L’Ellenismo
L’ultimo, grande periodo della civiltà greca, derivato dall’unione di elementi greci con elementi orientali

Nel 336 avanti Cristo, due anni dopo avere istituito la «Lega di Corinto» e mentre si accinge ad una grande campagna contro la Persia, Filippo, Re di Macedonia, muore, lasciando il trono al figlio Alessandro, appena ventenne. Questi, con abilità, con decisione, con rapidità, sbarazzatosi dei nemici interni alla sua stessa famiglia, domato ogni tentativo di rivolta da parte dei Greci, riprende il progetto paterno e nel 334, con un esercito non grande ma perfettamente addestrato, si muove alla conquista della Persia partendo simbolicamente da Troia. La falange macedone si dimostra invincibile: in due anni vengono conquistate l’Asia Minore, la Siria e l’Egitto, e dopo l’assassinio di Dario III, nel 330 avanti Cristo, ad Alessandro basta un anno per raccoglierne l’eredità. Dopo alcune difficili campagne nelle satrapie orientali, nel 326 varca l’Indo, ma le truppe lo costringono ad arrestarsi sul fiume Ifaso. Il grande condottiero muore improvvisamente a 33 anni (323 avanti Cristo) mentre, nell’intento di giungere a costituire un Impero Universale, progetta di occupare anche l’Arabia.

A prima vista, potrebbe sembrare il trionfo dell’ambizione greca di creare un mondo abitato che abbia come centro il Mare Egeo e come modello la pòlis, la piccola città-stato a misura d’uomo; in realtà la Grecia, da centro quale aveva sperato di divenire, si trasforma in periferia e la pòlis tramonta, annullata nella smisurata estensione concepita da Alessandro.

Ma un Impero così vasto può reggersi solo perché unificato da una personalità come quella del giovane condottiero. Alla sua morte i Macedoni (e i Greci) si mostrano incapaci di amministrare un dominio tanto esteso. Pare che egli, spegnendosi, abbia detto: «I miei saranno funerali di sangue»; ed infatti i diàdochi («successori»), ovvero i generali che si trovano a capo delle varie province, esperti ma anche ambiziosi e gelosi l’uno dell’altro, già dopo due anni si affrontano, si assassinano a vicenda, si alleano e si tradiscono con la massima disinvoltura. La lunga guerra termina soltanto nel 281 avanti Cristo lasciando l’Impero diviso in alcuni Regni, ai quali si dà il nome convenzionale di «ellenistici».

Regni Ellenistici

Mappa dei principali Regni Ellenistici

Sono stati strani, per metà greci e per metà orientali, in cui idee, caratteristiche, stili di origine greca si vengono fondendo con idee, caratteristiche, stili di origine orientale, di terre di antica civiltà, che da un lato ricevono e dall’altro restituiscono gli apporti culturali. I Re ellenistici sono Sovrani assoluti, che governano e amministrano il Paese coi metodi degli antichi Monarchi Orientali: potere assoluto e indiscutibile, immenso sfarzo nella Corte, molte tasse e miseria per il popolo. Questi metodi, che non potrebbero funzionare in Grecia, dove il popolo sa da secoli che cosa vuol dire «democrazia», vanno bene in regioni abituate da secoli al dominio dispotico dei Sovrani Persiani. Ma mentre il territorio, la popolazione, la forma di governo appartengono all’Oriente, tutto il resto, la lingua (la cosiddetta «Koiné», cioè «Comune»), la cultura, l’arte, l’abbigliamento, è di marca ellenica. Da qui il termine «Ellenismo» per indicare il lungo periodo intercorrente tra la morte di Alessandro e la vittoria di Augusto ad Azio (323-31 avanti Cristo). Questa parola viene usata per la prima volta nell’Ottocento da Johann Gustav Droysen, il quale, credendo che gli «Ellenici» nominati negli Atti degli Apostoli siano Greci Orientalizzati, chiama «ellenico» quel periodo. Anche se è un’interpretazione errata della parola usata negli Atti, resta l’importanza della definizione. Ma bisogna fare attenzione: con «ellenismo» s’intende ciò che deriva dalla Grecia, non ciò che è greco. È una cultura rielaboratrice, scarsamente creativa, ma raffinata; portata spesso, perché imitativa, ad accentuare caratteristiche di lontana ascendenza ellenica, con la perdita però di quella misura, di quell’equilibrio, di quella proporzione che sono stati a fondamento della grande civiltà greca. Troviamo così palazzi grandiosi e sontuosi che colpiscono l’osservatore col colossale, con la grandezza metrica (impressionante ma, per lo più, teatrale), con la ricchezza dei materiali e delle decorazioni: il tempio di Zeus Olimpio ad Atene misura 107 metri di lunghezza per 41 di larghezza, con colonne alte oltre 17 metri – è molto più grande del Partenone, ma non ne possiede la solennità; l’Altare di Zeus a Pergamo (180 avanti Cristo), ricostruito a Berlino coi ruderi rimasti, mostra sul basamento un grandioso fregio eseguito a bassorilievo, lungo ben 120 metri, che rappresenta la Gigantomachia, la lotta dei giganti contro gli dèi.

