San Tommaso D’Aquino, il più grande filosofo del Medioevo
«Quando l’etica non guarda all’utile. Il bene non deve essere compiuto in rapporto ad un premio»

San Tommaso d'Aquino

Carlo Crivelli, San Tommaso d'Aquino, XV secolo, National Gallery, Londra (Gran Bretagna)

La data di nascita non è certa, ma si presume avvenuta nel castello di Roccasecca, presso Aquino, intorno al 1226, e la morte nel 1274 nell’Abbazia Cistercense di Fossanova. Di nobile famiglia, a cinque anni fu inviato a Montecassino, come oblato, con la speranza, un giorno, potesse reggere quella Abbazia. Diversamente dopo aver studiato a Napoli logica e filosofia naturale, entrò nell’Ordine dei Domenicani. Il fratello Rinaldo per disappunto dei parenti, lo rinchiuse nel natio castello di Roccasecca, ove studiò la Sacra Scrittura del Libro delle Sentenze di Pietro Lombardo e logica aristotelica. Viaggiò ed insegnò a Colonia ed a Parigi; poi ritornò in Italia ad insegnare teologia, prima ad Agnani (1260-1262), poi a Viterbo ed Orvieto, fino al 1269. In quell’anno tornò a Parigi, la cui Università era in preda ad una grave crisi per la polemica con gli «averroisti», la cui interpretazione di Aristotele era ritenuta incompatibile con il dogma cristiano. Tommaso prese viva parte alla polemica e dovette fronteggiare una parte del clero secolare, capeggiata da Geraldo di Abbeville, ed una corrente sviluppatasi alla facoltà teologica, che non approvava l’aristotelismo e sosteneva la teoria agostiniana dell’illuminazione.

Nel 1272 occupò la cattedra di teologia all’Università di Napoli. Nel 1274 venne scelto da Gregorio X come Membro del Concilio di Lione. Si pose in viaggio ma a Fossanova morì, non ancora cinquantenne, di misteriosa malattia. Giovanni XXII lo proclamò Santo nel 1323 e nel 1567 fu dichiarato Dottore della Chiesa da Pio V e da allora designato con il titolo di «Doctor Communis» ed anche «Doctor Angelicus».

San Tommaso assume una posizione centrale, tipicamente medievale, designata come «Scolastica». Ha dato alla filosofia cristiana solide basi scientifiche, creando un sistema valido per intrinseca chiarezza e coerenza dottrinale, ispirata da uno sconfinato amore per la verità.

L’etica di San Tommaso è fondata nella metafisica, in conformità al principio «Agere sequitur esse», «L’agire è la manifestazione e sviluppo dell’essere», e pertanto ciascun essere agisce, conformemente alla propria natura. La morale è dunque rispetto alla volontà umana, una morale eteronoma, in quanto le leggi morali hanno la loro origine in Dio.

Essendo l’uomo composto di anima e corpo, dovrà subordinare gli istinti del corpo ai dettami della ragione.

L’etica di San Tommaso non è eudemonistica, né ha per base l’utile privato o pubblico, e non esige la soppressione dei desideri. Il criterio che lo ispira è il perfezionamento della natura umana che consiste nell’avvicinarsi il più possibile a Dio.

Secondo San Tommaso il bene non deve essere compiuto in vista di un premio ed il male evitato per timore di castigo, ma perché la sanzione è intrinseca alla legge, la quale se potesse venire violata, non avrebbe più il carattere obbligatorio, senza il quale la legge non è legge.

Il male lo distingue in «pena e colpa»: quella è la mancanza di una perfezione, per esempio la cecità è la mancanza della vista (male metafisico); questa costituisce il male morale: la volontà dell’uomo di trasgredire alla legge, nel peccato. Il primo appartiene all’ordine naturale disposto da Dio, quindi non è male; il secondo non è voluto da Dio, ma dal libero arbitrio.

La libertà umana non è obliterata né dalla prescienza divina, né dalla «Grazia». Il passato ed il futuro hanno senso soltanto per gli esseri temporali, non per Dio che è eterno e presente.

La «Grazia» non obbliga l’uomo ad agire in un determinato senso, essa è un dono che Dio gli concede per aiutarlo a conseguire il proprio fine, ma l’uomo rimane libero di fronte alla «Grazia» stessa, che può accettare o respingere!

(anno 2003)

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