La persecuzione dei Cristiani nell’Impero Romano
Da Nerone a Costantino

Non si conosce il momento esatto in cui il Cristianesimo venne proibito nell’Impero Romano. Gli storici hanno vagliato diverse ipotesi tra cui un senatoconsulto emanato ai tempi dell’Imperatore Tiberio, o una legge speciale di Nerone oppure un provvedimento effettuato nel periodo di Traiano. Ad ogni modo, nel I secolo, i fedeli cristiani vennero lasciati in pace dalle autorità romane, con ovviamente due importanti eccezioni: quella di Nerone e quella di Domiziano. Come apprendiamo da Tacito, Nerone (54-68) per tentare di distogliere le voci che affermavano che fosse stato lui stesso a provocare l’incendio di Roma, decise d’inventarsi dei colpevoli utilizzando i Cristiani come capro espiatorio, essendo quest’ultimi disprezzati dal popolo a causa dei «flagitia» che venivano loro attribuiti[1]. Anche lo storico Svetonio parla delle persecuzioni a cui furono sottoposti i fedeli della nuova religione, pur non collegandole all’incendio[2]. Durante questa persecuzione persero la vita i Santi Pietro e Paolo, ma moltissimi Cristiani furono martirizzati in quanto Tacito parla di «moltitudo ingens» condannata a morte.

Provvedimenti contro i Cristiani pare siano stati presi anche all’epoca di Domiziano (81-96). Diverse fonti cristiane indipendenti tra loro (Melittone, Eusebio, Egesippo...) lo indicano come un persecutore; mentre lo storico pagano Dione Cassio riferisce che sotto il suo regno «furono condannati per ateismo molti che inclinavano verso i costumi giudaici». Vi sono divergenze tra gli storici nel considerare se queste persone fossero state effettivamente cristiane, ma indipendentemente da ciò, molti studiosi sono inclini a pensare che vi siano stati dei martiri durante il suo regno a causa del rifiuto dei Cristiani al sacrificio imperiale, che dovette essere considerato parecchio grave da un Sovrano che pretendeva farsi chiamare «dominus et deus».

Di diverso genere paiono invece essere le repressioni subite all’epoca di Traiano (98-117). Tramite l’epistolario di Plinio il Giovane, che chiedeva all’Imperatore consigli sulle procedure da adottare contro i Cristiani, veniamo a sapere che quest’ultimo, nella risposta data al governatore del Ponto e della Bitinia aveva vietato la loro ricerca, stabilendo che si potesse procedere contro di essi nel solo caso di una denuncia non anonima; affermando, tuttavia, di punire la persona che fosse stata accertata essere cristiana. Questa insolita procedura diede dei risultati ambivalenti in quanto, essendo vietata la ricerca, permise alla Chiesa di potersi diffondere e sviluppare nelle regioni dell’Impero; ma dall’altro, ribadendo l’illiceità della professione di Cristianesimo, ebbe l’effetto di provocare diversi episodi di persecuzione e martirio. Dal rescritto traianeo si può comprendere che l’Imperatore non considerava i Cristiani pericolosi e, del resto, quest’ultimi assunsero nei confronti dell’Impero Romano un atteggiamento di lealtà, come dimostrano le esortazioni ad obbedire all’autorità costituita nelle lettere di Pietro e Paolo, o al fatto che uno dei motivi per cui durante la terza guerra giudaica Simon Bar Kocheba perseguitò i Cristiani fu (oltre al fatto di non riconoscere le sue pretese messianiche) perché si rifiutarono di prendere le armi contro i Romani[3]. Nonostante l’ambiguità di tale normativa, il rescritto traianeo rimase in vigore fino alla metà del III secolo, sebbene vi susseguirono periodi assai differenti che variavano da una tolleranza di fatto come avvenne sotto i regni di Alessandro Severo (222-235) o Filippo l’Arabo (244-249)[4] o ad una spietata persecuzione come accadde sotto Marco Aurelio (161-180)[5].

Bisogna aggiungere, tuttavia, che nonostante le politiche avverse di alcuni Imperatori, i Cristiani dovettero temere non tanto la repressione delle autorità, ma piuttosto l’ostilità popolare della popolazione pagana che sfociava spesso in pogrom in occasione di pubbliche calamità[6]. Si deve anche sottolineare che gli stessi governatori, nel processare un Cristiano, disponevano di un’ampia discrezionalità sulla procedura e sulla pena che potevano infliggere[7].

