Lineamenti di storia della Grecia arcaica
Dalla nascita delle città-stato alla colonizzazione del Mediterraneo

Il periodo della storia greca che va dall’VIII al VI secolo avanti Cristo, ovvero dalla nascita delle città-stato alle guerre contro i Persiani, viene comunemente definito «età arcaica». Il termine è stato scelto da Erodoto e Tucidide, nel V secolo, per definire ciò che è antico rispetto a loro; oggi si considera l’età arcaica come il periodo di preparazione che conduce al momento culminante di tutta la civiltà greca, l’età classica, per poi brillare brevemente e spegnersi nell’ellenismo.

Bisogna tener presente che per «classico» s’intende tradizionalmente ciò che è perfetto, armonico, organico: in latino «classicus» deriva da «classis», cioè «classe» o anche «flotta», ossia un organismo compiuto, dove tutto è coordinato ed indirizzato ad un fine unitario, dove ogni singolo componente è indispensabile non di per sé, ma in funzione del complesso di cui fa parte.

È vero che il periodo coincidente con la cosiddetta «età classica» ha prodotto un numero considerevole di capolavori ed ha conosciuto la fioritura di una cultura che rimane tra le massime dell’umanità. È anche vero, però, che tutto ciò è espressione di una particolare società, con le sue peculiari esigenze: ogni periodo storico ha una propria civiltà, che sarebbe spesso ingiusto definirla inferiore o superiore a quella di un altro periodo. Oltretutto, la divisione fra periodo arcaico e periodo classico è ardua, sia perché il passaggio è molto più graduato, sia perché tra le varie epoche esiste una continuità storica[1] che rende ogni momento conseguenza logica di quello precedente.

D’altra parte, per chiarezza espositiva, è necessario adottare delle divisioni, pur tenendo conto della loro arbitrarietà.

Nel corso del tempo che va dall’VIII al VI secolo avanti Cristo, si vengono via via definendo i limiti geografici, l’universo mentale, le strutture politiche di quella che i Greci chiamano l’«oikoumene» (la «terra abitata»). La Grecia non è un’entità politicamente e amministrativamente unita, come una nazione moderna, ma una serie di stati, parecchie centinaia (molti dei quali sono per noi solo dei nomi), ciascuno corrispondente ad una «polis», cioè una città, un centro più o meno urbanizzato che rappresenta la sede delle istituzioni comuni e che ha attorno a sé un territorio rurale dotato di villaggi, una regione che può avere un’estensione grande (come Sparta o Atene) o anche piccola (come Tebe, Corinto e le varie isole); ogni «polis» è indipendente, con istituzioni proprie, in frequente conflitto con le altre. Per questo si parla di città-stato. La maggior parte di queste ha meno di 10.000 abitanti; solo Atene supera i 100.000.

Ci sono però anche vaste regioni del mondo greco che non conoscono l’organizzazione in città-stato: in tal caso, l’unità politica è rappresentata dal popolo («ethnos»), come per i Tessalici o i Locresi.

Non è possibile individuare un atto di nascita delle città-stato: le si individua solo quando già funzionano, quando entrano nella storia (a partire dalla fine del IX e nell’VIII secolo avanti Cristo), visto che le regioni del mondo greco non seguono uno sviluppo simultaneo.

Una «polis» è un gruppo di uomini liberi che si autogovernano; per questo i Greci designano sempre le loro città-stato con il nome collettivo degli abitanti: gli Ateniesi, i Megaresi. Vi fanno parte gruppi sociali diversi, alcuni di liberi ed altri di schiavi. Tra gli uomini liberi, una distinzione fondamentale è quella tra cittadini e non-cittadini; l’evoluzione interna di ogni «polis» permette di precisare i contorni di ciascuna categoria e, secondo i casi, di allargare o restringere l’accesso alla cittadinanza, cioè al diritto di partecipare alle assemblee, ai tribunali, alle magistrature, alla guerra e al possesso della terra. Ad Atene abitano 40.000 cittadini maschi adulti, di cui la maggior parte ha moglie e figli, ma il numero degli schiavi privi di ogni diritto è ben maggiore: 35.000 schiavi maschi lavorano nelle fattorie o nelle botteghe, 25.000 schiave sono addette ai lavori domestici e alla cura dei bambini di casa, 20.000 schiavi di miniera lavorano all’estrazione dell’argento, 10.000 bambini schiavi sono addestrati al lavoro casalingo o a qualche mestiere; in Lacònia, 12.000 Spartani governano su 84.000 «perièci» (uomini liberi ma senza diritto di voto) e su 192.000 «iloti» (schiavi).

