Sparta, «una grande caserma»
Una città di cittadini-soldato, praticamente schiavi di se stessi

La storia della Grecia antica (e di gran parte di quella moderna) è fondamentalmente una storia di lotta per la libertà: tanta parte della letteratura greca è dedicata a questo tema... anzi, si potrebbe dire che l’anelito più alto dei Greci è quello della libertà!

Può quindi stupire la presenza, in Grecia, di una città e – addirittura – di una intera popolazione in controtendenza: quella di Sparta e degli Spartani.

La storia di Sparta inizia come quella delle altre città greche: anch’essa, nei primi tempi, era governata da Re. Il più famoso è certamente Menelao, vissuto nel XII secolo avanti Cristo, di cui si hanno scarne e leggendarie notizie nell’Iliade di Omero: secondo quanto egli ci narra, i Re Spartani detenevano un potere assoluto sui loro sudditi.

L’invasione dei Dori, provenienti dalla Tessaglia, fu decisiva per il futuro di Sparta. Popolo di rozzi guerrieri, i Dori diedero alla città – nata dall’unione dei villaggi di Limnai, Mesoa, Cinosura e Pitana nella valle dell’Eurota – un ordinamento politico fondato sulla forza militare e sulla ferrea disciplina dei cittadini, e un tale tipo di ordinamento dall’XI secolo avanti Cristo rimase in vigore per sempre. Un’altra innovazione fu quella di far governare la città contemporaneamente da due Re, ed anche questa forma di governo, detta «diarchia» (dai vocaboli greci «duo», cioè «due», e «archè», ossia «governo»), non venne più abolita.

La prima preoccupazione dei Dori fu quella di assicurare per sé i poteri direttivi dello stato: a questo scopo privarono gli antichi abitanti di Sparta e dei dintorni di ogni diritto politico. Nel X secolo avanti Cristo, la popolazione di Sparta risultava così divisa in tre classi sociali ben definite:

1) gli Spartiati. Erano costoro i discendenti dei Dori conquistatori; si chiamarono così perché vivevano tutti – circa 9.000 persone – nella città di Sparta. Erano gli unici cittadini a possedere i diritti politici e, quindi, a poter essere eletti alle cariche pubbliche. A loro apparteneva quasi tutta la campagna attorno alla città di Sparta, che facevano coltivare dagli schiavi;

2) i Perieci, dal greco «perì» («attorno») e «oikéo» («abito»). Erano coloro che abitavano i dintorni di Sparta, discendenti delle popolazioni che si erano arrese ai Dori senza combattere. Come ricompensa, godevano dei diritti civili (potevano quindi esercitare il commercio, l’industria e via dicendo), ma non erano ammessi ad alcuna carica pubblica. Avevano l’obbligo del servizio militare ed in guerra costituivano dei corpi ausiliari;

3) gli Iloti (da Helos, il villaggio che per primo ebbe i suoi abitanti ridotti in schiavitù dai Dori). Erano i discendenti delle popolazioni che si erano sottomesse ai Dori solo dopo una strenua difesa. Per questo erano stati resi schiavi e, come tali, privati di ogni diritto: venivano obbligati a lavorare le terre degli Spartiati, a cui dovevano consegnare metà del raccolto, e a prestare il servizio militare. Per scoraggiare tentativi di ribellione, gli Spartiati li trattavano con estrema crudeltà, li facevano sorvegliare da reparti segreti e reprimevano con pene atroci ogni loro disobbedienza; ogni anno dichiaravano loro simbolicamente guerra. Gli Iloti costituivano la stragrande maggioranza della popolazione, che versava quindi in condizioni di vita miserrime.

Era naturale che un simile ordinamento sociale dovesse creare un grande malcontento tra i Perieci e, soprattutto, tra gli Iloti. Fu così che, nel IX e nel V secolo avanti Cristo, sia gli uni che gli altri organizzarono delle sommosse: la più famosa è quella degli Iloti che avvenne dopo il terremoto del 464 avanti Cristo.

