Pirati dagli occhi a mandorla
Gli anni che vanno dall’inizio dell’Ottocento agli anni Trenta del Novecento hanno visto le gesta di molti uomini e donne pirata cinesi, la cui storia è ancora in parte sconosciuta

Se sentissimo nominare i pirati, noi tutti penseremmo probabilmente ai Caraibi, a Tortuga, alle isole dell’Oceano Atlantico e alle coste dell’America Centrale. A questo scenario ci hanno infatti abituato le principali fonti che abbiamo potuto esaminare e, magari, anche la letteratura e il cinema popolare.

Invece, i primi pirati del mondo vissero quasi certamente nei mari orientali, e la pirateria cinese non fu che uno dei numerosi aspetti della civiltà espressa da quella parte della Terra alcuni millenni prima della civiltà mediterranea – un aspetto ancora da scrivere per intero, nonostante sembri che presso l’Archivio di Stato di Pechino sia disponibile un abbondante materiale di consultazione. Alcuni dati sono, però, già di pubblico dominio.

I primi avversari dei pirati cinesi furono i pirati giapponesi. All’inizio dell’evo moderno, ad essi si aggiunsero i Portoghesi: è noto Simon de Andrada, che nel 1540 si specializzò sulle coste della Cina come gran mercante di schiavi. Fu poi la volta di Inglesi e Olandesi, contro i quali si batté da leone il più famoso pirata del Celeste Impero, Koxinga, il conquistatore di Formosa, che mise fine all’egemonia della Compagnia Olandese delle Indie Orientali su Taiwan. Nell’evo contemporaneo, invece, l’onore della pirateria cinese fu tenuto alto e arricchito... dalle vedove!

Ching
                  Yih Saoa

La piratessa Ching Yih Saoa

La prima «vedova gialla» degna di memoria è la signora Ching Yih Saoa. Questa donna, che aveva iniziato la sua «carriera» come prostituta in un piccolo bordello galleggiante nella città di Canton, nel 1807 si ritrovò a capo di una flotta che sotto la sua guida, e dopo due anni di duro lavoro, giunse a contare ben sei squadre «operative» per un totale di 800 giunche grandi e 1.000 più piccole con a bordo circa 70.000 pirati fra uomini e donne, e persino bambini; la sua fu la più grande flotta pirata mai esistita. Suo marito era stato un corsaro dell’Imperatore e per le sue imprese era stato chiamato «Re dei Corsari»; l’Imperatore lo fece però giustiziare (per annegamento in mare) per essere andato oltre i limiti dei compiti affidatigli. Madama Ching prese il suo posto per vendicarlo e finì per superare di gran lunga la fama del marito, tanto da essere chiamata «Flagello del Mare Orientale». Di lei si potrebbero dire mille cose: del suo animo nobile, delle leggi severe ma giuste e sapienti dettate per i suoi pirati (e applicate in modo rigoroso: la trasgressione veniva punita con la fustigazione, la messa ai ferri, il taglio delle orecchie, lo squartamento o la decapitazione, a seconda della gravità), del suo coraggio, delle sue capacità di comando, del suo prestigio presso amici e nemici. Ai suoi pirati chiedeva innanzitutto di eseguire senza discutere i suoi ordini, e di mettere in comune tutto il bottino delle varie razzie: sarebbe stato il capitano della nave a distribuirlo in modo equo. Per quanto riguarda le donne che venivano catturate, esse erano di solito rilasciate o riscattate, ma potevano anche essere prese da un pirata come concubine o mogli: in questo caso, il pirata era tenuto alla fedeltà; chiunque violentava una prigioniera – anche se ella era consenziente – veniva condannato a morte. Madama Ching sconfisse in ripetute clamorose battaglie navali le forze dell’Imperatore, dei Portoghesi e degli Inglesi, stabilendo la sua egemonia su molti villaggi della costa, imponendo in certi casi anche tasse e prelievi. Agì in mare aperto, lungo le coste, su per i fiumi dell’interno; razziò cittadine, mercati e villaggi, da Macao a Canton. Dopo tre anni di scorrerie, Ching Yih Saoa si ritirò, nel 1810, all’età di 35 anni, accettando l’offerta di amnistia da parte del Governo Cinese che, non riuscendo a sconfiggerla, preferì patteggiare una onorevole (per lei) uscita di scena: non solo le concesse il diritto di mantenere le sue ricchezze (che la donna utilizzò per aprire una casa per il gioco d’azzardo), ma la insignì anche di un titolo nobiliare, e concesse al secondo marito (che era stato l’amante del primo!) il comando di 20 navi della Marina Imperiale. Madama Ching morì nel 1844, all’età di 69 anni, diventando poi un personaggio della cultura popolare cinese. Fu certamente la più grande donna Ammiraglio, e naturalmente pirata, della storia navale.

Tra il 1849 e il 1851 si svolse la carriera di altri due grandi pirati: Shap’n’gtzai e Chuiapoo. Con le loro flotte di giunche d’assalto diedero filo da torcere alla Flotta Imperiale Cinese e a quella della Gran Bretagna, comandata dall’Ammiraglio John Darlymple. Shap’n’gtzai, dopo essere stato battuto, riuscì a salvarsi e a ottenere dal Celeste Imperatore perdono e un posto tranquillo; Chuiapoo, alla testa di una flotta di oltre 500 giunche, insistette invece nelle sue scorrerie finché, catturato da spie (complice la taglia di 500 dollari che gli pendeva sul capo per l’omicidio di due ufficiali) e condannato alla deportazione a vita a Van Diemen’s Land (odierna Tasmania), preferì giustiziarsi da sé impiccandosi nella sua cella prima di essere esiliato.

Intorno al 1920 imperversò un’altra piratessa, la signora Hon-cho-lo, che superò la Ching in atti criminosi, col grado di colonnello, a fianco del Generale Wong-min-tong. Un decennio più tardi fu la volta della signora Lai Choi San, che circa nel 1930 fece scorrerie lungo le coste da Hong Kong a Shangai, per poi ritirarsi in pensione a Giava, dove pare abbia vissuto fino a tardissima età; di lei si racconta che amasse passeggiare scalza e malvestita nonostante l’appellativo di «Regina» datole dai pirati di Macao, e che venerasse con ardore la dea A-ma, patrona dei marinai.

Le stampe dell’epoca ci mostrano questi pirati impegnati in furiosi duelli corpo a corpo non solo con truppe in divisa, ma anche con uomini in borghese: armati di fucili dalla canna lunga, pistole, grossi coltelli o vere e proprie spade dalla lama ricurva, essi si accanivano contro piroscafi passeggeri e navi a vapore piene di civili. Per impadronirsi delle navi avevano anche escogitato un nuovo, geniale sistema: aggredire l’equipaggio durante la navigazione per mezzo di uomini già a bordo, camuffati da turisti o ingaggiati come marinai.

(settembre 2018)

Tag: Simone Valtorta, pirati dagli occhi a mandorla, Simon de Andrada, Koxinga, Compagnia Olandese delle Indie Orientali, Ching Yih Saoa, pirateria cinese, Shap’n’gtzai, Chuiapoo, John Darlymple, piratesse cinesi, Celeste Impero, Hon-cho-lo, Wong-min-tong, Lai Choi San, pirati cinesi.