Lucca 1307
Che cosa sappiamo davvero dello scioglimento dell’Ordine Templare?

Mi sono particolarmente incuriosita sulla sparizione dell’ingente tesoro del Pontefice Bertrand de Got, alias Clemente V, nella basilica di San Frediano in Lucca, avvenuta nel 1307, dunque subito dopo lo scioglimento dell’Ordine Templare. Il Pontefice Francese viveva in Francia e il suo tesoro venne scortato lungo la Via Francigena passando per Lucca, dove si disperse senza che si sia mai scoperto che fine potesse aver fatto.

Le domande, come ho già ricordato in un precedente articolo, sono tante. La basilica di San Frediano è basilica esoterica, dunque poteva essere di pertinenza templare. All’interno troviamo molti simboli che riportano all’Ordine. Il tesoro del Pontefice era sicuramente scortato da cavalieri. Chi erano questi cavalieri? Probabilmente Lucchesi, visto che in San Frediano venne nascosto.

Sono anni di torbide vicende politiche in Lucca.

Il Pisano Uguccione della Faggiuola, dapprima alleato di Castruccio Castracane, prese piede in città.

Castruccio ebbe a che fare qualcosa con quelle vicende, lui che fu a servizio di Filippo il Bello?

Poco dopo i fatti ascritti divenne Signore di Lucca. Forse anche questi suoi cambi di casacca gli permisero di prendere il potere in Lucca. Probabilmente di avere i giusti agganci.

Ma per quale ragione Bertrand de Got avrebbe dovuto fidarsi di questi cavalieri? Fu obbligato ad accettare le loro profferte e il nascondiglio in San Frediano, poi rivelatosi una mossa sbagliata?

Per rispondere a queste domande che darebbero il là a possibili rivisitazioni sullo stesso scioglimento, o comunque sulle vicende dell’Ordine Templare, proprio in quegli anni coinvolto nelle peggiori dispute culminate col suo scioglimento, ho cercato di farmi aiutare da storici del passato, storici ritenuti dalla storiografia ufficiale spesso non attendibili perché non sufficientemente «scientifici». La storiografia nel Settecento, nel Seicento non aveva i necessari requisiti scientifici per tracciare adeguatamente i documenti e visionarli senza condizionamenti.

Sarà, ma i condizionamenti storici ci sono sempre stati, anche recenti, che non danno quella scientificità specchiata che spesso si tenta di definire. Proverò perciò a dare una spiegazione il più possibile scientifica alle vicende.

Un filologo svizzero, la cui famiglia, originaria di Locarno, a seguito della riforma protestante si rifugiò a Zurigo, Johann Casper Von Orelli, che amava le vicende storiche italiane, pubblicò un libro nel 1822 dal titolo Cronichette d’Italia. Qui possiamo trovare dei passaggi precisi sui fatti politici toscani dei primi anni del XIV secolo.

Riporto testualmente: «Era Firenze per guastarsi del tutto se non fossero stati i Lucchesi, che vennero a richiesta del Comune di Firenze con gran gente di popolo e cavalieri, ai quali fu data per necessità balia generale sicché 16 dì signoreggiarono liberamente in città, dando tutti gli ordini da parte del Comune di Lucca. A molti Fiorentini parve ciò oltraggio e soperchio, sicché un Ponciardo de’ Ponti dette una spada al banditore di Lucca, quando bandiva, accadde che lo tralasciarono, ma operano sicché alla fine si racquetò il rumore, e fecero ciascuna parte disarmare, nominando nuovi priori di concordia, e rimanendo il popolo in suo stato e libertà, senza fare niuna punizione de’ misfatti commessi, se non chi ebbe il male si ebbe il danno» ( febbraio 1303)[1].

Mi ha incuriosito l’idea che alcuni cavalieri lucchesi incaricati dal Comune di Lucca si fossero inseriti nelle vicende fiorentine del tempo caratterizzate dalla presenza dei guelfi bianchi poi sconfitti dai neri. Presumibilmente tali erano anche i guelfi lucchesi. Lo stesso autore riporta poi la vicenda relativa a Sciarra Colonna, Filippo di Nogaret e lo schiaffo di Anagni, proseguendo nella narrazione dei fatti fiorentini: «Né trovarono i bianchi un sicuro ricovero a Bologna perché nel 1305 il popolo di quella città, naturalmente guelfo, per sedimento de’ guelfi di Firenze (neri) con armata mano cacciò i capi di parte bianca e ghibellina, e li sbandì per ribelli. Per rimettere poi in Pistoia i neri, i Fiorentini e i Lucchesi (maggio 1305) chiamando per capitano Roberto duca di Calabria, e in seguito Re di Napoli, si accamparono dinnanzi alla città che fece una valorosa difesa di 10 mesi».[2] Si tratta dunque del proseguo delle precedenti vicende.

