Le «Babyklappe» di Berlino
Delle moderne «ruote degli esposti», un sistema per garantire l’esistenza dei figli «indesiderati», che consente di salvare vite innocenti. Ora è diffuso anche in Italia

Ogni volta che rivado a Berlino, a trovare cari, vecchi amici italiani, provo un senso di tristezza per non aver visto questa bella città, modernissima, ai tempi del suo massimo fulgore ante guerra. Nella Berlino Est è rimasto, ancora, qualche palazzo antico e fa un effetto strano tra tutti quegli edifici nuovi.

I miei amici abitano nella Berlino Ovest, ed anche se il famoso Muro è crollato, vi è sempre una distinzione della città.

Una sera Claudio, giovane rampollo della famiglia, tutto tedesco, ma che parla benissimo l’italiano, mi ha invitato in una «bierstube» («birreria») e lì ho avuto modo di conoscere una cameriera dal nome (diciamo…) Ingeborg, proveniente da Berlino Est. Claudio, conoscendola bene, mi ha raccontato parte della sua vita, talmente interessante da indurmi a farle un’intervista. Non è stata cosa facile, però, grazie al mio giovane amico, sono riuscita nel mio intento.

Abbiamo atteso che finisse l’orario di lavoro e poi siamo usciti dal locale per andare in un certo posto che Ingeborg voleva vedessimo: le «Babyklappe».

«Ingeborg, posso chiederti come mai hai lasciato la tua casa e ora abiti in questa zona?».

«Cinque anni fa sono rimasta incinta e il padre non ha voluto riconoscere il figlio. La mia famiglia è poverissima, lavoro non si trovava ed io che cosa dovevo fare? Non potevo permettermi di avere un figlio e non ho avuto il coraggio di abbandonarlo per strada o in un cassonetto come succede spesso dalle mie parti. Sono venuta a conoscenza che esistevano dei Centri di accoglienza, dove nel muro era incastrata una cassetta per neonati, con la scritta “Babyklappe”, ove suonando un campanello si apriva uno sportello e si poteva mettere il bimbo che sarebbe stato subito soccorso. Il tutto nel più stretto anonimato. Con dolore immenso ho abbandonato il mio piccolo, pensando solo al suo bene, dato che, se entro otto settimane non lo avessi richiesto, sarebbe stato adottato da buone famiglie. Ora in molte città esistono questi Centri, dato che troppi sono i neonati abbandonati nei cassonetti. È divenuta una vera piaga sociale. Sui cassonetti compaiono delle scritte: “Keine Neugeborene hineinwerfen” (“Non gettate qui dentro neonati”)».

«Chi dirige questi Centri di accoglienza?».

«Il direttore dell’associazione benefica che ha aperto le “Babyklappe” si chiama Jurgen Moysisch e credo sia lui che dirige il tutto».

L’istituzione di queste «ruote degli esposti» ha acceso diverse polemiche di ordine morale in Germania, dato che si stupiscono come uno Stato così ricco, debba ricorrer a simili espedienti. Ma non bisogna dimenticare che oltre il Muro l’abbandono dei minori era molto diffuso ed ogni anno migliaia di ragazze-madri, non avendo possibilità economiche, se ne sbarazzavano.

«Ingeborg, dimmi la verità, se lo dovessi fare ora, avresti il coraggio di ripetere un simile abbandono?».

«Ora no, poiché ho un buon lavoro ed ho un amico che mi vuole bene, però figli non ne vorrò mai più».

Lasciata Ingeborg a casa sua, Claudio ed io siamo ritornati a casa nostra ed abbiamo parlato, ancora, per ore. Da lui, ragazzo molto colto e di una sensibilità toccante, ho appreso che otto secoli fa, Papa Innocenzo III, dopo un viaggio in Germania, istituì le «ruote degli esposti» e, tornato a Roma, diede incarico ai Francescani ed ai Domenicani di mettere queste «ruote degli esposti» nei conventi delle suore di clausura. L’iniziativa si diffuse in tutta Italia ed a Firenze furono famosi per lungo tempo gli ospizi degli Innocentini. Pare che a Milano esista, ancora oggi, l’Ospizio di Santa Caterina della Ruota.

Malgrado le mie ricerche, forse per la privacy, ho bussato a molti conventi, ma nulla ho potuto sapere.

Nel momento attuale, ove troppo spesso succedono casi così eclatanti di poveri bimbi abbandonati nei cassonetti, sarebbe opportuno che il Governo intervenisse per porre fine a questa disdicevole prassi. D’accordo la privacy ma, almeno, che i conventi e la Chiesa diano notizie di questa possibilità di salvare degli innocenti da morte sicura. L’anonimato è giusto, ma la vita di una piccola creatura deve essere prioritaria.

(dicembre 2011)

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