Le Crociate del Nord
Non solo Mar Mediterraneo. Brevi riflessioni[1]

Sono poco conosciute le vicende relative alle Crociate dell’Europa Nord-Occidentale. Qualche appassionato di cinema ricorda magari il film di Ejzenstein Aleksandr Nevskij, ma purtroppo qualcuno afferma che il regista scelse questo argomento poiché scarsa era la conoscenza delle vicende, tale da rendere assai improbabile un’interferenza dei fatti reali con la finzione filmica.

Partendo dall’epoca vichinga, quando i Sovrani Scandinavi si trovarono tagliati fuori dalle lontane conquiste d’oltremare del passato, venendo perciò sfidati nelle acque di casa loro dalle Nazioni Slave che si erano rinvigorite, è necessario descrivere i luoghi nel Nord che si legarono alle Crociate, per comprendere le vicende del periodo.

Il Papa, del resto, autorizzò una prima Crociata Baltica nel 1147 contro i pagani del Nord. L’ultima Bolla papale che attesta una Crociata nel Nord risale al 1505, alla frontiera russa. Nei quattro secoli che intercorrono tra queste due date, le terre conquistate dai Crociati e la popolazione ivi presente si trasformarono radicalmente, modificandosi in toto lingua, cultura, economia, governo. Tra i Paesi Europei più coinvolti troviamo la Francia, l’Italia e la Renania.

Furono motore di queste vicende il movimento cistercense, l’ascesa della Monarchia Papale, il missionariato monastico, l’arrivo delle orde mongole, la crescita degli Imperi Lituano e Moscovita, nonché il movimento conciliare del XV secolo.

Nel Mar Mediterraneo le spettacolari guerre sante si conclusero di fatto con spreco di tempo, denaro e vite, e la Cristianità perse la Terra Santa. I Saraceni vinsero e le due fedi rimasero inesorabilmente contrapposte. Viceversa le Crociate del Nord, meno visibili, hanno permesso di unire quelle regioni con l’Europa Occidentale, dentro una civiltà comune medievale.

Si trattò di allargare il baricentro cattolico, di diffondere le grandi istituzioni centrali. Mi riferisco alle chiese, ai feudi, ai castelli, ai borghi, alle regole della legge feudale, e alla legge della Chiesa, alle gilde e ai Parlamenti. Tutto questo si inseriva in un mondo alternativo al precedente, spesso inospitale, ben diverso dalla Spagna e dalla Palestina. Eppure i risultati furono positivi.

Questa storia riguarda anche l’Inghilterra, quanto e forse più di altri Paesi. È vero che si ebbero la conquista normanna e il coinvolgimento dei Re Inglesi in Francia. Tuttavia l’Inghilterra non fu mai tagliata fuori dal mondo baltico, a cui si legò nel corso del 1200 sempre più strettamente attraverso i commerci, le alleanze politiche e il movimento delle Crociate.

La ragione di fondo del mancato sviluppo storiografico di queste vicende è dettata principalmente dalla stessa posizione geografica del Baltico e dalle diatribe, mai sopite, soprattutto nel breve periodo, tra i vari gruppi che lo abitano. C’è stata anche, soprattutto in epoca recente, una strumentalizzazione politica di questioni storiche pregresse. Basti pensare all’associazione tra la Monarchia Prussiana e i Cavalieri Teutonici. Quando poi in Estonia, Lettonia e Lituania presero piede i movimenti nazionalistici, si svilupparono polemiche, ritenendo questi Paesi come «criminali» oppure, di contro, esaltando ciò come evento utile e necessario.

È necessario sottolineare, circa la strumentalizzazione storica, anche se non possiamo senz’altro generalizzare, che nel 1914 il nome Tannemberg venne adoperato per indicare la sconfitta delle truppe russe da parte di Hindenburg nell’Est della Prussia, e ciò come «vendetta» per la sconfitta subita dall’Ordine Teutonico nel 1410.

Del resto tra il 1939 e il 1950 più di cinque milioni di abitanti di queste coste fuggirono o furono portati in esilio, e mai più ritorneranno alle loro case. Attualmente il Baltico è territorio secondario per importanza, e la tranquillità di questi luoghi è vissuta anche con un profondo senso di ingiustizia da coloro che se ne sono andati e con difficoltà da chi è rimasto.

I primi a conquistare i pagani del Mar Baltico Occidentale furono i Sassoni e i Danesi. È nel XIII secolo che navi da guerra e «altari da campo» partono alla volta del Baltico Orientale, rendendo il quadro più complesso. Ciò che caratterizzò profondamente le Crociate del periodo fu la nascita degli Ordini religiosi militari. Templari, ma anche i famosi Cavalieri Teutonici. Tutto prese le mosse dai Cistercensi che, richiamandosi ai Benedettini, vedevano nel lavoro un elemento salvifico e dunque ponevano la guerra santa come una sorta di sostituzione e/o integrazione al lavoro. Se il lavoro era salvifico, perché non poteva esserlo la guerra? Capiamo da tale filosofia che l’Occidente ha sempre ritenuto il fare «concreto» lo strumento principe della civiltà. Una sorta di pragmatismo religioso, oserei dire diverso non solo dal pragmatismo orientale, ma sensibilmente alternativo all’animismo arabo, più calato nella tradizione carovaniera. La guerra santa concepita in Occidente fu in primis erede delle «guerre sante» romane, che nella unione spirituale tra Stato e Dèi avevano creato il paradigma essenziale dell’Impero.

Il monachesimo fu una «macchina da guerra» che si protrasse tra il 1225 e il 1309 nelle lande del Nord Europa.

In ordine cronologico, i primi a subire la sconfitta a opera delle truppe salvifiche dei Cavalieri Teutonici furono i Livoni e a seguire i Lettoni, gli Estoni, poi i Prussiani, i Finlandesi, con relative spoliazioni militari e lo sterminio parziale di gruppi di Tedeschi. Il compattarsi dell’Europa Crociata costituì il nucleo fondante della cultura europea, prima ancora che economico e politico.


Nota

1 Eric Christiansen, Le Crociate del Nord, Ed. Il Mulino.

(dicembre 2018)

Tag: Elena Pierotti, Crociate del Nord, Aleksandr Nevskij, Cavalieri Teutonici, Crociata Baltica, Sassoni, Danesi, Cistercensi, Benedettini.