La rivolta dei cristeros, i cristiani messicani
Negli anni ’20 la politica anticlericale del Presidente Plutarco Elias Calles provocò una vasta sollevazione popolare

A partire dall’epoca tardo-illuminista si fece largo una corrente di pensiero che vedeva nella stessa credenza in Dio un ostacolo al progresso e un fattore di odio e intolleranza; portando come prova gli episodi di violenza effettuati in nome della religione, come le Crociate, l’Inquisizione o la caccia alle streghe. Eppure, se è vero che l’estremismo religioso ha prodotto nel corso dei secoli violenze e massacri, si dimentica tuttavia che anche l’estremismo antireligioso ha prodotto altrettante nefandezze. Gli esempi più conosciuti a questo proposito sono quello dei giacobini durante la Rivoluzione Francese e quello degli Stati Comunisti del Novecento; meno nota è invece la vicenda riguardante la «Guerra Cristera» in Messico.

Questo Paese fu governato dal 1876 al 1911 dal dittatore Porfirio Diaz, che venne deposto dalla rivoluzione liberale di Francisco Madero. Quest’ultimo venne però assassinato nel 1913 e si ebbe perciò un forte periodo di instabilità nella quale si assistette alla guerra tra l’esercito dei rivoluzionari Emiliano Zapata e Francisco Villa contro i costituzionalisti di Venustiano Carranza (guerra che si concluse con la vittoria di quest’ultimo). Carranza era un feroce anticlericale e le sue truppe, oltre a perseguitare il clero, si abbandonavano spesso a profanazioni di chiese e a distruzioni di immagini sacre. Il culmine della sua lotta contro la Chiesa si ebbe nel 1917 con la Costituzione di Querétaro: questo documento provvedeva infatti a secolarizzare l’istruzione, a mettere al bando gli Ordini religiosi, a vietare lo svolgimento delle processioni fuori dalle chiese e a requisire le proprietà della Chiesa (gli stessi edifici di culto divennero proprietà dello Stato che avocò a sé il diritto di decidere quali sarebbero stati aperti). Venne inoltre fatto divieto agli ecclesiastici di votare, indossare abiti talari e di criticare il Governo.

Le vessazioni contro i Cattolici vennero in parte attenuate con la salita al potere del Ministro Alvaro Obregon, ma ripresero vigore nel 1924 con l’avvento di Plutarco Elias Calles. Questi provava un odio profondo nei confronti della Chiesa («un uomo che vede rosso alla sola menzione di un prete», così lo descrisse il Ministro Britannico nel Messico) e difatti, una volta al Governo, provvide ad applicare con rigidità la Costituzione del 1917 e cercò persino di promuovere uno scisma con la creazione di una Chiesa Nazionale Messicana separata da Roma. Poche settimane dopo l’arrivo di Calles, furono espulsi 185 sacerdoti spagnoli e vennero chiusi 73 conventi, 92 chiese e 129 collegi religiosi. La ferocia dell’anticlericalismo messicano fu tale che l’Ambasciatore Russo in Messico ebbe a dichiarare che «nella sua politica anticlericale il Governo Messicano è andato di parecchio più oltre del mio Governo».

Contro questi provvedimenti la Chiesa rispose con metodi non violenti ordinando per protesta l’interruzione dei servizi religiosi. Inoltre, la popolazione cattolica inviò una petizione per chiedere la riforma della Costituzione anticlericale (che venne respinta nonostante avesse raggiunto oltre 2 milioni di firme), e iniziò un boicottaggio delle merci sottoposte a tassazione diretta: a Guadalajara la vendita del vestiario calò del 50%, mentre a Città del Messico la vendita di automobili scemò dell’80%. Vennero anche organizzate numerose manifestazioni e dimostrazioni contro la persecuzione, che furono spesso represse con la forza dalla polizia. In seguito all’esaurirsi di tutti i mezzi di protesta pacifica, ebbe quindi inizio la «Cristiada».

Le prime battaglie videro la vittoria dell’esercito di Calles, ma la situazione si sarebbe presto capovolta a causa dell’enorme apporto popolare della rivolta (fatto degno di nota è che la ribellione venne appoggiata anche da persone non credenti, come l’agnostico Enrique Gorostieta, che divenne il principale comandante dei «Cristeros»). Nonostante le accuse da parte del Governo che la rivolta fosse fomentata dalla Chiesa, essa in realtà tenne all’epoca della «Guerra Cristera» un carattere defilato: il Vaticano aveva persino avvertito i Vescovi e i preti messicani di astenersi dal fornire appoggio e assistenza morale ai combattenti. Il Papa Pio XI tuttavia fece pressioni affinché i Governi stranieri condannassero la politica antireligiosa di Calles, ma solamente alcuni Paesi dell’America Latina come il Brasile, il Cile e il Perù risposero a questa richiesta; le potenze europee rimasero invece in silenzio per salvaguardare i loro affari economici in Messico.