La situazione dei Cristiani peggiorò drasticamente con l’avvento di Decio (249-251). Il nuovo governante era infatti convinto che per risollevare le sorti dell’Impero fosse necessario trovare il favore degli antichi dèi, ed ordinò perciò a tutti gli abitanti di offrire un sacrificio alle divinità. Sebbene questo decreto non fosse direttamente rivolto contro i Cristiani, in pratica ciò finiva per danneggiarli gravemente a causa del loro rifiuto a sacrificare[8]. Nonostante il breve periodo della persecuzione, essa ebbe effetti drammatici per le comunità dell’epoca non solo per il grande numero di martiri, ma anche per la cosiddetta questione dei «lapsi» ossia di coloro che avevano abiurato la fede durante la persecuzione, e che chiesero in seguito di poter essere riammessi nella Chiesa.

Provvedimenti feroci saranno effettuati anche da Valeriano (253-260): nonostante il nuovo Sovrano avesse inizialmente adottato un atteggiamento favorevole verso il Cristianesimo, negli ultimi anni del suo regno emanò degli editti che imponevano la chiusura delle chiese, la confisca dei cimiteri, la condanna a morte degli ecclesiastici arrestati e l’obbligo del sacrificio a preti, Vescovi e diaconi. Anche in questo caso la persecuzione fu dovuta alla convinzione che per risollevare l’Impero in grave crisi fosse necessario riacquistare il favore degli dèi. Dopo Valeriano, tuttavia, Gallieno (253-268) abolì le norme del suo predecessore restituendo ai Cristiani le chiese confiscate. Vi è disaccordo degli storici sul fatto che Gallieno non abbia fatto altro che ritornare alla condizione del rescritto traianeo o che abbia di fatto reso lecito il Cristianesimo. Ad ogni modo, la sua svolta consentì un periodo di pace per la Chiesa durato fino a quasi la fine del III secolo[9]. Interessante notare che vi furono fra alcuni gruppi cristiani delle tendenze anomale, alcuni gruppi di Cristiani bramavano a tal punto il martirio da giungere persino ad autodenunciarsi. Atteggiamento che fu condannato all’epoca dalla «Grande Chiesa».

Nuove «prove» dovettero tuttavia affrontare gli aderenti della nuova religione con l’avvento di Diocleziano (284-305). Nel 297 si ebbero i primi provvedimenti anticristiani in seguito, secondo lo scrittore Lattanzio, ad una denuncia degli aruspici che dichiararono che la presenza dei Cristiani impediva il manifestarsi dei responsi divini: l’Imperatore ordinò ai soldati di compiere un sacrificio, pena la dimissione dall’incarico per coloro che si rifiutavano di eseguirlo. Sotto pressione del Cesare Galerio, pagano fanatico, nel corso degli anni vennero tuttavia emanate altre misure che comprendevano la distruzione delle chiese, la consegna delle Sacre Scritture affinché venissero distrutte e, in seguito, anche l’obbligo del sacrificio prima riservato agli ecclesiastici e in seguito a tutta la popolazione. Questi editti vennero, tuttavia, praticati in maniera diversa a seconda delle regioni della tetrarchia[10]: in Oriente, sotto i territori di Diocleziano e Galerio, la repressione fu brutale; l’applicazione degli editti venne effettuata anche nelle zone sotto il controllo di Massimiano, sebbene in modo meno massiccio; mentre nella Gallia e nella Britannia governate da Costanzo Cloro ci si limitò alla sola distruzione degli edifici di culto. In seguito alle dimissioni di Diocleziano e l’avvento della seconda tetrarchia, la persecuzione si differenziò nelle regioni dell’Impero: in Italia, Massenzio, figlio di Massimiano, interruppe la repressione; mentre con Costanzo Cloro la persecuzione era già terminata e suo figlio, Costantino, continuò la politica di tolleranza del padre. In Oriente, invece, Galerio continuò a colpire i Cristiani fino a quando nel 311, colto da una grave malattia e constatando l’inutilità della persecuzione, restituì la libertà di culto. L’Augusto Massimino Daia, tuttavia, decise di continuare a perseguitare i Cristiani, seppur in maniera più subdola, cercando di colpirli senza farli diventare dei martiri, facendo costruire e diffondere i falsi Atti di Pilato e cercando di fare progettare nelle varie città delle petizioni contro i Cristiani[11].

