I Padri Scolopi dentro la Modernità
Alcune interessanti figure di religiosi vissuti tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento: letteratura e patriottismo, giansenismo e scienze, assistenza e innovazione pedagogica

«La finalità e lo spirito della Congregazione dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, approvata da Papa Paolo V nel 1617 ed elevata da Papa Gregorio XVI nel 1621 a Ordine religioso con il nome di Ordine degli Scolopi, è l’impegno per la formazione umana, culturale e religiosa dei giovani, soprattutto coloro che, per motivi diversi, non altrimenti potrebbero curare la loro preparazione personale. Per questo gli Scolopi si consacrano anche ad un quarto voto speciale che li impegna a evangelizzare educando mediante l’integrazione di fede e cultura – “pietas et litterae” – per rinnovare la Chiesa e trasformare la società secondo i valori della fede, creando fraternità. La presenza a Genova e in Liguria dei seguaci di Calasanzio attraverso attività e contesti diversi, alcune volte apparentemente opposti, si scopre non soltanto seguendo i percorsi istituzionali del loro servizio, ma anche riscoprendo il ruolo che i singoli religiosi hanno svolto, esaltando – non sempre esenti da contrasti e contraddizioni – loro specifiche e personali capacità e tendenze».[1]

Così letteratura e patriottismo, giansenismo e scienze, assistenza e innovazione pedagogica vedono impegnati molti Scolopi Liguri, e non solo, sia nell’insegnamento universitario, nella ricerca scientifica, nelle accademie e nei salotti letterari, sia nella partecipazione alla vita politica e alle scelte proprie della religiosità. L’analisi del contributo offerto dai Padri Scolopi, circoscritto al periodo storico incluso tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento non deve perdere di vista la volontà di visionare i diversi ambiti di presenza e di attività degli stessi, anche quelli meno conosciuti, ma pur sempre essenziali nelle loro diverse azioni educative ed assistenziali.

Non poche furono le simpatie gianseniste dei Padri Scolopi Liguri,[2] e stretti i rapporti che legarono il Padre Carosio, ai confratelli Degola, Capurro, Molinelli, che iniziarono ad attenuarsi dopo il 1773, anche in relazione all’impegno a favore dei sordomuti, allorché il Breve pontificio Dominus ac Redemptor[3] indusse i Padri delle Scuole Pie al massimo impegno nell’attività educativa, cui era venuta meno la «concorrenza» gesuitica.[4] Paolo Giuseppe Carosio nacque a Genova nel 1771 e morì a Carcare nel 1836. Divenne sacerdote nel 1798, poi docente e rettore del Collegio di Carcare (anche durante la soppressione degli Ordini Religiosi del 1810). Fu Assistente Generale dell’Ordine (1821) e Padre Provinciale (1827-1833). Ebbe contatti con i Giansenisti, specie col Degola. Istituì la scuola intermedia, elogiata dal Gioberti per i programmi e gli esercizi fisici introdotti. Il suo Prescritto alle case scolopiche (1820) equilibrò le spinte giansenistiche e antigesuitiche.[5]

Il Genovese Eustachio Degola (1761-1828) si laureò a Pisa ove lesse i Giansenisti e Grégoire e vi riconobbe il Vescovo Scipione de’ Ricci. Fu a Parigi nel 1798. Passato a Pavia (1799) ebbe rapporti col Manzoni, interessato alle tesi gianseniste. Tra i suoi scritti gli Annali Politico Ecclesiastici (1799-1818) e il Catechismo dei Gesuiti. La presenza napoleonica e le cure del Cardinale Giuseppe Spina, Arcivescovo di Genova, videro emergere come attento consigliere di Curia il Padre Celestino Massucco. La successione di illustri Padri Provinciali delle Scuole Pie Liguri – il Colla, l’Assereto, il Marchisio – favorì la presenza e l’opera in città del famoso Padre Domenico Buccelli, che nel suo Ragguaglio segnalava le misere condizioni dell’istituto genovese, ma stimolava le misere condizioni dell’istituto genovese, ma stimolava l’attività dei confratelli con le sue ricerche pedagogiche e didattiche, lodate dal Girard e dal Pestalozzi. Con il Degola e il Molinelli uscì dall’Ordine anche Padre Nicolò Delle Piane, arcade e giacobino. Egli aveva fondato con Gerolamo Grimaldi la «Società Patria di Arti e Manifatture», ove poi brillarono il Padre Piccone e il Padre Giacomo Delle Piane, che curava per gli studi tecnici una piccola stamperia a due soli torchi con tre dipendenti.

L’Arcivescovo di Genova Giuseppe Spina (Sarzana 1756-Roma 1828) si spostò fra Roma, Firenze e Napoli. Fu legato papale alle nozze parigine di Napoleone. Accolse nel 1809 Pio VII, reduce dalla Francia, a Genova, nel Palazzo Durazzo. Resse la diocesi genovese dal 1802 al 1819 e fu Legato Pontificio a Forlì (1816) e Bologna (1818).

