Napoleone privato
Vicende private di un uomo pubblico: rapporti tra la famiglia Bonaparte, Napoleone e Lucca

Napoleone Bonaparte è uno di quei personaggi storici che si incontrano sul proprio cammino scolastico sin dalla più tenera età: vituperato ma anche osannato; considerato un demonio e insieme un genio; amato e odiato a un tempo.

Non voglio raccontare le vicende pubbliche di Napoleone Bonaparte e della sua famiglia, ma quelle private, quelle che i libri di storia non raccontano ritenendole poco importanti. O forse solo per nascondere questioni pubbliche che proprio le vicende private possono svelare. Sono stati i miei studi storici risorgimentali e le vicende della mia famiglia di origine a svelarmi questo Napoleone, probabilmente molto diverso da quello che normalmente viene descritto.

Il futuro Imperatore dei Francesi e la sua famiglia erano di casa a Lucca, la mia città, molto prima che egli divenisse l’Imperatore dei Francesi.

Ho rinvenuto quanto sto per descrivere per caso, grazie al protagonista della mia tesi, Padre Gioacchino Prosperi, un nobile lucchese che con Napoleone e la sua augusta famiglia ebbe stretti contatti. Del personaggio Prosperi, «dimenticato dal tempo giustiziere e qualche volta per questo spietato» non parlano i libri di storia, non perché personaggio «minore» ma in quanto cattolico liberale, e un cattolico liberale libero nelle azioni e nelle idee, protagonista in questo del suo tempo.

Un ex Padre Gesuita che abbracciò durante il Primo Risorgimento l’Ordine Francescano, che divenne nella sua vita fino alla morte avvenuta nel 1873 un assertore delle libertà rosminiane che all’epoca facevano paura perché troppo in sintonia con l’etica protestante che ci immetteva in un’Europa diversa dall’Italia del tempo.

Ci riportavano a un Medioevo in cui le omogeneità religiosa e politica coinvolgevano l’intera Europa, e che in seguito interessi particolaristici avrebbero distrutto. Del Prosperi in epoca risorgimentale in San Miniato ci sono in archivio delle lettere che non ho avuto modo di leggere sin qui.

San Miniato, in provincia di Pisa ma a lungo diocesi di Lucca, vide a lungo la famiglia Bonaparte presente, con membri della stessa ivi residenti.

Siamo nel XVIII e XIX secolo. San Miniato come ho ricordato fu a lungo diocesi di Lucca. E chi in diocesi a Lucca ebbe sempre un ruolo prioritario, con la famiglia Bonaparte, anche quella dei primordi, non poté non avere rapporti serrati.

Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte, si era laureato a Pisa come buona parte della nomenclatura córsa di origini toscane. Così suo figlio maggiore, il primogenito Giuseppe che, in quanto nato nel 1768, ossia un anno prima di Napoleone, non era Francese, ma apparteneva alla Repubblica di Genova, che proprio quell’anno cedette la Corsica alla Francia.

Lucca e Genova avevano sempre avuto rapporti privilegiati. Alcuni Vescovi della città toscana sono originari di Genova come ad esempio nel Seicento l’Arcivescovo Cardinale Giulio Spinola che governò la diocesi lucchese.

Come ho avuto modo di ricordare in un precedente articolo pubblicato sul sito, tutte le Repubbliche Marinare in quanto Repubbliche, portatrici di traffici commerciali e di indipendenza politica, ebbero con la Repubblica di Lucca nel corso della sua storia serrati legami. La madre di Napoleone, Letizia Ramolino, era di origini genovesi.

Quando la famiglia Bonaparte fu esule a Sarzana, prima di stanziarsi in Corsica, si era imparentata con i Calandrini, famiglia con radici lucchesi.

Durante la Prima Campagna d’ Italia Napoleone, giovane Generale Córso, pensò bene di affidare sua moglie Giuseppina, che lo aveva raggiunto a sua insaputa sui campi di battaglia italiani, alle cure di alcuni membri del Governo Oligarchico Lucchese, cosa che permise alla moglie di stringere amicizia con molti di loro, e in particolare, come ho ricordato in precedenti articoli sul sito, con la marchesa Eleonora Bernardini, nata De Nobii.

Questo legame si manterrà per l’intera vita dell’Imperatrice Giuseppina e legherà sia l’Imperatrice che l’Imperatore e la sua augusta famiglia alla città toscana. Ho pensato, ritrovando le carte, a un Imperatore diverso da quello che conosciamo, innamorato della moglie, che si prende cura di affidarla a mani sicure e a un ambiente a lui familiare.

