Baba Anujka
La buona guaritrice

La storia dell’uomo è costellata di episodi che raccontano le imprese di tante persone, uomini e donne, che hanno lasciato scie di morte dietro di loro, direttamente o indirettamente.

Fra le tante, ha fatto scalpore la strage fatta, con i suoi consigli e, soprattutto, con le sue «terapeutiche» pozioni, dalla Rumena, o ritenuta tale, Ana di Pištonja meglio nota come Baba Anujka, secondo alcuni nata nel 1838, ma secondo lei due anni prima, nella famiglia di un benestante mercante di bestiame. La famiglia, una decina di anni dopo, si trasferì a Valdimirovac in Serbia.

Come appartenente a una famiglia ricca, frequentò la scuola privata riservata ai rampolli dell’alta borghesia nella città serba di Pančevo.

All’età di vent’anni, si innamorò di un ufficiale austriaco che, prima di abbandonarla, le regalò la sifilide. Il cuore fu spezzato e la sua vita fu completamente assorbita dallo studio, suddiviso fra l’apprendimento di lingue (ne imparò cinque) e l’approfondimento degli studi di medicina e chimica, diventando, seppure dilettante, una brava chimica. Nel frattempo sposò un Pištonja, ricco possidente terriero, dal quale ebbe 11 figli, di cui 10 morirono ancora adolescenti. Il marito, che era molto più anziano di lei, morì dopo vent’anni di matrimonio.

Per lenire il dolore causato dalla sua dipartita, non solo si dedicò assiduamente ai suoi studi, ma attivò un laboratorio, sfruttando una parte della sua casa. Si era agli sgoccioli del XIX secolo, quando Baba Anujka iniziò a fornire alla gente, soprattutto alle mogli dei contadini, che avevano problemi di salute, i prodotti ricavati dalle erbe medicinali, di cui era esperta. Esse furono veramente contente dei suoi medicinali, tanto che il guadagno era sostanzioso e così poteva condurre una vita da ricca signora. Attorno agli anni Venti, un grande aiuto le venne da una certa Ljubina Milankov, che convinceva le donne ad andare da lei, perché sicuramente sarebbe stata in grado di affrontare e risolvere i loro problemi.

I suoi prodotti spesso erano in contrasto con la legge, come quando forniva ai renitenti alla leva (cioè a coloro che volevano evitare di prestare il servizio militare obbligatorio) bevande medicinali, che li facevano ammalare di quel tanto che bastava per essere scartati.

Soprattutto, però, divenne molto apprezzata come preparatrice di «pozioni d’amore» o di «acqua magica» (com’erano definite), che funzionavano per il meglio. Eh sì, funzionano proprio per il meglio, giacché di miscele tossiche si trattava, che davano risultati soddisfacenti. Erano destinate particolarmente alle mogli che avevano problemi di convivenza con i coniugi, soprattutto quando erano violenti, e che desideravano ardentemente liberarsi di loro. Le difficoltà si incontravano quando si doveva scegliere la maniera affinché essi le bevessero; se si superava questa prova, il risultato era garantito: il marito si toglieva dai piedi nel giro di una o due settimane.

La ricetta usata da Baba Anujka era semplice: le sue pozioni d’amore contenevano minime quantità di arsenico, mescolate con altri ingredienti provenienti da piante che solamente lei sapeva quali fossero. Quando una moglie le si rivolgeva per risolvere il suo «problema», l’unico dettaglio che la guaritrice desiderava fosse chiaro era la necessità di conoscere quanto fosse «pesante» quel problema, e da ciò stabiliva le dosi del «rimedio».

I decessi riguardavano di solito uomini giovani e in salute che all’improvviso stavano male e morivano fra atroci spasimi nel giro di poco tempo. E la serie di morti era lunghissima e si allungava: non si è mai riusciti a sapere se siano stati 50, 150 o chissà quanti.

Nel 1924, dopo una lunga serie di morti verificatesi allo stesso modo, Stama Momirov, cliente di Baba Anujka, la contattò per sistemare il marito Lazar Ludoški, fatto che avvenne regolarmente.

