La violenza sotto i regimi di Hitler e Stalin
Breve analisi sui massacri commessi dai due dittatori

Non è raro trovare sul Web discussioni vertenti su chi sia stato il dittatore più crudele tra Hitler e Stalin. Questo tipo di disputa porta spesso alla banalizzazione dei crimini commessi dai due regimi, ma negli studi storici sono fioriti importanti lavori sul confronto tra le due dittature che hanno permesso di comprendere meglio il funzionamento di quei totalitarismi, rilevando le somiglianze e le differenze tra i due tiranni.

Sia Hitler che Stalin sono noti per essere stati responsabili della costituzione di un sistema di campi di concentramento – rispettivamente i Lager e i Gulag – ma mentre luoghi come Sobibor o Belzec erano veri e propri «campi della morte» dove i deportati ebrei finivano direttamente (o dopo qualche settimana di lavori forzati) nelle camere a gas, nei campi di lavoro sovietici non accadeva nulla di simile, sebbene i prigionieri rinchiusi venissero anch’essi duramente sfruttati e mercificati per fini economici. Inoltre, mentre sotto il nazismo nessun Ebreo poteva sperare di scampare alla morte, un prigioniero del Gulag poteva invece sperare di essere rilasciato in seguito a un’amnistia o allo scadere della propria condanna.[1]

Entrambi i dittatori furono inoltre responsabili di un genocidio – la Shoah e l’Holodomor – ma l’obiettivo che i due si proponevano con queste carneficine era alquanto differente: mentre il Fuhrer intendeva eliminare ogni Ebreo dalla faccia della Terra in quanto considerato un nemico del Terzo Reich, l’intento di Stalin era invece quello di vincere la resistenza dei contadini contrari alla collettivizzazione e di infliggere un colpo al nazionalismo ucraino, senza però il proposito di eliminare un intero popolo. Va detto che neppure Stalin fu alieno dall’attuare pulizie etniche o deportazioni contro popoli considerati «in toto» come delle «Quinte colonne» (basta pensare al caso dei Ceceni, dei Tartari o dei Tedeschi del Volga durante la Seconda Guerra Mondiale), ma simili politiche non raggiunsero mai i livelli d’efferatezza commessi da Hitler verso gli Ebrei, gli zingari, o anche verso i popoli slavi considerati da quest’ultimo come dei sub-umani da sterminare o schiavizzare: rilevante, a questo proposito, è il caso dell’Ucraina dove gli abitanti inizialmente accolsero con favore l’arrivo dei Tedeschi, ma poiché considerati da Hitler «nichilisticamente asiatici» furono sottoposti a una feroce occupazione che riuscì presto a mutare l’odio antisovietico della popolazione in un odio ancora più grande verso i nazisti.[2]

Un importante confronto tra Nazismo e Stalinismo sta nel trattamento riservato alla Polonia occupata durante il periodo del Patto Molotov-Ribbentrop. Entrambe le dominazioni furono caratterizzate da un’estrema brutalità e si possono rilevare delle analogie nelle politiche repressive, come l’intenzione di sbarazzarsi dell’élite polacca. Tuttavia, mentre nel dominio hitleriano la cittadinanza fu circoscritta solo alla popolazione tedesca (con i Polacchi considerati cittadini di seconda classe e gli Ebrei collocati all’ultima posizione della «scala razziale»), nella Polonia occupata dai Sovietici non ci furono, almeno ufficialmente, distinzioni etniche e religiose e la cittadinanza fu imposta quasi subito a tutta la popolazione poiché considerata un mezzo per estendere il potere di Mosca[3]. Simile diversità di trattamento si può notare anche nel comportamento tenuto dalle truppe di Hitler e Stalin quando occuparono il territorio del rispettivo omologo: mentre nell’URSS occupata i soldati tedeschi ebbero sempre una sostanziale licenza di commettere ogni genere di crimini, nella Germania occupata ai soldati sovietici – dopo un iniziale periodo a cui fu loro concessa «carta bianca» – fu proibito saccheggiare e violentare.[4]

