La grande scommessa sul futuro dell’umanità
Nel 1980, un ecologo ed un economista fecero una singolare scommessa sul futuro dell’intera umanità

Il desiderio di conoscere che cosa ci riserverà il futuro è uno dei più antichi e radicati nell’animo umano. Nel corso dei secoli, furono inventate le pratiche divinatorie più svariate per «togliere il velo» che oscurava la visione dell’avvenire: osservazione del volo degli uccelli, del moto degli astri, delle viscere degli animali sacrificati… si arrivava a metodi che ci apparirebbero ridicoli, per esempio attraverso l’osservazione degli sternuti del questuante.

Oggi, che ci consideriamo (non sempre a ragione) una società scientifica e razionale, le predizioni si fanno tramite osservazioni empiriche, tabelle, grafici, diagrammi. Ma il futuro, quello, resta comunque avvolto nel manto dell’inconoscibilità.

Da anni, il dibattito sul tema se il mondo stia andando avanti o avviandosi invece alla rovina è affidato a due scuole di pensiero, chiamate tradizionalmente «degli apocalittici» e «degli espansionisti»: basandosi sugli stessi dati, i primi sostengono che gli antiparassitari inquineranno le falde acquifere, i secondi vedono un avvenire con i silos delle fattorie traboccanti del grano raccolto in annate eccezionali; i primi predicono la decimazione delle foreste pluviali, i secondi un allungamento della vita media degli esseri umani.

Nel 1968 Paul Ehrlich, ecologista ed insegnante alla Stanford University, in California, divenne uno dei più famosi scienziati del mondo con la pubblicazione di The population bomb (La bomba demografica): «La battaglia per nutrire tutta l’umanità» si legge all’inizio del libro «è finita. Negli anni Settanta centinaia di milioni di persone moriranno di fame». Scrisse anche che «nulla può evitare un notevole aumento del tasso di mortalità globale». Nel 1974 predisse che «prima del 1985 l’umanità entrerà in un’epoca di carestie», durante la quale «le fonti accessibili di molti minerali di primaria importanza saranno ormai prossime all’esaurimento».

Julian Simon, coetaneo di Ehrlich ed insegnante alla University of Maryland di College Park, ha sempre ritenuto che la crescita della popolazione non rappresenti un fattore negativo, ma un vantaggio che alla fine si risolverà in un ambiente più pulito ed in un’umanità più sana: il mondo di domani, è la sua opinione, sarà migliore perché saranno più numerosi i creativi, le persone dotate di inventiva; e il progresso potrà andare avanti indefinitamente perché le risorse del nostro pianeta non sono limitate.

Quando Simon espose questa sua tranquillizzante visione del futuro sulla rivista «Science», nel 1980, l’articolo provocò una valanga di lettere furibonde. E un non meno irato Ehrlich rispose facendo un conto molto semplice: le risorse del pianeta andavano divise tra una popolazione che aumentava al ritmo di settantacinque milioni di unità l’anno, molto più di quanto la «capacità di trasporto» della Terra – ossia le sue risorse di viveri, acqua potabile e minerali – potesse reggere. Con la diminuzione di queste risorse, era inevitabile che «le merci diventassero più care».

Simon rispose allora con una singolare sfida: scegliesse Ehrlich un certo numero di risorse naturali, quelle che voleva lui – grano, petrolio, carbone, legname, metalli – e una data qualsiasi nel tempo a venire. Se la penuria di queste risorse avesse coinciso con l’incremento della popolazione, il loro prezzo avrebbe dovuto salire… Simon voleva invece scommettere che i prezzi sarebbero scesi.

Ehrlich accettò, e nell’ottobre 1980 scommise mille dollari su cinque metalli: cromo, rame, nickel, stagno e tungsteno. Se i prezzi combinati nel 1990, corretti in rapporto all’inflazione, avessero superato la cifra di mille dollari, Simon gli avrebbe pagato la differenza. Se fossero scesi, la differenza l’avrebbe pagata lui. Venne siglato un contratto ed Ehrlich e Simon, che non si sono mai incontrati, continuarono ad attaccarsi per tutti gli anni Ottanta.

Nell’autunno 1990, Ehrlich spedì per posta a Simon un foglio di calcoli sui prezzi dei metalli con accluso un assegno per 576 dollari e sette centesimi: il prezzo di ciascuno dei cinque metalli scelti dal gruppo di Ehrlich, tenuto conto dell’inflazione dal 1980, era diminuito. Eppure, i calcoli di Ehrlich erano giusti: la popolazione mondiale, nei primi mesi del 1991 ha raggiunto i 5,3 miliardi di anime, cioè 1,8 miliardi in più rispetto al momento in cui è uscito il suo libro. Carestie avevano colpito Paesi devastati da guerre, siccità e disastrose politiche agricole. Ma l’uomo medio era più sano e più ricco, la mortalità infantile era diminuita mentre era aumentata l’aspettativa di vita (soprattutto e di molto nel Terzo Mondo), la produzione complessiva di generi alimentari era stata superiore all’aumento demografico. Che cos’era successo?

In un mondo le cui risorse si considerano limitate, il punto di vista di Ehrlich risulta perfettamente plausibile: le scorte tendono ad esaurirsi. Dicono gli ambientalisti che noi «non ereditiamo la Terra dai nostri genitori. La prendiamo a prestito per i nostri figli» (un concetto che abbiamo ben presente quando raccogliamo la carta dei giornali per darla da riciclare, evitando il taglio di altri alberi per ricavarne cellulosa). Ma, allora, perché le risorse non si sono ancora esaurite?

