Putin, 21 ottobre 2021: La Russia come gli Stati Uniti è un Melting pot[1]
Un’intervista a Putin, unita a un’analisi storiografica, svelano alcuni retroscena dell’attuale crisi sul suolo europeo

Desidero condividere un articolo apparso in rete il 21 ottobre 2021 di Askanews, agenzia d’informazione italiana, con vocazione multimediale e internazionale. La pubblicazione è stata redatta in tempi non sospetti e svela alcuni retroscena, io credo, dell’attuale crisi. Per cui vale la pena analizzarla, sul piano geopolitico e con occhio storiografico, e senza esprimere alcun pensiero personale di natura politica, ma solo riflessioni sulle frasi pronunciate. Anche perché, mi ripeto, l’intervista di riferimento è dell’ottobre 2021.

Riporto testualmente: «La Federazione Russa, come gli Stati Uniti, è un Melting pot, composta da tante comunità» e ciò permetterebbe la commistione di individui di origini, religioni e culture diverse con il risultato di costruire un’identità condivisa, come appunto negli USA. Lo ha detto il Presidente Russo Vladimir Putin, rispondendo al meeting annuale del Valdai Club a Sochi a una domanda di Askanews sull’«homo sovieticus» e sul fatto o meno che il capo di Stato si senta tale.

«Tutti parlano degli Stati Uniti come di un crogiolo in cui si fondono persone di diverse Nazioni, popoli, religioni. Cosa c’è di sbagliato in questo? Sono tutti orgogliosi: Irlandesi, persone provenienti dall’Europa dell’Est, da qualsiasi parte, Latinoamericani, Africani: molti di loro sono orgogliosi di essere cittadini statunitensi. Bene, fantastico. Questo è un tale crogiolo», ha aggiunto il Presidente Russo.

Una definizione etnologica e al contempo politica, cui egli intende avvicinare il proprio Stato, viste le successive frasi: «Qualità positive sono coltivate nella maggior parte dei cittadini sovietici», ha detto Putin, «io come la stragrande maggioranza delle persone dell’URSS ho affrontato i problemi di questo periodo [sovietico]» che ha avuto lati positivi, «ad esempio ho ricevuto una buona educazione». Secondo Putin la definizione di «uomo sovietico» ha acquistato un colore ideologico, c’erano molti problemi in URSS, ha detto. «Nulla di nuovo è stato creato in Unione Sovietica, tranne per una circostanza molto importante: la nuova comunità, il popolo sovietico che ha acquisito una colorazione ideologica. E qui non c’è niente di buono, perché restringe gli orizzonti», ha dichiarato. «In Unione Sovietica ci sono stati molti problemi che in realtà sono alla base degli eventi che hanno portato al crollo dell’URSS, ma imbrattare tutto questo con vernice nera è sbagliato, maleducato e indecente», ha detto Putin. «Mi sono ricordato della mia famiglia, gente comune, ho avuto anche io una mamma e un papà, ma non parlavano per slogan, ricordo benissimo come anche a casa, in famiglia, nella vita di tutti i giorni, discutendo di certi problemi, avevano sempre... rispetto per il loro Paese.

Questo non è una sorta di patriottismo ostentato (che vuole rimarcare, strumentalmente o meno) ma era all’interno della nostra famiglia», ha detto Putin, alla sessione plenaria del Club Valdai. Per Putin è sbagliato dare la colpa di tutto all’URSS, è necessario leggere i documenti e non politicizzare, ha affermato.[2]

In queste poche frasi il messaggio all’Occidente e in contempo al suo Paese mi sembra sufficientemente chiaro. Già si profila qui una netta contrapposizione Occidente-Oriente nella misura in cui, a detta del leader russo, l’Occidente non riconosce la grandezza russa, anche di fronte ai mali oggettivi della Rivoluzione bolscevica, vissuti però a suo dire anche dalla gente comune in modo critico e non per slogan.