In seguito alla battaglia del Ponte Milvio nel 312 Costantino sconfisse Massenzio divenendo padrone in Occidente. L’Imperatore attribuì la vittoria ad una visione avuta in sogno in cui gli era apparso il Dio Cristiano e il suo favore verso il Cristianesimo regolerà anche i rapporti con i Sovrani Orientali: Licinio, succeduto a Galerio, di cui era stato amico e collaboratore, rinnegherà la politica persecutoria di quest’ultimo offrendo ai Cristiani libertà di culto per ottenere l’appoggio di Costantino nella lotta contro Massimino Daia. Anche quest’ultimo, prima di essere sconfitto, rinnegherà la sua politica anticristiana per cercare di ottenere in extremis il supporto di Costantino contro Licinio. I due Imperatori rimasti emanarono nel 313 l’Editto di Milano con il quale venne riconosciuta la libertà di culto a tutti gli abitanti dell’Impero[12].

Costantino favorì la Chiesa facendo costruire molti edifici di culto e riempì di privilegi il clero esentandolo da tasse e dai doveri civili, e autorizzando i Vescovi ad assumere il ruolo di giudici, governatori e funzionari dello stato. La sua politica religiosa fu tuttavia controversa, in quanto pur mostrandosi tollerante con i pagani, perseguitò i Cristiani reputati eretici, in particolare i donatisi (dal nome del Vescovo Donato) che affermavano la nullità dei sacramenti dei sacerdoti che avevano consegnato le Scritture durante la persecuzione affinché venissero distrutte, e gli ariani (dal Vescovo Ario) che sostenevano l’inferiorità del Figlio rispetto al Padre[13]. Obiettivo del Sovrano era infatti quello di creare una Chiesa unita e senza divisioni. Indipendentemente dal giudizio morale, è innegabile, tuttavia, che la «svolta costantiniana» ebbe enormi effetti sulla storia dell’Impero Romano (per non dire dell’umanità) in quanto, dopo di lui, non solo non ci saranno più Imperatori pagani[14], ma la sua politica pose l’inizio dell’avvento dell’Era Cristiana.


Note

1 Come similmente accadde agli Ebrei in epoca medievale e moderna, i Cristiani nell’Impero Romano venivano accusati di colpe immaginarie come quella di essere cannibali per aver mangiato il «corpo di Cristo» o quella di essere incestuosi perché si riferivano tra di loro come «fratello» e «sorella». È interessante, tuttavia, notare come Tacito, pur disprezzando i Cristiani, nel suo scritto mostri di non credere all’accusa d’aver incendiato la città.

2 Gli storici hanno spiegato questa discrepanza con il fatto che Svetonio aveva diviso le azioni di Nerone tra quelle favorevoli allo stato (lo storico vede positivamente la persecuzione dei Cristiani) con quelle negative (Svetonio accusa Nerone d’essere stato l’incendiario della città). Si deve rilevare che anche Tacito riferisce, tuttavia, che i Cristiani vennero mandati a morte «non tanto per il crimine dell’incendio, ma per odio del genere umano».

3 Come è noto, i Cristiani si trovarono però di fronte ad un grosso ostacolo all’obbedienza verso le autorità romane, e questo era costituito dal culto imperiale. Il rifiuto ad adorare l’Imperatore era dovuto al fatto che un simile gesto era visto come un atto idolatra per la loro religione, non come un’azione sovversiva nei confronti dell’Impero: «Onore a Cesare in quanto Cesare, ma timore solo a Dio» risponderà Donata, una dei martiri scillitani morta sotto Commodo nel 180, al prefetto che le chiedeva di fare un giuramento per il genio dell’Imperatore. Si deve considerare, tuttavia, che Traiano nella sua risposta a Plinio si limitò ad ordinare solamente di fare compiere agli accusati di Cristianesimo un sacrificio alle divinità; segno che la persecuzione contro i Cristiani era dovuta a cause più profonde del loro rifiuto al culto imperiale. Nonostante questo, sono pervenuti diversi casi di governatori provinciali che richiesero ai Cristiani di compiere sacrifici all’Imperatore.

