Petru Rocca
Il nazionalismo senza bandiere

Descrivo sinteticamente le vicende di un uomo che ha rappresentato tanto per la Corsica e l’irredentismo: Petru Rocca.

Nato a Vico, in Corsica, il 28 settembre 1887 e qui deceduto il 7 giugno 1966.

Politico, scrittore ed esponente del nazionalismo e irredentismo italiano.

Studiò ad Ajaccio, collaborò alla rivista «Tramuntana» di Santo Casanova nel 1913.

Combatté durante la Prima Guerra Mondiale e fu ferito ricevendo la Legione d’Onore. Fondò lui stesso la rivista «A Muvra» che sosteneva le ragioni dell’irredentismo e indipendentismo córso, questo nel 1920, di ritorno dal fronte.

Si trattava dell’organo ufficiale del Partito Corsu d’Azzione, nato su modello del Partito Sardo d’Azione. In quel periodo in Europa molte erano le realtà politiche che rivendicavano la loro autonomia e indipendenza, a cominciare dalla Bretagna e dall’Alsazia, in Francia, cui il partito e Petru Rocca si richiamavano. Nel 1927 il partito divenne Partito Corsu Autonomistu, voleva la stesura di una costituzione e la proclamazione di una resistenza córsa verso la Francia. Il partito venne bandito nel 1939 con l’accusa di collaborazionismo con Benito Mussolini perché Rocca negli anni Trenta del XX secolo aderì attivamente all’irredentismo italiano in Corsica, propagandando la possibile unione della Corsica all’Italia. Fu poi condannato nel 1945 a 15 anni di carcere con l’accusa di collaborazionismo. Nei primi anni Cinquanta aderì ancora al movimento autonomista per la Corsica, fu liberato e finì i suoi giorni in maniera oscura nel suo villaggio. Fu lui per primo nel 1953 a chiedere alla Francia la ricreazione dell’Università Córsa creata da Pasquale Paoli nel Settecento. Viene ancora oggi considerato uno dei padri fondatori del movimento autonomista córso.

In questa breve biografia si condensano temi e situazioni di assoluto interesse per comprendere non solo il territorio córso ma la storia italiana ed europea del periodo.

Se consideriamo come durante la Prima Guerra Mondiale moltissimi soldati córsi furono trattati davvero in modo disumano dalla madrepatria, ci accorgiamo di quanto determinate realtà politiche non avrebbero assolutamente potuto venir meno.

I Córsi non vennero mai esentati dal conflitto, nemmeno i padri di famiglie numerose come accadeva nel restante territorio francese. Così moltissimi giovani finirono in trincea e perirono negli scontri, alimentando tale disparità quel revanscismo che si presentò ancor più nutrito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma suggerire che fu il fascismo a sostenere tale revanscismo «tout court» è una visione miope, che non tiene conto della reale portata della situazione córsa. Costretta a fronteggiare difficoltà di ogni tipo dopo il Primo Conflitto Mondiale, senza di fatto aver mai cessato anche prima dei tragici eventi di quegli anni di sentirsi territorio a sé stante rispetto alla nuova madrepatria francese, la Corsica trovò nell’Italia del tempo sostegno e riconoscimento.

Il fascismo non fece altro che prendere atto della realtà córsa così come si presentava: una popolazione quasi completamente di origini italiane, con una lingua che nulla aveva a che fare col francese, un territorio dove a lungo l’italiano era stato la lingua ufficiale. Una cultura e tradizioni assolutamente legate all’Italia. E un lungo Risorgimento nel quale la Corsica, grazie ai patrioti di ogni colore politico della Penisola, aveva rappresentato un trampolino di lancio verso la cacciata dello straniero austriaco. Non ultimi gli stessi Bonaparte, a cominciare da Luciano Bonaparte e i suoi figli, come appare abbondantemente dai documenti.

Più che cavalcare l’onda direi che il fascismo si fece interprete di un bisogno diffuso e di un riconoscimento «mazziniano» visto che il Padre della Patria Córsa, Pasquale Paoli, fu l’antesignano dei valori del grande Genovese. Valori che l’Europa stessa nel Settecento gli aveva ampiamente riconosciuto.

E qui necessita aprire una parentesi molto significativa, dei rapporti tra l’Inghilterra e questa realtà mediterranea.

Paoli ricevette sostegno dagli Inglesi. In Inghilterra si rifugiò quando era perseguitato. E qui morì e fu sepolto. Le sue spoglie ivi rimasero fino a quando non fu permesso di riportarle in patria.

L’Inghilterra considerava l’Isola Bella all’epoca come luogo significante per ampliare il proprio spazio mediterraneo e per dare all’Isola una opportunità di crescita politica. I Bonaparte mazziniani del XIX secolo questo rappresentarono: spesso dei rifugiati loro stessi in Inghilterra, a cominciare da Luciano Bonaparte; e mediatori nel Risorgimento Italiano, che non passò certamente inosservato nella compagine inglese «whig».

Dopo l’avvento di Napoleone III e poi l’arrivo della Repubblica successiva alla caduta del Secondo Impero, la storiografia tende a precisare che tutto ritornò alla normalità ma ciò non fu. Così come si sottolinea spesso il ruolo marginale della Corsica nel Risorgimento Italiano. Cosa che i documenti smentiscono a una lettura attenta prontamente e massicciamente.

