Il servizio postale nell’Impero Romano
Come i Romani avevano organizzato un efficiente sistema per scambiarsi informazioni non solo di carattere ufficiale o statale

In un’epoca come la nostra nella quale le comunicazioni viaggiano a velocità supersonica, a volte ci chiediamo come gran parte degli uomini dei periodi storici che ci hanno preceduto abbiano potuto dichiarare guerre, stipulare trattati commerciali, rendere pubblici editti o semplicemente instaurare corrispondenze, anche con abitanti di Paesi lontani, senza i mezzi che noi oggi conosciamo e utilizziamo; eppure se la Storia è quella che è e che ci è stata tramandata, è proprio perché tutto questo è avvenuto. Distanze, a nostro avviso, impossibili da coprire sono state coperte, comunicazioni di urgente necessità hanno raggiunto i destinatari; leggi cui tutti gli abitanti di un Regno si dovevano uniformare, vittorie, sconfitte, proclami, decessi di principi o Re ed elezioni di nuovi Sovrani: tutto è stato diffuso (forse con «tempi» diversi dai nostri e a cui non siamo più abituati) e la vita politica, economica e sociale di tanti stati, piccoli o grandi che fossero, è andata avanti per secoli.

Soffermiamoci allora per un po’ sulle modalità che hanno permesso tutto questo e quindi prendiamo ad esempio la più vasta struttura statale di tutti i tempi, che è stata l’Impero Romano.

Chi istituzionalizzò il servizio postale nell’antica Roma fu Ottaviano Augusto (27 avanti Cristo-14 dopo Cristo) e questo servizio, nei modi in cui lo organizzò, era ad uso e consumo di uno stato che aveva vitali esigenze di mantenere rapporti con i Regni limitrofi o far arrivare nelle numerose province romane le diposizioni e le normative da questo imposte affinché il controllo su di esse fosse sempre attivo, specie dal punto di vista fiscale, economico e amministrativo. Non dimentichiamo però che lo stesso Augusto mutuò in parte questo sistema dal Regno Persiano, come ci narra Senofonte (430-354 avanti Cristo) rendendo noto ai posteri che fu Ciro II il Grande (590-530 avanti Cristo) ad introdurre nel suo vasto Regno un vero e proprio servizio di posta pubblica basato sull’ipotesi di percorrenza di un cavallo nell’arco di 24 ore.

Nel periodo imperiale romano, lungo tutto il percorso viario si contavano 111 stazioni di sosta con relative scuderie e Ottaviano si occupò personalmente di questo settore che divenne così «Cursus publicus» (anche detto «vehicularis» o «fiscalis») ma la sua realizzazione fu naturalmente favorita dal perfetto sistema viario romano e i messaggeri (coordinati dal prefetto al pretorio) che portavano con loro le comunicazioni erano chiamati «tabellari» dato che queste erano incise su tavolette d’osso o di metallo spalmate di cera ma ben presto, per rendere il trasporto più agevole, esse vennero sostituite con rotoli di papiro le cui informazioni venivano scritte con inchiostro vegetale detto «atramentum». Ogni 16-20 chilometri il tabellario trovava una «stazione di posta» («mutationes») dove poteva cambiare i cavalli e ogni 50-85 chilometri incontrava le più vaste «mansiones» nelle quali poteva pernottare e rifornirsi delle provviste necessarie: questi edifici erano collocati presso le fermate di sosta più importanti e quindi vicini alle grandi città. Inizialmente il servizio era riservato ai funzionari e agli impiegati statali, i quali ricevevano dall’Imperatore un «diploma» che li autorizzava a servirsi di questi vantaggi, fra cui anche il noleggio di mezzi di trasporto (carri con vere e proprie targhe, «bullae» circolari di metallo, onde poter risalire ai proprietari) e di corrieri i quali si distinguevano per il copricapo a larghe tese («petasus») che portavano per ripararsi dalla pioggia e dal sole. Secondo la ricostruzione ad opera della Tavola Peutingeriana (carta o pianta con tutte le vie militari romane), la rete postale e viaria, nel periodo imperiale, era costituita da 200.000 chilometri di strade che consentivano un inoltro, per quei tempi, abbastanza rapido delle informazioni.