La tradizione vuole che sia stato Licurgo (figlio di un Re Spartano ucciso durante una sommossa), intorno al 700 avanti Cristo, a prendere provvedimenti per impedire lo scoppio continuo di ribellioni che indebolivano Sparta. Ma, mentre ad Atene le sommosse popolari avevano spinto il saggio Solone a dare alla città un Governo democratico che diminuisse i privilegi dell’aristocrazia, Licurgo oppresse il popolo con leggi maggiormente severe di quelle in vigore e provvide ad aumentare ancor più l’autorità degli Spartiati. Si racconta che ad un cittadino, che gli aveva chiesto perché non istituisse a Sparta un regime democratico, abbia risposto: «Amico mio, provati a formarne uno nella tua famiglia e vedrai». Ciò mostra che per lui, fermamente convinto che il popolo debba soltanto obbedire, la democrazia equivaleva a disordine e indisciplina.

In base alla Costituzione antidemocratica di Licurgo, destinata a governare per sempre la politica di Sparta, a capo dello stato rimanevano i due Re. In realtà, però, il Governo effettivo era nelle mani dei geronti, ventotto anziani cittadini appartenenti alle più illustri famiglie degli Spartiati ed eletti a vita: erano essi che formulavano le leggi, dichiaravano la guerra, giudicavano nelle cause criminali, e via dicendo. Vi era anche un’Assemblea popolare, formata dagli Spartiati di oltre trent’anni, ma il suo voto era una pura formalità. Con la Costituzione di Licurgo, Sparta si trovò ad avere un Governo oligarchico, cioè retto da pochi, e aristocratico, ossia formato di soli nobili. Alla sua morte fu costituito un collegio di cinque efori («ispettori»), che venivano scelti anch’essi tra i nobili della città e duravano in carica un anno: dal V secolo avanti Cristo, gli efori riuscirono praticamente a dirigere l’intera politica di Sparta.

Licurgo aveva compreso che gli Spartiati, per far fronte alle inevitabili rivolte di Perieci e Iloti, avevano un solo modo: quello di mantenersi costantemente sul piede di guerra. A questo scopo dettò dei severi ordinamenti militari, ed una rigida educazione a cui si dovevano sottoporre tutti i giovani di Sparta: a sette anni il bambino spartano lasciava la madre e andava a vivere in un campo militare sulle montagne; qui, scalzo e coperto in ogni stagione solo da una tunica leggera, si esercitava, si addestrava in battaglie simulate e imparava le leggi dello stato. Una volta cresciuto, seguitava a vivere in caserma, e faceva visite a sua moglie solo segretamente; doveva passare tutta la sua vita ad addestrarsi militarmente: non poteva pranzare a casa sua ma ogni giorno, dopo gli esercizi militari, si riuniva all’aperto, in gruppi di quindici, per mangiare la «zuppa nera», costituita di carne e sangue di maiale conditi con aceto e sale. Per due anni, poi, faceva parte della polizia segreta incaricata di scoprire ed uccidere gli Iloti turbolenti. Anche la ragazza spartana doveva sottoporsi ad un duro esercizio fisico, per poter partorire bambini robusti.

Dopo le leggi di Licurgo, gli Spartiati non ebbero altra occupazione che quella di dedicarsi all’esercizio delle armi – cosa possibile in quanto ogni lavoro era svolto dai Perieci e dagli Iloti. Gli Spartiati disprezzavano le comodità, i cibi raffinati, le vesti morbide, le chiacchiere e le nuove idee; divennero dei guerrieri assai valorosi e finirono per costituire l’esercito più potente di tutta la Grecia: Sparta fu considerata «una grande caserma»... unico appellativo che si possa dare a quella città greca, nella quale ogni cittadino doveva essere innanzitutto un soldato.

Questo mostra che agli Spartani mancò sempre una delle più grandi aspirazioni dell’uomo: la libertà. Escluso il ristretto gruppo dei governanti, né agli Spartiati, né tanto meno ai Perieci ed agli Iloti era possibile far valere le proprie idee. Ed è questa una delle ragioni per cui la cultura e le arti, che sono una libera manifestazione dello spirito umano, non poterono mai svilupparsi a Sparta ma ebbero invece un’eccezionale fioritura ad Atene, che era una libera democrazia.

(febbraio 2017)

Tag: Simone Valtorta, Sparta, Grecia antica, Menelao, Iliade, Omero, Dori, Spartiati, Perieci, Iloti, Costituzione di Licurgo.