Dalla crisi delle religioni pagane al secondo secolo dopo Cristo: come ebbe origine il Cristianesimo
Una religione evoluta ma che contribuì al decadimento dello stato

Da lungo tempo le religioni pagane erano in crisi, le diverse religioni antiche riguardavano le forze della natura, il loro equilibrio che garantiva la vita del mondo, ma non si esprimevano o si esprimevano in maniera molto limitata sui valori morali, sui problemi esistenziali, molto sentiti da una civiltà progredita. Si affermarono pertanto nuovi culti, i culti misterici, che in qualche modo davano indicazioni sui problemi della vita e dell’al di là. In tempi successivi si ebbe la diffusione in varie parti del mondo civilizzato dell’ebraismo, una religione piuttosto rigida ma caratterizzata da importanti principi etici.

Come sappiamo nel cuore del mondo ebraico si inserì la figura di Gesù Cristo che apportò dei grandi cambiamenti. Si ebbe la nascita di una nuova religione meno formalista, incentrata sull’amore del prossimo e la fratellanza, diversa comunque da quella seguita dai numerosi nuovi predicatori e profeti dell’epoca, radicale e incentrata sulla ostilità verso i romani e tutti i non eletti. Ricordiamo in quel periodo turbolento la presenza degli Zeloti e dei Sicarii, simili agli odierni fondamentalisti islamici che assassinavano indiscriminatamente i non eletti. Come sappiamo la prima schiera dei seguaci di Gesù era di uomini semplici privi di cultura, un movimento popolare saremmo tentati di affermare, questa sua caratteristica di eliminazione delle differenziazioni sociali contribuì alla sua affermazione, così come la sua apertura verso i non ebrei. I primi scrittori cristiani ritenevano imminente l’avvento di un regno divino, un tema che venne in tempi successivi molto utilizzato dai gruppi religiosi più radicali. Religione incentrata sui valori etici e radicalismo vicino ai movimenti ereticali furono presenti già nei primi tempi della nuova religione.

I romani come sappiamo erano decisamente tolleranti in fatto di religione purché questa non sconvolgesse l’ordine pubblico, San Paolo riportò di essere stato aggredito dagli ebrei e di essersi difeso attraverso le istituzioni romane. L’ebraismo (il primo cristianesimo era considerato una delle sue sette, chiamata appunto la «setta dei Nazareni»), era visto con ostilità dagli scrittori romani in quanto era caratterizzato da mancanza di senso dello stato e chiusura rigida verso il mondo esterno. In particolare molti romani ritenevano i cristiani promiscui a causa della loro stretta fratellanza, atei e addirittura cannibali, in quanto «mangiavano il corpo di Cristo». Come sappiamo l’imperatore Nerone accusò i cristiani dell’incendio di Roma perché in tal modo soddisfaceva il popolo incolto della città.

Secondo gli Atti degli Apostoli molti cristiani abbandonarono la Giudea e si trasferirono ad Antiochia, una città della Siria, fra le maggiori dell’Impero, dove potevano vivere senza essere soggetti a persecuzioni. Qui avvenne la rottura fra i sostenitori della circoncisione e chi come San Paolo riteneva la Legge Mosaica in gran parte superata.

Sappiamo che Gesù Cristo è un personaggio realmente esistito (nonché considerato da molti un saggio) perché di lui ne parla lo scrittore Giuseppe Flavio, un ebreo romanizzato che non aveva interesse a sostenere le tesi dei cristiani. Dal punto di vista storico si ritiene comunque che San Paolo ebbe una importanza maggiore, perché diversamente dal Maestro ci ha lasciato dei documenti scritti (notevoli sotto il profilo morale) e contribuì in maniera determinante alla diffusione del Cristianesimo in Grecia e Anatolia (Efeso in particolare) oltre che Roma, mentre Gerusalemme perse rapidamente di importanza. Tutte le opere neotestamentarie sono realizzate in lingua greca, dei testi di sicura provenienza ne abbiamo nove scritti in territorio greco di cui cinque a Efeso, uno a Roma, gli altri sono di provenienza incerta e potrebbero essere stati scritti a Roma, Cesarea in Palestina, Antiochia, altre località greche. Il testo più antico fu opera di San Paolo (precede i Vangeli) e risale al 55, gli ultimi intorno all’anno 100.

Le religioni, anche quelle istituzionalizzate non sono così rigide come si ritiene, nel corso del tempo subiscono cambiamenti. Tra i più antichi testi cristiani (entrambi scritti in greco) abbiamo la Didachè (dottrina, insegnamento) dell’inizio del II secolo e la Lettera a Diogneto di autore ignoto, della seconda metà dello stesso secolo. Il primo è incentrato sull’amore e i buoni sentimenti, il secondo più su un senso di estraneità e avversione verso il Mondo. Nella Didaché leggiamo: «Questa è la via della vita: innanzi tutto amerai Dio che ti ha creato, poi il tuo prossimo… Non respingerai il bisognoso, ma farai parte di ogni cosa al tuo fratello». Nel secondo testo: «[I cristiani] Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri… L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. La carne odia l’anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo, che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani, li odia perché si oppongono ai piaceri».

