Storia di Manchester
Dall’antichità ai recenti attentati terroristici

Situata nell’Inghilterra Centrale, a 50 chilometri ad Est dal grande porto di Liverpool, alla confluenza del fiume Irwell con alcuni suoi piccoli tributari, Manchester fu fondata nel 79 dopo Cristo dal governatore romano Giulio Agricola col nome di Mancunium. Fu a lungo un villaggio agricolo di scarsa importanza, finché nel XIV secolo i Fiamminghi non introdussero nella zona la lavorazione della lana e del lino. Fu però l’importazione del cotone a dare l’avvio al grandioso sviluppo economico e, di conseguenza, anche a quello demografico ed urbanistico della città: questa, che nel Cinquecento non raggiungeva il migliaio di abitanti, toccava i 20.000 verso la metà del XVIII secolo (in piena Rivoluzione Industriale) e vedeva in seguito aumentare sempre più considerevolmente la sua popolazione, specialmente nel corso dell’Ottocento.

A metà del secolo scorso, Manchester era diventata non solo una grande città industriale (industrie tessili, metalmeccaniche, chimiche e via dicendo) e la città cotoniera più importante del mondo, ma anche il principale centro bancario ed assicurativo di una vasta regione, legata ad essa da stretti vincoli economici. Questa importanza commerciale era dovuta in buona parte alla sua felice posizione, al centro di una serie di grossi centri industriali e residenziali che vi gravitavano attorno formando un’unica grande conurbazione (quasi 1.000 chilometri quadrati di superficie e 2 milioni e mezzo di abitanti) di carattere prevalentemente industriale. L’abitato si susseguiva quasi senza soluzione di continuità, interrotto soltanto dalle aree industriali, dagli orti e dagli spazi destinati alle linee ferroviarie; nessun monumento o luogo di diffusione culturale, a parte il Museo delle Forze Armate: nient’altro che una città dove lavorare, non dove trascorrere la vita.

Nel decennio a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, Manchester ha vissuto la sua stagione culturalmente più vivace nel campo musicale, rappresentando la sperimentazione, la capacità di coniugare il rock e la musica elettronica e la realizzazione del sogno che anche un figlio della classe lavoratrice riuscisse a farsi adorare, come cantava Ian Brown con gli Stones Roses nel suo pezzo più celebre, I wanna be adored; era la città degli «Happy Mondays», un gruppo musicale di culto, e degli «Oasis» che facevano tendenza persino nella moda, ma anche della rabbia, dell’illegalità e delle varie dipendenze (dall’alcool alla droga). Era la «città dello sport» perché possedeva – e possiede tuttora – due importanti squadre, il Manchester United Football Club (che in piena era Ferguson collezionava trofei su trofei, non solo in Inghilterra, e giocava nel secondo grande stadio del Paese) e il Machester City, la squadra «perdente» mancuniana, prima che arrivassero gli sceicchi coi loro soldi a rivitalizzarla.

Nel giro di un decennio, però, quella che era ancora una città relativamente operaia di oltre mezzo milione di abitanti si è trasformata. E non in meglio. Tanto che oggi Manchester è considerata, non solo dall’intelligence britannica, come una delle enclave musulmane con la comunità libica più numerosa: 16.000 scappati da Tripoli, ai tempi di Gheddafi. Nel 2014, da Manchester due gemelle sedicenni hanno raggiunto la Siria per diventare spose dei soldati dell’ISIS; a precederle era stato il loro fratello maggiore, entrato nelle milizie del Califfato. Anche i predicatori di Al Qaeda, in passato, hanno trovato proseliti nella città mancuniana e sembrano trovarne ancora. Per arrivare ai recenti attentati.

Non solo Manchester, ma l’intera Inghilterra è nel mirino dei terroristi perché intimamente legata agli Stati Uniti d’America, il «Grande Satana» (secondo la terminologia islamica), per il suo passato di grande potenza coloniale (e, quindi, di «oppressore» dei popoli, cosa che è vera solo in parte), per le difficoltà di una vera integrazione (la maggior parte degli attentatori di questi anni – qui come del resto in Francia – era composta da ragazzi di seconda generazione, nati e cresciuti sull’isola)... una situazione che l’isolamento dall’Europa, con la cosiddetta Brexit (l’uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea), vagheggiando il ricordo di un Impero che non esiste più, non servirà certo a risolvere.

(agosto 2017)

Tag: Simone Valtorta, storia di Manchester, Inghilterra, Brexit, Giulio Agricola, Museo delle Forze Armate, Ian Brown, Stones Roses, Happy Mondays, Oasis, Manchester United Football Club, attentati terroristici, Machester City, ISIS.