La rivoluzione bolscevica in Europa nel periodo fra le due guerre
Un forte senso di disciplina e di speranze fideistiche caratterizzava gli uomini dell’estrema Sinistra che pensavano ad una rivoluzione totale e che portarono il nostro continente verso la guerra civile

«La lotta per il socialismo è la più integrale guerra civile che la storia mondiale abbia mai visto. La rivoluzione proletaria deve prepararne gli strumenti necessari e imparare a servirsene, per combattere e vincere» (Rosa Luxemburg).

La Rivoluzione d’Ottobre esercitò un notevole fascino fra le classi subalterne d’Europa, e spinse le organizzazioni operaie ad una azione di forza ispirata agli eventi russi con il sostegno aperto di quel governo. Per un certo periodo i capi bolscevichi pensarono di realizzare una rivoluzione in tutto il nostro continente sul modello di Napoleone, combinando la potenza dell’esercito con le insurrezioni operaie nei singoli Paesi Europei. Nel periodo in cui l’Armata Rossa aveva invaso la Polonia, Stalin scrisse che «bisognava porre la questione dell’organizzazione dell’insurrezione in Italia e negli Stati non ancora consolidatisi come l’Ungheria e la Cecoslovacchia (la Romania dovrà essere sbaragliata)». Il grande progetto tuttavia presentò maggiori difficoltà del previsto, data la situazione sociale più evoluta in quei Paesi.

Nel gennaio 1918, il governo di Mosca appena insediato, diede sostegno ad un’insurrezione comunista in Finlandia che venne repressa dal grande generale Mannerheim con il sostegno delle truppe tedesche presenti nel Paese. Nello stesso anno, la Russia cercò di riprendere possesso delle province dell’ex-Impero Zarista che si erano proclamate indipendenti. Nelle settimane successive alla fine della Grande Guerra, Mosca invase con il sostegno in Lettonia di comunisti locali, i Paesi Baltici, che sostenuti da truppe dell’Intesa, poterono resistere all’occupazione. Diversamente l’Ucraina che aveva anch’essa proclamata la sua indipendenza, venne sopraffatta dopo la sconfitta delle Armate Bianche nonostante la sua richiesta d’aiuto ai vicini polacchi. Sorte analoga ebbe la Bielorussia e le regioni del Caucaso, dove si era formato un governo menscevico in Georgia, e nelle lontane regioni asiatiche. La politica espansionistica sovietica proseguì anche successivamente, rivendicando la Bessarabia e la Carelia, e nel 1920 inviando le truppe in Polonia. L’Armata Rossa arrivò alle porte di Varsavia, ma diversamente dalle aspettative gli operai polacchi non diedero il loro sostegno, e presto dovette ritirarsi.

L’avanzata del comunismo non si limitava alla sola Europa Orientale, ma trovò un terreno fertile anche nell’Europa Occidentale. Disoccupazione e calo dei redditi dei lavoratori a causa dell’inflazione, spinsero le fazioni estremiste della Sinistra a prendere il sopravvento, nonostante che in anni passati i principali partiti socialisti avessero scelto la via legalitaria. Molti governi concessero nel 1919 la giornata lavorativa di otto ore, e presero altre iniziative a favore dei lavoratori, ma ciò non fermò l’ondata di irrazionale estremismo che interessava il movimento operaio. Tale politica trovò un forte sostegno da parte dell’Unione Sovietica, che come scrisse Angelica Balabanoff non faceva mancare generosi finanziamenti ai gruppi più intransigenti, e ricorreva a campagne di denigrazione contro i socialisti moderati.

Interessante ciò che scrisse al riguardo il futuro presidente americano Hoover: «Il bolscevismo avanza continuamente verso Occidente, avvelenando la Germania. Non può essere fermato con la forza, ma può essere fermato dal cibo». Tale opinione trovava riscontro anche in molti esponenti politici europei, l’Italiano Turati scrisse che il mito bolscevico e la politica del «tanto peggio tanto meglio» avevano prodotto la degenerazione della vita politica e favorito l’ascesa del fascismo.

