Le mie ricerche risorgimentali
Un Primo Risorgimento tutto da riscoprire

Se qualche lettore vuol conoscere le fonti documentarie di quanto scriverò può controllare le mie precedenti pubblicazioni in rete, non solo sul sito storico in oggetto ma su boorp, dove troverà in particolare due brevi saggi, Massoneria e Risorgimento e Patrioti nel Risorgimento, che attestano tali studi.

Carlo Ludovico di Borbone Parma ritengo fosse stato scelto dalla Corona Inglese come referente per una possibile Unità Nazionale «ante litteram». Sono assolutamente d’accordo con Carlo Alberto di Savoia quando nel 1830 scrisse che suo cugino Carlo Ludovico di Borbone si apprestava a diventare il Re d’Italia, e proverò in questo breve articolo a dimostrarlo.

La famiglia dei Borbone Parma era imparentata non solo con i Savoia ma anche con i Borbone di Napoli; ed instaurò, una volta giunta nel 1815 nel Ducato Lucchese, dopo il Congresso di Vienna, un processo di continuità politica con la precedente Sovrana del Principato Lucchese, Elisa Bonaparte.

Al Regno di Maria Luisa di Borbone, che data dal 1815 al 1824, succedette quello di suo figlio Carlo Ludovico che rimarrà qui Sovrano fino al 1847, quando il Ducato sarà ceduto al Granducato di Toscana e la dinastia borbonica si insedierà in Parma.

Questa l’ufficialità.

Proverò viceversa a descrivere che cosa accadde davvero in quegli anni cruciali.

Carlo Ludovico era un Borbone, dunque non aveva seri legami parentali con gli Asburgo, artefici principali del Congresso di Vienna e della Restaurazione. Era contemporaneamente cugino dei Savoia (anche loro liberi da seri leggi parentali con gli Asburgo) e dei Borboni di Napoli. Dunque il giovane Principe rappresentava una sorta di libera fascia nel campo da gioco dello scacchiere italiano del tempo.

Chi di casata non faceva Asburgo aspirava a cacciare in sordina lo straniero asburgico dalla penisola italiana. Tra i vari Sovrani non asburgici chi avrebbe potuto giocare bene questa partita?

I Bonaparte fuggiaschi rappresentavano in ogni modo un pericolo per la Corona Inglese, che aveva nel Mediterraneo interessi commerciali molto ampi e che faceva del liberismo nascente il suo cavallo di battaglia, a differenza dei così detti Imperi Centrali.

La Regina Vittoria andò al potere giovanissima, nel 1837. Vittoria era sicuramente una carta da giocare per quei Sovrani Italiani che volevano sdoganarsi da questa frustrante situazione politica. Non ultimo il Papa Re, destinato a fare da semplice sostegno al potentato asburgico, secondo il Congresso di Vienna, cosa assolutamente frustrante sia sul piano ideale che economico per il prestigio dello Stato Pontificio.

Certo, la Chiesa dalla Restaurazione aveva ottenuto le rimesse che i Bonaparte avevano depredato, ma in maniera non così sperata e consistente. E poi davvero c’erano serie garanzie perché tutto rimanesse, alla luce dei fatti, sulla stessa linea? Metternich era un manovratore che in ogni istante desiderava sempre sottobanco violare quegli accordi a tutto vantaggio della dinastia asburgica e degli Imperi Centrali. Fino al 1806 la dinastia asburgica aveva rappresentato il vecchio ordinamento imperiale di medievale origine. Ma quell’anno Napoleone aveva abolito di fatto l’Impero e sia gli Asburgo che il Pontefice non furono più i due Soli di medievale memoria.

Gli Asburgo non avevano più nemmeno moralmente obblighi verso l’Europa e verso il Cattolicesimo di cui si erano sempre sentiti i paladini indiscussi. Così le carte erano state del tutto rimescolate.

Il giocatore libero era proprio lo scavezzacollo Carlo Ludovico di Borbone: era giovane, colto, brillante disposto a mettersi in gioco, tant’è che di nascosto ma non troppo (Metternich era seriamente preoccupato) si convertì con alcuni membri della sua Corte Lucchese proprio in quegli anni al Protestantesimo. Lo rinnegò qualche anno più tardi, ma più simbolicamente che fattivamente.

La Regina d’Inghilterra Vittoria era scaltra ed aveva capito. L’Inghilterra del tempo aveva necessità di agganciare il Sud Italia, in particolare la dinastia borbonica che qui regnava. Napoli aveva rappresentato già in epoca bonapartista la testata d’angolo dei conflitti nazionali italiani ma anche una risposta precisa alle istanze di modernità. Fu così che qui nel 1820, dopo il fallito tentativo di Murat di costituire un Regno Italiano (l’Inghilterra non dette il suo assenso, nella persona di Lord Bentick), ci si rivolse non ai Bonaparte ma al Principe Borbonico dei Borbone Parma.