Il contesto pone in evidenza che non si dimentica un caro messaggio da dare anche al suo popolo, ma più intensamente all’Occidente. Qui, io credo, dal suo punto di vista, giusto, sbagliato o semplicemente strumentale, non intendo disquisire su chi fa più propaganda, si mette in risalto la similitudine con gli Stati Uniti. Non siamo diversi da voi. L’Unione Sovietica ha costituito un crogiolo al pari degli Stati Uniti. Come osservazione storica si tratta di una parzialità, a mio avviso. I popoli che si sono trovati prima sotto lo Zarismo e successivamente inglobati nell’URSS non hanno scelto l’appartenenza, come invece hanno fatto alcuni cittadini americani che, fuggendo di loro iniziativa nel continente americano, abbracciarono per necessità quell’ordinamento e quello Stato. Non tutti però, a onor del vero. Gli Afroamericani sono stati strappati alla loro terra. Così come gli Indiani, che hanno dovuto subire il nuovo sistema imposto con la forza.

In questo non ci sono differenze sostanziali.

Sulle pecche da attribuire all’URSS, su cui si sofferma il Presidente Putin, inutile non ammetterle. E infatti qui si profila l’ammissione della perdente Unione Sovietica nel lungo periodo, ma al contempo si vuole mettere in risalto che il popolo comune, la sua famiglia in questo caso come riferimento, non era così sprovveduta. Però aveva rispetto del suo Paese. E lui si richiama a questo tipo di educazione, a questo «rispetto». In una parola, non rinnega quell’esperienza come bagaglio culturale e sociale del suo Paese, e si dichiara indignato per come l’Occidente tratta questo bagaglio. Un segnale chiaro, che evidentemente non si è saputo cogliere. Questo non significa che la mediazione avrebbe potuto evitare una strategia preparata, io credo, da lungo tempo, però la diplomazia è stata miope. I segnali c’erano tutti e, parlo da lettrice, evidentemente non si sono saputi vedere, neppure come opinione pubblica. Ignorati e non messi in risalto se non da agenzie d’informazione specifiche come questa e da questo punto di vista più di nicchia. In questo ognuno dovrebbe forse fare dei ragionamenti, per onestà intellettuale.

Se poi analizziamo la complessiva situazione geopolitica, allora le cose si fanno davvero complicate. A ogni modo quel riferimento all’URSS e alla Seconda Guerra Mondiale che a suo dire non è stata voluta affatto dalle Repubbliche Sovietiche sembra (lo dico da lettrice ripeto, peraltro non esperta di storia russi contemporanea ma più votata come «storica» ad analisi relative a secoli precedenti il XX) un riferimento preciso a un Occidente colpevole di aver perpetuato gli errori del passato. Lo si può leggere come un avvertimento ben congegnato ma anche come un’analisi del suo stato d’animo e di quello che attribuisce al popolo russo. Più che spiegare queste frasi alla luce della politica americana, direi che dovremmo guardare alla mancanza europea di leadership sostenuta sul piano diplomatico e geopolitico. Le frasi, comunque le si interpreti, lo denunciano ampiamente.

Perché se è ovvio che gli Stati Uniti nella loro «scalata secolare al successo» non hanno mai inteso mitigare, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, il loro ruolo egemone internazionale, in Occidente come altrove, è altrettanto vero che nessuno impediva ai partner europei sul piano giuridico di farlo, soprattutto dopo la caduta del regime sovietico. La mondializzazione economica ha distolto l’Europa, io credo, da una diversa politica, più «convergente».

L’unica osservazione che da storica mi sento di pronunciare è che la Prima Guerra Mondiale ha schiacciato gli Imperi Centrali (Russia compresa) col concorso americano. La Seconda Guerra Mondiale ha sconfitto il nazismo presente in Europa ma ha soprattutto consolidato un modello di sviluppo, quello americano, a detrimento nel neo zarismo sovietico. Con un’Europa piuttosto assente. Ci auguriamo solo che oggi nessuno si sia messo in testa di consolidare l’epilogo di un trend in crescita mondializzato che non vede a fronte della sua crescita modelli politici in grado di supportare in modo corretto quel sistema. La politica ha sempre teso a supportare e dare equilibrio ai sistemi economici. Da Europea mi auguro che finalmente l’Europa abbia imparato la lezione.


Note

1 ASKANEWS. Sochi, 21 ottobre 2021.

2 Ibidem.

(luglio 2022)

Tag: Elena Pierotti, Putin, Unione Europea, Stati Uniti, Askanews, Club Valdai, URSS.