Mentre le opinioni pubbliche assistevano ai terribili eventi in Russia, la Germania precipitava nel caos a causa della disfatta, della fuga del governo imperiale e delle difficoltà di approvvigionamento alimentare. Nel gennaio del 1919 si aveva il primo tentativo insurrezionale spartachista contro il governo socialdemocratico che si era appena costituito. I comunisti decisero di boicottare le elezioni per l’Assemblea Costituente e confidando sul sostegno di alcuni reparti militari (prevalentemente della marina, come nella Rivoluzione d’Ottobre) occuparono Berlino, ma l’intervento dei Freikorps, reparti di volontari dell’esercito, dopo pesanti scontri riportò l’ordine. Altri tentativi insurrezionali si ebbero nei mesi successivi in varie città. L’episodio principale si ebbe a Monaco con un governo dei Soviet durato alcune settimane, durante il quale vennero istituiti i tribunali rivoluzionari e si fece ricorso alla cattura di ostaggi. L’estremismo del KPD, il neonato partito comunista tedesco, si spingeva a considerare i socialisti come «il nemico principale» e ad organizzare forti gruppi paramilitari nel Paese. Interessante anche quanto scritto da Rosa Luxemburg nel 1918: «Occorrerà spazzare via questa opposizione [borghese], passo dopo passo, con pugno di ferro e spietata energia… Quando i milioni di teste che compongono la massa operaia afferreranno nel loro calloso pugno tutti i poteri dello Stato – così come il dio Thor il suo martello – per scagliarli sul capo delle classi dominanti, solo allora ci sarà democrazia e non inganno». Nel 1921 si ebbe un nuovo strano tentativo insurrezionale comunista realizzato su ordine di Mosca (che inviò a tal fine il leader ungherese Bela Kun) nonostante che importanti esponenti del partito si fossero dichiarati contrari. Nel 1923 un altro Ungherese, Rakosy, su iniziativa di Mosca guidò un tentativo insurrezionale che non ebbe esito positivo a causa della defezione dei socialdemocratici di Sinistra. Nel corso dell’azione, i gruppi armati comunisti assalirono i posti di polizia di Amburgo, ma dopo una giornata di scontri l’esercito riprese il controllo della città.

Avvenimenti analoghi a quelli della Germania si ebbero in Ungheria, impegnata a tutelare la propria integrità dalle dure pretese dei Paesi vicini. Il Paese si orientò verso l’Unione Sovietica appunto per contrastare le pretese della vicina Romania. Nell’aprile del 1919 si formò un governo dei Soviet non in seguito ad una rivoluzione, ma su semplice richiesta degli altri partiti che intendevano ottenere l’aiuto sovietico. Il nuovo regime formato essenzialmente da ex-prigionieri di guerra provenienti dalla Russia che si erano convertiti al comunismo, scatenò una forma di terrore contro «borghesi» ed esponenti politici moderati. Tale governo tuttavia non incontrò il sostegno dei contadini, contrari alla collettivizzazione imposta dal nuovo regime, e presto entrò in crisi. La sua caduta, avvenuta nel novembre per intervento dell’esercito rumeno, fu favorita dal passaggio dell’armata di Grigor’ev in Ucraina nelle file dei «bianchi» che isolò il Paese dal blocco comunista. Nel breve periodo di potere, Kun inviò il suo esercito verso il confine austriaco e sostenne un tentativo di colpo di Stato a Vienna che ebbe come maggiore conseguenza l’incendio del palazzo del Parlamento. Anche successivamente si ebbero nel Paese austriaco disordini, causati soprattutto dal problema alimentare, mentre i socialisti massimalisti minacciavano apertamente la democrazia, e nella città di Vienna imponevano una dura imposizione fiscale. Negli anni successivi la maggioranza passò ai cristiano-sociali, tuttavia nel Paese continuavano ad operare milizie socialiste e di Destra. Nel 1927 si ebbe l’incendio del palazzo di giustizia da parte di una folla socialista che manifestava, e alcuni anni dopo, nel ’34, si ebbe una quasi guerra civile contro il governo Dolfuss organizzata sempre dai socialisti.

Nel 1919 si tenne il congresso di fondazione della Terza Internazionale. Alla riunione presero parte solo pochissimi esponenti stranieri, e i Sovietici ritagliarono per se stessi una posizione privilegiata che prevedeva l’attribuzione di un numero maggiore di seggi nell’organismo direttivo. Il documento di maggiore importanza della grande organizzazione, conosciuto come le Ventuno Condizioni, prevedeva alcuni aspetti inquietanti: creazione di una struttura clandestina armata da affiancare al partito ufficiale, subordinazione alla politica di Mosca, e «disciplina di ferro» all’interno dei partiti. Significativo di tale politica furono le numerose interferenze del governo sovietico nella vita politica dei partiti di Sinistra. In Italia si ebbe il tentativo di espulsione di Turati dal partito socialista italiano, e la presa di posizione di Bordiga (condivisa anche da Togliatti) su Giolitti, Sturzo e Mussolini, considerati tutti esponenti della borghesia e nemici da abbattere.

