Ching Shih
La Regina dei pirati

La storia della Cina riporta le avventure – se così si possono definire – della più famosa donna pirata, che abbia mai navigato nei mari del mondo.

Ma chi era costei? Nacque come Shih Yang; della sua infanzia c’è ben poco da dire semplicemente perché nulla si sa, a parte che la sua data di nascita è il 1775, avvenuta a Guangdong e che la sua famiglia era povera. Si sa che, ancora bambina, fu venduta a un bordello galleggiante di Canton. Allora, tale tipo di bordelli era molto comune, giacché bastava spostarli da un porto a un altro per avere sempre nuova presenza di uomini disposti a pagare il servizio. La vita per lei scorreva monotona, senza scossoni, e non erano previsti cambiamenti, almeno a breve.

Ma un giorno avvenne un fatto che, per lei, fu straordinario. Era il 1801, quando un corsaro famoso, Ching Yi, erede di una importante famiglia di pirati che fin dal XVII secolo ordiva attacchi e saccheggi contro le navi europee e cinesi e se ne impadroniva nei mari della Cina, fece visita al bordello e fu colpito dalla straordinaria bellezza della ragazza che, dai discorsi scambiati con lei, sembrava pure molto intelligente. Invaghitosi di lei, senza pensarci due volte, la fece rapire e le chiese di sposarlo. Poiché la prostituta si era resa conto di averlo incantato e che da ciò poteva trarne vantaggio, accettò quella proposta che, se fosse stata fatta a un’altra donna, forse per lei l’accettarla sarebbe stata considerata una pazzia, se non un suicidio. Comunque, con grande faccia tosta, in cambio della sua mano, chiese metà della flotta e metà dei bottini ricavati dalle azioni piratesche future; ebbene, contro ogni aspettativa, Ching Yi accettò e il loro matrimonio, avvenuto dopo la firma di un contratto regolare, durò senza scossoni per quasi sette anni, durante i quali la loro professione piratesca fu al pieno della sua attività, sulle coste della Cina. Il matrimonio fra i due rappresentò un vantaggio per entrambi perché, mentre Shih Yang, divenuta moglie di Ching Yi con il nome Ching Shih, ebbe sotto il suo comando molte giunche e moltissimi pirati, il marito, ascoltando i suoi consigli, riuscì a mettere insieme una confederazione di pirati (attorno ai 40.000) con a disposizione una flotta formidabile, formata da 300 e più giunche, cui fu dato il nome di Red Flag Fleet (Flotta dalla Bandiera Rossa). Le giunche, per di più, erano somigliantissime alle navi commerciali, per cui solamente all’ultimo momento, quando la rossa bandiera era issata, gli assaliti si accorgevano della minaccia incombente, ma era ormai troppo tardi.

Malauguratamente, però, nel 1807, Ching Shih rimase vedova, poiché il marito era scomparso: forse era annegato a causa di un violento tifone, quando stava navigando nelle acque del Vietnam, oppure fu avvelenato dai suoi accoliti per impedirgli di firmare un accordo con l’Imperatore. In ogni modo, la piratessa reagì alla maniera sua, senza piangere, e con mano ferma bloccò ogni tentativo di ammutinamento. Il tenere a bada l’enorme ciurma non fu facile, ma con l’aiuto del nipote Cheng Pao-Yang e di Cheng Chi, figlio di un cugino, che si erano dimostrati sempre fedeli al marito, riuscì nell’intento, anche con il supporto di Cheung Po Tsai, suo figlio adottivo ed erede di Ching Yi, nominandolo capo di tutta la confederazione. Detto «inter nos», chi comandava era Ching Shih, ma la presenza di un uomo al comando facilitava l’ottenimento dell’ubbidienza da parte dei pirati.

Cheung Po Tsai era nato da una famiglia di pescatori e all’età di quindici anni era stato catturato da Ching Yi; l’uomo ne aveva fatto un pirata valido, un amante perfetto, il suo uomo di fiducia e, pertanto, la persona più adatta a prendere il suo posto alla sua morte. Così, divenne comandante di tutta la flotta e, per di più, l’amante di Ching Shih.

Con queste condizioni, l’attività della immensa flotta, costituita – si dice – da ben 1.800 navi con una ciurma di 70.000 pirati, non poteva che essere in attivo. Le sue imprese erano puntate sul controllo di tutta la costa fra Canton e Macao, da dove incamerava le imposte dai villaggi; inoltre, aprì un ufficio a Canton, dove ai naviganti si concedevano lasciapassare, profumatamente pagati, al fine di essere lasciati in pace durante la navigazione nei mari cinesi.