Quando Napoleone decise, nei primi anni dell’Ottocento, di scorporare dal Regno d’Etruria la città di Lucca unendola a Piombino nel Principato di Lucca e Piombino, affidato a sua sorella Elisa e al cognato Felice Baciocchi, probabilmente volle offrire alla città toscana di millenarie tradizioni repubblicane e soprattutto indipendentiste la possibilità di mantenerle, facendo gli interessi sia dell’intera collettività che di qualche «amico fidato», così lo definirei, e di lungo corso.

Il cognato di Napoleone era Córso, come lui. Negli archivi dei Chierici Regolari della Madre di Dio lucchesi troviamo membri dell’Ordine che antecedentemente alle vicende descritte sono dei Baciocchi. Qualche richiamo al cognato di Napoleone? Non posso provarlo.

Ho in precedenza ricordato che fu cura dell’Imperatore sostenere la millenaria indipendenza lucchese, persa nel 1799 e fortunatamente riconquistata proprio grazie a Napoleone. Sicuramente ebbe un costo. Tuttavia la nomenclatura lucchese non si risparmiò nel sostenere le scelte imperiali a favore del mantenimento proprio di tale indipendenza.

Non intendo valutare le ragioni per cui ciò avvenne. Nella mia mente affiora ad esempio la presenza in San Miniato ancora una volta dello zio sacerdote di Napoleone, quello zio che aveva permesso a uno sconosciuto Bonaparte di entrare all’Accademia Militare di Brienne offrendogli quel titolo nobiliare di cui egli aveva bisogno per accedere a tale Accademia. E ciò avvenne qualche anno prima delle vicende rivoluzionarie.

O di quel Cardinale Fresch, fratello della madre di Napoleone, che in Curia a Roma ebbe un ruolo essenziale in quegli anni e che in una Lucca indipendente da sempre sul piano religioso avrebbe potuto, ma il condizionale è d’obbligo, svolgere un ruolo importante per salvaguardarne l’indipendenza.

Quello che so è che in Borgo a Mozzano, territorio lucchese, ci fu in quegli anni un personaggio che non è noto alle cronache nazionali, ma che sicuramente fu specchio dei tempi, tanto caro sia al Bonaparte che al suo fido compagno di avventure, il giurista Saliceti.

Si chiamava Giacomo Vincenzo Pellegrini, era un avvocato. Il dottor Pellegrini divenne membro del Direttorio della Repubblica Democratica Lucchese del 1799; Anziano e Gonfaloniere della Repubblica Democratica «Temperata» del 1802 e Senatore del Principato. La sua vita fu scritta qualche anno dopo i fatti ascritti dal di lui figlio Paolino Maria Pellegrini, frate del convento di San Romano in Lucca dei Padri Domenicani.

L’avvocato Giacomo Vincenzo Pellegrini era figlio della contessa Celestina Santini e di Paolino Maria Pellegrini, avvocato di Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca, proprietario terriero da secoli ma non nobile. La famiglia Pellegrini esercitò a partire dal Quattrocento l’avvocatura.

Giacomo Vincenzo, nato nel 1761, dopo essersi laureato in legge a Pisa, sposerà nel 1776 Teresa Pierotti, nativa di una frazione di Borgo a Mozzano, San Romano di Motrone, appartenente a una famiglia del luogo molto religiosa, legata agli ambienti curiali.

Il 28 agosto 1797 un loro amico, Carlo Ambrogio Vecchi, a sua volta amico del marchese Cesare Lucchesini, entrambi di Lucca, chiese a Giacomo Vincenzo Pellegrini su richiesta del marchese Lucchesini di «sacrificare alla quiete della sua famiglia il bene pubblico».[1]

Il Consiglio Generale della Repubblica di Lucca vuole ascrivere il Pellegrini tra le famiglie nobili lucchesi offrendogli quel titolo nobiliare che non ha per infoltire la schiera ormai ridotta della nobiltà lucchese. La coscienza democratica che sta affiorando in quegli anni rivoluzionari nel Pellegrini lo obbliga a non accettare.

Qualche anno dopo egli sarà infatti un membro del Direttorio della Repubblica Giacobina Lucchese e nel 1805 verrà nominato Senatore del Principato di Lucca da Napoleone I.

Napoleone trovò senz’altro insieme al Saliceti nel moderato avvocato Pellegrini una figura ideale per tenere le fila dei rapporti col territorio lucchese, con la Curia e con quel moderatismo indispensabile per mediare in situazioni complesse.