In Francia e in Gran Bretagna in controtendenza rispetto agli altri Paesi Europei, le elezioni vennero vinte dai conservatori, ma tale successo avvenne nell’euforia della vittoria, e anche in tali Paesi non mancarono pesanti scontri sociali. Tali lotte raggiunsero il culmine nell’estate del 1919 con lo sciopero contro l’invio di truppe in Russia, che portarono anche a una serie di ammutinamenti della flotta francese. In Inghilterra il numero degli scioperi superava addirittura quello di Francia e Italia. Nel 1921 nonostante che i laburisti avessero isolato le correnti più estremiste, un lungo sciopero dei minatori spinse il governo inglese a proclamare lo stato d’emergenza.

In Italia i primi mesi dopo la fine della guerra furono relativamente tranquilli, ma nella seconda metà del 1919 si ebbero proteste violente contro il carovita, e occupazioni delle terre da parte dei contadini condotte in forma altrettanto violenta. L’anno successivo si ebbe la rivolta di Ancona, alla quale presero parte anche alcuni reparti militari, conclusasi con alcune decine di morti nonostante l’atteggiamento prudente del governo. Ancora più grave fu la successiva occupazione armata delle fabbriche condotta dalle guardie rosse che presero in considerazione il progetto di realizzare una rivolta di tutto il Nord del Paese. Come scrisse lo storico Emilio Gentile, nella Valle Padana «il Partito Socialista e le leghe rosse erano giunte a esercitare un controllo quasi totale sulla vita politica ed economica, spesso adoperando metodi vessatori e intolleranti verso i ceti borghesi e talvolta verso gli stessi lavoratori». L’ondata di violenza che aveva fortemente scosso l’opinione pubblica portò all’insuccesso delle Sinistre nelle elezioni dell’anno successivo e alla nascita dello squadrismo.

Anche la Spagna, reduce da una travagliata vita politica, ebbe un periodo torbido, il cosiddetto «triennio bolscevico» (1918-1921) con agitazioni nelle campagne e atti di terrorismo nelle città. Autori delle violenze furono soprattutto gli anarchici, particolarmente forti nel Sud e in Catalogna. Tale situazione portò nel 1923 alla dittatura del generale Primo de Rivera. Nello stesso periodo i militari prendevano il potere nel vicino Portogallo per porre fine al lungo periodo di instabilità politica.

Anche nelle regioni tradizionalmente più tranquille del nostro continente non mancavano agitazioni. In Norvegia il partito comunista diede vita alla creazione di Soviet nel Paese, in Svizzera si ebbe un massiccio sciopero causato dal costo della vita. La situazione di scontro sociale si diffuse anche oltreoceano, con scioperi e violenze nella città di Seattle.

Nel 1924 la situazione politica ed economica del nostro continente andava verso una progressiva normalizzazione e anche la forza dei gruppi estremistici sembrava perdere consistenza. Nonostante tale situazione si ebbe in Estonia, dove si era affermata una solida democrazia, un nuovo tentativo insurrezionale comunista che non ebbe esito positivo a causa del mancato sostegno degli operai. Nello stesso periodo in Bulgaria i comunisti, che già avevano tentato un’insurrezione armata, si diedero al terrorismo con diverse azioni fra le quali un attentato contro il sovrano. L’anno successivo si ebbe il principale atto terrorista, una bomba posta nella cattedrale di Sofia provocò la morte di centoquaranta persone fra cui un gran numero di militari presenti ad una funzione.

Nel 1926 si ebbe un nuovo massiccio sciopero dei minatori inglesi, che destò preoccupazione per l’ordine pubblico, tuttavia anche in questo caso l’estrema Sinistra si trovò piuttosto isolata, e attraverso delle concessioni economiche l’agitazione si spense.

