Il periodo dell’anarchia in Europa
Nel periodo Alto Medievale il nostro continente conobbe una progressiva dissoluzione dello Stato e del diritto, processo legato ad una crisi sul piano culturale

Verso la fine del IX secolo l’Europa entrò in un periodo che molti storici definiscono di anarchia feudale. La dissoluzione dello Stato fu un fenomeno lento. Con la fine dello Stato romano (o romano-bizantino) scomparì l’istruzione laica, e tutta la cultura si concentrò nel mondo ecclesiastico. La figura di maggiore rilievo dal punto di vista della filosofia politica, fu quella di Sant’Agostino. Nel De Civitate Dei, il filosofo aveva radicalmente separato il mondo materiale, considerato fonte di ogni male, da quello divino. Autori successivi, come San Bernardo di Chiaravalle, importante pensatore del movimento monastico cistercense, avevano ulteriormente forzato tale visione, arrivando alla svalutazione della ragione di fronte alla fede. Tale modo di vedere aveva avuto notevoli conseguenze. La Chiesa acquisì un potere morale fortissimo, divenne in pratica l’istituzione in grado di fornire legittimità ai capi politici, qualcosa di simile potremmo dire a quello che avviene oggi in certi Paesi musulmani. Già dai tempi di Costantino si era verificata una certa commistione fra potere civile e quello spirituale, nel periodo successivo molti Vescovi divennero anche funzionari dello Stato e consiglieri del Re. La grande abbondanza di ricchezze e di proprietà terriere della Chiesa, aveva ulteriormente rafforzato tale tendenza, e il suo peso sulla scena politica.

Contemporaneamente alla crescita del potere religioso, si assistette all’indebolimento del potere politico. L’impoverimento generale della società nonché lo stato d’abbandono delle vie di comunicazione resero sempre più difficile il controllo del potere centrale sulla periferia. I tre regni romano-barbarici (Visigoti in Spagna, Franchi in Francia, e Ostrogoti in Italia) mantennero le istituzioni romane antiche e riconobbero almeno formalmente il potere dell’Imperatore Bizantino, ma non poterono esercitare un adeguato controllo sui conti che amministravano le province (il territorio della «civitas»), mentre i grandi proprietari terrieri acquisirono di fatto sempre maggiori poteri. La piccola proprietà scomparve, sia a causa della pressione fiscale, sia per il bisogno di protezione, mentre il mondo urbano, con le sue attività e la sua mobilità cessò di esistere.

Il potere del Re era in linea teorica notevole, ma non disponendo più nel periodo successivo a quello merovingio di un gettito fiscale, non poté mantenere un forte esercito e fu costretto a concordare tutte le decisioni del regno con i «grandi». I conti non più retribuiti dallo Stato, ottennero un gran numero di proprietà terriere per i loro servigi, si radicarono pertanto nel territorio che amministravano, e fatto ancora più rilevante nel periodo di Carlo il Calvo, l’ultimo dei sovrani carolingi di una certa importanza, il loro titolo divenne ereditario, e pertanto non più controllabile dall’alto. Con la dissoluzione dello Stato si verificò nel X secolo il fenomeno dell’incastellamento. Tutte le famiglie «potenti» si crearono delle residenze fortificate entro le quali erano praticamente intoccabili. In tal modo sparì il potere pubblico, l’attività legislativa (sostituita da singoli atti amministrativi), e lo stesso diritto. Il potere reale passò nelle mani delle grandi famiglie proprietarie di terre, che disponevano di eserciti privati e legate fra di loro da vincoli feudali. Già nel VI secolo si era diffuso il rapporto di raccomandazione e l’immunità che aveva reso alcuni territori autonomi, nel periodo successivo i feudi, che erano semplici concessioni temporanee divennero definitive ed ereditarie. Non esistendo un catasto ed un’anagrafe, il periodo in questione divenne un periodo di incertezza e di precarietà, con numerose guerre a carattere locale. Altro elemento che contribuì alla formazione di una potente aristocrazia, fu quello militare. Nel periodo successivo a quello dello Stato romano gli eserciti avevano perso la capacità di combattere in formazioni compatte, e tale situazione rese la cavalleria formata da nobili, gli unici che potevano permettersi un cavallo e un’armatura, un’arma estremamente potente.

Il periodo di anarchia feudale coincise anche con quello delle nuove incursioni barbariche (Normanni, Ungari, Saraceni) nonché con quello della decadenza morale di quello che era considerato il capo della Chiesa, il Vescovo di Roma. Per lungo tempo il Vescovo di Roma, come gli altri Vescovi, era nominato dall’Imperatore, o quantomeno la sua nomina veniva concordata fra clero locale e il potere centrale. Nel periodo successivo a quello di Carlo Magno, le famiglie nobili romane si disputarono il titolo, e la Chiesa decadde ai livelli più bassi. Tale situazione favorì il nascere di movimenti di riforma come quello dei cluniacensi e dei cistercensi, nonché i successivi movimenti eretici. Il decadimento morale della Chiesa in linea generale contribuì al successivo affrancamento del potere politico da quello ecclesiastico.

Il Sacro Romano Impero creato da Carlo Magno presentava una caratteristica che contribuì alla sua decadenza, la mancanza di una capitale, e quindi di una organizzazione burocratica stabile, e di una regolare successione imperiale. Nell’843 l’Impero venne diviso in tre parti, sulle quali prevalse quella tedesca, che pur essendo più arretrata dal punto di vista economico, si presentava meno frammentata, ed in parte rimaneva allo stato tribale. All’interno del regno di Germania prevalsero i duchi di Sassonia e successivamente quelli di Franconia esclusivamente per ragioni militari. Il nuovo Impero fece ancora più affidamento del precedente sul potere dei Vescovi, e comunque dovette ampliare le concessioni di autonomia della nobiltà.

Trattato di Verdun

Il periodo di anarchia feudale iniziò a essere superato intorno al 1100 ad opera di due monarchie normanne francesizzate, quella inglese fondata da Guglielmo il Conquistatore, e quella di Sicilia (Ruggero II), il Paese economicamente più sviluppato d’Europa. Le due nuove monarchie ripristinarono un’efficiente amministrazione periferica. Contemporaneamente il sorgere in Italia di università non controllate dalla Chiesa contribuì alla idea di uno Stato autonomo dal potere religioso. All’inizio del secolo successivo Filippo Augusto in Francia diede vita ad una solida monarchia, l’evoluzione fu lenta e si potrà considerare conclusa non prima della fine del Quattrocento.

(anno 2002)

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