La parte alta della città («acropoli», cioè «fortezza sulla rocca»), costruita su un colle in mezzo all’abitato, che nella civiltà micenea è al tempo stesso roccaforte e sede del Sovrano, diventa il luogo sacro, dove sono eretti gli edifici religiosi e dove si può eventualmente rifugiare, in caso di necessità bellica, per l’estrema difesa, la popolazione che abita nella parte bassa. Questa, cinta da mura, ha strade diritte che s’intersecano ad angolo retto, secondo una concezione razionale a scacchiera (già usata anche in età micenea) detta «ippodamèa» dal nome di Ippòdamo di Mileto, un architetto del V secolo avanti Cristo che ne avrebbe dato una teorizzazione sistematica.

Al centro della città c’è uno spazio aperto chiamato «agorà», che significa «raduno»: qui, infatti, si radunano i cittadini in assemblea per decidere del governo dello stato, i giudici giudicano gli accusati, gli uomini passeggiano con gli amici sotto i colonnati ombrosi; ogni anno, tutta la popolazione conviene nell’«agorà» per assistere a gare di poesia ed a giochi tenuti in onore degli dèi. Possiamo immaginare l’andirivieni degli uomini nell’«agorà», soprattutto nei giorni di mercato (sono loro a fare la spesa): un soldato porta il pesce appena acquistato nell’elmo, perché sporte non ne esistono; un uomo affida la sua capigliatura alle mani di un barbiere, mentre un altro sta acquistando dei sandali messi in mostra sul selciato; un mercante di schiavi cerca di persuadere un cliente ad acquistare due robusti schiavi di recente cattura; in un angolino ombroso e appartato, un gruppo di amici riuniti in crocchio discute di politica e degli ultimi pettegolezzi; infine, seduto con la schiena appoggiata ad una colonna, un anziano mendicante attende che qualcuno lasci scivolare una moneta nella sua ciotola appoggiata al suolo.

Il Sovrano, nell’età micenea dominatore assoluto del suo popolo, perde adesso gradualmente il proprio potere, esautorato dai nobili che riescono così a stabilire un governo di tipo aristocratico. Ma in alcune città il lavoro e i commerci costituiscono presto una ricchezza che pone il potere economico nelle mani di una nuova classe: è così che al governo aristocratico si viene sostituendo quello timocratico (basato sul censo) finché, talvolta passando attraverso forme di tirannide (governo illegale di un solo uomo), si potrà giungere all’affermazione della democrazia. Il compito di redigere i codici delle leggi è affidato ai legislatori: famosi sono Zaleuco di Locri, Caronda di Catania, Dracone e poi Solone ad Atene; le leggi scritte introducono maggiore equità nei rapporti sociali, ma tengono conto solo in casi eccezionali (come a Sparta) delle rivendicazioni, pur costanti, relative alla divisione delle terre.

La penuria di terre coltivabili e le sue conseguenze – indebitamento, schiavitù e carestie – rappresentano una delle cause del grande movimento migratorio che, a partire dal 770, si protrae fino al 540 avanti Cristo. Le coste e le isole del Mare Egeo sono state esplorate fin dal periodo neolitico da navigatori avidi di nuovi sbocchi commerciali o di aree da colonizzare; nel momento del loro massimo splendore, i Micenei hanno basi commerciali fin nell’Italia Meridionale, in Sicilia e nelle Isole Lipari e mantengono rapporti commerciali su una vasta area dell’Europa temperata, dall’Iberia e dalla Britannia Meridionale ad Occidente, fino all’Ucraina ed alla Transcaucasia ad Oriente. Ma i Greci del periodo arcaico, più dinamici, non solo raggiungono ben presto i loro predecessori, ma in breve tempo li eclissano: questo vale in modo particolare per il Ponto Eusino (il Mar Nero), in cui i Micenei hanno iniziato scarsi e sporadici rapporti commerciali, ma non hanno compiuto alcun tentativo di colonizzazione; invece fin dall’VIII secolo avanti Cristo i Greci della Ionia incominciano ad esplorare la costa settentrionale dell’Asia Minore, e in seguito stabiliscono basi commerciali a Trebisonda e a Sinope, la prima per caricare ferro, rame ed oro dalla Transcaucasia, la seconda probabilmente per il trasbordo in navi di maggiore stazza – senza dubbio è dalle avventure di questi pionieri che trae origine il mito degli Argonauti in cerca del Vello d’Oro. Durante il secolo successivo l’esplorazione si estende alle coste occidentali e settentrionali, dove i prodotti di maggiore interesse sono il pesce, il sale, il miele: il pesce abbonda nei grandi fiumi della Russia Meridionale, nel Bosforo e nel Mar d’Azov, e viene posto in commercio o secco o conservato in grandi recipienti di creta; il sale può essere ricavato con grande facilità ed abbondanza nelle saline dei grandi estuari; infine, il miele e la cera delle regioni del Mar Nero sono famosi per la loro abbondanza anche nella Russia del Medioevo, e già Erodoto ci parla dell’importanza che ha assunto ai suoi tempi il commercio di questi prodotti. Ma oltre ad essere una delle principali fonti di derrate alimentari e di metalli, il Ponto Eusino offre larghe possibilità di stanziamento, e numerose colonie sorgono nei punti più favorevoli delle sue coste. Molte fra le più ricche diverranno tributarie degli Sciti e trarranno grandi profitti dal commercio con questo popolo, come Olbia, alla foce del Bug e vicino a quella del Dnjepr, Pantikapaion, sulla costa occidentale del Bosforo e Tanais, all’imbocco del Mar d’Azov.