Parlerei di un lungo Risorgimento e il fascismo da questo punto di vista si colloca perfettamente in un «continuum» storico, senza fratture di sorta. Del resto Winston Churchill fu l’erede perfetto di Lord Holland, amico e collaboratore quest’ultimo di Luciano Bonaparte e della sua famiglia nel corso del Primo Risorgimento in Italia, quando la Corsica avrebbe dovuto diventare, stanti i documenti, uno dei vari Stati di una Penisola Italiana di stampo federale.

Il partito «whig» che Lord Holland fondò e a cui aderì è lo stesso partito conservatore cui appartenne un secolo dopo Winston Churchill. Visto che il partito «whig» si scisse negli attuali conservatori e laburisti, soppiantando i vecchi «tories» inglesi.

La politica di Churchill non è stata così dissimile da quella di Lord Holland. E infatti Churchill prese seriamente il ruolo assunto da Benito Mussolini nella compagine mediterranea al punto che sicuramente fino a quando l’Italia non concretizzò la Campagna d’Etiopia, e soprattutto si avvicinò alla compagine tedesca, gli Inglesi sostennero Mussolini e il suo Governo. Altrettanto sicuramente la partita córsa, che non aveva dimenticato il Risorgimento Italiano e le sue promesse.

La realtà córsa era molto diversa da quella maltese, e accomunare i due movimenti indipendentisti come sovente viene fatto dagli storici parlando di fascismo e del suo rapporto con questi movimenti, lo trovo fuorviante. Sarebbe assolutamente importante leggere lo storico Gioacchino Volpe piuttosto che Giovanni Gentile o Ersilio Michel. Ma ancor più lo storico Luigi Venturini, che era Córso, e che operò come gli altri più celebri suoi colleghi proprio negli anni Venti e Trenta del XX secolo, per capire quella che davvero era la portata direi rivoluzionaria del loro operato. Questi intellettuali volevano rileggere – e ci provarono seriamente – il nostro Risorgimento in una chiave più aderente alla realtà di quanto sin qui sia stato proposto. Cercando e presentando carte, anche inedite, che talvolta non poterono leggere. Furono con ogni evidenza determinate situazioni politiche, suppongo connesse agli eventi bellici, che a partire dalla metà degli anni Trenta si crearono, a farli soprassedere. Ma non solo tali eventi. Difficoltoso rimase descrivere quello che per l’Isola Bella rappresentava e aveva rappresentato la realtà vaticana, anche questa congelata da un Risorgimento in chiave di pensiero unico. Che di fatto si perpetuò nel lungo Risorgimento fino alla Prima Guerra Mondiale. Il fascismo cercò di riappropriarsi di un’identità laica dello Stato che di fatto non era andata oltre i proclami fino alla Prima Guerra Mondiale. Non a caso si determinò nel 1929 il Concordato. Gli intellettuali citati, e Rocca era tra questi, volevano chiarire, carte alla mano, la reale portata degli eventi del XIX secolo in Italia. La frase che lo storico Luigi Venturini pronuncia in una sua pubblicazione bene rende l’idea di quanto sto affermando: «Anche i ciottoli di Bastia conoscevano vita, morte e miracoli del Pino».[1]

Che cosa ci racconta Venturini con questa frase? Che la Chiesa Córsa e quella Romana nel 1843 sostenevano un unico obiettivo, la cacciata dello straniero dalla Penisola. E anche chi, come il Vicario Córso Monsignor Sebastiano Pino, aveva subito la prigionia a Fenestrelle a opera di Napoleone, si era convertito al Risorgimento Italiano, cattolico e mazziniano a un tempo. E che dunque faceva riferimento in Vaticano a quel Cardinale Pacca, di cui sempre nella stessa opera si citano significativamente le Memorie, anche lui come il Pino relegato a Fenestrelle in epoca napoleonica. Ma Luciano Bonaparte e i napoleonidi in quegli anni sostenevano il federalismo italiano con una Corsica parte integrante di tale federalismo. Sotto l’egida pontificia. Analogamente Giovanni Gentile con Gioacchino Volpe ci parla di Nicola Cattaneo dei Cattaneo di Corsica, con lo stesso tenore. Perché il Cattaneo, cugino dell’Imperatore, e che faceva parte della Legione Córsa di Murat, con le sue carte avrebbe potuto rivoluzionare tutto l’impianto storico che vedeva una Chiesa refrattaria al nuovo, un’Inghilterra contraria alla politica napoleonica «tout court» e un Regno di Sardegna che non aveva mai prestato il fianco con Carlo Alberto sia ai Bonaparte mazziniani del tempo che alla Chiesa affatto refrattaria verso il nuovo. Foriera persino di un avvicinamento corposo attraverso il Movimento di Oxford al mondo anglosassone e a un riavvicinamento al protestantesimo europeo nel suo insieme. Insomma capiamo da questi pochi accenni che Petru Rocca era piena espressione di questa realtà storica ancora nel XX secolo. E che il fascismo si fece promotore di queste affermazioni affatto peregrine.

La fede profonda di Petru Rocca nell’identità della sua terra lo spinse a difendere valorosamente la cultura che gli era propria, attraverso il sostegno e il ripristino dell’Università Córsa intitolata a Pasquale Paoli. A testimonianza di tale fede.


Nota

1 Luigi Venturini, Di padre Gioacchino Prosperi e del suo libro sulla Corsica, Milano, Tyrrenia 1926.

(agosto 2021)

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