Jacques de Molay, l’ultimo Gran Maestro dei Templari
699 anni fa moriva Jacques de Molay, l’ultimo Gran Maestro dei Templari… e fra meno di un anno, il 18 marzo 2014, scadrà l’ultima «maledizione» lanciata contro i suoi carnefici: la Chiesa di Roma finirà

Chi era Jacques de Molay

Figlio del nobile Jean de Longwy e della figlia del Re di Rahon nacque fra il 1240 e il 1250. Di lui non si sa molto dei primi anni d’infanzia e il suo cognome si pensa che derivi dall’ipotetica città natale di Jacques, per l’appunto Molay presso Besancon.

Nel 1265 Jacques venne accolto nell’Ordine dei Templari a Beaune. A condurre le cerimonie di iniziazione furono Ymbert de Peraudo e Amalric de Ruppe. Soltanto a partire dal 1270, però, il nome di Jacques de Molay appare negli annali. Lo si vuole in Outremer, cioè in Terra Santa. Nel 1285 venne nominato conte di San Giovanni d’Acri, ma nel 1290 si stabilì a Cipro e pertanto non poté partecipare alla difesa di San Giovanni d’Acri nel 1291. Ancora nel 1291, in occasione di un Concilio dell’Ordine, de Molay manifestò la sua insoddisfazione riguardo alla situazione interna all’Ordine e dichiarò il proposito di introdurre cambiamenti. A partire dal 1294 ricoprì la carica di capo dell’Ordine. Non si sa bene questa sua forza da dove derivi e da chi fu sostenuto, tant’è che divenne Gran Maestro dell’Ordine e, suo malgrado, entrò nel mito e nella leggenda quanto e forse più del fondatore dell’Ordine stesso, Hugo de Payns.

«Vi prego di lasciarmi unire le mani per un’ultima preghiera. Morirò presto e Dio sa che è ingiusto. Ma io vi dico che la disgrazia cadrà su coloro che ci condannano ingiustamente». E poi rivolgendosi al Papa Clemente V e al Re Filippo il Bello aggiunse: «Vi affido entrambi al tribunale di Dio, tu Clemente nei prossimi quaranta giorni e tu Filippo prima della fine dell’anno».

Sono le parole di commiato dalla vita terrena, prima di salire sul rogo, di Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Templari. Era il 18 marzo 1314, con lui 699 anni fa finiva un’epoca, un’epopea terrena che sarebbe entrata nella storia e nella leggenda. Finivano il loro viaggio, per lo meno ufficialmente, i Templari. Per loro l’oblio ed il mito che si è «trascinato» fino ai nostri giorni. Imperituro, immarcescibile, imperscrutabile. Un mistero indissoluto e che tale, probabilmente, rimarrà.

Salendo su quel rogo, innalzato sull’Ile aux Juifs (l’isoletta sulla Senna di fronte a Notre Dame detta anche Isola dei Giudei), insieme a Goffredo di Charney, precettore di Normandia, custode della Sacra Sindone e ad altri trentasei confratelli, accusato di eresia, blasfemia e delle peggiori nefandezze possibili, accuse rivelatesi poi false, Jacques de Molay si portava dietro tutti i segreti dell’Ordine dal Santo Graal, alla Sacra Sindone, dal Mandylion, ai rapporti con l’Islam, ai segreti riscoperti sotto le mura del Tempio, al tesoro dei Cavalieri. Un tesoro senza pari su cui Filippo il Bello, Re di Francia ed artefice della dissoluzione dell’Ordine, non riuscì a mettere le mani. Non ci riuscì nessuno e la sua ubicazione resta ancora un mistero.

Più che le ultime parole di un condannato, quelle del Gran Maestro Templare suonano come una vera e propria maledizione che, tra credenze popolari o meno, pare sia arrivata a segno, probabilmente con l’ausilio di altri Templari caduti in clandestinità ma sempre ligi al dovere e agli «ordini» del proprio capo. E la maledizione, in realtà, è anche multipla o meglio, si tratta di ben quattro profezie: la prima fu quella, appunto, della predizione di morte di Clemente V che, anzi, raggiunse de Molay trentatre giorni dopo, in anticipo sulla premonizione di quaranta giorni.

La seconda riguardava il Re di Francia e, come disse il Gran Maestro, il Sovrano morì in circostanze strane in un incidente di caccia a Fontainebleau. Era il 29 novembre 1314.

