Storia dei Regni Romano Barbarici
Un periodo storico in parte non conosciuto

I regni romano barbarici si insediarono nell’intera Europa occidentale per un lungo periodo di tempo, circa tre secoli, dal V all’VIII secolo, ma sono stati spesso trascurati dalla storiografia anche perché le fonti storiche di tale periodo sono molto limitate. Le fonti storiche principali per i Franchi sono gli scritti di Gregorio di Tours risalenti al 596, quelle sui Longobardi sono gli scritti di Paolo Diacono risalenti intorno al 770, quindi entrambe molto lontane rispetto alle origini dei due regni. I popoli barbarici germanici si convertirono al cristianesimo abbastanza rapidamente e assorbirono altrettanto rapidamente usi e costumi romani, in genere dove costituirono dei regni tennero per sé l’attività militare ma lasciarono i poteri civili ai popoli romanizzati, molti di questi regni riconobbero per un certo periodo la superiore autorità imperiale bizantina, pertanto dobbiamo ritenere tali regni come la continuazione dell’Impero Romano d’Occidente, sia pure frazionato sostanzialmente in tre grandi entità statali corrispondenti a Spagna, Francia e Italia. Generalmente in questi nuovi stati si aveva una duplice normativa, una per i germani e una diversa per i popoli romanizzati. Tutti i regni romano barbarici furono caratterizzati da forte instabilità politica, pertanto il potere locale sebbene gestito da funzionari di stato diversamente dal periodo feudale, risultava piuttosto autonomo. Le vie di comunicazione in cattivo stato contribuirono all’isolamento delle comunità e alla difficoltà del potere centrale di controllare il territorio. Il rapporto con la Chiesa fu spesso confuso, le gerarchie ecclesiastiche godevano di molti privilegi ed esenzioni, ma il potere politico si interessava alla nomina delle stesse creando una commistione di poteri che non contribuiva né all’autorità dello stato né alla moralità della Chiesa, fenomeno che comunque perdurò a lungo in tutto il periodo medievale. I tre secoli che precedono l’avvento del Sacro Romano Impero non videro innovazioni sul piano istituzionale, la loro debolezza economica, la forte decrescita demografica e il regresso nel campo dell’istruzione crearono una situazione di immobilismo.

Per comprendere le caratteristiche di tali regni dobbiamo fare riferimento all’ultimo periodo dell’Impero Romano d’Occidente. Diocleziano e Costantino trasformarono in maniera radicale lo stato, rendendolo fortemente autoritario, accentrato e con una burocrazia ampia e invadente che provocò con la sua dura politica fiscale e la sua altrettanto rigida politica economica, un pesante declino economico, anche se diversi storici ritengono che la crisi coinvolgesse in maniera diversa Oriente e Occidente. Nel periodo successivo le città impoverite dell’Europa occidentale si spopolarono, mentre i piccoli proprietari terrieri per evitare la schiacciante tassazione cedettero in qualche modo le loro terre ai grandi proprietari, si venne a costituire quindi una società fortemente diversa da quella dei secoli precedenti, dove i latifondisti (o proprietari di «villae») che disponevano in genere di un gruppo di uomini armati, esercitavano un ruolo anche politico a livello locale particolarmente importante. Secondo alcune testimonianze dell’epoca, almeno dal punto di vista fiscale il governo dei barbari era preferibile a quello bizantino, pertanto la popolazione romana o romanizzata non era loro ostile. Nello stesso tempo i cristiani presero il sopravvento sui pagani e con i loro ideali ultraterreni contribuirono a svalutare il senso dello stato, questo insieme di fenomeni diede vita ad una organizzazione sociale che in qualche modo anticipava il feudalesimo.

Per comprendere la situazione dei regni romano barbarici, può essere interessante uno sguardo alla cultura del tempo. Tale periodo fu sicuramente dominato dalla figura di Sant’Agostino, lo scrittore che aveva parlato di una «città terrena» sostanzialmente peccaminosa e di una «città spirituale» superiore, svalutando in questo modo tutte le attività non religiose. Altri scrittori successivi, in larga parte monaci, esaltarono uno stile di vita ascetico. Giovanni Cassiano parlava del mondo come dominato dal peccato, Eucherio di Lione riteneva che l’ideale del cristiano fosse il ritirarsi dal mondo, Salviano di Marsiglia e Orosio parlavano della imminente fine del mondo sottovalutando in questo modo l’idea di una vita attiva. Nel campo artistico abbiamo lo stile tardo bizantino, che diversamente da quello classico del IV-V secolo, con le sue figure rassegnate in atteggiamento malinconico si allontana dalle figure imponenti del periodo precedente.

