Il Cristianesimo secondo Marx
Una pagina del celebre filosofo per capire che cosa pensava della religione cristiana; con alcune necessarie considerazioni

Che cosa pensano i comunisti del Cristianesimo, è cosa risaputa: sulla scorta di Karl Marx, ritengono ogni religione «oppio dei popoli», imposizione data dall’autorità politica per tenere calmi e sottomessi i sudditi con la minaccia di terribili punizioni divine (nei loro scritti, tutto è riconducibile esclusivamente alla politica). Ma che cosa Marx sapeva, in realtà, della religione che con tanto impegno si affannava a cercar di demolire? Per scoprirlo, diamo la parola – anzi, la penna – allo stesso Marx, che in una pagina sottilmente ironica ci gratifica, tra strafalcioni storici (che razza di documenti ha consultato, per tali sproloqui?) e una visione totalmente distorta della materia, del suo personale punto di vista.

Leggiamo, dunque: «Sono passati quasi esattamente 1.600 anni da quando nell’Impero Romano agiva ugualmente un pericoloso partito sovversivo. Esso minava la religione e tutte le basi dello Stato; esso negava per l’appunto che il volere dell’Imperatore fosse la legge suprema; esso era senza patria, internazionale; si estendeva in tutte le terre dell’Impero, dalla Gallia all’Asia, e al di là dei confini dell’Impero. Esso aveva fatto per un lungo periodo di tempo un lavoro segreto, sotterraneo, di disgregazione; ma da parecchio tempo si sentiva già abbastanza forte per mostrarsi alla luce del sole. Questo partito sovversivo, conosciuto col nome di Cristianesimo, era anche fortemente rappresentato nell’esercito: intere legioni erano cristiane. Quando erano comandati a prestar servizio d’onore alle cerimonie dei sacrifici della Chiesa di Stato pagana, i soldati sovversivi spingevano la temerità sino a porre sui loro elmi in segno di protesta dei distintivi particolari: delle croci. Persino le abituali vessazioni di caserma dei superiori erano vane.

L’Imperatore Diocleziano non poté più assistere passivamente al modo come l’ordine, l’obbedienza e la disciplina venivano minate nel suo esercito. Egli prese misure energiche, mentre vi era ancora tempo. Promulgò una legge contro i socialisti, volevo dire contro i Cristiani. Le riunioni dei sovversivi vennero proibite; i loro locali vennero chiusi o addirittura demoliti; i distintivi cristiani, croci, eccetera, vennero proibiti come i fazzoletti rossi in Sassonia. I Cristiani vennero dichiarati incapaci a coprire cariche di Stato; essi non potevano nemmeno essere caporali. Siccome allora non si disponeva ancora di giudici così ben addestrati alla “considerazione delle persone”, come li prevede il disegno di legge del signor von Köller, si proibì puramente e semplicemente ai Cristiani di domandar giustizia davanti ai tribunali. Anche questa legge eccezionale rimase senza effetto. I Cristiani la strapparono dai muri per scherno; anzi, si dice che a Nicomedia essi avrebbero incendiato il palazzo in cui si trovava l’Imperatore. Allora questi si vendicò con la grande persecuzione dei Cristiani dell’anno 303 dell’era nostra. Essa fu l’ultima del genere. E fu così efficacie che 17 anni dopo l’esercito era composto in gran maggioranza di Cristiani, e che il successivo autocrate di tutto l’Impero Romano, Costantino, dai preti detto il Grande, proclamò il Cristianesimo religione dello Stato».

Nella pagina in questione, Marx mostra una certa simpatia per i Cristiani; il problema è che gli errori sono tanti e tali da squalificarla per intero.

Cerchiamo di fare un po’ d’ordine. Innanzitutto, ciò che balza agli occhi è che Marx riesce a parlare della nascita della religione cristiana senza nominare il nome del suo fondatore, sebbene questo sia ben conosciuto. Quasi che il Cristianesimo si sia originato per «generazione spontanea». Probabilmente non gli interessava ricercarne la causa prima, o forse il nome di Gesù gli faceva paura, quasi che il solo nominarlo potesse colpire a fondo il suo ateismo. Il suo esempio ha fatto scuola, è proprio il caso di dirlo: in molti manuali di storia ad uso delle scuole primarie si evita accuratamente il nome di Gesù quando si tratta della nascita del Cristianesimo, dicendo semplicemente che nel corso del I secolo nell’Impero Romano ha cominciato a diffondersi una nuova religione e via dicendo, secondo uno schema che pare ricalcare quello di Marx quasi parola per parola. Il nome di Gesù è forse diventato tabù? O lo si omette, come sostengono i soliti «ben informati», per non offendere i musulmani? (I miei alunni musulmani non hanno alcun problema ad ascoltare la storia di Gesù, grande profeta anche per l’Islam, come non hanno problemi a festeggiare il Natale, fare il presepe nelle scuole e cantare le canzoni natalizie, le loro preferite sono Tu scendi dalle stelle e Adeste fideles. Basta usarli come capro espiatorio!).