Gli insuccessi dell’Unione Sovietica spinsero tale governo ad appuntare le sue attenzioni sul mondo asiatico. Qui tuttavia non vi era una grande massa di operai che potesse essere mobilitata, e pertanto i partiti comunisti si orientarono verso una generica lotta anticolonialista. Sostenitore di tale politica fu Trotzky, il quale sostenne che «nel momento attuale, la via per l’India può risultare più praticabile e più breve di quella per l’Ungheria sovietica». Il nuovo governo turco di Atatürk strinse un’alleanza con l’Unione Sovietica per combattere le potenze occidentali, e insieme nel 1920 si spartirono la regione a Sud del Caucaso, comprendente la Georgia, l’Azerbaigian e l’Armenia. Nello stesso periodo il governo russo approfittando della situazione di instabilità dell’Iran, si annesse il Gilan, la regione Nord-Occidentale iraniana, anche se successivamente, quando il potere venne preso dal governo nazionalista di Reza Khan, preferì recedere. Anche negli anni successivi la politica sovietica verso quel Paese si alternava fra concessioni e minacce. Una situazione abbastanza simile si ebbe anche nel vicino Afghanistan, dove il governo sovietico si pose in competizione con quello inglese. Interessante anche la politica russa nei confronti della Cina, nel 1921 il piccolo partito comunista della Mongolia Esterna conquistò il potere con il sostegno dell’Armata Rossa e successivamente nel 1929 il governo di Mosca inviò le sue truppe in Manciuria per rivendicare i suoi diritti sulle ferrovie di quella regione risalenti al tempo dell’Impero Zarista. Per un certo periodo comunque l’Unione Sovietica cercò di mantenere con una certa doppiezza buone relazioni sia con il governo nazionalista che con il partito comunista cinese, ma nel 1926 si arrivò alla rottura e l’anno successivo si ebbe la rivolta comunista di Canton e l’insurrezione operaia, sempre guidata dal partito comunista, a Shangai, duramente repressa dai nazionalisti. Anche in Vietnam, in Birmania e in Indonesia si ebbero partiti comunisti che organizzarono rivolte. La principale fu quella vietnamita del 1930, alla quale presero parte soprattutto contadini che in alcune province costituirono dei Soviet.

La crisi del ’29, con la grande ondata di disoccupazione che si abbatté sul nostro continente, riportò l’Europa in una situazione di forte instabilità politica, tale situazione veniva aggravata ancora una volta dalla politica seguita dall’Unione Sovietica. Mentre le altre nazioni procedevano ad una politica di disarmo e di eliminazione delle tensioni internazionali, nel 1929 il grande Paese russo lanciava una politica di riarmo in grande stile.

A seguito delle tensioni createsi i movimenti estremistici ripresero forza. In tutta Europa si ebbero movimenti politici anche violenti che si ispiravano al fascismo, ovvero ad una politica autoritaria e nazionalpopolare. Così in Spagna, in Francia, in Belgio, in Ungheria e in Romania. In Germania l’enorme crescita elettorale del partito comunista e di quello nazista rese ingovernabile il Paese; mentre riprendevano gli scontri fra gruppi paramilitari nazisti e comunisti, nel luglio del 1932 un attacco di quest’ultimi ad una manifestazione dei primi portò alla morte di diciotto persone. In Francia nel 1934 si ebbero gravi disordini organizzati dall’estrema Destra. Nel 1936 una situazione di tensione politica e di scontro sociale fomentato dai comunisti portò alla dittatura, vagamente ispirata al fascismo, di Metaxas in Grecia. Nello stesso anno si aprì uno degli eventi più terribili di tutto il Novecento, la guerra civile spagnola che provocò la morte di quasi un milione di persone. L’evento era stato preceduto dalla rivolta dei minatori delle Asturie, e da disordini sociali e da violenze di cui ne fece le spese soprattutto il clero. Nell’ultima fase della lunga guerra civile i comunisti iniziarono a Barcellona le persecuzioni contro anarchici e trotzkisti.

Anche quest’ultima fase della guerra civile europea, come è stata definita dallo storico Ernst Nolte, vide numerose sconfitte della fazione comunista, ma gli estremismi con il loro carico di odio e di violenze, portarono il nostro continente vicino all’autodistruzione.

(agosto 2006)

Tag: Luciano Atticciati, rivoluzione bolscevica, bolscevichi, Rivoluzione d'Ottobre, comunismo, Lenin, 1917, 1919, guerra civile europea.