Successivamente al 330 diversi popoli germanici (particolarmente Franchi e Visigoti, ma anche Vandali) ottennero delle terre ai confini dell’Impero, con l’impegno di provvedere alla difesa del territorio dalle incursioni di altri popoli barbarici. Accordi che risultarono proficui per entrambe le parti anche se non mancarono numerose e pesanti controversie, una delle più gravi fu quella del 378 durante la quale i Visigoti sconfissero l’imperatore Valente che morì sul campo di battaglia. Progressivamente l’esercito romano divenne composto in larga parte di germani alcuni dei quali arrivarono alle massime cariche.

Intorno all’anno 400 si ebbero due eventi che cambiarono completamente la situazione dell’Europa occidentale, nel 395 morì l’ultimo grande imperatore che disponeva di poteri reali, Teodosio, l’imperatore autoritario che aveva eliminato il paganesimo e l’arianesimo nel mondo romano, mentre nel 406 si ebbe la massiccia penetrazione di popoli barbari nell’Europa occidentale non concordata con le autorità romane. In quegli anni e negli anni successivi i detentori del potere reale divennero i generali di origine germanica (Stilicone, Ezio, Ricimero, imparentati con importanti famiglie aristocratiche romane) che non potendo accedere alla carica imperiale a causa delle loro origini, nominavano come imperatori della parte occidentale dell’Impero personaggi da loro stessi controllati e tale situazione portò ad uno stato di quasi anarchia. Nella situazione di forti contrasti creatasi, Stilicone ed Ezio morirono di morte violenta.

Per diversi decenni i popoli entrati nei confini dell’Impero non esercitarono alcuna autorità sulla popolazione locale, organizzati in tribù capeggiate da un re furono principalmente impegnati in continui contrasti fra loro. Nel passato si attribuivano a loro grandi devastazioni ma dobbiamo ritenere che furono soprattutto i Vandali responsabili di tali atti, Ostrogoti, Visigoti, Burgundi e Franchi attaccarono alcune città, ma principalmente si limitavano a impossessarsi di terre.

I Regni Romano Barbarici

Nel 410 gli Svevi occuparono la Spagna nord occidentale, una terra povera su cui costituirono un regno autonomo che durò fino al 584. Vandali e Alani attraversando la Spagna si insediarono nell’Africa nord occidentale, a quel tempo una regione agricola molto ricca, si accordarono nuovamente con i Romani ma subito dopo eliminarono l’aristocrazia locale, si diedero alla pirateria e alle incursioni (invasero la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e nel 455 saccheggiarono la stessa Roma) sfidando per alcuni decenni il potere imperiale. Il regno ariano dei Vandali fu anche quello più ostile verso i cattolici, nel 484 molti di essi furono esiliati in Corsica. Nel periodo successivo subirono gli attacchi delle popolazioni berbere e cessarono quindi di essere una minaccia per l’Occidente. Diversamente i Franchi (nel nord della Gallia) e i Burgundi (nell’est della Gallia) accettarono in maniera relativamente pacifica l’accordo coi Romani, mentre i Visigoti nella Gallia sud occidentale e poi in Spagna alternarono periodi di alleanza con l’Impero a periodi di insubordinazione o di totale contrasto. I Visigoti di Alarico come sappiamo furono responsabili nel 410 del saccheggio di Roma, attuato perché non sufficientemente retribuiti dall’Imperatore, evento che produsse profondo sgomento nella società.

Nello stesso periodo in cui i Vandali spadroneggiavano sulle terre mediterranee, si ebbero a nord (Illiria, Gallia e Italia settentrionale) le incursioni degli Unni di Attila. In precedenza gli Unni si erano limitati a occupare il vasto territorio a nord del Danubio instaurando relazioni relativamente pacifiche con l’Impero, lo stesso Attila, considerato da alcuni storici più germanico che asiatico, aveva a lungo soggiornato in Italia ed era stato insignito del titolo di «magister militum» per aver combattuto i Visigoti. La duplice minaccia degli Unni e dei Vandali fu piuttosto breve, tuttavia contribuì all’insicurezza e al disfacimento dello stato in Occidente.

