Storia d’Irlanda
La difficile questione cattolica irlandese

Nel lungo periodo delle monarchie in Europa furono numerosi i monarchi che governavano diversi regni vicini o lontani. I monarchi non si sentivano strettamente legati a un’unica nazione e a un unico regno ma li gestivano in maniera simile come loro patrimonio privato. Nel caso dell’Irlanda avevamo invece un regno sottoposto a vessazioni perché abitato da cattolici e la monarchia britannica si sentiva costantemente minacciata dalla Chiesa di Roma. L’isola era tradizionalmente molto povera e fu la protagonista dell’ultima carestia del nostro continente, nel 1845-1849.

L’Inghilterra iniziò la dominazione dell’isola nel 1171 ma solo in alcuni ristretti territori e nel Cinquecento si ebbe la sottomissione completa del territorio. All’inizio del secolo successivo si ebbe la colonizzazione dell’Irlanda da parte di inglesi e scozzesi rigorosamente protestanti che espropriarono i grandi proprietari irlandesi e successivamente si ebbero due sollevazioni (1641-1653, 1689-1691) che non ebbero però successo e conobbero la sanguinosa repressione (con l’uccisione di tutti i preti cattolici) ordinata dal leader protestante Oliver Cromwell. Circa un secolo dopo si ebbe la cosiddetta Dichiarazione d’Indipendenza che di fatto consisteva in una forma di autonomia amministrativa e che non impedì le sollevazioni del 1798 e del 1803 promosse dalla Società degli Irlandesi Uniti formata da cattolici e protestanti (presbiteriani) che intendevano riformare il Paese e successivamente si proposero di distaccarsi dall’Inghilterra con il sostegno della Francia di Napoleone. Nel 1800 si ebbe lo Union Act, che ponendo l’isola sotto il diretto governo reale venne considerato positivamente dai cattolici perché non dovevano più subire le imposizioni dei protestanti locali. Solo nel 1829 si ebbe l’emancipazione dei cattolici irlandesi, che venne comunque ritenuta insufficiente dagli elementi radicali. Nel 1848 si ebbero nuovi disordini a opera di una nuova associazione, Giovane Irlanda e nel 1858 la nascita di un’organizzazione segreta, la Fratellanza Repubblicana Irlandese meglio conosciuta più tardi come Sinn Fein («noi stessi») di tendenze vagamente socialiste che intendeva instaurare una repubblica indipendente con il ricorso alle armi. Anche questa tentò una rivolta ma incontrò scarso appoggio da parte della popolazione a causa del suo estremismo. I deputati di tale partito rifiutarono di partecipare alle sedute del Parlamento di Westminster e si riunirono fra loro a Dublino per ribadire la loro ostilità al governo britannico.

Il Primo Ministro liberale Gladstone negli anni Ottanta dell’Ottocento si impegnò molto per risolvere la questione irlandese con provvedimenti a favore dei fittavoli cattolici e l’emanazione dell’Home Rule che ripristinava l’autonomia e un’assemblea rappresentativa irlandese anche se tale provvedimento, contestato dagli irlandesi protestanti, dovette essere proposto più volte per essere efficace.

Nonostante tali aperture, i partiti cattolici di Irlanda mantennero la loro posizione intransigente e a favore del ricorso a metodi violenti. Sorsero diverse organizzazioni segrete non sempre con finalità chiare, fra queste si ebbe nel 1913 l’organizzazione dei Volontari Irlandesi poi denominatisi Ira (Irish Republican Army). Tre anni dopo si ebbe un’altra rivolta (si pensava a un aiuto militare tedesco dato lo stato di guerra) passata alla storia come Pasqua di Sangue, le caratteristiche messe in luce dagli storici furono la sua componente sociale ma soprattutto l’avversione mostrata dai cittadini di Dublino verso i rivoltosi, nonché la durezza della repressione (15 fucilazioni) verso i capi dell’agitazione.

