare le tragedie del passato, ivi compresi tutti i genocidi e delitti contro l’umanità, unitamente a quello di cui è stato vittima un popolo civile come quello giuliano, istriano e dalmata: ciò, nel quadro di un’azione consapevole, volta a dare contenuti più maturi e umani alla dialettica del confronto politico in Italia, in Europa e nel mondo. Del resto, nel corso delle testimonianze è stato opportunamente detto che quel popolo, pur essendo protagonista di una tragedia davvero epocale, non volle mai «scagliare un sasso» contro i suoi persecutori, a suggello della viva fede cristiana e di una pazienza degna di Giobbe.

Le conclusioni sono state tratte dalla dirigente Angela Avarello, che ha sottolineato l’importanza dell’impegno profuso dai docenti e dagli studenti sia a livello organizzativo sia nell’ambito della ricerca storica, tanto più significativo in un contesto così giovane, confermando l’intenzione di rinnovare tale impegno anche negli anni avvenire, non solo per ottemperare all’obbligo di legge, ma prima ancora, per contribuire utilmente al comune progresso morale e civile.

(maggio 2019)

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