Un evento particolarmente importante, fu l’affermarsi in Italia e nell’Illiria del generale di origine barbarica Odoacre, riconosciuto dal Senato e dall’imperatore di Costantinopoli come patrizio e «magister militum», passato alla storia come uomo moderato gradito dai Romani e dai cattolici sebbene di fede ariana. Come noto nel 476 pose ufficialmente fine all’Impero Romano d’Occidente, l’anno successivo l’imperatore Zenone stabilì la ripartizione dei territori governati dai capi Visigoti e quelli da Odoacre come suoi rappresentanti, in pratica facendo dei re barbari non più solo i capi dei loro popoli, ma di interi territori con giurisdizione anche sui popoli latini. Non molto tempo dopo qualcosa di simile avvenne per il popolo dei Franchi, i più restii fino ad allora ad accettare la religione cristiana e la cultura romana, Gregorio di Tours scrisse che sotto Clodoveo questi ampliarono notevolmente il loro territorio in origine limitato sostanzialmente all’attuale Belgio, sconfiggendo l’autonomo regno di Siagrio, un capo militare romano che dominava nella Gallia settentrionale, gli Alemanni, popolazione ancora pagana, e sconfiggendo i potenti Visigoti (in accordo con l’imperatore che concesse a Clodoveo il titolo di Console) che dovettero spostarsi in Spagna, infine sfruttando il contrasto tra fratelli eredi del regno burgundo (già lacerato dal conflitto fra ariani e cattolici) imposero il controllo su di esso. Clodoveo in precedenza pagano, si convertì, diversamente dagli altri capi barbari seguaci dell’arianesimo, al cattolicesimo, ottenendo quindi un certo consenso da parte della popolazione romana. Il grande re sostituì il potere delle assemblee di tribù con funzionari dello stato, i conti e si attribuì il potere di nomina dei vescovi. Il regno franco divenne potente, ma anche a causa della successione non riservata al solo primogenito, si frazionò (dando vita ai regni di Neustria, Austrasia, Burgundia, Aquitania, talvolta associati fra loro) con alcuni brevi periodi di riunificazione e fu soggetto a continue guerre interne e congiure. I re franchi, i Merovingi, nel corso dei secoli furono tali per successione ma in alcuni casi anche per elezione da parte dei nobili come avveniva negli altri regni di quel periodo. Diversamente dai Visigoti e successivamente dai Longobardi furono in buoni rapporti con i Bizantini.

Poco dopo la formazione dei regni romano barbarici l’imperatore Zenone diffidando di Odoacre chiese nel 488 al re degli Ostrogoti Teodorico di intervenire in Italia. Il nuovo re (titolo ufficiale per i romani, patrizio) considerato il maggiore fra i capi in Occidente, governò con moderazione seguendo la politica di Odoacre, attraverso un’abile politica matrimoniale legò a sé i maggiori capi barbari del tempo che lo riconoscevano come principale rappresentante dell’Impero. Non tutti i giudizi degli storici sono comunque positivi e si ritiene che vi fossero state pesanti iniquità nella distribuzione delle terre fra Goti e Romani e nei carichi fiscali. Ma anche lui cadde successivamente in disgrazia agli occhi dell’imperatore e ciò lo portò ad inasprire il suo modo di governare, in particolare si ricorda l’uccisione del filosofo e statista Severino Boezio e del vescovo di Roma Giovanni.

Gli storici hanno opinioni diverse sulla fine dell’Impero Romano d’Oriente e la nascita dell’Impero Bizantino, denominazione mai usata negli atti ufficiali di quel periodo, considerandosi i Bizantini sempre Romani. L’Impero Romano Bizantino rimase a lungo uno stato potente ed efficiente, culturalmente molto vivo anche se dilaniato da contrasti religiosi che degeneravano in massacri.

Una decina di anni dopo la morte di Teodorico, nel 534 l’imperatore Giustiniano (che oltre che imperatore si considerava vicario di Cristo) riprese le regioni mediterranee dell’Occidente, ma nel 569-574 i Longobardi si impadronirono facilmente di una parte consistente del centro nord dell’Italia, nel 590 i Bizantini dovettero abbandonare progressivamente la parte della Spagna meridionale precedentemente occupata e nel 674 anche il Nord Africa, invaso dalla nuova grande potenza, gli Arabi. Tale periodo coincise con l’iniziò di un lungo periodo di crisi, soggetto agli attacchi di Persiani, Slavi e Arabi, progressivamente l’Impero Bizantino perse la sua influenza sul mondo occidentale.