Celestino Massucco (Cadice 1748-Genova 1830) fu allievo e sacerdote delle Scuole Pie, ove insegnò al Liceo. Aderì al Circolo Costituzionale prima di essere segretario del Cardinale Spina (1816). Membro dell’Accademia degli Industriosi, insegnò diritto civile all’Università di Genova. Arcade col nome di Olimpio Fenicio, si ispirò al Parini.

Domenico Buccelli (Varazze 1778-Carcare 1842) in Francia conobbe Raffaello Lambruschini.

Padre Giovan Battista Ottavio Assarotti (Genova 1753-1829), appassionato dell’educazione dei sordomuti, puntando sugli studi francesi di Michel de l’Epeè poté beneficiare di un sussidio francese per le cure dei suoi allievi e procedere alla fondazione dell’Istituto dei Sordomuti nel monastero della Misericordia, già delle Brigidine, con un atto controfirmato dal Bonaparte nel 1811. L’Istituto accolse i patrizi genovesi Serra, Di Negro e Brignole (al marchese Brignole Sale si deve la definizione del «secolo buio del Manzoni» nel Saggio per l’Abate Degola. Novella storia di sventure).[6]

L’Assarotti, presto noto come «il solitario dell’Acquasole», poté aggiungere ai favori regi le attenzioni del marchese Gian Carlo Di Negro. Per consuetudine di famiglia questo colto e generoso mecenate accoglieva nella centrale e panoramica «Villetta»[7] rappresentanti del patriziato e del mondo culturale: al Monti, al Foscolo, al Pindemonte, al Perticari si sarebbero aggiunti il Rosmini, il Gioberti e il Manzoni, che vi soggiornò nel 1828; una sua lettera a Tommaso Grossi riferiva della «grossa obligeance» di Terenzio Mamiani, che poteva aver contato sui buoni uffici di Di Negro «per poter tornare in Patria (a Genova) dopo sedici anni di esilio, con la possibilità di fondare in città, nel 1850, l’“Accademia filosofica italiana”».

Il giardino per il pubblico passaggio portava dalla Villetta alla balconata del Poggio della Giovine Italia, alta sul mare. Il progetto di vie radiali verso monte diede luogo a Piazza Corvetto, e isolò la Villetta dal passaggio soprastante l’Istituto dell’Assarotti; l’Acquasola, appunto. Stimolando l’Assarotti a portare la sua esperienza ad Alessandria e a Torino per nuovi istituti, Carlo Felice fu prodigo di aiuti: ne è prova il riconoscimento regio all’Istituto Genovese che dal 1822 assunse tale denominazione. Fu frequentato anche da Stendhal e Foscolo. E all’Assarotti non era mancata l’occasione di farsi notare in Villetta allorché vi si era discusso dell’Ode per Eustachio Degola, di Anna Pieri Brignole, dell’Istituto dei Ciechi «Davide Chiassone» e dell’Istituto della Cassa di Risparmio, patrocinato dall’avvocato Cesare Cabella, sulla base del Monte di Pietà caro al Padre Scribanis.

Cesare Cabella (Genova 1807-1888), giureconsulto, amico di Mazzini, esulò in Sicilia rientrando a Genova nel 1835. Docente all’Università (1861), ne divenne Rettore nel 1860. Ma chi erano in Lucca quei Padri Scolopi che nel Settecento e nei primi anni dell’Ottocento dovettero fare i conti con la modernità scaturita dalla Rivoluzione Francese? O meglio, quali gli ambienti da cui gli stessi Scolopi provenivano, e che seppero far fronte comune con i rivoluzionari, salvo poi dover fare dietro front quando la situazione per i Cattolici Liberali precipitò? Non dimentichiamo gli stretti rapporti di Vincenzo Gioberti con i Padri.[8]

Anche nella limitrofa Lucca i Padri, che con Genova tennero sempre serrati contatti, dovettero affrontare analoghe situazioni. Nella prima metà del XIX secolo l’unica prospettiva che si presentava a chi nello Stato Lucchese a suo modo aveva sempre educato era quella di agganciarsi alla tradizione «illuminata» del tempo, che il periodo bonapartista del Regno del piccolo Principato Baciocchiano per Lucca aveva rappresentato. Non possiamo negare che i contrasti furono forti. I chierici Regolari, Padri Scolopi in diversi momenti della loro storia, come tutti gli altri Ordini, videro portarsi via le loro ricchezze dal depauperamento voluto da Napoleone I. Ma la condivisione ai valori più intimi che i principi rivoluzionari avevano rappresentato, e soprattutto la comprensione che ormai i tempi erano maturi per cambiamenti epocali non venne mai meno. Così si abbracciò quanto Canova e gli stessi religiosi, a cominciare dal fratello Abate Giambattista, prospettavano in un continuo tentativo di modellare quelle spigolose vicende alla volontà della Chiesa di misurarsi davvero con il cambiamento. L’edificio che qui possiamo osservare, che appartenne alle famiglie formate da quei Padri, è in stile impero, segno evidente che anche in architettura ci si allineò, almeno in parte, al gusto classicheggiante del momento. Ho ricordato in altri articoli che il figlio naturale di Ugo Foscolo ed Isabella Roncioni, alias la Teresa de Le ultime lettere di Iacopo Ortis, ossia lo scienziato Riccardo Felici, morì proprio in Sant’Alessio nel 1902. Ed il paese, a due soli chilometri dalla città di Lucca, è davvero un luogo non solo ameno, come la foto dimostra, ma molto piccolo, un fazzoletto di terra. Dunque Felici sicuramente morì confinante con chi viveva in questa proprietà.