Superato il contrasto fra sostenitori della Legge Mosaica e coloro che la ritenevano in parte superata, apparvero nuove aspre divisioni, spesso sottili e capziose che avevano frequentemente al centro la questione della natura più o meno divina di Cristo, conflitti definiti successivamente bizantinismi. Si venne a formare pertanto «l’ortodossia» che in genere potremmo considerare la corrente più moderata e legalitaria e un gran numero di eresie che, al di là delle singole denominazioni, prevalentemente erano estremiste, ritenevano di dover sopprimere il mondo materiale, sostenevano un rigido ascetismo o un modo di vita considerato comunque anormale. A fianco ad esse abbiamo lo gnosticismo, che potremmo definire come delle eresie a sfondo filosofico, dobbiamo comunque considerare che le opere degli eretici essendo state distrutte, le conosciamo attraverso gli autori ortodossi. Nel cristianesimo antico possiamo individuare tre correnti di pensiero, quella incentrata sulla benevolenza verso il prossimo, quella messianica incentrata su un imminente regno divino nel mondo, e infine quella incentrata sulla astensione dai piaceri e su un certo atteggiamento di passività verso la società e lo stato (corrente collegata spesso alla precedente) che ebbe conseguenze deleterie nel campo politico. Tipico di questa corrente fu il vescovo Policarpo di Smirne (69-155) che scrisse: «Radice di tutti i mali è l’amore al denaro… È bello infatti essere staccati dalle passioni di questo mondo, perché ogni passione fa guerra allo spirito». Interessante l’opera conosciuta come Il martirio di San Policarpo, dove si attesta il desiderio del martirio comune a molti cristiani. Lo stesso atteggiamento verso il martirio lo ritroviamo negli scritti dell’autorevole vescovo Ignazio di Antiochia detto l’Illuminatore vissuto nel I secolo che sosteneva: «Niente di ciò che è visibile è buono». Nello stesso periodo abbiamo Erma, un autore di cui abbiamo poche notizie che sappiamo essere stato un ex schiavo proveniente dall’Oriente e vissuto a Roma. Ha scritto un’opera (Pastore) incentrata su visioni mistiche dove espone i valori a cui devono conformarsi i cristiani attraverso delle vergini i cui nomi sono: Fede, Continenza, Semplicità, Scienza, Innocenza, Castità, Carità. Nelle stesse visioni gli appare una grossa bestia dalla cui bocca uscivano locuste di fuoco «simbolo di una grande tribolazione che sta per venire». Infine parla di una rivelazione divina: «[Astieniti] dall’adulterio e dalla fornicazione, dal bere fuori misura, dalle prave delizie, dalle molte vivande, dal lusso della ricchezza, dalla ostentazione, dall’orgoglio, dalla superbia» nonché ricorda di allontanare la tristezza. Intorno al 130 (o alcuni decenni prima secondo alcuni studiosi) abbiamo La Lettera di Barnaba di autore ignoto, che contesta le pratiche dei giudei, in particolare la circoncisione, ricorda che la fine dei tempi è vicina ma insiste soprattutto sulle virtù: «Spezza il tuo pane agli affamati e se vedi l’ignudo, coprilo; accogli nella tua casa i senza tetto… Non ti vanterai, sarai, invece, umile». Notiamo ancora che i cristiani (o molti di loro) erano convinti di principi morali efficaci ma portati a una concezione di vita estremamente rigida e portata al fanatismo.

Fra i sostenitori dell’ortodossia emergeva una figura sul piano culturale, il vescovo Giustino (100-167 circa) che operò in Oriente e a Roma. Riteneva lo stoicismo una filosofia vicina al Cristianesimo, si sforzò di conciliare pensiero classico e cristiano, nonché credeva nel rispetto delle autorità civili. Scrisse: «La ragione suggerisce che quelli che sono davvero pii e filosofi onorino e amino solo il vero. Quando diciamo che tutto è stato ordinato e prodotto da Dio, sembreremo sostenere una dottrina di Platone; quando parliamo di distruzione nel fuoco, quella degli Stoici… Pertanto solo Dio sì, noi adoriamo, ma, per tutto il resto di buon grado serviamo a voi riconoscendovi imperatori e capi di uomini… dunque noi sosteniamo alcune teorie simili ai poeti e ai filosofi da voi onorati e alcune anche superiori e divine e, soli, possiamo dimostrarvele, perché siamo ingiustamente odiati più di tutti?» Anche il vescovo Ireneo di Lione, originario di Smirne (130-202) riteneva il neoplatonismo non in contrasto con il cristianesimo.

Il cristianesimo come abbiamo visto si affrancò molto presto dall’ebraismo e molti dei suoi principali esponenti erano greci, ci si potrebbe chiedere se tale religione di fatto non derivi dallo stoicismo che rifuggiva le passioni ed esaltava le virtù e dalla filosofia di Filone d’Alessandria che credeva in un Dio trascendente. Difficile escludere totalmente la sua derivazione da entrambe, i cristiani senza essere totalmente chiusi al mondo esterno pagano mantenevano quel senso di costituire una categoria scelta tipico degli ebrei, ritenevano inoltre importante la fede oltre la ragione. Diversamente dai filosofi stoici credevano in un regno divino, ma sull’avversione delle passioni potevano essere considerati vicini a loro.

Nella formazione del Cristianesimo non dobbiamo trascurare l’Anatolia ellenizzata, oltre alla presenza dei Padri Cappadoci, abbiamo l’Armenia e la Georgia che divennero ufficialmente stati cristiani prima dell’Impero Romano. Il cristianesimo, al di là delle scelte religiose personali, costituisce una religione con importanti principi, sul piano storico politico con il suo atteggiamento di passività e di indifferenza verso i problemi terreni invece contribuì alla dissoluzione dello stato e al decadimento economico della società.

(maggio 2021)

Tag: Luciano Atticciati, nascita del Cristianesimo, Padri della Chiesa, patristica, Didaché, Diogneto, stoicismo, Policarpo di Smirne, Ignazio d’Antiochia, Erma, Ireneo di Lione, Giustino martire, Lettera di Barnaba, San Paolo, origini del Cristianesimo.