Alla scoperta dell’area flegrea: il Castello di Baia
Da villa patrizia romana a castello, una lunga e affascinate storia

Castello di Baia

Il castello di Baia a Bacoli (Italia); fotografia di Annalaura Uccella, 2014

Oggi vi porto alla scoperta di una roccaforte di storia e di bellezza, il Castello di Baia.

Ci troviamo a Bacoli, area flegrea, zona ricchissima di fascino e dai lunghissimi natali e che merita di essere visitata ma, purtroppo, è penalizzata da croniche carenze strutturali le quali non permettono di darle quella giusta e meritata importanza nel grande circuito culturale e turistico campano e nazionale.

Anche il Castello di Baia, una volta dismesso i panni difensivi, nella nuova veste di museo statale ha affrontato molti problemi che si possono paragonare alle diverse incursioni che ha saputo, però, nuovamente respingere uscendone, fortunatamente, vincitore.

Nonostante le croniche difficoltà legate alle ormai famose e ben conosciute carenze delle nostre Soprintendenze e non solo, il Castello di Baia merita di essere visto non solo per il panorama mozzafiato che oggi come in passato stupisce ancora, ma soprattutto per le perle archeologiche conservate al suo interno.

Vi parlerò unicamente della storia del castello perché parlarvi del museo sarebbe cosa lunghissima.

Percorrendo la strada che dal lago Lucrino, sede dell’antico Portus Julius, porta a Miseno si scorge l’imponente baluardo di difesa sia per la città di Bacoli, l’antica Baia, sia per l’importantissimo porto di Pozzuoli.

La storia del castello è affascinante e inizia con una villa romana che occupava parte del promontorio tufaceo. Essa, secondo varie fonti antiche, doveva appartenere a Giulio Cesare, ma i limitati scavi che sono stati fatti nel castello non permettono di confermare né di smentire tale notizia; una cosa è certa, era così grande che fu in parte riutilizzata come piccolo villaggio fortificato il cui ruolo difensivo era decisamente scarso e inefficace perché tale zona, per tutto il Medioevo, era semi abbandonata e sopravvivevano solo pescatori e contadini, l’unica cosa che dava «lustro» a Bacoli erano le terme utilizzate nonostante la zona fosse infestata dalla malaria e dalle scoppiettanti attività della solfatara, dalle tremolanti attività dei terremoti ed eruzioni, la vita in quest’angolo di paradiso non era proprio tranquilla. Ma proprio le terme e la natura lussureggiante riuscirono a risollevare la zona: sul finire del Medioevo, Bacoli fu scelta dai vari regnati e nobili come zona di caccia e di svago, ciò stimolò anche una timida ripresa del commercio marittimo nell’area flegrea.

Per il Castello, invece, il punto di svolta avvenne con la salita al trono di Alfonso d’Aragona che, tra le varie patate bollenti, dovette affrontare le continue incursioni moresche e l’imminente attacco di Carlo VIII di Francia che minacciavano le coste del Regno di Napoli, così intorno al 1495, decise di rinforzare tutti i baluardi difensivi presenti lungo la costa dell’Italia Meridionale. Il potenziamento del sistema di difesa fu concepito come una serie articolata di fortificazioni tra loro organicamente collegate e disposte prevalentemente lungo la costa, fu creato, in particolar modo per la zona campana, un complesso sistema difensivo che coinvolse, oltre i castelli presenti a Napoli, Gaeta, Mondragone, Ischia, Bacoli e Pozzuoli.

Il castro bacolese fu quindi risistemato e trasformato in una fortezza inespugnabile riuscendo a respingere più volte i nemici del Regno e a porsi come baluardo di difesa anche per le attività commerciali che sotto gli Aragonesi ritornarono a rifiorire in quest’area, soprattutto nel porto di Pozzuoli.

Della fase aragonese oggi, purtroppo, non resta nessuna traccia perché, riconosciuta la sua importanza militare, il castello fu radicalmente trasformato nei decenni successivi: la prima grande trasformazione si ebbe in seguito ad una violenta eruzione del Monte Nuovo nel 1538, che spinse il Viceré Pedro Alvarez de Toledo ad intervenire pesantemente sul castello danneggiato; durante il vicereame spagnolo e in seguito alle innovazioni introdotte nelle tecniche militari, i cannoni si svilupparono moltissimo, il castello fu più volte rimaneggiato e ampliato fino a raggiungere l’attuale architettura.