Il Pellegrini non fu senz’altro un caso isolato. Dai documenti dell’Archivio di Stato Lucchese risulta che in Lucca un certo Lorenzo Pierotti vicino agli ambienti bonapartisti chiese in quegli stessi anni un sussidio che gli fu accordato. C’è da giurarci, una qualche attinenza col moderato Pellegrini. E ne descrivo di seguito le ragioni.

La casualità vuole che la moglie del Pellegrini portasse lo stesso cognome del moderato lucchese citato. I Pellegrini saranno in rapporti di parentela con i fratelli Giambastiani di Lucca, località San Gennaro, invischiati negli immediati anni successivi con le principali vicende rivoluzionarie della Penisola.[2]

Questi Giambastiani erano Frati Agostiniani e anche solo per tale ragione in piena sintonia col Lorenzo citato.

I Pierotti lucchesi gravitarono presso l’Ordine dei Chierici Regolari lucchesi, che Napoleone rispettò fino al 1810, ultimo Ordine a essere confiscato in città, dopo serrate diatribe documentabili con la sorella Elisa che regnava per volontà del fratello sul Principato e che si era ben legata alla nomenclatura cittadina.

A ridosso dell’Ordine dei Chierici Regolari sulla mappa cittadina si ha la chiesa di Sant’Agostino in Lucca, qualche decennio dopo ascrivibile all’Ordine fondato dalla Beata Elena Guerra, che ebbe rapporti parentali con i Montecatini, legati ai Principi Polacchi Poniatovsky, i quali avevano residenza durante il Principato Baciocchiano e in anni successivi presso Villa Oliva a San Pancrazio di Lucca. Qui tra l’altro risulta essere sepolto Carlo Poniatowsky.

Tutto in famiglia? Tutti i documenti che ho rintracciato e che ho pubblicato in rete vanno in questa direzione. Il nonno della Beata Elena Guerra, ossia Giuseppe Belluomini di Viareggio, fu legato a Paolina Bonaparte e il suo testamento fu in parte appannaggio della stessa Paolina, come è possibile ricavare anche solo andando in rete a cercare questi documenti.

Dunque è da ritenere che il Napoleone più privato, con la consorte invita la marchesa Eleonora Bernardini prima all’incoronazione avvenuta in Milano, poi, a causa del diniego della stessa per improrogabili impegni familiari, in Bologna, una volta di passaggio la coppia imperiale dalla città dove la stessa marchesa aveva come parenti i Lambertini; instaura una vera e propria pantomima con la sorella Elisa sulla questione del sequestro dei Beni dell’Ordine dei Chierici Regolari fino al 1810, come bene asserisce il Bongi che nella sua pubblicazione sulla Storia di Lucca descrive la questione delle presunte lettere tra i due. E vede un’improbabile resistenza di Elisa (che lo storico Salvatore Bongi non osa definire) perché a governare era il fratello, e dunque che l’Imperatore si acquietasse con tanta facilità può apparire quanto meno del tutto improbabile! Il Bongi, come succede spesso nelle pubblicazioni storiche di quegli anni e nei successivi, dice e non dice, accenna senza definire, perché le libertà concesse e il poco tempo intercorso con i fatti ascritti non glielo permettono.

E infatti, puntualmente, nel 1815, quando sta organizzando la sua fuga dall’Isola d’Elba, Napoleone è supportato da un tale Lorenzo Pierotti (lo stesso del sussidio?) che da Empoli scrive a un amico pisano per sostenere la causa di un patriota di stampo rivoluzionario in Piemonte con la mediazione del conte Fabrizio Lazzari, amico di Carlo Alberto e futuro Ministro dell’Interno sabaudo. Potremmo obiettare anche qui, non si tratta dello stesso Lorenzo, un’omonimia. Ma guarda caso i Pierotti lucchesi hanno rapporti stretti con i Lazzari lucchesi, nobili di lungo corso perché già invischiati nel Medioevo nella battaglia di Montecatini con Castruccio Castracani. E questo è documentabile! Dunque il Lazzari piemontese ha una qualche attinenza con la presenza in città in Lucca dei Lazzari toscani. Mi si consenta. Più che probabile! Fabrizio Lazzari è il nipote del Rege de Gifflenga, il più importante Generale napoleonico piemontese!

Per Lucca passava poi sempre in quel 1815 il celebre agente murattiano Giuseppe Binda, che sarà il vero artefice delle trattative con Lord Bentick quell’anno a Genova, e che fuggirà per primo a Londra, con la Restaurazione.

