Giovanni Ruffini
La vita dello scrittore italiano, che contribuì a far conoscere la causa del nostro Paese all’estero, costituì una parte interessante del nostro Risorgimento

Passando davanti ad una libreria, in Bordighera, sono rimasta attonita e stupita nel vedere la vetrina colma di un libro antico, ma stupendo: Il Dottor Antonio di Giovanni Ruffini. I giovani, purtroppo, poco o nulla conoscono della letteratura italiana dell’ ’800, poiché affetti da esterofilia, e ciò è grave lacuna. Tanti anni fa, andai a visitare la casa ove si svolse questo romanzo e Ruffini vi abitò per breve periodo. Ebbi il permesso di visitarla, da un cortese proprietario e, con la mia fervida fantasia innata, fui pervasa da una summa di scibile ottocentesco che gratificò il mio animo romantico.

Prima di fare una sintesi del romanzo, mi sento in dovere di ricordare chi fu Giovanni Ruffini, patriota e scrittore.

Nacque a Taggia (Imperia) nel 1807 e vi morì nel 1881. Studiò a Genova, al Real Collegio degli Scolopi e, poi, all’università, nel 1830, si laureò in legge.

La sua giovinezza è segnata dall’amicizia e dalla comunanza di idee politiche con Mazzini, di cui egli e il fratello Jacopo furono tra i più intimi collaboratori. Nel 1833, dopo la scoperta dell’organizzazione della «Giovane Italia» e l’arresto di Jacopo, riuscì a scampare alla polizia e, accusato di essere uno dei principali promotori della congiura, fu condannato a morte in contumacia il 17 settembre 1833. Rifugiatosi, prima, a Marsiglia, ove si trovava Mazzini, poi, entrambi passarono in Svizzera e nel 1837 in Inghilterra. Per vivere impartì lezioni d’italiano ed approfondì la conoscenza dell’inglese.

Nel 1842 si trasferì a Parigi che, per quasi tutto il resto della sua vita, fu sua residenza abituale. Nello stesso anno provvide alla stesura del libretto del Don Pasquale per Donizetti.

Gli avvenimenti del 1848, con la sua elezione a deputato per il Collegio di Taggia, lo riportarono in Italia. Nel gennaio 1849, Gioberti lo rimandò a Parigi come Ministro Plenipotenziario presso la Repubblica Francese.

Conobbe un periodo difficile come ex-cospiratore e repubblicano e, dopo la disfatta di Novara, rassegnò le dimissioni. Pochi mesi dopo, rieletto deputato, rinunciò all’incarico ed ha termine la sua vita politica. Esule volontario in Inghilterra, iniziò la carriera di scrittore in lingua inglese, per far meglio comprendere ed amare all’estero la sua Patria. Nel 1853 pubblicò a Edimburgo il Lorenzo Benoni, or passages in the life of an Italian, decisamente autobiografico che narra le speranze del gruppo di giovani genovesi aderenti alla «Giovane Italia». Ottenuto grande successo di critica diede alla stampa, due anni dopo, Il Dottor Antonio, opera come la precedente di livello artistico non eccezionale, ma scritto in una lingua più sciolta e spontanea che ebbe una notorietà viva, oggi rinnovata. Gli anni successivi videro la prosecuzione di una attività letteraria, discretamente accolta dal pubblico, ma lontana dal primo strepitoso successo. Ruffini che ha, ormai, una solida fama internazionale, con traduzioni in francese, tedesco e italiano, tace quasi, completamente, pubblicando, soltanto, un breve gruppo di racconti.

Nel 1874 tornò, definitivamente, a trascorrere i suoi ultimi anni a Taggia, dove condusse vita ritirata e modesta sino alla morte.

Il Dottor Antonio fu scritto nel 1855 e si svolge nella stupenda Riviera, terra natia da lui tanto amata, e, precisamente, a Bordighera, in una casa a picco sul mare.

I protagonisti, però, sono Inglesi, nel ricordo di parte della sua vita passata nella terra d’Albione e mai dimenticata.

Un nobile inglese, sir John Davenne, di ritorno da Roma, è costretto ad un lungo periodo di permanenza in una casa presso Bordighera a causa di un incidente di viaggio nel quale la figlia Lucy si è fratturata una gamba. L’assiste il dottor Antonio, esule siciliano che fa rifiorire la cagionevole salute della bella fanciulla. Oltre che medico è rivelatore appassionato delle autentiche virtù degli Italiani e delle loro sofferenze sotto governi dispotici e crudeli. Nasce un idillio fra Antonio e Lucy ma, per i pregiudizi di casta della famiglia di Lucy, questo amore viene stroncato con il ritorno in Inghilterra della famiglia Davenne.

Dopo otto anni, nel fatidico 1848, i protagonisti si rincontrano a Napoli. Lucy, giovane vedova, è tornata in Italia per affidare la sua vacillante salute a chi già la guarì. Nessun ostacolo impedirebbe il rifiorire dell’antico idillio ma Antonio che ha partecipato ai fatti di Sicilia, ora a Napoli è incaricato dai patrioti siciliani di un’importante missione presso il governo. Antonio, innanzi tutto, si è votato alla Patria, si aggrega ai combattenti delle barricate, è ferito e condannato a languire nelle carceri borboniche. Dopo il tramonto del sogno d’amore peggiora la salute della delicata Lucy, che ben presto muore.

In questo romanzo, oltre a passaggi toccanti, pieni d’amore, ma amore velato, quasi platonico, risalta, però, in modo inconfutabile, la passione per la Patria, la libertà dalla tirannia, la comunanza di ideologie mazziniane che hanno sempre avuto grande preponderanza nella vita di Giovanni Ruffini.

Son certa che se i giovani avessero modo di leggere questo romanzo, il loro patrimonio culturale, sociale, politico e spirituale, si arricchirebbe non poco!

(anno 2004)

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