Alexandre Walewski
Il figlio non troppo segreto di Napoleone I, un personaggio da riscoprire

Alexandre Walewski

Sir George Hayter, Ritratto del giovane conte Alexandre Walewski, 1832

Napoleone I fra i molti figli veri o presunti ebbe dalla sua quasi decennale relazione con la contessa polacca Maria Walewska nel maggio del 1810 il figlio illegittimo Alexandre. Non poté riconoscerlo, l’Imperatore, perché dovette far prevalere la ragion di stato. Però si preoccupò sempre dell’educazione e della condizione di quel bambino che aveva desiderato, sfatando pubblicamente le voci che lo volevano sterile. Mi sono occupata, grazie ai personaggi risorgimentali che ho trattato nel corso dei miei studi, indirettamente, anche del conte Walewski, e per tale ragione vorrei proporlo come figura, legata peraltro alle vicende nazionali italiane.

La madre di Alexandre era la nobile polacca Maria Laczynska, che per far felice la sua famiglia e superare il depauperamento del patrimonio paterno, giovanissima fu costretta a sposare un nobile polacco di oltre 50 anni più vecchio di lei, il conte Walewski.

Era la contessa una donna davvero incantevole, basta osservare i molti ritratti che ha al suo attivo. E lo era non solo nell’aspetto, angelico, ma anche nei modi garbati e modesti, non facendo mai della mondanità motivo di avanzamento sociale.

Era nata nel 1786 ed aveva 17 anni meno dell’Imperatore Francese. Lo conobbe quando già era sposata e madre da due anni di un figlio avuto dall’anziano marito, che amava portarla con sé nelle occasioni mondane per esibirla, contro la sua stessa volontà. Siamo nel 1807, l’Imperatore Francese all’apice della gloria, trentottenne, vedendo la ventunenne Maria ne fu particolarmente colpito e chiese insistentemente di potersi approcciare a lei. I patrioti polacchi non se lo fecero dire due volte e di fatto obbligarono la giovane donna, che pure aveva particolarmente a cuore la sua patria ma non voleva essere infedele al marito, a divenire l’amante dell’Imperatore. Sulle prime ella non cedette, poi fu di fatto costretta a farlo, con tanto di pressioni anche da parte del marito, che non voleva scontentare soprattutto i Poniatowski, principi eredi della Sovranità Polacca. I patrioti polacchi speravano nell’indipendenza ma non ottennero vantaggi concreti.

La donna si trasformò, dopo un’iniziale riluttanza, nella «moglie» polacca dell’Imperatore, coinvolta in quella relazione che era iniziata senza alcun interesse personale.

Lo seguì in tutta Europa, abbandonando il marito, ed ebbe nel 1810 il figlio Alexandre dal celebre amante. Il marito non si rifiutò di dare il proprio cognome al neonato, pur conoscendo la vera identità del padre.

Napoleone I dal canto suo divorziò in quel periodo dalla prima moglie Giuseppina per sposare Maria Luisa d’Austria, da cui avrà il figlio legittimo Napoleone (futuro Napoleone II).

Ancora una volta Maria seppe farsi da parte e crescere il figlio, ma continuò di fatto ad aver incontri segreti col Bonaparte, fino alla sua visita all’Isola d’Elba nel settembre del 1814, quando il grande Córso ivi si trovava in esilio, desideroso di riprendere il suo posto in Europa.

Maria non lo potrà seguire nel definitivo esilio a Sant’Elena perché l’Imperatore si opporrà, non volendo che suo figlio lo vedesse in quella condizione per lui umiliante.

Maria un anno dopo, rimasta vedova, accetterà di sposare un cugino del Bonaparte, il Córso Generale d’Ornano; avrà nel 1817 un terzo figlio ma per complicazioni avvenute morirà quell’anno, alcuni mesi dopo il lieto evento.

Le vicende della madre incisero profondamente nel vissuto di Alexandre Walewski. Rimase con uno zio. Non ebbe certamente problemi economici ed il ragazzo aveva la stoffa per dimostrare quanto valeva, e non essere soltanto il «figlio di».