Cavour

Edificio in stile impero

Mi richiamo a quanto lo storico ufficiale dell’Ordine degli Oblati di Maria Vergine del Beato Pio Brunone Lanteri, in Piemonte, Padre Andrea Brustolon ha pubblicato su quanto nella prima metà del XIX secolo si fosse sperato in un avvicinamento tra protestanti, soprattutto inglesi, e la Chiesa Cattolica attraverso il Movimento di Oxford di John Henry Newman. In Toscana Livorno fu luogo particolarmente caro agli Inglesi, che qui avevano un cimitero anglicano e dove viveva una nutrita comunità inglese. Nel Regno Sabaudo lo storico Padre Brustolon cita opportunamente Nizza e tutta la Riviera di Ponente (Porto Maurizio). Qui una comunità di Valdesi sopravviveva grazie ai sussidi svizzeri ed inglesi del colonnello Charles Beckwith. A Nizza in particolare, c’era un quartiere chiamato «città inglese» perché vi passavano l’inverno circa 600 Inglesi. Dal 1822 vi possedevano un tempio anglicano ed un cimitero. Anche Lucca fu investita da questo «avvicinamento», soprattutto in Bagni di Lucca.

Oggi come ieri i luoghi sono davvero suggestivi ed accoglienti e forse in qualche modo ricordarono agli Inglesi i luoghi freschi ed ameni presenti in Inghilterra. Il circolo dei forestieri, così come appare oggi e come appariva alla fine del secolo XIX, primi anni del XX, con le sue colonne in stile impero, non accolse solo gli Inglesi protestanti ma anche i Bonaparte fuggiaschi durante l’epoca della Restaurazione.

Luoghi come questi accolsero i Bonaparte. La proprietà è sita proprio in Benabbio, frazione di Bagni di Lucca, dove gli stessi soggiornarono tra il 1834 ed il 1837. I Padri in quei difficili momenti fecero buon viso a cattivo gioco, ed esaltarono certamente le virtù rivoluzionarie della fratellanza, libertà e fraternità, intese in modo cristiano, meno secondo la volontà della Dea Ragione. Tengo a precisare, come ricorda opportunamente lo storico, Padre Brustolon, in Nizza in quel periodo era Arcivescovo Monsignor Colonna d’Istria. E questa casata la ritroviamo in Corsica, tant’è che la bisnonna di Napoleone I fu proprio una Colonna di Corsica. Non può essere pura casualità che il religioso di cui mi sono occupata nella mia tesi, Padre Gioacchino Prosperi, Lucchese, in rapporti di parentela con i miei avi (proprietà limitrofe site ai Monti di Villa, Bagni di Lucca) citi anche i Colonna di Corsica con Niccolò Tommaseo, allora presente in Corsica e in rapporti d’amicizia col Prosperi ed il suo amico piemontese, il professor Gioacchino De Agostini. Furono indubbiamente le vicende rivoluzionarie del 1848 a rovesciare i piani di chi intendeva non solo difendersi dalla modernità incalzante, ma anche affermare una più ampia visione di cambiamento.


Note

1 Luigi Cattanei, Scolopi Liguri del primo Ottocento tra educazione, assistenza e letteratura, Biblioteca Franzoniana, 2015.

2 Gian Luigi Bruzzone, Aspetti delle Scuole Pie di Genova durante il periodo Giacobino, Napoleonico e nei primi anni della Restaurazione (1797-1820), in «Archivum Scholorum Piarum», 1992 numero 32, pagine 95-142.

3 Pubblicato il 21 luglio 1773 da Papa Clemente XIV che soppresse la Compagnia di Gesù.

4 Colpiti dalla Bolla pontificia di Clemente XI, Unigenitus Dei Filius (1713), i Padri Gesuiti videro prevalere i metodi calasanziani che non imponevano molte regole né una scuola mnemonica, attenti piuttosto alla crescita naturale dei giovani.

5 G. Manara, Cenni storici sul Collegio di Carcare, Cairo, 1828.

6 Antonio Brignola Sales, Saggio per l’Abate Degola. Novella storia di sventure. Genova, Pellas 1830.

7 Il salotto della Villetta Di Negro.

8 Giovanni Gentile, Vincenzo Gioberti e gli Scolopi: il carteggio di Gioberti e del Padre Solari.

(dicembre 2015)

Tag: Elena Pierotti, Padri Scolopi, Settecento, Ottocento, Italia, Congregazione dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, Paolo V, Gregorio XVI, Ordine degli Scolopi, Genova, Liguria, Padre Carosio, Eustachio Degola, Giuseppe Spina, Celestino Massucco, Domenico Buccelli, Giovan Battista Ottavio Assarotti, Cesare Cabella, Lucca, Bonaparte, Padre Gioacchino Prosperi, Gioacchino De Agostini.