Ben presto si organizzarono associazioni che funzionavano da agenzie di viaggio e dopo il II secolo dopo Cristo si formarono compagnie private che inoltravano anche lettere e pacchi di comuni cittadini. A tal proposito tocca fare una parentesi relativamente a quelle che per molti anni erano state le modalità della corrispondenza privata nell’antica Roma: diciamo che i più «fortunati» e cioè coloro che si potevano permettere uno o più schiavi, avevano la possibilità di far giungere le loro missive e comunicazioni a destinazione, se naturalmente quest’ultima non era eccessivamente lontana dal luogo di partenza, altrimenti ci si affidava a mercanti o viaggiatori di passaggio che si recassero nel luogo desiderato; tutto ciò era, specie in quest’ultimo caso, piuttosto complicato, oneroso e aleatorio dato che numerosi potevano essere gli imprevisti e le difficoltà che si potevano incontrare in un viaggio di lungo percorso. Alcune volte più persone si servivano di un unico schiavo che percorreva un itinerario comune a più utenti con varie tappe ma prima di farlo partire bisognava attendere che si accumulasse una certa quantità di lettere (in genere fogli di pergamena piegati in modo che la scritta restasse all’interno, legati poi con un cordoncino e sigillati) e infatti lo stesso Marco Tullio Cicerone, grande fruitore di questi «servizi postali», in una occasione fu costretto a giustificare il ritardo di una sua risposta al fratello con un «post scriptum» in cui lamentava in quei giorni la mancanza di «postini» disponibili e in un periodo in cui soggiornava in Cappadocia si vide recapitare una lettera da Roma dopo 50 giorni, per non parlare di quando il famosissimo succitato oratore aveva il figlio che studiava in Atene e allora i tempi di recapito di una missiva si aggiravano intorno ai 3 mesi. Anche mantenere relazioni sociali o sentimentali, se non si viveva nello stesso quartiere, non era certo semplice e possiamo quindi immaginare servi di famiglia che a volte correvano in gran segreto di qua e di là, specie se si trattava di recare biglietti per appuntamenti amorosi o anche lettere o versi dedicati all’amata/o. Da ciò si evince facilmente che, specie prima di Augusto, non era contemplato un servizio postale pubblico ad uso dei semplici cittadini e comunque le comunicazioni viaggiavano celermente solo per esigenze di Stato.

Quando, come accennato sopra, i servizi postali cominciarono ad essere meglio organizzati (anche per la nascita di queste compagnie private), le «stationes» non si limitarono più al solo al cambio dei cavalli o ai rifornimenti di prima necessità ma iniziarono a mettere a disposizione del corriere o mercante che fosse, anche un fabbro, un maniscalco o un medico e furono poi collocate pietre miliari per indicare le distanze e su cui venivano a volte apposte informazioni sullo stato delle strade. Tutto ciò rese più efficiente lo scambio di informazioni sia per le comunicazioni di carattere statale o ufficiale, che per quelle personali degli abitanti di un Impero ormai sempre più vasto e che poteva ora mettere a contatto usi e costumi, filosofie e religioni, economie e produzioni, oltreché tendenze artistiche e letterarie di Paesi lontani (in gran parte ora province romane) ormai diventati un po’ più «vicini» grazie proprio al Servizio Postale (anche via mare, se pur con modalità diverse) che per diversi secoli permise questi scambi di corrispondenza e quindi anche di idee; poi, come sappiamo, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, per molto tempo tutto questo si interruppe e anche ponti, strade, «stationes», furono inghiottiti dalla boscaglia e, senza manutenzione, andarono in rovina. Con le invasioni barbariche il tempo si fermò e si tornò indietro come di millenni. Poi a lenti passi e con realtà politiche e sociali ormai totalmente modificate, gli uomini ripresero il loro cammino e il desiderio di «comunicare» che poi ci ha portato ad essere quello che siamo oggi, non si è più fermato dato che è insito nella nostra natura umana; cambieranno sicuramente ancora (ma non sappiamo fino a che punto) le modalità con cui questo desiderio si attuerà negli anni a venire, ma la speranza è che continuiamo ad essere artefici e non vittime dei mezzi che noi stessi abbiamo creato.

(novembre 2017)

Tag: Marina Ardita, Servizio Postale-Impero Romano, Ottaviano, Ciro II di Persia, Senofonte, stazioni di posta, tabellari, cavalli, carri, corrieri, cursus vehicularis, pergamena, corrispondenza, bullae, Cicerone, prefetto al pretorio, maniscalco, mansiones, Tavola Peutingeriana, pietre miliari, schiavo, lettere, mercanti, petasus, province romane.