La sua posizione particolarmente isolata e molto avanzata rispetto alla riva permetteva di colpire e respingere i nemici grazie alle sue imponenti bocche da fuoco, riuscì a difendersi dalle invasioni turche capitanate dal Barbarossa e dai nemici europei e ciò garantiva una sua costante manutenzione e funzionamento.

Dal Settecento in poi, il castello fu interessato da numerosi eventi che contribuirono, invece, a danneggiarlo: per un trentennio fu occupato dalle truppe austriache; poi subì nuovi assedi durante il breve periodo della Repubblica Partenopea ed una ulteriore breve occupazione da parte delle truppe francesi di Giuseppe Bonaparte. Dopo la riconquista borbonica fu rinforzato verso il mare e fu ampliato il quartiere per i soldati. Nel 1887 il castello cessò la sua funzione come presidio militare, iniziò così il suo lungo periodo di declino; durante la Prima Guerra Mondiale il forte fu adibito alla custodia dei prigionieri di guerra; nel 1926 divenne sede di un grande istituto per gli orfani di guerra, pertanto fu radicalmente trasformato cancellando molte costruzioni realizzate nei secoli pretendenti. Nel 1975 l’orfanotrofio fu spostato e il castello ritornò di proprietà del Demanio che nel 1984 lo diede all’allora Soprintendenza Archeologica delle province di Napoli e Caserta che lo trasformò nell’attuale museo archeologico dedicato dell’area flegrea. Dopo i vari restauri, nel 1993 fu aperto il Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Oggi il castello si presenta, quindi, frutto di queste numerose trasformazioni, ma il suo fascino permane: oltre ad essere stato costruito su un poderoso banco di roccia tufacea, a Nord-Ovest si trova, in posizione avanzata, la torre di guardia denominata Torre Tenaglia, a Sud, in netta contrapposizione, vi sono altri due baluardi la cui funzione era di controllare gli accessi sia dal mare sia da terra. Ad Ovest la protezione era assicurata, inoltre, dalle bocche da fuoco dislocate lungo il perimetro merlato e da una doppia cinta. Il nucleo abitativo originario del castello si trovava nella parte più alta del promontorio, in prossimità della Torre Tenaglia, e il percorso che conduceva fino ad esso era protetto da altri tre ponti levatoi. All’interno del castello troviamo la chiesa dedicata alla Madonna del Pilar, costruita tra il 1550 e il 1556.

Castello di Baia, ponte levatoio

Ponte levatoio del castello di Baia a Bacoli (Italia); fotografia di Annalaura Uccella, 2014

Una curiosità, prima di chiudere, riguarda chi ha riprogettato il nuovo castello sotto Don Pedro de Toledo, a tal proposito si fanno due nomi, il primo è Ferdinando Manlio che soprintendeva al controllo tecnico e amministrativo di tutte le costruzioni del vicereame, l’altro nome è Pedro Luis Escrivà, architetto valenzano che, per conto di Don Pedro, lavorò all’Aquila, a Nola, a Capua e nella stessa Napoli dove ricostruì Castel Sant’Elmo, così come oggi lo vediamo, a cui la rocca bacolese si ispirava e presenta molti punti architettonici in comune. Ovviamente le successive modifiche architettoniche, le difficoltà di effettuare scavi conoscitivi e le fonti storiche non ancora tutte studiate rendono difficile dare un nome al primo architetto che modificò il castello di Baia.

Castello di Baia, panoramica

Una suggestiva immagine panoramica con sullo sfondo il castello di Baia a Bacoli (Italia); fotografia di Annalaura Uccella, 2014
Articolo in media partnership con polveredilapislazzuli.blogspot.it
(dicembre 2016)

Tag: Annalaura Uccella, area flegrea, Campania, Bacoli, Castello di Baia, lago Lucrino, Portus Julius, Miseno, Pozzuoli, Baia, terme, Giulio Cesare, Alfonso d’Aragona, Regno di Napoli, Pedro Alvarez de Toledo, Museo Archeologico dei Campi Flegrei, Torre Tenaglia, chiesa della Madonna del Pilar, Ferdinando Manlio, Luis Escrivà.