Feudalesimo e vassallaggio
La dissoluzione dello stato si accompagnò al potere di chi disponeva del bene essenziale, la terra

La formazione e la successiva decadenza del feudalesimo e della servitù della gleba non trova gli storici concordi. Si tratta di una questione complessa che ebbe tempi estremamente lunghi, entrambi sono comunque connessi con la disgregazione dello stato e la decadenza del diritto pubblico. Il periodo successivo alla dissoluzione dell’Impero Romano vede una notevole scarsità di documenti storici e ciò contribuisce alla incertezza sulla creazione delle istituzioni feudali e del vassallaggio.

L’idea di uno stato che garantisce almeno in linea teorica il bene dei cittadini, governato da uomini che agiscono per esso come suoi rappresentanti senza confondere gli interessi propri con quelli dell’organizzazione, fu una delle grandi realizzazioni del mondo greco romano. Con essa abbiamo l’idea di un patrimonio statale totalmente scisso da quello dei suoi rappresentanti, gestito da essi ma per finalità strettamente istituzionali. Abbiamo inoltre la figura del funzionario dello stato dal livello più basso a quello massimo tenuto ad agire con equità e imparzialità nei confronti dei cittadini. I pensatori cristiani e lo stesso Sant’Agostino svilirono il senso dello stato e del bene pubblico per una idea più astratta di un mondo etico. Questo mondo etico in parte utopistico non ebbe mai luce, mentre invece si aveva l’indebolirsi delle istituzioni, il crollo delle attività produttive e il regresso della istruzione pubblica.

Il feudalesimo nacque alla fine dell’Impero Romano ma in forma diciamo così sotterranea, mantenendosi anche al tempo dei regni romano barbarici delle istituzioni pubbliche superiori. Nel corso di questi secoli il declino economico e quindi il minore gettito fiscale resero le istituzioni pubbliche locali più fragili ma anche più autonome considerando anche il progressivo peggioramento delle vie di comunicazione. Le imposte fondiarie, a causa della scomparsa del catasto, fondamentali per le entrate statali sparirono e rimasero i dazi, le decime a favore della Chiesa e poche altre forme di prelievo. Si passò quindi da una situazione di pesante pressione fiscale come quella creata da Diocleziano, Costantino e i successivi imperatori, a una situazione di quasi scomparsa della imposizione fiscale, basata principalmente su imposte indirette, cioè che non colpivano il reddito o il patrimonio ma solo alcune specifiche attività. Nello stesso periodo si ebbe la quasi scomparsa della moneta e molti funzionari di stato dell’amministrazione locale (generalmente conti) venivano retribuiti con la concessione di un terreno nella forma di un feudo. Si venne così a creare una confusione fra il funzionario incaricato della gestione di un distretto e il signore proprietario di grandi terre, nonché fra i soldati al servizio dello stato comandati dal conte e la sua milizia personale. L’evento che sancì la dissoluzione dello stato è il Capitolare di Quierzy emanato nell’877 da uno dei successori di Carlo Magno. Il funzionario pubblico locale non ebbe più alcun tipo di retribuzione da parte degli organi centrali (che disponevano di fondi molto ridotti) e venne quindi a mancare uno degli elementi fondamentali della sua subordinazione, in compenso il suo incarico non era più revocabile ed era trasmissibile ereditariamente, mentre facilmente poteva entrare in possesso, grazie alla protezione militare che poteva fornire, delle terre che precedentemente amministrava per conto del sovrano. Conti, duchi, marchesi, in origine funzionari sottoposti al potere centrale, divennero autonomi e diedero vita a delle dinastie con degli uomini di loro fiducia al loro servizio. Che il feudalesimo sia legato a tale fenomeno più che al generico possesso di terreni lo conferma il fatto che i signori che esercitavano il dominio sulle terre riportavano i titoli, anche se ormai non più legati a funzioni statali, di conte, duca e marchese.

La crisi del mondo romano fu evento con origini lontane, la cosiddetta crisi del III secolo venne provocata dalla situazione di anarchia militare (235-284), evento che ebbe come conseguenze le eccessive spese militari per ottenere il favore dei soldati, le incursioni barbariche causate dall’impegno delle truppe romane nei loro conflitti interni e uno stato di insicurezza generale che metteva in crisi il commercio e l’economia generale. Tale situazione sarebbe stata comunque superabile, ma intervennero altri fattori. L’imperatore Diocleziano (proclamatosi «dominus ac deus») mise fine a questo stato di cose creando un tipo di governo autoritario, burocratico e accentratore che comportò un deleterio inasprimento fiscale. Inoltre le sue leggi sulla imposizione dei prezzi e l’obbligo di seguire il mestiere di famiglia favorirono il blocco di molte attività produttive di una società già duramente provata dagli eventi precedenti. Si ebbe poi una particolare tendenza nella emigrazione interna, dapprima una fuga dalle campagne verso le città per ragioni prevalentemente fiscali (o a causa dell’obbligo di mantenere gli eserciti acquartierati in zona) seguita nel periodo finale dell’Impero da un movimento inverso dovuto al declino economico generale e alla necessità quindi di disporre di alimenti e prodotti dell’agricoltura. Diocleziano e Costantino diedero vita a uno stato totalmente diverso da quello precedente, fenomeno riscontrabile anche con l’affermarsi dei nuovi culti e nel campo artistico con la formazione del rigido stile bizantino.