E ancora: «Durante ancor l’assedio di Pistoia, Clemente V, per consiglio del Cardinal Da Prato, mandò suo legato in Toscana il Cardinale Napoleone degli Orsini, per liberare Pistoia e per torre, se fosse stato possibile, le fazioni, ma solo nel 1307 passò in Arezzo e si diede a radunar gente per vendicarsi de’ Fiorentini i quali non avevano voluto prestargli ubbidienza».[3]

I guelfi neri non furono certamente atleti di Papa Clemente V che dovette fronteggiarli anche in Pistoia nello stesso periodo in cui il suo tesoro finì in San Frediano di Lucca.

Mi viene da pensare che il luogo non fosse il più consono alla conservazione di quel tesoro. Oppure il Pontefice Clemente V credeva l’esatto contrario?

Altra ipotesi potrebbe essere che Clemente V fosse stato costretto ad affidare il proprio tesoro a chi gestiva le sorti della basilica di San Frediano in Lucca. E che magari quel tesoro scomparso di per sé lo fosse già quando era presente in San Frediano, visto che ciò poteva essere avvenuto contro la volontà dello stesso Clemente V. Certamente non fu in mani sicure. Perché si può dire quello che vogliamo, ma i cavalieri che proteggevano in San Frediano quel tesoro, ed è giocoforza che solo degli abili cavalieri potessero scortarlo, non furono così abili e sicuramente qualcuno tradì, vista la sparizione del tesoro. Chi, è lecito chiederselo, nel 1307 aveva in mano in Lucca le sorti di quella importante basilica?

Alcune osservazioni. Dal 1957 questa basilica è stata nominata Basilica Minore da Papa Pio XII. E le Basiliche Minori hanno questo titolo onorifico in quanto considerate luoghi particolarmente importanti per la storia della Chiesa Romana.

Il Papa della Prima Crociata Pasquale II la concesse come rettoria ai canonici di San Giovanni in Laterano, ponendola sotto l’egida di quella che rappresenta la principale basilica della Cristianità. Questa basilica è luogo dagli ampi significati religiosi e politici per la Chiesa Romana.

Al suo interno, oltre al corpo di San Frediano, il fondatore a cui la basilica è dedicata, troviamo il corpo di Santa Zita. La Santa canonizzata nel Seicento ma che nel XIII secolo fu a servizio dall’età di 12 anni alla morte avvenuta a 60 anni presso la nobile famiglia Fatinelli di Lucca, fu qui sepolta perché la famiglia Fatinelli era proprietaria dell’urna funebre dove venne tumulata, peraltro a furor di popolo. Lo stesso Dante Alighieri la cita nella Divina Commedia identificando Lucca come la città di Santa Zita.

Del resto ancora oggi Zita è la Santa che, dopo il Volto Santo, riceve più attenzioni ed è particolarmente venerata.

La famiglia Fatinelli è annoverata subito dopo il Mille come famiglia nobile cittadina in Lucca, ma pare non se ne conosca l’origine, comunque i natali di tale famiglia non sono ben descritti dagli storici. Ebbe un ruolo essenziale fino al XV secolo poi iniziò una sua decadenza, permanendo tuttavia all’interno dell’Albo d’Oro tra le famiglie lucchesi più blasonate. Un suo membro, Pietro, è ricordato per una congiura ordita ai danni della Repubblica e poi sventata a inizi Seicento. Un membro di tale famiglia, Fatinello, legato apostolico in Vaticano, intorno al 1710 si rese partecipe della difesa dell’operato di membri dell’Ordine Gesuita in Cina. Nel periodo in cui Papa Clemente V perse il suo tesoro in San Frediano, la famiglia Fatinelli sicuramente aveva un peso politico dentro quella basilica. Ma altro non possiamo dire.

Particolare coincidenza, la poca conoscenza dei natali illustri di tale famiglia.

I Fatinelli nella figura di Pietro, autore della congiura del Seicento, pare fossero in quel momento vicini alle frange riformate della Lucca del Cinquecento. Che questo potesse avere un qualche legame con le precedenti vicende medievali che li vedevano nella condizione di avere in San Frediano un importante punto di forza, non è dato sapere. Ma porsi delle domande è pur sempre lecito. Palazzo Fatinelli, e la via omonima non sono distanti da Piazza del Suffragio in Lucca, sede di una importante chiesa ora sconsacrata e costituita da un auditorio di pertinenza del contiguo Istituto Musicale «Luigi Boccherini». La chiesa del Suffragio fu costruita nel Seicento «ex novo» dove c’erano le sepolture degli appestati della peste del 1630 e al suo interno c’era un maestoso altare molto caro a Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone che governò il Principato agli inizi del XIX secolo e che cedette l’altare al duomo di Ajaccio, dove tuttora si trova.

Ancora a seguire si ha la chiesetta di Santa Giulia, antichissima, di origini remote, longobarde. Questa piccola chiesa che invece è ancora consacrata, fu di pertinenza della famiglia Bernardini di Lucca, il cui palazzo principale è di fatto a ridosso delle dette chiese, e che ne curò la manutenzione. I Bernardini sono di origine longobarda, appartenenti a quel cavalierato Ronaldingo che intorno a Barga vide i natali. Anche i Fatinelli appartennero alla medesima schiatta longobarda?

