L’Orgoglio di una madre
Una riflessione sull’inutilità di ogni conflitto

Non cerco condivisione con questo articolo. Né voglio sostituirmi ai sociologi, che svolgono un lavoro diverso dal mio.

Ricordo solo a titolo personale che alle scuole medie avevo un’insegnante di lettere molto preparata, cattolica ma progressista, alla Papa Francesco per intendersi, la quale mi ha cresciuto con Oscar Wilde.

Amava la cultura inglese, quella migliore, quella che non si ferma di fronte alle apparenze, anche se il grande Oscar dovette lasciare l’Inghilterra vittoriana, e subire un ostracismo che ancora oggi non è affatto sopito completamente.

Nessun raffronto con George Michael, l’autore delle parole del testo che propongo. Può non piacere il personaggio, apparire assolutamente inopportuno; in molti non ne conoscono realmente le vicende personali se non attraverso il gossip, né apprezzano la sua musica, che forse conoscono anche poco.

Luciano Pavarotti, mente illuminata e grande artista, non la pensava come i benpensanti. Ad ogni modo, esulando dal significato musicale di questo artista, il testo che scrisse nel 1990 riassume completamente, a mio avviso, il senso del XX secolo. E riconduce a riflessioni davvero recenti.

Si richiama al secolo breve, quello che non ha lasciato spazio se non a conflitti sanguinosi in nome di un’industrializzazione senza confini.

Quella stessa industria che può uccidere anche in ambito musicale le menti più illuminate. L’Orgoglio di una madre vuol essere «l’Orgoglio» del secolo breve.

Siamo così distanti, nel XX secolo, dalle sanguinose guerre napoleoniche, in nome del progresso? Evidentemente no, proprio Papa Francesco ce lo ricorda ogni giorno.

1917, un secolo fa. «Oh, lei se ne va, lei (una madre) prende la sua mano (del figlio bambino mentre il padre parte per la guerra) e prega che il bambino capisca.

Alla loro porta di casa l’intero quartiere guarda gli uomini andar via, nei vestiti che il papà (del bambino) indossò in un precedente conflitto (questa volta il nonno era rientrato dopo aver combattuto).

L’Orgoglio di una madre, che ama Dio e il suo Paese. Il bambino ha gli occhi di suo padre. È già un soldato che aspetta la guerra. Verrà il tempo (1939) in cui lui terrà una pistola, il figlio di suo padre. E come lui il bambino cresce, ascolta il nastro (musiche d’armi?), fa il passo dal ragazzo all’uomo e alla riva (ma ormai è il Secondo Conflitto Mondiale) lei, la madre, riceve l’arrivederci di suo figlio.

Come il suo uomo fece prima di lui.

L’Orgoglio di una madre. È solo un ragazzo, gli occhi del suo Paese. È un soldato che si agita sulla spiaggia (in Normandia?). E nel cuore della madre è arrivato il tempo di perdere un figlio.

Tutti i mariti, tutti i figli, tutti gli innamorati se ne vanno, non fanno differenza.

Nessuna differenza alla fine (ogni nazione ha i suoi caduti e di ogni colore).

Il ragazzo sente ancora la voce della madre nella sua testa dire: “Tuo padre morì da eroe” nel nome di Dio e dell’Uomo.

L’Orgoglio di una madre, il ragazzo è matto ormai, con la morte negli occhi, perché la guerra è morte e la morte violenta è follia.

I suoi occhi esanimi sulla spiaggia. Ora è un soldato per sempre ed ancora lui terrà una pistola fino a che non venga il Regno».

Dovremmo augurarci che mai più alcun Regno, meno che mai quello Salvifico, ci veda raggiungerlo con la pistola in mano.

Purtroppo la realtà attuale ci porta in tale direzione, proseguo del secolo breve.

Una riflessione sul senso della guerra, che altro non è che il senso più profondo dell’intero Novecento.

I conflitti come strumenti di progresso, come soluzione finale a strategie commerciali e monetarie che poco hanno di costruttivo. La storiografia non deve essere ideologia, ma confronto con i veri temi del vissuto quotidiano di ciascuno. Perché neppure in nome dell’uguaglianza sociale si devono svolgere i conflitti.

Neppure la civile Europa può sentirsi immune dai conflitti, soprattutto se si ama poco come adesso. Credo che la questione sia necessario porsela.

Così 1917-2017 – poche risposte al vissuto di tutti.

Chi non ha avuto nel corso del secolo breve nonni, bisnonni, padri, zii che hanno affrontato questi drammi, su fronti diversi ed in situazioni diverse?

Ma soprattutto le donne, le madri, sono state le vere protagoniste di questi conflitti, su ogni fronte.

Io apprezzo l’amor patrio, con i suoi immensi valori. Però l’Universalità a cui l’Europa si richiama, che fu di Mazzini, non può scongiurare ulteriori sanguinose perdite solo in nome delle strategie commerciali.

Un combattente Mazzini, che anelava in pari tempo all’abbandono dei conflitti in nome di valori e strategie comuni.

Un combattente che costruì le fondamenta europee perché nessun ragazzo bambino dovesse essere più «l’Orgoglio di una madre».

Proprio lui, Mazzini, che di questo Orgoglio aveva fatto bandiera. Ma in nome di soluzioni finali diverse, queste sì fonti di progresso.

Chissà oggi che cosa tutti i Padri fondatori dell’Europa potrebbero pensare di noi. Forse si richiamerebbero a quello che davvero dovrebbe essere l’Orgoglio di una madre.

(maggio 2017)

Tag: Elena Pierotti, Oscar Wilde, Papa Francesco, George Michael, Europa, guerra, Mazzini, Novecento, secolo breve.