4 Qualche storico ipotizza persino che l’Imperatore Filippo l’Arabo fosse stato segretamente cristiano. Indubbio, tuttavia, è il suo atteggiamento non sfavorevole al Cristianesimo.

5 Molte repressioni si ebbero sotto l’«Imperatore filosofo» come dimostra l’episodio dei Martiri di Lione. Durante il suo regno, sembra esserci stata una recrudescenza nella persecuzione dei Cristiani. Gli studiosi hanno vagliato varie ipotesi per spiegare questo atteggiamento tra cui la presenza degli eretici montanisti con il loro atteggiamento di sfida nei confronti delle autorità o la partecipazione di alcuni Cristiani alla rivolta dell’usurpatore Avidio Cassio. Molto probabilmente, tuttavia, la persecuzione dovette essere provocata dalle calamità pubbliche che colpirono l’Impero come la peste e l’attacco dei barbari.

6 Come riferisce Tertulliano: «I pagani imputano ai Cristiani la responsabilità di ogni pubblica sventura: se il Tevere inonda la città, se il Nilo non irriga i campi, se vi è siccità, carestia, peste, terremoto, tutta la colpa è dei Cristiani che disprezzano gli dèi e sorge il grido: “I Cristiani ai leoni!ˮ».

7 Ad esempio, nel 184 il proconsole d’Asia, Ario Antonino, dopo che una moltitudine di Cristiani si era presentata di fronte al tribunale per essere processata, mise a morte alcune persone ma rimandò le altre rimproverandole: «Disgraziati, se volete morire non avete abbastanza corde o precipizi?».

8 Non sembra che gli Ebrei ebbero a soffrire a causa dell’editto di Decio. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che i Romani credessero che ogni popolo dovesse onorare la religione dei propri antenati, e difatti una critica rivolta ai Cristiani è proprio quella di aver abbandonato il proprio culto ancestrale.

9 Un’eccezione può forse esserci stata sotto il regno di Aureliano (270-275). Nonostante l’Imperatore avesse assunto inizialmente un atteggiamento benevolo verso la Chiesa, nell’ultimo periodo del suo regno pare essere divenuto ostile probabilmente a causa dei suoi tentativi di promuovere la religione del «Sol Invictus». Ad ogni modo, Aureliano morì prima di riusce ad emanare dei veri editti persecutori.

10 Sotto Diocleziano l’Impero Romano venne diviso in quattro regioni governate da quattro Sovrani: due Augusti (lo stesso Diocleziano, e Marco Aurelio Valerio Massimiano), e due Cesari (Galerio e Costanzo Cloro).

11 A differenza di quello che accadde nel II secolo, nell’ultima grande persecuzione vi furono molti episodi che dimostrarono la contrarietà della popolazione pagana nei confronti di questa azione manifestata, ad esempio, con l’aiuto al nascondiglio dei Cristiani dalle autorità.

12 Strascichi della persecuzione si ebbero tuttavia ancora sotto Licinio, quando questi, entrato in conflitto con Costantino, sospettò che quest’ultimi potessero aiutare il suo avversario. Dal punto di vista religioso, Licinio puntò la religione del «Sol Invictus». In seguito alla sua sconfitta, Costantino rimase il solo Sovrano dell’Impero Romano.

13 Sembra tuttavia che Costantino abbia cambiato parere nei confronti di Ario al punto da richiamare il Vescovo dall’esilio in cui lo aveva condannato, pochi anni prima della sua morte.

14 Un’eccezione fu Giuliano l’Apostata (361-363) noto per aver cercato di riportare in auge il paganesimo. Oltre a tagliare i fondi alle chiese e sovvenzionare i templi, l’Imperatore allontanò i Cristiani dalle cariche pubbliche, proibì a questi di insegnare i classici e si mostrò tollerante verso i massacri dei Cristiani effettuati dai pagani.


Bibliografia

Rodney Stark, Il trionfo del Cristianesimo, Torino 2012

Jacques Moreau, La persecuzione del Cristianesimo nell’Impero Romano, Brescia 1977

Marta Sordi, I Cristiani e l’Impero Romano, Milano 1990

Giorgio Jossa, I Cristiani e l’Impero Romano, Napoli 1991.

(ottobre 2016)

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