Nel Mediterraneo i Greci trovano dei formidabili rivali nei Fenici e negli Etruschi. All’inizio devono contentarsi di fondare colonie nell’Italia Meridionale, dalla Calabria lungo la costa italica occidentale fino a Napoli, e in Sicilia. Ma quando vogliono avventurarsi più oltre sul mare aperto sono arrestati dai Fenici, che fin dall’VIII secolo avanti Cristo hanno fondato Cartagine ed altre colonie sulla costa tunisina e numerosi scali commerciali in Sicilia e in Sardegna. Solo quando le città costiere fenice del Libano e della Siria si trovano incalzate dalla minacciosa pressione dell’Impero Assiro, i Greci possono estendere la loro influenza fino all’Egitto e a Cirene, e più oltre ancora fino al Mediterraneo Occidentale, dove fondano Marsiglia intorno al 600 avanti Cristo ed Emporion (Ampurias), sull’attuale costa catalana, verso il 550. Da Marsiglia i mercanti greci giungono fino alle più remore regioni d’Europa e verso la metà del VI secolo si avventurano oltre lo stretto di Gibilterra fino a Tartessos, l’odierna Cadice, probabilmente per acquistarvi lo stagno delle Asturie. Ma ancora una volta l’espansione greca deve risentire gli effetti di avvenimenti svoltisi ben lontano, all’estremità orientale del mondo mediterraneo: la distruzione delle città ioniche ad opera dei Persiani indebolisce la potenza greca, e i Cartaginesi divengono abbastanza forti da chiudere lo stretto di Gibilterra. Di conseguenza, la ricerca greca di stagno viene deviata verso i giacimenti del Morbihan e della Cornovaglia, che si raggiungono attraverso le gole di Carcassonne, il fiume Garonna e il golfo di Biscaglia, dove c’è uno scalo greco di raccolta a Corbillo, presso la foce della Loira.

La colonizzazione greca, che crea nuove città in tutto il bacino del Mediterraneo acquisendo terre a spese delle popolazioni indigene, non risolve i problemi interni delle città greche del continente, ma a volte li attenua e dà origine ad una corrente di scambi che tende ad unificare una buona parte del mondo mediterraneo, dalla Spagna alla Crimea.

La Grecia, differenziata dalle diverse origini etniche, divisa in varie città-stato spesso ostili fra loro, eppure sostanzialmente unitaria, è destinata a dar vita ad una civiltà fra le più alte che l’umanità abbia mai conosciuto.


Nota

1 Questo vale in senso assoluto: per esempio, la civiltà micenea, distrutta nel Peloponneso, conserva una continuità sostanziale nell’Attica, nella Beozia, nella Ionia; e non è certo una semplice coincidenza che proprio in queste ultime regioni abbiano avuto origine sia la poesia greca, arcaica e classica, sia i grandi generi che la letteratura europea dovrà imitare ed elaborare per tanti secoli. Questa stessa continuità spiega perché la mitologia greca, coi suoi dèi abitanti sull’Olimpo sotto il comando di Zeus, riveli una concezione spiccatamente micenea, mentre il tempio greco discende direttamente dal «mégaron» dei palazzi micenei. Ed ancora, le influenze orientali che presiedono alla nascita della civiltà greca classica saranno trasmesse attraverso territori come Rodi e Cipro, dove la civiltà micenea rimane al riparo dai turbamenti esterni.

(dicembre 2016)

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