Per quanto riguarda la repressione interna, i due regimi colpirono duramente chiunque non si conformasse esteriormente alle attese del potere, ma il regime di Stalin si rilevò in questo campo più repressivo: mentre il regime nazista si concentrò innanzitutto sulla repressione dell’opposizione politica, per poi, in misura sempre più crescente, concentrarsi verso le minoranze razziali o i «disadattati sociali», il regime sovietico esercitò verso i suoi cittadini una pressione terroristica più estesa, con la motivazione di colpire preventivamente veri o presunti oppositori politici e avversari della società socialista, dando così luogo a una violenza arbitraria e imprevedibile.[5] Un’evidenza di ciò sono le epurazioni attuate all’interno dei rispettivi partiti: mentre Stalin giunse a liquidare migliaia di esponenti appartenenti allo Stato Centrale e all’Armata Rossa, il Partito Nazista non fu sottoposto a nulla di paragonabile: l’episodio più accostabile alle Purghe Staliniane – la «Notte dei Lunghi Coltelli» – contò un’ottantina di vittime.[6]

I due totalitarismi mostrarono inoltre una feroce ostilità verso le religioni tradizionali, ma mentre il regime nazista – pur non dispensando la violenza – preferì agire tramite principalmente misure amministrative e campagne di discredito verso il clero nel tentativo di «scristianizzare» la società, rimandando la «Soluzione Finale» del problema religioso a dopo il conflitto, la repressione staliniana in questo campo assunse aspetti assai più repressivi poiché in Unione Sovietica migliaia di sacerdoti e monaci furono deportati e uccisi nel corso delle campagne antireligiose messe in atto negli anni Venti e Trenta e un numero considerevole di luoghi di culto vennero distrutti: si stima che, nel secondo dopoguerra, circa l’85% delle chiese e moschee in funzione prima della rivoluzione del 1917 risultasse chiuso.[7]

Ancora oggi l’esame dei crimini del regime staliniano può portare a vivaci discussioni, in particolare quando si tenta di voler effettuare delle opinabili e fantomatiche equiparazioni con i crimini commessi dal Terzo Reich. Si spera che col trascorrere del tempo, si lascino da parte polemiche politiche che impediscono una reale conoscenza degli avvenimenti storici e banalizzano le sofferenze subite dalle vittime dei due Stati totalitari.


Note

1 Confronta Anne Applebaum, Gulag, Mondadori, 2007, pagine 26-27.

2 Confronta Ian Kershaw, All’inferno e ritorno: 1914-1949, Laterza, 2016, pagine 420-421. Se il genocidio degli Ebrei e degli zingari da parte dei nazisti è ben noto al pubblico, non è così riguardo alla politica antislava da parte di questi ultimi. Nel loro «Piano Generale dell’Est» («Generalplan Ost») i nazisti avevano pensato a un piano di colonizzazione da attuare nel dopoguerra che prevedeva la germanizzazione di una parte della popolazione e la deportazione o uccisione della restante: questo progetto prevedeva la scomparsa del 50% dei Cechi, del 65% degli Ucraini, del 75% dei Ruteni e dell’85% dei Polacchi. I nazisti giunsero a ideare anche un «Piano Hunger» avente sia lo scopo di rifornire la Whermacht e la popolazione tedesca, sia quello di ridurre la popolazione russa attraverso la morte per fame di decine di milioni di persone. Sebbene per ragioni politico-militari l’attuazione di questi progetti sia stata rimandata, nondimeno vennero parzialmente attuati già negli anni del conflitto, provocando la morte di milioni di Polacchi, Ucraini e Russi.

3 Sul confronto tra le due occupazioni si veda Mark Mazower, L’impero di Hitler, Mondadori, Milano 2010, pagine 110-115.

4 Antonio Ferrara-Nicolò Panciola, L’età delle migrazioni forzate, Il Mulino, Bologna 2012, pagina 342.

5 Ian Kershaw, All’inferno e ritorno: 1914-1949, Laterza, 2016, pagine 335-336.

6 Confronta Philippe Burion, La violenza congenita del nazismo, in Stalinismo e nazismo a cura di Henry Rousso, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pagina 118.

7 Confronta Nicolas Werth, Le forme di autonomia della società socialista, a cura di Henry Rousso, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pagina 163.

(ottobre 2021)

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