Fu ardimentoso, e si rifiutò, ancora giovanissimo, di entrare nell’Armata Russa, per non tradire la causa polacca ma soprattutto la memoria del grande Córso. Fuggì perciò a Londra, e da qui a Parigi. Seguì cioè i suggerimenti che il suo illustre padre aveva espresso, ossia il desiderio che egli rimanesse al servizio della Francia. Ciò avverrà in via definitiva, anche se in quel frangente i tempi non erano ancora maturi.

A Parigi in ogni caso il Ministro degli Esteri del momento, Sebastiani, comprese immediatamente che il giovane Walewski era arguto, raffinato e preparato per divenire un abile diplomatico. Lo inviò perciò con questo compito nella natia Polonia dove però la situazione politica era molto instabile. Walewski rischiò di finire in mani russe.

Dunque, per evitare che ciò accadesse, decise di arruolarsi nell’esercito del proprio Paese, divenendo in seguito un capitano decorato. Si trasferì a breve in Inghilterra, sempre per perorare la causa polacca ed incontrò qui la figlia di Lord Sandwich, che sposò.

Fu un matrimonio di breve durata poiché la sposa, dopo avergli dato due figli che di lì a poco moriranno, morì lei pure.

Rimasto vedovo, Alexandre si diresse in Francia ed ottenne la cittadinanza francese. Entrò perciò nell’esercito, esaudendo il desiderio primigenio del celebre padre Imperatore. La sua vita cambiò velocemente. Dopo una relazione fugace con una nota attrice francese, da cui avrà un figlio che legittimerà, convolò a nozze in Italia con la brillante marchesina fiorentina de’ Ricci, erede dello stesso casato che vide in Scipione de’ Ricci un suo celebre antenato. È a questo punto che i miei studi si intrecciano con le vicende di Alexandre Walewski.

La marchesina ebbe un importante ruolo di rappresentanza e gli diede tre figli. Fu l’ascesa del cugino Luigi Napoleone Bonaparte, più conosciuto come Napoleone III, a dare ad Alexandre Walewski l’opportunità di farsi veramente apprezzare come brillante diplomatico, con al fianco la giusta compagna. Walewski fu Ministro Francese in varie località italiane, poi ambasciatore a Londra, senatore ed infine Ministro degli Esteri Francese sotto Napoleone III.

Il console americano a Livorno Giuseppe Binda, che fu tale alla metà del XIX secolo, di origini lucchesi, da me trattato su un precedente articolo del sito, cui rimando, entrò in amicizia e grande sintonia con il conte Walewski (diverrà principe nel 1866), viste le comuni frequentazioni toscane.

Walewski non approvò a pieno la politica estera del cugino Imperatore nei confronti dell’Italia. Aveva verosimilmente abbracciato quei principi delle tre Italie che furono tanto cari al patriota Luigi Torelli e che vedevano nella dinastia degli Asburgo-Lorena quasi certamente un pilastro, anche perché gli Asburgo-Lorena erano amati in Toscana e tale dinastia gli stessi Toscani, a partire dai ceti popolari, non avrebbero voluto barattarla con nessun’altra. Unica eccezione la città di Lucca, con la sua storia del tutto particolare, soprattutto del suo clero, sempre indipendente rispetto al centralismo romano. Molti furono i Lucchesi che, seguendo sia Giuseppe Mazzini che le direttive cavouriane, abbracciarono l’arrivo dei Savoia. Ma nel resto della Toscana molte famiglie, a cominciare da quelle nobili, preferirono concentrarsi sul sostegno alla dinastia lorenese. Così fu per Walewski, che aveva sposato la de’ Ricci, perorando in questo caso gli stessi suoi interessi familiari.

L’amico del conte, Giuseppe Binda, era stato per molto tempo, in età giovanile, un seguace di Gioacchino Murat, per la precisione un suo validissimo agente. Chissà se il Walewski tenne in considerazione il fatto che suo padre Napoleone I fu nei momenti cruciali della sua fuga non adeguatamente sostenuto dal Murat, che tuttavia tentò per la verità una riconciliazione con l’Imperatore, rifiutata.