Bassorilievo dell'Altare di Zeus a Pergamo

Dettaglio del bassorilievo dell'Altare di Zeus a Pergamo, Pergamonmuseum, Berlino (Germania)

Nell’Ellenismo sono invece importanti gli studi di critica letteraria, di grammatica e di storia. Con l’immenso materiale messo a disposizione dalle bibloteche di Alessandria e di Pergamo, i bibliotecari possono addirittura fondare delle nuove scienze: la filologia (studio della lingua), la critica letteraria, la storiografia (studio degli scritti storici), di capitale importanza anche ai nostri giorni. Né possiamo dimenticare il teatro, che ha in Menandro il massimo rappresentante nel genere della commedia.

Certo l’Ellenismo è un periodo di crisi. Caduta la pòlis, perduta l’indipendenza della Grecia, tramontata la fede nei grandi valori etici, ci si rivolge sempre più al passato. Come in tutte le società in rapida trasformazione – si pensi alla nostra –, si riesce con difficoltà ad essere interpreti di un presente nel quale non si crede e si cerca di trovare nel passato quelle idee che non si riesce a trovare in se stessi. Nasce di conseguenza anche il collezionismo e quindi lo studio dell’antichità attraverso la raccolta e l’esame delle opere classiche o, in mancanza di esse, delle loro copie. Con l’Ellenismo si ha perciò il primo apparire del «classicismo», quel fenomeno culturale che tornerà più volte nel corso della storia e che consiste nel rifarsi ad opere dell’età classica che, per la loro perfezione, appaiono come modelli (nota che con i termini «classico» e «classicità» si fa riferimento a ciò che è stato creato fra il V e il IV secolo avanti Cristo; con i termini «classicista» e «classicismo» si fa invece riferimento a ciò che, in qualche modo, deriva da quel periodo).

Più che ad Atene, che ha ormai perso definitivamente la funzione di città-guida, assumono un ruolo di primo piano tutte quelle città che diventano le capitali dei Regni Ellenistici: Pella, Antiochia ed Alessandria (decentrate rispetto sia all’entroterra del Paese, sia al complesso mediterraneo), oltre ad altri centri come Pergamo, Magnesia e Smirne. Pergamo, Antiochia ed Alessandria hanno vie ampie e diritte, fiancheggiate da grandi palazzi marmorei e da loggiati, e poi fori, teatri, biblioteche, ippodromi, scuole, accademie; i grandi della Grecia vi possono trovare ospitalità, scuole dove insegnare, biblioteche dove studiare. La loro popolazione, di origine greca, le modella con l’aspetto vivace ed elegante delle città greche, e ne fa dei centri di cultura; in condizioni di inferiorità rispetto ai Greci stanno i «barbari», cioè la popolazione indigena, parte come schiavi, parte come liberi lavoratori, privi però di ogni diritto politico. Antiochia ed Alessandria raggiungono, nel periodo ellemistico, i 300.000 abitanti.

In bilico tra l’Europa e l’Asia, gli Antigonidi che reggono la Macedonia ereditano le divisioni del territorio greco. La battaglia di Corupedio del 281 avanti Cristo pone fine alle ambizioni asiatiche della Grecia continentale e lascia soli a confrontarsi i Seleucidi (Siria) e i Lagidi (Egitto), che si logoreranno in una serie di sei «guerre siriache», terminate con l’intervento dei Romani. L’appello rivolto a Pirro, Re dell’Epiro, da parte dei Tarantini contro Roma, poi dai Siracusani contro Cartagine, scatena una serie di reazioni a catena in cui ben presto i Greci non giocheranno che un ruolo marginale; infine la battaglia di Pidna (168 avanti Cristo) elimina la Macedonia dalla scena politica, proprio quando i due bacini del Mediterraneo entrano per la prima volta a far parte di una storia comune, arbitrata da Roma. La Macedonia tornerà così ad essere una terra povera, politicamente e culturalmente ininfluente nel lungo scivolare della Storia, esattamente com’era prima di Alessandro.