La pressione fiscale eccessiva, come in molti altri periodi storici anche recenti, provocò l’impoverimento dei cittadini e pertanto portò (diversamente dalle aspettative) a un minore gettito fiscale e al progressivo indebolimento dello stato. La questione erariale divenne così pesante che i consiglieri comunali («curiales») incaricati della sua riscossione con l’obbligo di provvedere con le loro risorse a eventuali mancanze, rinunciarono in massa agli incarichi o si diedero alla fuga. Il governo dispendioso contribuì anche a un fenomeno sociale molto particolare, i piccoli e medi proprietari cedevano le loro terre ai latifondisti per sfuggire alla dura tassazione da cui erano spesso esenti i grandi proprietari perché svolgevano alcune funzioni locali per conto dello stato. Lo stato romano andava verso una polarizzazione, scomparsa del ceto medio e formazione di un vasto strato sociale di poveri e di un ristretto numero di relativamente ricchi, proprietari di vaste terre.

L’agricoltura tardo romana era organizzata in «villae», vaste tenute lavorate da schiavi e successivamente, quando questi ultimi a causa della fine delle guerre di espansione scarseggiavano, da coloni. I coloni erano uomini liberi (diversamente dagli schiavi non erano rigidamente controllati nel lavoro, disponevano di una propria abitazione e potevano mettere su famiglia), ma erano comunque vincolati alla terra e non potevano abbandonarla senza autorizzazione, mentre il proprietario poteva essere presente all’interno di essa, oppure delegare qualcuno ad amministrarla. Le «villae» occupavano buoni terreni e producevano per un vasto mercato. In epoca successiva con le invasioni barbariche e il declino dello stato, vennero fortificate, ampliarono le proprie attività a causa della difficoltà di accedere a determinati beni e iniziarono a produrre quasi esclusivamente per la propria sussistenza con pochi scambi verso l’esterno dato lo stato di insicurezza generale che si era affermato. Nel periodo successivo intorno al X secolo a causa della totale dissoluzione dello stato e di nuove minacce (Vichinghi, Saraceni, Magiari) sorsero i castelli collocati in zone difendibili, anche lontani dai terreni migliori per l’agricoltura. Considerando anche il forte declino demografico, l’Europa del tempo assunse una forma particolare, castelli con aggregati villaggi di contadini, attorniati da terre coltivate, le terre più lontane dove i contadini non potevano arrivare erano abbandonate a se stesse con foreste e paludi genericamente considerate di uso comune. Ogni «curtes» o feudo era come un’isola separata e distante una dall’altra, tutto il continente era costituito da piccoli e compatti gruppi di famiglie isolati o quasi dal resto del mondo.

Con la scomparsa o la riduzione dell’uso della moneta, la ricompensa per un servizio anche pubblico era il «beneficium» che quando consisteva in un appezzamento di terra prese nome di feudo, generalmente concesso a un vassallo. Un feudo normalmente si componeva di circa 200-300 ettari di terra e di un villaggio di contadini in numero adeguato. I grandi signori disponevano di molti feudi e disponevano di molti vassalli (nobili di livello inferiore) che garantivano un certo numero di uomini in caso di necessità belliche. Un elemento fondamentale per la formazione del feudalesimo fu la presenza di un gruppo di uomini armati al servizio del proprietario. Tali uomini consentivano al signore di esercitare un potere sul territorio circostante (in accordo con lo stato nel primo periodo) nonché di offrire protezione ai propri dipendenti, coloni o servi. Nell’Italia bizantina sopravviveva la piccola proprietà privata, ma nel resto del continente era praticamente impossibile vivere e lavorare senza la protezione di un signore e ciò spiega le dure condizioni a cui dovettero assoggettarsi i contadini che divennero presto servi della gleba. Già prima del disfacimento dell’Impero Romano d’Occidente si ebbero i bucellarii, che formavano un esercito privato al servizio del signore e nel periodo successivo questa istituzione sotto altri nomi si ampliò progressivamente. Altro elemento caratteristico del feudo fu che esso costituiva un territorio con un signore che esercitava il potere, ma non costituiva qualcosa di simile a un piccolo stato, amministrazione e servizi pubblici vennero ridotti al minimo. Raramente ci si preoccupava dei miglioramenti fondiari, delle vie di comunicazione, della sanità o dell’istruzione, un feudo prevedeva solo pochi cortigiani, un gruppo di uomini armati ed eventualmente un minimo di struttura ecclesiastica. Esercito e riscossione dei tributi divennero le principali e quasi uniche funzioni statali, le spese statali vennero dirette oltre che per il mantenimento degli uomini armati, per le residenze nobiliari e le chiese. L’insicurezza e la mancanza di certezza del diritto distrussero il commercio, il castello con il suo villaggio e le terre circostanti divennero autosufficienti, l’autarchia divenne la regola. Oltre ai funzionari locali divenuti nobili signori delle terre, abbiamo un vasto fenomeno di capi di uomini armati che per aver combattuto a favore di un signore divenivano vassalli e ricevevano come compenso un territorio da utilizzare economicamente e amministrare. Un caso tipico è rappresentato dai Normanni che per aver combattuto a favore di alcuni staterelli in cui si era diviso il ducato di Benevento e il dominio bizantino dell’Italia del sud divennero progressivamente signori dell’intera regione. In molti casi un signore proprietario e capo di un vasto territorio, non potendo gestire direttamente tutti i suoi terreni, nominava un vassallo che poteva avere sotto di sé altri uomini, si crearono così delle «catene feudali» che contribuirono a una certa confusione dei poteri.