Passiamo oltre. Marx afferma che la diffusione del Cristianesimo fu rapidissima, che «intere legioni erano cristiane». Mah! Oggi gli storici sono concordi nel ritenere che al tempo di Costantino solo il 10% della popolazione dell’Impero Romano fosse cristiana. La religione era rappresentata soprattutto nelle città ed penetrata anche nel Palazzo Imperiale, probabilmente v’erano dei legionari cristiani, ma pensare ad esempio ad un esercito cristiano di Costantino che si scontra con un esercito pagano di Massenzio nella decisiva battaglia di Ponte Milvio, è un arbitrio. Entrambi i condottieri aspiravano ad «accaparrarsi» tutte le possibili divinità, quindi anche il Dio dei Cristiani. È anzi vero che molti legionari di Costantino erano devoti al dio Mithra, e che le insegne innalzate rappresentavano delle croci, sì, ma uncinate: un simbolo solare!

A discolpa di Marx si può dire che era un filosofo, non uno storico, però allora non avrebbe dovuto parlare di un argomento che non conosceva. Oltretutto, avrebbe potuto leggere un testo che ai suoi tempi era molto diffuso, Declino e caduta dell’Impero Romano di Edward Gibbon (pubblicato in tre volumi dal 1776 al 1788). Il testo era divenuto subito un vero e proprio classico, e tale rimane tutt’ora: ebbene, lo storico inglese, con uno studio serio ed accurato sui documenti, conclude che i Cristiani al tempo di Costantino erano solo il 5% della popolazione dell’Impero Romano... altro che «intere legioni erano cristiane»!

Non è neppur vero che Costantino «proclamò il Cristianesimo religione dello Stato»: l’Imperatore, col famoso Editto di Milano del 313, si limitò a dare libertà di culto a tutti i sudditi dell’Impero, e quindi anche ai Cristiani. Fu Teodosio I, con l’Editto di Tessalonica, a dichiarare il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero ed a proibire i culti pagani. Ma questo solo nel 380!

Il limite più grande dello scritto di Marx, però, sta nel considerare il Cristianesimo «un pericoloso partito sovversivo». A parte il fatto che sia Gesù che San Paolo avevano raccomandato di rispettare le autorità civili, il filosofo considera la religione alla stregua di un partito politico o di una società segreta, mentre è del tutto differente. Negli Atti degli Apostoli (2, 42-47) si tratteggia il volto di una comunità di credenti che non assomiglia affatto ad una setta: i Cristiani «erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane [cioè, nel celebrare l’Eucarestia] e nelle preghiere. Un senso di timore [il “timor di Dio”] era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli Apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel Tempio [il Tempio di Gerusalemme, fulcro della religiosità ebraica] e, spezzando il pane [celebrando l’Eucarestia] nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati»... niente male, come «pericoloso partito sovversivo». Spiega Indro Montanelli che «i Cristiani si riunivano in “ecclesiae”, cioè in chiese o congregazioni, che in quei primi tempi non ebbero nulla di segreto e di cospiratorio. I paragoni che oggi si fanno con l’organizzazione cellulare comunista sono assolutamente ridicoli e privi di fondamento. Non solo perché nelle “ecclesiae” si predicava l’amore invece dell’odio; non solo perché non vi si svolgeva nessun proselitismo politico. Ma soprattutto perché non c’era ombra di segretezza, e chiunque si presentasse veniva accolto senza sospetti né diffidenze. Un’altra falsa credenza di oggi è che gli adepti fossero soltanto proletari, “la feccia”, come l’avrebbe chiamata più tardi Celso. Niente di più inesatto. C’era di tutto. E in genere si trattava di gente industriosa e pacifica, di piccoli e medi risparmiatori, che finanziavano le comunità cristiane più povere. Luciano il miscredente li definiva: “Degl’imbecilli che mettono insieme tutto quello che possiedono”. Tertulliano il convertito precisava: “Che mettono insieme ciò che gli altri tengono separato e tengono separata la sola cosa che gli altri mettono insieme: la moglie”» (Indro Montanelli, Storia d’Italia, volume III, Apogeo e caduta dell’Impero Romano, Fabbri Editori, Milano 1994, pagina 21).

Il Cristianesimo si innestò sul vuoto lasciato da una religione pagana ridotta a sterili cerimonie ed a divinità in cui ormai non credeva più nessuno – divinità continuamente messe in ridicolo dai poeti satirici (pagani) nei loro spettacoli teatrali. I Cristiani non avevano nessuna intenzione di distruggere un Impero che – quando non li perseguitava – era garante di pace e di ordine, indispensabili per una vita tranquilla, e se anche la loro diffusione fu una delle cause della caduta di Roma (non certo l’unica, né la principale), essi non ne ebbero l’intenzione. I Cristiani, poi, non si comportavano affatto come li affiliati ad una setta e non facevano mistero delle loro credenze: utilizzavano gli stessi simboli iconografici in uso nella società pagana, non avevano un linguaggio segreto comprensibile ai soli adepti, e le stesse accuse dei filosofi pagani mostrano che essi parlavano liberamente della loro fede. Ne sono prova i numerosi fraintendimenti, che poi divenivano incriminazioni: i Cristiani raccontavano di cibarsi delle carni dell’Innocente, Gesù, ma per i Romani l’«innocente» per definizione era il bambino, e quindi i Cristiani erano tacciati di infanticidio; spiegavano di considerarsi fratelli e sorelle di tutti, ed ecco l’accusa di incesto; l’elenco potrebbe continuare a lungo. I Cristiani, quando potevano, agivano alla luce del sole non per provocare, come sostiene Marx, ma perché non avevano nulla da nascondere e nulla facevano di male.

Anche in questo, il celebre filosofo non ha capito nulla...

(marzo 2016)

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