Sicuramente l’ubicazione dei palazzi molto dice circa le appartenenze e gli apparentamenti, anche se purtroppo a oggi poco si è fatto per seguire la mappatura della città per comprendere appartenenze e legami storici significativi.

Sull’argomento, che poco si discosta dal celebre tesoro di Bertrand de Got e dalle vicende di quel 1307, la questione protestante. Sì, perché ancora nel XIX secolo il Padre Gioacchino Prosperi della mia tesi, che morì nella casa materna, sita proprio in Piazza del Suffragio, era legato a Paderbon e ai riflessi che questa località tedesca ebbe nelle vicende legate alla Riforma. Una sua pubblicazione, peraltro presente in rete, rimanda il sacerdote lucchese a disquisizioni circa tale diocesi. Suo cugino Luigi Rodolfo Boccherini, il grande musicista cui l’Istituto Musicale Lucchese è dedicato, sito proprio in quella Piazza del Suffragio, frequentò nel XVIII secolo le principali Corti Europee, non ultimo il Prussiano Federico Guglielmo II.

Paderbon fu testa di ponte tra territori riformati e Cattolicesimo. Di questo Padre Prosperi si occupò e forse, dico forse, la particolare ubicazione delle dimore nobiliari site proprio intorno a Piazza del Suffragio e a Palazzo Fatinelli qualcosa racconta di quelle intricate vicende. Che rimandano presumo a quel 1307 e a cavalierati particolarmente decisivi nelle questioni politiche del periodo medievale.

È da rilevare che la Diocesi di Paderbon, una delle sedi metropolitane della Chiesa Cattolica di Germania, sita tra Renania, Bassa Sassonia e Assia, ed eretta su un importante monastero benedettino degli inizi dell’XI secolo, ha attuato un progetto voluto e realizzato da Provincia e Camera di Commercio, in collaborazione con la Regione e il Comune e APT Servizi Emilia Romagna per la promozione in Germania dei Territori e Regioni. Il tutto nell’ambito della Mostra Canossa 1077 in corso a Paderbon dal 21 luglio al 5 di novembre 2006.

Successivamente, e precisamente dal 2010, possiamo riscontrare su un sito facente capo all’Unesco che la Provincia di Mantova e quella di Paderbon si sono gemellate. Non a caso la figura di Matilde, non a caso Paderbon, non a caso citiamo ancora i cavalierati medievali e quelle particolari vicende lucchesi.

Paderbon fu scelta da Carlo Magno per le due prime Diete, del 777 e successivamente del 799. Fu luogo d’incontro tra l’Imperatore e Papa Leone III, che qui siglarono l’alleanza tra la Chiesa e l’Impero.

Nell’805 Carlo Magno rese Paderbon sede vescovile, com’è tuttora.

È chiaro quindi come questa antica storia alto medievale, dai duplici coinvolgimenti nelle imprese di Carlo Magno, successivamente degli Attoni e dei Canossa di Mantova da Tedaldo a Bonifacio, rispettivamente zio e padre di Matilde, da Beatrice di Lorena madre di Matilde e cugina della Casata Imperiale, alla stessa Matilde, leghi in modo indissolubile Paderbon e Mantova, a oltre 1000 chilometri di distanza l’una dall’altra.

E Lucca e il suo tesoro custodito nel 1307 in San Frediano? E quei cavalieri privi d’identità che lo scortarono? Qualcosa a che fare con quelle famiglie e con Matilde? I Ronaldinghi venivano dalla pieve di Loppia che fu fondata e curata da Matilde che di lì passava attraverso il Passo del Saltello per recarsi a Reggio Emilia come via più breve per raggiungere Canossa, al di là dell’Appennino.

E i Sigifredi, che nelle limitrofe terre di Loppia avevano la loro roccaforte, erano forse quei fanti cugini di Sigifredo Atto e di Matilde di cui in qualche modo si fece promotore Monsignor Giandomenico Pacchi nelle sue Dissertazioni? Piazza del Suffragio e la famiglia Fatinelli, non così palesata dagli storici nella sua millenaria illustre storia, ubicata vicino agli antichi Ronaldinghi Lucchesi proprio in Lucca; questo riporta con la mente a quei cavalieri e a quel tesoro che ancora non ha trovato grandi risposte.


Note

1 Johann Caspar Von Orelli, Cronichette d’Italia, Zurigo, anno 1822, pagina 164.

2 Ibidem, pagina 171.

3 Ivi, pagina 174.

(luglio 2020)

Tag: Elena Pierotti, Lucca 1307, Ordine Templare, tesoro di Clemente V, Carlo Magno, Federico Guglielmo II, Paderbon, Gioacchino Prosperi, Luigi Ridolfo Boccherini, basilica di San Frediano, San Giovanni in Laterano, Clemente V, Attonidi, cavalierati, Templari.