Le vicende murattiane avevano visto al centro della scena un agente segreto di Murat di origini lucchesi, Giuseppe Binda. Fu lui ad approcciarsi a Lord Bentick durante le operazioni murattiane del 1815, ma fu fermato dalla polizia austriaca e fuggì in Inghilterra. Lo sostituì Macirone, Napoletano, nel suo abboccamento a Genova presso Lord Bentick, che fallì appunto perché questi, di concerto con la volontà della Corona Inglese, non dette il suo assenso a Murat.

Nel 1820 i moti napoletani sostenuti in Inghilterra da Lord Holland, «whig» presso il quale si era rifugiato come uomo di fiducia proprio l’agente Giuseppe Binda, videro al centro della scena il patriota napoletano Gabriele Rossetti, che coinvolto nelle vicende si recò a Londra e mai sarebbe più tornato in Italia, come molti altri, morendo qui nel 1842. Sposò proprio a Londra Francis Polidori, la figlia del medico Gaetano Polidori di Bientina, ex segretario personale di Vittorio Alfieri, l’autore del Saul, ma soprattutto in stretti rapporti con gli ambienti lucchesi di Giuseppe Binda. Quando Carlo Ludovico andò al potere, e subito dopo, con l’avvento nel 1837 della Regina Vittoria d’Inghilterra, appena diciannovenne, lo scenario che si configurò fu davvero diverso rispetto a quello che i libri di storia solitamente descrivono.

Carlo Ludovico fu a lungo in Londra, in sintonia con quei patrioti della Penisola che qui si erano rifugiati. Uno era il Vate Gabriele Rossetti, l’altro era Antonio Panizzi, nativo di Reggio Emilia, che con Lucca aveva profondi rapporti perché laureatosi in Modena con Antonio Raffaelli, poi Ministro del Duca Borbonico nonché Cattolico Liberale, vicinissimo agli stessi ambienti lucchesi frequentati dal Vate Rossetti.

Nel 1839 un esiliato lucchese, anche lui patriota ed artista, Pier Angelo Sarti, tornò in Lucca con la moglie inglese e ricevette i saluti nel Ducato per lettera da molti amici patrioti rimasti a Londra: tra questi Gabriele Rossetti, Antonio Panizzi, Miglio, Beolchi e il Piemontese Rolandi. Sempre in quell’anno doveva venire a Lucca a sistemare la biblioteca privata del Duca Borbonico proprio Antonio Panizzi, il celebre ricercato emiliano, con lasciapassare britannico fattogli avere dal Duca Carlo Ludovico in persona grazie alla mediazione del cugino Carlo Alberto di Savoia a Torino. Anche Carlo Alberto era ormai un Sovrano invischiato nelle questioni risorgimentali.

Panini girò indisturbato per Torino, poi una volta a Genova venne pesantemente intimidito dal Governatore della città e fuggì velocemente a Londra senza passare per Lucca e neppure per Reggio, dove era diretto. Per l’occasione il Duca Borbonico gli scrisse ironicamente che se l’era fatta sotto dalla paura e che era stato troppo precipitoso. Mentre sempre in quel frangente Giuseppe Mazzini, anche lui esiliato in Londra, scrisse alla madre Maria a Genova chiedendole ironicamente se nel Regno Sabaudo i Re erano uno oppure due.

Carlo Alberto, come Panizzi, evidentemente, se l’era fatta addosso dalla paura. Di più. Erano in corso in quel frangente particolari manovre sovversive, cui gli stessi Bonaparte mazziniani fuggiaschi e sempre presenti in Londra, come appare dai documenti, non furono estranei, ma soprattutto non fu estraneo in queste vicende lo Stato della Chiesa.

C’è un Cardinale, storicamente ritenuto un baluardo della Restaurazione, Bartolomeo Pacca, vicino a questi ambienti sovversivi. Questo traspare da alcuni particolari documenti legati al religioso lucchese protagonista della mia tesi di laurea, Padre Gioacchino Prosperi. Il sacerdote lucchese, presente per ben dieci anni come predicatore errante in Corsica, incaricato proprio in quel periodo da Carlo Ludovico di Borbone, era legato a doppio filo sia ai Bonaparte che agli ambienti sabaudi (i d’Azeglio ed i Savoia). Anche lui è considerato un prete sovversivo (è un aristocratico) ma in realtà gira secondo i documenti indisturbato in lungo ed in largo in tutta la Penisola con tanti soldi al seguito e mai viene fermato o incarcerato. Nel 1834 aveva subito l’espulsione dal Piemonte ma nel 1838 era ancora in Torino a predicare la Quaresima.

Nel 1834 e poi nel 1837 secondo i documenti sia i figli di Luciano Bonaparte, ricercati mazziniani, che lo stesso Luigi Napoleone Bonaparte, futuro Napoleone III, sono ospiti e rifugiati nel Ducato Lucchese, ospiti del Duca Borbonico. È dunque più che verosimile che Carlo Ludovico sia stato assoldato dagli ambienti «whig» inglesi.