Chiaramente, non mancarono coloro che, colpiti direttamente dalle imprese piratesche, si lamentassero presso la Corte dell’Imperatore, il quale, stanco di questo andirivieni di povera gente di mare e impotente nel risolvere il grave problema, consigliò loro di abbandonare le reti per sostituirle con la coltivazione di prodotti agricoli sulla terraferma. In effetti molti lo fecero, tanto che i pirati, venuti a mancare i cespiti delle tasse sui pescatori, si buttarono sulle navi che percorrevano le rotte internazionali, dalle quali ottenevano un bottino superiore, mettendo il commercio in notevole difficoltà. Questi pirati erano veramente dei professionisti, che mettevano in atto la tecnica del «mordi e fuggi». Erano veramente imprendibili; anche gli aiuti portati dagli Inglesi della Compagnia delle Indie Orientali e dai Portoghesi al Governo Ciinese della dinastia Qing non furono in grado di sbaragliare l’enorme flotta di cui disponevano. Sicché le cose per i pirati andavano a gonfie vele.

Importante fu il severo codice di comportamento dei pirati stilato dalla piratessa, che doveva essere pedissequamente rispettato, per non incorrere in punizioni da non sottovalutare.

Di seguito si riporta il contenuto di qualche articolo. La disobbedienza non era tollerata ed era punita con la morte. Chi era preso, dopo aver disertato, era privato delle orecchie e umiliato davanti ai colleghi. Chi prendeva indebitamente danaro dalle casse comuni era severamente punito, mentre chi violentava le donne fatte prigioniere era immediatamente decapitato; se, poi, queste erano consenzienti, erano buttate a mare con una palla da cannone legata ai piedi. Però, era consentito il matrimonio fra pirati e donne prigioniere.

Sulle giunche dei pirati vivevano pure le famiglie, un fatto che Shing Shih riteneva altamente positivo, perché gli uomini non potevano avanzare la scusa di andare a terra e poi, durante le battaglie, erano maggiormente combattivi, giacché si trattava di proteggere i loro cari.

Tutti i pirati erano travolgenti negli attacchi e straordinari nella difesa, e Ching Shih era sempre davanti, impugnando due spade.

Alla fine, nel 1808, il Governo Cinese decise di intervenire pesantemente contro i saccheggi fatti dai pirati, e le battaglie furono tante e cruente, ma il vincitore era sempre la flotta dei fuorilegge. Capitò perfino che 60 navi cariche di esplosivo, che avevano il compito di distruggere con il fuoco la flotta pirata, fossero catturate, dopo che gli incendi furono estinti. A quel punto, l’Impero praticamente poteva disporre solamente di pescherecci nella sua impari lotta contro la pirateria.

Nel 1810, la trentacinquenne Ching Shih ebbe l’offerta di un’amnistia da parte del Governo della dinastia Qing, che si era reso conto che contro i pirati non avrebbe mai potuto spuntarla. La piratessa, conscia che con il tempo il suo potere sembrava affievolirsi e che c’era un gruppo, un tempo suo, che stava armeggiando per mettere fine al suo impero, accettò la proposta, naturalmente dopo aver attentamente chiarito i termini dell’accordo. Questo fece presentandosi nell’ufficio del governatore Zhang Bai, incaricato dell’incontro, accompagnata da diciassette fra donne e bambini. Ching Shih fu molto abile nel gestire le trattative, ottenendo non solo il perdono totale per tutte le malefatte per sé e per una buona parte dei suoi uomini, ma pure il bottino delle sue scorrerie e, per di più, conseguì il permesso di sposare il figlio adottivo Cheung Po Tsai, che fra l’altro ebbe l’incarico da parte della marina imperiale di combattere i pirati (sic!). A quel momento, la ciurma era di 17.318 pirati: secondo i crimini perpetrati, di questi una parte fu esiliata e una parte giustiziata.

E il governatore fu talmente soddisfatto dei risultati ritenuti favorevoli all’Imperatore che partecipò al matrimonio, dal quale nacquero due figli.

Concludendo, Ching Shih si ritirò dalla vita dei pirati senza mai aver subito una sconfitta, ma non a vita privata. Infatti, acquistò una casa da gioco e un bordello e inoltre si interessò al redditizio commercio del sale. Addirittura divenne consulente del commissario imperiale Lin Zexu in merito alla guerra dell’oppio con la Gran Bretagna. Nel 1822, Ching Shih divenne ancora una volta vedova, essendo morto il marito, mentre prestava servizio nella guarnigione di Penghu, con il grado di colonnello capo.

La fine la colse, ricchissima e riverita, nel 1844 nel suo letto a Macao, dove aveva trasferito la sua residenza dopo la morte del marito.

(agosto 2022)

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