I Seleucidi possiedono il complesso continentale più esteso: 4.000 chilometri dal Mare Egeo all’Afghanistan. Malgrado l’energia di Antioco I, di Antioco III e di Antioco IV (III e II secolo avanti Cristo), la loro storia è quella di una progressiva polverizzazione: a partire dal 240 avanti Cristo una larga frangia viene persa al Nord (Bitinia, Galazia, Cappadocia, Armenia, Media Atropatene), all’Est (Partia, Battriana) e all’Ovest (Pergamo, possedimenti lagidi), dove sorgono Regni indipendenti. Al Sud i territori della Cilicia e della Siria, conquistati infine nel 200 avanti Cristo con la vittoriosa battaglia di Panion, verranno amputati fin dal 143 da uno stato ebraico indipendente, sotto la dinastia degli Asmonei. La Monarchia Seleucide finirà nel 63 avanti Cristo, con la conquista da parte del Romano Pompeo.

A partire dal III secolo avanti Cristo diventa sempre più importante Pergamo, che conosce una straordinaria fioritura sotto gli Attàlidi, soprattutto dopo le vittorie di Attalo I e di Eumene II sui Galati, tribù celtiche venute dall’Europa che depredarono le regioni centrali dell’Asia Minore e le città della costa prima di essere sconfitti. I Sovrani di Pergamo si circondano di artisti di varie provenienze e, ad imitazione di quella di Atene, l’Acropoli della città asiatica si orna di splendidi edifici su vaste terrazze ed ampie gradinate. Statue di bronzo – di cui, perduti gli originali, rimangono delle copie – celebrano le vittorie sui Galati, ritratti come barbari ma considerati degni di rispetto per la cosciente accettazione della sconfitta e della morte.

Galata morente

Galata morente, seconda metà del II secolo avanti Cristo, Musei Capitolini, Roma (Italia)

I Lagidi dispongono della base territoriale più omogenea, l’Egitto (e Cipro). Sfruttando i propri possedimenti dinastici al servizio della supremazia marittima, Tolomeo II e Tolomeo III (III secolo avanti Cristo) sono i soli a creare un’economia di dimensioni imperiali. Essi dispongono di una nuova capitale, Alessandria (fondata da Alessandro nel 331 avanti Cristo), che, punto di incontro di tre continenti, diviene uno dei centri più importanti dell’Ellenismo: costruita secondo norme urbanistiche razionali, accresciuta via via con nuovi edifici, sede di un museo, della più celebre biblioteca dell’antichità (che pare ospitasse centinaia di migliaia di rotoli di papiro), del Faro sull’omonima isoletta (era alto 120 metri e la luce era ottenuta accendendo, sulla sua cima, grandi falò) e di uno dei porti più frequentati del Mediterraneo, la città conosce, accanto ad una fervida attività commerciale, una straordinaria fioritura culturale, di tale rilevanza che con la parola «alessandrinismo» si è indicato per molto tempo tutto il periodo ellenistico. La poesia e le arti figurative alessandrine sono spesso bucoliche, con temi tratti dalla vita dei campi, ma idealizzata (anticipando di vari secoli il movimento dell’Arcadia e le liriche del Parini): il lavoro dei contadini non mostra la fatica degli uomini, ma appare un’evasione dalla vita cittadina. Accanto ai soggetti campestri, troviamo rappresentazioni estremamente variate, dai tipi negroidi ai deformi di ogni genere: è una ricerca, anch’essa tipica delle società evolute in crisi, del nuovo, del desueto, del grottesco. Vi sono anche figurazioni inerenti alla vita sul Nilo, così come statue che impersonano il fiume stesso, dandogli l’aspetto di un anziano barbuto circondato da tanti bambini che simboleggiano l’altezza raggiunta dalle sue piene.

(ottobre 2017)

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