La terza fu sulla durata della Monarchia Francese. De Molay disse che «la Casa Reale Francese cadrà definitivamente entro la 13° generazione da Filippo IV», e Luigi XVI, 13° discendente di Filippo IV fu realmente l’ultimo Re di Francia abbattuto da quella rivoluzione che tutti conosciamo. E sul ghigliottinamento di Luigi XVI c’è un aneddoto, difficile sapere se sia vero o meno ma la «vulgata» così ce lo riporta, pare che il boia incaricato dell’esecuzione, Charles-Henri Sanson, abbia detto al Re, mentre al lama scendeva veloce ed inesorabile: «De Molay è vendicato». Per alcuni questo starebbe a significare che in realtà la Rivoluzione Francese abbia una matrice esoterico-massonica e che questa, la massoneria quindi, sia la prosecuzione misterica dei Cavalieri del Tempio e delle antiche tradizioni ritrovate, recuperate durante i nove anni di scavi effettuati dai nove cavalieri fondatori dell’Ordine, al di sotto del Tempio di Re Salomone a Gerusalemme. Realtà? Disinformazione? Credenza popolare? Nessuno di noi potrà mai dirlo con certezza ma, come sempre accade nella storia, un fondo di verità c’è sempre.

La quarta ed ultima profezia è di là da venire, riguarda la Chiesa di Roma ed una data precisa: il 18 marzo 2014, già, perché l’ultima «maledizione» dell’ultimo Gran Maestro dei Templari afferma che «il Papato terminerà entro settecento anni dalla mia morte».

Dunque, tre profezie/maledizioni si sono avverate, la quarta? Siamo ovviamente nel campo del reale e nessuno di noi crede a profezie come quelle dei Maya e della fine del mondo. Ma a Roma c’è un proverbio che dice «non è vero ma ci credo»… In fin dei conti con tutte le giustificazioni del caso le altre tre «maledizioni» si sono rivelate veritiere. Non ci resta che attendere il prossimo 18 marzo.

Ma ci sono testimonianze dirette o cronache del tempo di supporto a queste credenze? Di fatto no, nessuna testimonianza o cronaca del tempo, tanto meno francese. Ma forse questo è anche comprensibile vista l’aria che girava in Francia a quel tempo. Eppure delle «testimonianze», ma sarebbe meglio definirle notizie «de relato», le troviamo in Italia.

Guglielmo Ventura nel suo Cronicon Astense dice che Nogaret fu maledetto da un Templare che veniva condotto al rogo ma non fa il nome di de Molay. Giovanni Villani racconterà, invece, che la sera dell’esecuzione di de Molay furono viste delle persone raccogliere le ceneri e i resti del Gran Maestro, da conservare come reliquie. Fu invece Ferreto de Ferretis, alle dipendenze di Cangrande Della Scala, Signore di Verona, a riprendere il racconto di Ventura, trasformandolo e scrivendo che fu appunto de Molay che si rivolse al Papa affermando: «Per il tuo ingiusto giudizio io mi appello al Dio vero e vivente, tu comparirai tra un anno e un giorno con Filippo a sua volta responsabile di tutto ciò, per rispondere alle mie contestazioni e presentare la tua difesa». E fu un altro Italiano, Gian Battista Fulgoso, a dare la stessa versione verso la fine del Trecento. Nei secoli successivi furono Bernard de Girard Du Haillan e Francois de Belleforest nei suoi Grandes Annales, scritti nel 1579, a proseguire su questa strada che poi è quella più accreditata. La stranezza sta nel fatto che furono comunque degli Italiani a far menzione per la prima volta della «maledizione», anche se il contrasto tra Cardinali Italiani e Francesi potrebbe spiegare tutto. Ma siamo sempre nel campo delle ipotesi.