Poi, essa sposò un altro uomo dello stesso villaggio e in pochi mesi scomparve pure lo zio del nuovo marito. Se un caso può sollevare sospetto, due casi analoghi non sono più casi, ma realtà. Così, la polizia interrogò Stana, che fece il nome di Anujka, ma gli indizi non sembrarono sufficienti per procedere e, di conseguenza, non si fece nulla. E Baba Anujka continuò imperterrita a compiere la sua opera.

Nel 1926, dopo aver sentito parlare bene della guaritrice da parte di una certa Danica Stojić, Sima Momirov e la moglie Sofija la contattarono, perché erano stanchi di avere a che fare con il settantenne padre di lui, Nikola, un alcolista violento, che maltrattava tutti, nipoti compresi. Avuto il rimedio, Sofija diede l’incarico alla figlia sedicenne Olga Sturza di farlo bere al nonno; questa ci riuscì e il vecchio, dopo un paio di settimane, smise di tiranneggiare i familiari. A quel punto, la polizia volle vederci chiaro e, al fine di conoscere finalmente le cause delle due morti, l’arrestò, insieme con le persone che direttamente o indirettamente erano protagoniste del caso, vale a dire la sua aiutante Ljubina Milankov, i coniugi Stana e Sofija Momirov, la loro figlia Olga e Danica Stojić, che aveva fatto da intermediaria fra i due e la maga. Erano tutti accusati degli assassinii di Nikola Momirov e Lazar Ludoški.

Il processo fu istruito nel giugno 1928 presso il tribunale distrettuale di Pancevo. L’Università di Belgrado, incaricata di individuare le cause delle morti sospette, dopo le analisi autoptiche sui corpi delle vittime fatti esumare dalla polizia, dimostrò che le morti non erano state naturali, avendo trovato tracce di arsenico, e comunicò i risultati il 1° luglio.

Gli imputati si difesero, come poterono. Anujka si difese affermando di non aver mai venduta acqua magica e che si trattava di una macchinazione messa in atto da Ljubina Milankov per salvare se stessa. Secondo la coppia Morinov, la pozione fornita da Baba Anujka non conteneva veleno, ma era un’acqua che aveva delle proprietà particolari e soprannaturali che causavano la morte; insomma, per loro non si trattava di avvelenamento, bensì di magia. Il parere di Stana era che la mistura fosse curativa.

Secondo il Pubblico Ministero, tutti gli imputati erano colpevoli e meritevoli di condanna a morte, con l’esclusione di Olga, perché quando si erano verificati i due omicidi era minorenne. Il verdetto, comunque, fu il seguente: la novantenne Anujka fu condannata a 15 anni di lavori forzati, Sofija e Stana Momirov all’ergastolo, Sima Momirov a 15 anni, Ljubina Milankov a 8 anni, mentre Olga Sturza e Danica Stojić furono assolte.

Come capita spesso in questi casi, né il Pubblico Ministero né gli imputati furono soddisfatti del verdetto, per cui si andò al processo d’appello, istruito presso la Corte d’appello di Novi Sade alla fine del novembre del 1929. Ancora una volta, il Pubblico Ministero chiese la condanna a morte, escludendo Olga da condannare a una pena detentiva. Non lo accontentarono, ma alcune condanne furono aggravate. Pertanto, il verdetto definitivo fu il seguente: confermati i 15 anni per Baba Anujka e gli ergastoli per Stana e Sofija; i 15 anni di Sima si trasformarono in ergastolo, mentre gli 8 anni di Ljubina Milankov divennero 10; fu confermata l’assoluzione per Olga e la Stojić.

Anujla scontò 8 anni della pena, prima di essere liberata per vecchiaia, e poi morì centenaria dopo due anni dalla sua liberazione.

Certo che da 50 a 150 omicidi, mai accertarti ma attribuiti, hanno messo Anujka in una posizione di prestigio nella cerchia degli «assassini seriali», e non è poco!

(novembre 2021)

Tag: Mario Zaniboni, Baba Anujka, Ana di Pištonja, Valdimirovac, Serbia, Pančevo, sifilide, Pištonja, Ljubina Milankov, pozioni d’amore, acqua magica, arsenico, Stama Momirov, Lazar Ludoški, Danica Stojić, Sima Momirov, Olga Sturza, Sofija Momirov, Nikola Momirov, Università di Belgrado, novembre del 1929, assassini seriali.