Il Binda teneva casa non distante da Lucca, in Segromigno in Monte, e fu un acceso rivoluzionario nel corso dell’Ottocento. Non come vogliono le cronache che lo descrivono solo come un traditore della Patria. Sicuramente non lo fu sino al 1830 quando cedeva la sua casa lucchese a patrioti ricercati dalla polizia a livello internazionale come Michele Carducci, il padre mazziniano del poeta, il Bichi e l’Angelini di Pietrasanta, come risulta dalle carte.[3]

Chi era dunque Napoleone? Un autentico mangiapreti?

E questi cattolici liberali, perché tali furono questi personaggi, tutti dei traditori?

No. Provo a dare una spiegazione plausibile sul Napoleone più nascosto, quello che al termine della sua vita si riconciliò con Dio e con la Fede.

La famiglia di Napoleone fuggì come sappiamo in età medievale da Firenze. Fazioni contrapposte sul piano politico quando politica e religione erano un «unicum» inscindibile. Prima esuli a Sarzana, Pontremoli, poi in Corsica. Nel Cinquecento i Bonaparte si imparentarono con i Calandrini, la famiglia riformata di origine lucchese. Viene da chiedersi: questioni politico-religiose?

Questi esuli medievali gravitavano spesso in frange ecclesiastiche considerate se non estremistiche, sicuramente vicine ai Paesi d’Oltralpe.

Lucca fu sempre da questo punto di vista città di frontiera. Così di frontiera che in pieno Cinquecento, con la Riforma Calvinista, molti membri delle principali casate cittadine aderirono proprio al Calvinismo, esulando soprattutto a Ginevra e mantenendo sempre serrati legami con Lucca. Matilde Calandrini, la celebre pedagogista ginevrina, nel XIX secolo visitò spesso la città d’origine.

Le Riforme, quelle vere, partono dunque da lontano.

La Chiesa Lucchese, seppur apertamente ortodossa, riuscì sempre a mantenere, grazie anche all’indipendenza politica della città, la sua indipendenza amministrativa. Nel Cinquecento l’Ordine Gesuita qui non prese mai piede e fu sostituito proprio da quei Chierici Regolari lucchesi fondati nella seconda metà del Cinquecento cui afferiscono i personaggi di cui ho parlato, anche nei secoli successivi.

Se Napoleone affidò la consorte alle mani sicure dell’Oligarchia Lucchese durante la Prima Campagna d’Italia, aveva senz’altro, adesso comprendiamo, le sue buone ragioni.

Stanti queste osservazioni, il moderato ma non troppo avvocato Giacomo Lorenzo Pellegrini di Borgo a Mozzano, appare nella sua interezza come una figura affatto marginale nell’economia generale delle vicende.

Sempre in quegli anni a trattare in Castelnuovo Garfagnana, non distante da Lucca, con Cateau Cambresis, il futuro sindaco di Firenze, all’epoca Amministratore della Garfagnana Estense per conto dei Francesi, come possiamo leggere nelle lettere d’archivio presenti alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, fu Assunta Pierotti. Abbiamo motivo di ritenere che si tratti della stessa Assunta nativa di Valdottavo, frazione di Borgo a Mozzano e madre dell’ultimo bibliotecario del Principato di Lucca, Michele Pierantoni, così come descritta dal nipote di questa, il conte Francesco Sforza, in una sua pubblicazione del 1920. Perché l’Assunta di Valdottavo, stando alle parole del nipote, era energica e capace da sola, una volta rimasta vedova giovanissima, di amministrare l’ingente patrimonio.

Era anche perché la famiglia di Assunta, originaria del Borgo, era in forma allargata rivoluzionaria e tale rimase nel corso dell’Ottocento, nonostante fosse ascrivibile agli ambienti curiali, così come descrivono i documenti. Visti alcuni riscontri, a partire quanto meno dall’epoca rivoluzionaria francese.

Verba volant, scripta manent.


Note

1 Vedere in rete il blog dell’Ingegner Enrico Marchi di Lucca, erede dei Pellegrini di Borgo a Mozzano.

2 Vedi le pubblicazioni in rete su www.storico.org dei fratelli Giambastiani e di Padre Gioacchino Prosperi.

3 Roberto Pizzi, Squadre e Compassi, Maria Pacini Fazzi editore.

(gennaio 2020)

Tag: Elena Pierotti, Napoleone Bonaparte, Gioacchino Prosperi, San Miniato, Primo Risorgimento, Giuseppina Bonaparte, Lorenzo Pierotti, Fabrizio Lazzari, vita privata di Napoleone, Castelnuovo Garfagnana, cateau Cambresis, Valdottavo, Giacomo Lorenzo Pellegrini, Borgo a Mozzano, Chierici Regolari, Napoleone Bonaparte e Lucca, Assunta Pierotti.