Si ebbe quindi un conflitto feroce della durata di tre anni, che costò la vita a decine di migliaia di persone. In entrambi i campi si registrarono atrocità, ma le violenze più preponderanti furono quelle delle forze federali che per vincere la guerriglia ricorsero a torture, campi di concentramento, esecuzioni di massa e fucilazioni pubbliche. Si ebbe inoltre un inasprimento della persecuzione religiosa al punto che, durante la guerra, si registrarono una novantina di religiosi che subirono il martirio: a Toluca un giovane sacerdote fu inchiodato alla croce, cosparso di benzina e bruciato vivo; a Città del Messico 17 preti furono fucilati; a Guadalajara un prete, legato a mani e piedi, fu lasciato su un mucchio di letame e venne ucciso dopo tre giorni; mentre il gesuita Miguel Agustì Pro Juàrez fu falsamente accusato di aver preso parte ad un attentato dinamitardo e venne fucilato senza processo.

Nel 1929 i «Cristeros» avevano conseguito grandi vittorie al punto che il Generale Federalista Joacquìn Amaro aveva parlato della necessità di giungere a un accordo con la Chiesa per disarmare i ribelli. Il trionfo definitivo era tuttavia lontano in quanto il Governo di Calles godeva del supporto finanziario e politico degli Stati Uniti d’America. Quest’ultimi fecero però da intermediari per cercare di attenuare la persecuzione contro la Chiesa, coscienti che l’instabilità politica avrebbe impedito al Messico di assolvere i propri obblighi nei confronti dei creditori americani. Fu inviato a questo proposito l’Ambasciatore Dwight Morrow che fece da tramite tra il Presidente provvisorio, Emilio Portes Gil, e l’Arcivescovo di Morelia, Ruiz Y Flores. Il 21 giugno del 1929 vennero stipulati degli accordi (i cosiddetti «arreglos») che promettevano l’amnistia per gli insorti, la restituzione dei luoghi di culto e il permesso di svolgere l’educazione religiosa negli edifici ecclesiastici.

Gli «arreglos» suscitarono divisioni tra i Cattolici (e anche tra gli storici) tra chi ritiene questo accordo indispensabile per salvaguardare la libertà religiosa, essendo la vittoria sul campo impossibile; e tra chi, invece, sostiene che con quel trattato la Chiesa «tradì» i «cristeros» decretando la loro resa e impedendo loro quindi di ottenere un successo militare, o quantomeno dei termini di resa più convenienti. Sebbene infatti gli «arreglos» permisero la ripresa delle celebrazioni religiose dopo tre anni di interruzione, fu però presto chiaro che la conciliazione significò una vera sconfitta per la Chiesa in quanto non solo la legislazione anticlericale rimase in vigore, ma anche perché vennero presto riprese violenze e vessazioni contro preti e fedeli.

Negli anni seguenti infatti circa 1.500 «cristeros» furono uccisi con la complice indifferenza del Governo Centrale, in molti Stati il numero dei sacerdoti autorizzati a celebrare le funzioni fu drasticamente ridotto (ad esempio, nello Stato di Veracruz venne prescritta la presenza di un solo sacerdote ogni 100.000 abitanti!), molti edifici di culto sottratti durante il conflitto non furono restituiti e venne imposta nelle scuole di ogni ordine e grado un’educazione atea e socialista. Fu solo verso la fine degli anni ’30 che si arrivò ad un vero «modus vivendi» tra Stato e Chiesa, ossia dopo che il nuovo Presidente Messicano Làzaro Cardenas fece espellere dal Paese Calles (ma solamente nel 1992 si ebbe una modifica degli articoli anticlericali della Costituzione e l’avvio di normali relazioni diplomatiche tra il Messico e la Santa Sede!).

L’obiettivo che si prefiggeva Calles era quello di «liberare» il Messico dall’influenza della Chiesa, da lui considerata la causa dei mali presenti nel Paese. Ma la sua politica, oltre a rivelarsi in definitiva fallimentare, finì per provocare un’oppressione mal sopportata dal popolo di quello Stato che intendeva «liberare».


Bibliografia

Antony Rhodes, Il Vaticano e le dittature: 1922-1945, Mursia, Milano 1975

Mario Arturo Iannacone, Cristiada. L’epopea dei Cristeros in Messico, Lindau, Torino 2013

Paolo Valvo, Pio XI e la Cristiada. Fede, guerra e diplomazia in Messico, Morcelliana, Brescia 2016.

(settembre 2018)

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