Le violenze organizzate anche dai gruppi protestanti filo britannici portarono nel 1919 a una situazione di guerriglia (condotta per i cattolici dall’Ira) considerata dagli irlandesi come una guerra d’indipendenza. Tale guerra comportò la morte di un migliaio di persone tra soldati e poliziotti da una parte e guerriglieri dall’altra. Nel maggio 1921 Papa Benedetto XV incoraggiò entrambe le parti a trovare un accordo, ma ci vollero ancora dei mesi per la fine del conflitto. Alla fine venne firmato un trattato che prevedeva l’indipendenza di gran parte dell’Irlanda all’interno del Commonwealth e sotto la nominale autorità della Corona britannica mentre le province settentrionali a maggioranza protestante (Ulster) rimasero con la Gran Bretagna. Il trattato venne accolto favorevolmente dalla popolazione ma venne approvato in Parlamento di stretta misura. Per quanto singolare, il contrasto sull’approvazione dell’accordo portò a una guerra civile nell’Irlanda meridionale. A Dublino gli scontri peggiori durarono una settimana ma in altre parti del Paese durarono molto più a lungo ed ebbero conseguenze non minori della precedente guerra. Nel 1923 anche questa guerra arrivò al termine con la vittoria dei moderati che sostenevano il trattato precedentemente firmato, ma le elezioni tenutesi in quell’anno mostrarono che la parte estremista era ancora potente.

Terminati i conflitti, l’Irlanda non si avviò a una vita politica pacifica, i pagamenti dei contadini verso lo stato britannico vennero arbitrariamente sospesi, nel 1926 sorse il partito estremista Fianna Fail (Guerrieri d’Irlanda), le elezioni tenutesi negli anni Trenta videro brogli e violenze, mentre la Costituzione del 1937 sanciva la religione cattolica come quasi religione di stato e considerava l’intera isola come un unico stato.

Anche nell’Ulsetr le cose non andavano meglio a causa dei contrasti fra la minoranza cattolica e i protestanti, vennero emanate leggi di polizia speciale e le circoscrizioni elettorali vennero configurate in maniera di ridimensionare il numero dei rappresentanti cattolici. I cattolici subirono altre discriminazioni su case e lavoro, elementi ai quali era legato il diritto di voto.

Il periodo della Seconda Guerra Mondiale e del dopoguerra rappresentò una pausa delle violenze nell’Ulster. Ma negli anni Sessanta ripresero con brutalità e dovettero essere inviate truppe britanniche per contenere i due gruppi avversari, Ira e Ulster Volunteers Forces. Non tutti i gruppi politici della regione sostenevano la violenza, alcuni si adoperavano per i diritti civili e minori discriminazioni verso i cattolici ma ebbero un ruolo non particolarmente determinante. Gli eventi più noti furono il cosiddetto Bloody Sunday del 1972 quando i soldati spararono sui manifestanti, aggressivi e armati secondo alcune fonti, e si ebbero 13 morti. Successivamente si ebbero lo sciopero della fame che provocò diversi morti fra i detenuti politici cattolici nel 1981, la scoperta di tonnellate di armi inviate all’Ira dal leader libico Gheddafi, la bomba in un convegno del partito conservatore che poteva colpire Margaret Thatcher e un attentato nella sede della Premier, nonché l’uccisione di un cugino della regina. Nelle grandi città vennero stesi reticolati per separare i quartieri cattolici da quelli protestanti. Le autorità chiusero il parlamento di Stormont, scelta non gradita dalla maggioranza non cattolica, ma tre anni dopo si ebbero le elezioni per l’Assemblea Costituente Nordirlandese dove prevalsero i protestanti estremisti. Nel 1980 si tenne un incontro tra la Premier Margaret Thatcher e il suo omologo dell’Irlanda meridionale per pacificare la regione, era dai tempi del trattato del 1921 che britannici e irlandesi non tenevano incontri, ma i risultati si videro solo alcuni anni dopo. Nel 1994 l’Ira accettò il cessate fuoco seguita dai gruppi nazionalisti protestanti, sia pur con alcuni ostacoli l’Irlanda del Nord conobbe finalmente un periodo di pace e prosperità.

(agosto 2022)

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