L'inizio della fine

Era l’anno del Signore 1307, il potere dei Templari era divenuto ormai enorme. Uno Stato a sé stante in grado di foraggiare economicamente e allo stesso tempo tenere in pugno il Papato e molti Regnanti Europei. Le casse dei Regni erano sempre più spesso vuote, svuotate dalle continue guerre che attraversavano il vecchio continente e dalle precedenti Crociate finite con la sconfitta cristiana e la perdita di tutti i territori d’oltremare. Così, mentre i Regnanti di mezza Europa impoverivano i propri Paesi, i Templari, seppur cacciati dal Saladino dalla Terra Santa, avevano i forzieri pieni di oro, argento e pietre preziose oltre ai lasciti che moltissimi nobili avevano fatto entrando nell’Ordine loro stessi o semplicemente per riconoscenza e devozione ai monaci guerrieri. Presto questa ricchezza unita al giogo che i Templari avevano stretto attorno al collo dei Regnanti, cominciò a pesar troppo sia alla Chiesa che era in preda a lotte intestine tra le fazioni italiane e quelle francesi sia al Re di Francia che ospitava a Parigi e in tutto il territorio francese le commende principali dell’Ordine monastico. Fu in quell’anno che Jacques de Molay, Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio, si trovò a fronteggiare un vero e proprio scandalo fatto di voci messe in circolo ad arte riguardanti presunte deviazioni, sessuali e spirituali, di alcuni cavalieri. Le voci che circolavano sia tra il popolo che tra la nobiltà, erano state messe in circolazione da Esquin de Floryan già capitano templare a Montfaucon che avrebbe confessato a Guillaume de Nogaret e Guillaume de Plaisians cancellieri del Re di Francia, pratiche oscene, riti di iniziazione che prevedevano forme di ateismo e la sodomia. Accuse infamanti oggi, figuriamoci a quell’epoca. La macchina del fango, del resto, non è una invenzione moderna ma nasce con l’uomo.

Da queste affermazioni-confessioni si diede inizio a quella che sarà una vera e propria persecuzione, gli uomini di Nogaret e del Re di Francia furono sguinzagliati per tutto il Regno a caccia di quei cavalieri cacciati dall’Ordine affinché confermassero le «dicerie» o facessero altre dichiarazioni contro l’Ordine stesso.

De Molay, ovviamente, aveva anche lui i suoi informatori che lo avvisarono di quanto stava accadendo tra il Re e il Papa Avignonese ma decise di non dare credito alle informazioni che gli giungevano. Probabilmente non riteneva realistico un attacco così violento e, soprattutto, concordato tra potere temporale e potere spirituale, probabilmente dimenticando che il Papato della cattività avignonese era totalmente succube del Re di Francia.

Fu l’errore più grande che de Molay potesse commettere, e lo commise. Nell’agosto del 1307 Clemente V aprì un’inchiesta per confutare quanto asserito dall’ex capitano dei Templari de Floryan. In meno di tre mesi il destino dell’Ordine si stava compiendo, venerdì 13 ottobre 1307 (anche per questo venerdì 13 nelle credenze popolari è un giorno infausto) scattò l’operazione in tutta Europa attraverso una bolla papale (che non tutti rispettarono, come ad esempio il Re del Portogallo) da aprire alla stessa ora lo stesso giorno in tutto il continente e che aveva come unici obiettivi due questioni ben precise: la distruzione dei Templari e l’appropriazione del famoso tesoro. L’accusa era tra le peggiori per la Cristianità, blasfemia ed eresia. Il primo obiettivo venne raggiunto, molti dei Templari Francesi furono arrestati, uccisi o costretti a confessare sotto tortura colpe che non avevano, il secondo no. Il tesoro del Tempio sparì da Parigi e da allora se ne sono perse le tracce. C’è chi dice che una parte fu diretta al porto di La Rochelle dove c’era ancorata la flotta templare che fece rotta verso la Scozia nelle terre dei Saint Claire, chi dice che l’altra parte sia stata diretta verso la regione dei Pirenei. Ma di reale non c’è nulla. Tutto è leggenda e mistero. Di reale c’è solo il fatto che l’Ordine dei Templari fu definitivamente soppresso durante la riunione degli Stati Generali del 1308, anche se alcuni anni fa, proprio negli archivi segreti vaticani la studiosa Barbara Frale ha rinvenuto un importante documento, noto come Pergamena di Chinon, che dimostra come Papa Clemente V intendesse perdonare i Templari nel 1314, assolvendo il loro Maestro e gli altri capi dell’Ordine dall’accusa di eresia, e limitarsi a sospendere l’Ordine piuttosto che sopprimerlo, per assoggettarlo ad una profonda riforma. Secondo la Pergamena, il 20 agosto 1308 l’accusa da eresia venne derubricata a quella di apostasia: lo sputare sulla croce veniva infatti considerata una forma di auto-scomunica. Il Papa era dunque ben convinto che i Templari non fossero eretici e non avessero aderito a dottrine sbagliate. Ma pur assolvendoli, Clemente V non riuscì a salvare loro la vita. Le buone intenzioni di Clemente V probabilmente furono vittime della ragion di Stato e della sua debolezza nei confronti di chi lo aveva fatto eleggere Papa.

(giugno 2013)

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