Walewski seppe senz’altro riconoscere in Giuseppe Binda un uomo d’azione ed insieme un valente patriota, che aveva abbracciato i valori del 1848 e che ormai, da cittadino americano qual era, avendo sposato la figlia del Generale Sumter, sostenne gli accorati appelli alla modernità che venivano prima ancora che da Londra, da Washington e New York, tutte città che si apprestavano a trasformarsi, di lì a breve, in capitali planetarie. Walewski aveva una visione a 360°, non era solo colui che perorava la causa familiare della consorte, come da taluno è stato tacciato.

I Poniatowski polacchi, quei principi che tanta parte ebbero anche nelle vicende di Maria Walewska, li ritroviamo in quegli anni in Italia stabilmente residenti. Si sposeranno con la nomenclatura toscana ed in Toscana, anche in Lucca, ebbero proprietà. Tale radicalizzazione è spiegabile a partire dal ruolo importante che la dinastia degli Asburgo-Lorena ebbe nei confronti di quei patrioti polacchi che a lungo dovettero lottare per l’indipendenza della loro Patria.

Col senno di poi, difficile dire chi avesse maggiore lungimiranza, se i seguaci di Cavour oppure i seguaci delle posizioni abbracciate dal Walewski. Grandi patrioti, i patrioti federalisti, non solo Carlo Cattaneo, o il Ferrari, per citare i più conosciuti, ma anche Luigi Torello, fautore delle tre Italie, che poi abbracciò la causa nazionale divenendo Ministro dell’Agricoltura, e gli stessi neoguelfi presenti nei documenti citati sul sito. Tutti furono in principio favorevoli ad una confederazione, poi si spesero per far prevalere la Patria e il senso di nazionalità.

Ad ogni modo non voglio qui perorare cause politiche che si sono rivelate, alla luce dei fatti, irrealizzabili.

Lo stesso Napoleone III, cugino del Walewski, nonostante alcuni attriti, capì il valore diplomatico del cugino e lo volle accanto, nel difficile ruolo di suo Ministro degli Esteri, riconoscendone l’indubbio valore e la capacità di essere critico verso la sua stessa politica, anche quando poteva essere più semplice salire subito sul carro del vincitore. Alexandre Walewski morì nel 1868 per un attacco cardiaco e non ebbe il tempo materiale di assistere alla disfatta di Sedan.

Il suo percorso si inserisce perciò esclusivamente nel tessuto napoleonico, senza abbracciare un’epoca diversa. Un uomo, Walewski, considerato non a torto da taluni il Cavour Francese, che come lo statista italiano non poté far valere i suoi valori legati alla laicità dello stato, questi sì d’impronta paterna, visti gli importanti sostenitori cattolici francesi del cugino Imperatore.

Napoleone III non riuscì a sostenere a sufficienza la laicità dello stato e forse la disfatta di Sedan pagò anche questa incapacità e/o impossibilità. Ma questo giudizio chiedo di leggerlo come una mia personale opinione. Ritengo, al riguardo, che la Francia e l’Europa ne abbiano pagato serie conseguenze, anche questa però va letta come una mia personale opinione.

Sarebbe stato interessante vedere Alexandre Walewski all’opera in epoca successiva al periodo imperiale, magari come studioso ed erudito (era uomo di grande cultura). Avrebbe potuto mettere a frutto la sua preparazione ed intelligenza per indagare i suoi tempi e lasciarci una ulteriore testimonianza del passaggio tra l’epoca d’Antico Regime e l’Età Moderna, che tanto ancora fa discutere sia gli storici che gli appassionati di ricerca storiografica. Cosa che anche con Cavour in molti auspicavano, non un’uscita di scena tanto repentina.

(ottobre 2016)

Tag: Elena Pierotti, Alexandre Walewski, Napoleone Bonaparte, Francia, Italia, Ottocento, Risorgimento, Lucca, Maria Walewska, Poniatowski, Generale d’Ornano, Sebastiani, Lord Sandwich, Luigi Torelli, Camillo Cavour, Savoia, Gioacchino Murat, Carlo Cattaneo, Napoleone III.