Il feudalesimo degenerò presto in anarchia, sia perché il sovrano o il grande signore non avevano gli strumenti per costringere i subordinati alla sottomissione dato che questi possedevano il loro castello e il loro esercito privato, sia perché a causa dei matrimoni, i discendenti si trovavano nelle condizioni di possedere terreni sotto signori di parte materna e paterna, mentre in alcuni casi uno stesso personaggio si offriva vassallo a più signori. Attraverso i matrimoni fra nobili di zone diverse si vennero a creare gli stati «a macchia di leopardo» e in alcuni casi alcune famiglie come gli Asburgo, generazione dopo generazione, con un’attenta politica matrimoniale crearono stati plurinazionali di vastissima estensione. Sebbene i nobili proprietari di terre avessero cessato di operare per conto dello stato, il ricordo di tale loro funzione non si perse e a più riprese nel corso dei secoli difesero i loro privilegi (anche fiscali) dichiarandosi funzionari di stato. Contemporaneamente si ebbe un altro fenomeno nel campo religioso, la confusione di poteri fra stato e Chiesa divenne totale, per un lungo periodo i sovrani nominavano i vescovi, questi a loro volta potevano interferire nel loro governo o condannarli moralmente.

È interessante notare che nel periodo dell’anarchia feudale, nonostante la situazione di precarietà, la mancanza di vincoli statali forse contribuì ad alcune innovazioni tecnologiche che oggi potrebbero sembrarci minime, ma che nella situazione di indigenza generale dell’epoca furono notevoli. L’aratro pesante, il giogo, la staffa, la tecnica della rotazione triennale dei terreni. Queste innovazioni consentirono una maggiore produzione agricola, un miglioramento delle condizioni di vita della gente, l’aumento demografico e la formazione di una classe di uomini che non necessitavano di lavorare la terra ma potevano dedicarsi completamente ad altre attività, artigiani, mercanti, eccetera. Si ebbero quindi i Comuni, mentre la Corona necessitava di uomini nuovi maggiormente vincolati al suo potere e con maggiore livello culturale nel campo giuridico, sorse così la nobiltà di toga dotata di vasti poteri, contrapposta alla vecchia nobiltà di spada. L’assetto politico agricolo feudale conobbe una progressiva crisi, un cambiamento che richiese comunque diversi secoli.

Il feudalesimo ebbe conseguenze diverse nei vari Paesi. L’Italia costituiva la parte principale del Sacro Romano Impero (al primogenito di Ludovico il Pio figlio di Carlo Magno spettava la corona d’Italia e quella imperiale), ma il contrasto fra dinastie impedì il formarsi di un solido regno. Diversamente in Francia la dinastia dei Capetingi, sebbene disponesse di poteri molto limitati, rimase incontrastata al potere e quando le lotte tra feudatari portarono al loro indebolimento, nel Duecento i re consolidarono il loro potere. L’Inghilterra sotto i Normanni sebbene mantenesse la tipica struttura feudale, non vide grandi contrasti, il potere del monarca prevalse e mantenne un certo ordine nel Paese. La Germania sebbene residenza degli imperatori conobbe una totale e prolungata disgregazione, superiore a quella italiana.

In Italia si ebbe il fenomeno particolare dei nuovi potenti signori capi di diversi Comuni che diedero vita alle Signorie, in Spagna si ebbe la ricostituzione di una monarchia nazionale grazie ai matrimoni che univano dinastie diverse, in altri Paesi le lotte fra nobili portarono a un rafforzamento della monarchia, in maniera molto lenta i signori feudali si videro ridotti a essere semplici proprietari terrieri sottoposti a istituzioni statali superiori. Il feudalesimo cessò così la sua esistenza.

(marzo 2019)

Tag: Luciano Atticciati, feudalesimo, servitù della gleba, vassallaggio, conti, marchesi, duchi, villae, fisco, curtes, castelli, incastellamento, nobiltà di toga, nobiltà di spada.