I Visigoti combatterono molte guerre coi Bizantini e i Franchi e come altri popoli barbarici conobbero una dura contrapposizione fra cattolici e ariani. Leovigildo che governò dal 569 al 586 aumentò i poteri della Corona, governò con durezza e confiscò i beni di nobili ed ecclesiastici cattolici, tale situazione spinse i Bizantini a fomentare ribellioni nei suoi territori. Nel 587 il figlio Recaredo si convertì al cattolicesimo e stabilì la conversione forzata degli Ebrei che costituivano circa il 10% della popolazione e anche nel periodo successivo si ebbero frequenti persecuzioni contro di loro. I Visigoti furono per un certo periodo di tempo alleati dei Longobardi essendo in contrasto con i Franchi e i Bizantini. Ai tempi del re Sisibut, 612-620, il clero divenne molto potente mentre i poteri della Corona erano limitati dai cosiddetti Concilii formati da nobili ed ecclesiastici. Suintilla che governò nel decennio successivo tentò di rinforzare l’autorità regia e rendere ereditaria la successione al trono, ma venne sconfitto dai nobili e successivamente i re visigoti dovettero in genere rinunciare ad imporre le tasse sul clero e accettare l’elezione al titolo da parte di nobili ed ecclesiastici. Nel 672 re Wamba ricevette l’unzione dall’arcivescovo di Toledo, una pratica innovativa che attesta il potere del clero e la commistione fra potere temporale e spirituale. Nonostante la posizione autorevole conferitagli dalla Chiesa, venne successivamente rovesciato da nobili e clero. Gli ultimi 30 anni di vita del regno furono caratterizzati da lotte sanguinose per il potere e restrizioni del potere monarchico. Tale situazione facilitò l’invasione araba del 712.

I Longobardi penetrati nel territorio dell’Impero nel 488, meno di un secolo dopo (nel 569) invasero con facilità l’Italia centro settentrionale, non riconobbero mai l’autorità dell’imperatore bizantino e nei territori occupati eliminarono l’aristocrazia latina. Il periodo delle violenze dei nuovi invasori durò poco, nel 584 Autari si proclamò Flavio e quindi protettore dei Romani, difficile stabilire la data dell’integrazione con i Romani, tuttavia la loro lingua scritta e orale sparì in pochi decenni. Come negli altri regni il re era soggetto ad elezione da parte dei nobili guerrieri e molti duchi, in particolare quelli dell’Italia centro meridionale (Spoleto e Benevento), furono sostanzialmente autonomi. Agilulfo si autoproclamò intorno al 604 «Gratia Dei rex totius Italiae». Pochi anni più tardi iniziò la conversione al cattolicesimo, ma nei decenni successivi si ebbero contrasti fra ariani e cattolici. I primi erano più portati al tradizionale spirito guerriero e al contrasto con l’Impero Bizantino, i secondi risentivano dell’influenza del mondo culturale che da lungo tempo era completamente dominato dai cattolici.

Il potere dei re dei regni franchi dopo il 600 venne fortemente ridotto dai maggiordomi («Major Domus») di Palazzo e dai vescovi che esercitavano un loro autonomo potere. Negli anni successivi al 716 il maggiordomo di Austrasia (la parte orientale del territorio dei Franchi più arretrata che comprendeva anche territori a est del Reno), Carlo Martello, divenne maggiordomo anche degli altri regni, rafforzò fortemente il potere dello stato e contribuì alla fine dell’antica dinastia merovingia.

Negli anni successivi al 727 Liutprando conquistò i territori dei Bizantini dell’Italia centrale, sottomise i ducati autonomi e cercò il sostegno del vescovo di Roma con la concessione della sovranità su Sutri e successivamente su altri territori nel Lazio. L’ampliamento del regno longobardo, favorito dalla politica iconoclasta seguita in quel periodo dai Bizantini che urtava i sentimenti religiosi della popolazione romana, ebbe una brusca fine con l’intervento dei Franchi nel 754 guidati da Pipino il Breve, figlio di Carlo Martello, chiamati dal Papa che temeva la formazione in Italia di uno stato potente. Pipino venne insignito per tale servizio del titolo di «Patricius Romanorum», con tale atto il regno dei Franchi divenne il più potente in Europa.

Il figlio di Pipino, Carlo Magno, governò su gran parte dell’Europa occidentale, pose fine ai regni romano barbarici, diede vita al Sacro Romano Impero, ma non riuscì a creare istituzioni stabili. Dopo di lui l’Europa conobbe un periodo non meno difficile del precedente.

(dicembre 2017)

Tag: Luciano Atticciati, storia dei regni romano barbarici, Medioevo, Visigoti, Ostrogoti, Franchi, Vandali, Burgundi, Merovingi, Carolingi, Pipinidi, Odoacre, Teodorico, Clodoveo, Alboino, Clefi, Liutprando, Genserico, Stilicone, Ezio, Ricimero, Unni, Attila, Enone, Giustiniano, Carlo Martello, Pipino il Breve.