Facciamo un passo indietro. Quando Julian Simon sentì, verso la fine degli anni Sessanta, le sinistre previsioni relative agli effetti della bomba demografica, cominciò a scrivere articoli sulla necessità di convincere le donne ad avere meno bambini; poi però venne a sapere che in linea di massima i Paesi a rapido incremento demografico non versavano in difficoltà maggiori di altri: anzi, per alcuni le cose andavano addirittura meglio. Trovò anche le prove che dal 1870 i prezzi delle materie prime erano scesi in termini reali: il lavoratore medio poteva comprare con la paga di un’ora più carbone di quanto avesse potuto cent’anni prima, ed anche più oggetti di metallo e più cibo. Con l’aumento della popolazione, le risorse – paradossalmente – diventavano meno scarse.

Simon ed altri passarono allora in rassegna la crisi di risorse naturali negli ultimi diecimila anni, e scoprirono una sorta di andamento costante: quando le risorse diminuivano, gli uomini reagivano innovando; scoprivano nuove risorse od amministravano più oculatamente quelle che avevano già; spesso il rarefarsi di una risorsa portava ad un sostituto migliore. Il passaggio degli antichi Greci dall’Età del Bronzo a quella del Ferro, tremila anni fa, venne determinato da un’emergenza commerciale: la penuria di stagno, necessario per la produzione del bronzo, spinse i Greci a fare esperimenti con il ferro. Così come la penuria di legna da ardere nell’Inghilterra del XVI secolo aprì la strada all’avvento del carbone; e la penuria di olio di balena attorno alla metà dell’Ottocento portò allo sfruttamento, nel 1859, del primo pozzo di petrolio.

In un suo libro del 1981, The ultimate resource (L’estrema risorsa) Simon ha scritto che l’ingegnosità dell’uomo poteva ampliare all’infinito la capacità di trasporto del pianeta. Un concetto che evidenziava una differenza fondamentale tra il suo punto di vista e quello di Ehrlich: il mondo visto non come un ecosistema chiuso, ma come un mercato flessibile. Da decenni, faceva notare, l’acqua e l’aria degli Stati Uniti diventavano più pulite, grazie in parte alla maggior disponibilità finanziaria (le società più ricche potevano permettersi il costo di un controllo dell’inquinamento) ed alla tecnologia (nelle città americane l’inquinamento dell’aria dovuto ai gas di scarico delle automobili era minore in confronto alla fuliggine delle fornaci a carbone e ai rifiuti solidi dei cavalli alla fine dell’Ottocento). «Perché questi signori non si rendono conto che, nel complesso, le cose vanno meglio?» si lamentava Simon, parlando degli «apocalittici». «È come se negassero la nostra capacità creativa di trovare soluzioni». Riconosceva anche che l’aumento della popolazione umana creava problemi a breve termine, ma sosteneva che i vantaggi sarebbero venuti nei tempi lunghi, quando i bambini si fossero trasformati in adulti produttivi e pieni di risorse.

I prezzi dei cinque metalli scelti da Ehrlich erano scesi per le capacità imprenditoriali e i continui miglioramenti tecnologici. Le prospezioni avevano scoperto nuovi filoni. Grazie ai computer, a nuovi macchinari e a nuovi procedimenti chimici, i minerali venivano estratti e raffinati in modo più efficiente. Per molti usi, poi, i metalli erano stati sostituiti da materie prime meno care, in particolare dalla plastica. Le telefonate viaggiavano via satellite e lungo cavi a fibra ottica anziché cavi di rame. La ceramica aveva sostituito il tungsteno negli attrezzi da taglio.

Gli scienziati si sono dimostrati generalmente propensi ad accettare le teorie di Simon, pur con qualche riserva (non c’è alcuna garanzia che le tendenze del passato si manterranno inalterate). Invece, l’opinione pubblica ha sempre appoggiato le teorie di Ehrlich.

Egli, nel suo libro The Population Explosion (L’Esplosione Demografica) sostenne che «la bomba demografica è esplosa» e una folla di oltre centomila persone (masochiste!) applaudì quando Ehrlich predisse un mondo in cui i loro nipoti avrebbero dovuto battersi per le strade per trovare da mangiare.

Quello stesso giorno, in una piccola sala per conferenze, a un solo isolato di distanza, Simon definiva la crescita della popolazione «una vittoria sulla morte», perché era dovuta al raddoppio dell’aspettativa di vita rispetto all’inizio della Rivoluzione Industriale, e cioè la metà circa del XVIII secolo. «Questo è un successo incredibile» osservò Simon. «Ci si aspetterebbe di vedere chi ama la vita umana fare salti di gioia; invece si lamentano per il gran numero dei vivi». Nella sala, ad ascoltarlo, c’erano soltanto sedici persone.

Nuove sfide, nuove emergenze ora ci attendono: il buco nell’ozono, le piogge acide, l’effetto serra. Ma, se sapremo sfruttare al meglio la nostra intelligenza e creatività, cioè ciò che maggiormente ci distingue da tutte le altre specie viventi sulla Terra, potremo ancora una volta scongiurare l’apocalisse… e vivere, oltretutto, in un mondo migliore!

(gennaio 2012)

Tag: Simone Valtorta, economia, ecologia, Paul Ehrlich, Julian Simon, 1980, futuro dell'umanità.