Nel 1840 transitano in Lucca i fratelli Fabrizi, mazziniani, ed il figlio e la moglie di Ciro Menotti.

I Fabrizi fanno la spola con la Sicilia e con Malta ed organizzano una spedizione dei Mille «ante litteram».

Alcuni cugini lucchesi, patrioti, sono legati in via parentale ai Fabrizi. Ma anche vicinissimi al Duca Borbonico. Almeno la loro famiglia lo è. Il Duca dunque fa sul serio, Londra anche.

C’è un incontro in quel di Firenze: dai documenti non è chiaro se fosse invischiato anche il Granduca Toscano che di fatto è un Asburgo Lorena. L’incontro sarà tra i Principi Bonaparte, il conte Broglio, ex Ministro Sabaudo, l’ex Ministro Sabaudo Graber de Hemso residente in Firenze, la marchesa Eleonora Bernardini di Lucca, amica di Padre Prosperi e dei Bonaparte, ed un Cardinale, atteso poi a Genova, pare un Brignole, cugino di quel Brignole Sales Ligure e plenipotenziario di Re Carlo Alberto a Parigi.

Ha tale Cardinale legami con Bartolomeo Pacca? Del Pacca, che morì nel 1842, ci parla Padre Gioacchino Prosperi nelle sue lettere dalla Corsica con affermazioni sibilline, citandolo senza spiegare la ragione effettiva della citazione. Provo ad ipotizzare. Pacca di madre faceva Malaspina.

I Malaspina avevano avuto in origine rapporti parentali con gli stessi Bonaparte, e governarono storicamente i territori adiacenti alla città di Lucca. A Benevento, terra dei Pacca, sempre i Bonaparte avevano dato, almeno finché il Ducato era stato mantenuto in vita, in epoca napoleonica, un sostegno fattivo, salvo poi appropriarsi del Ducato medesimo ed inviare lo stesso Pacca a Fenestrelle, dove tra l’altro aveva conosciuto Cesare d’Azeglio, grande amico fraterno di Padre Gioacchino Prosperi. La Chiesa Córsa, dalle lettere del Prosperi, sembra particolarmente attiva in tali vicende risorgimentali, forse complici gli stessi Bonaparte ed il loro partito bonapartista, florido sull’Isola Bella.

Ormai il partito bonapartista córso è votato ad un mazzinianesimo impuro. Davvero la Chiesa di Bartolomeo Pacca cerca di sdoganarsi, complice la Chiesa Córsa, dalle pastoie viennesi, complice Londra?

La Regina Vittoria sostenne il Vate Rossetti, convertitosi al Protestantesimo ma sempre vicino col cuore alle sue origini cattoliche ed ai Cattolico Liberali Italiani. La Regina poi dimenticò il Rossetti e pose in auge Panizzi e la dinastia sabauda, nella figura dell’incerto e fragile politicamente Carlo Alberto, sempre al centro della scena con gli stessi Cattolico Liberali (questo almeno appare dai documenti sottobanco). Il Duca Borbonico e la dinastia borbonica apparivano in ogni caso troppo solidi per non tremare, una volta confluiti in un’Unità Nazionale Italiana. Ritengo si trattasse di una scena federale, funzionale alla strategia inglese.

I Savoia e Carlo Alberto in particolare erano più fragili dei Borbone, ed altrettanto sensibili nel volersi liberare dallo strapotere asburgico; questi ultimi desiderosi, almeno in origine, di costituire solamente un forte Stato nel Nord Italia.

L’empasse del Duca Carlo Ludovico si fece sentire in quel frangente.

Fece spese folli, dilapidando il suo patrimonio, e non solo al gioco come gli storici sostengono, ma per acquistare documenti segreti e riservati, come appare da alcuni documenti che ho rintracciato. Tali documenti, proposti da un fantomatico duca prussiano sia al conte Broglio che al Duca Carlo Ludovico, trovarono l’approvazione di quest’ultimo e la ritrosia del conte Broglio.

Il conte sabaudo penso non agisse in proprio, vista la mole dei documenti, ma in nome di un più morigerato Carlo Alberto. In fondo Broglio era un ex Ministro del Sovrano Sabaudo. Viceversa il Segretario di Stato Lucchese Ascanio Mansi dette il suo assenso all’acquisto. Siamo nel 1838.

In quegli anni il Duca Lucchese aveva fatto Barone tale Charles Sebright, Inglese nobilitato dallo stesso Duca e poi, come risulta dai documenti, inviato a Cefalonia nel 1843 ed in combutta con quegli stessi patrioti che ho citato. Lo attestano le lettere.

Il Barone d’Everton, così fu chiamato Charles Sebright, fu in strettissimi rapporti con la Regina Vittoria, che nel 1870 lo fece «sir» e gli dette numerosi incarichi. Sappiamo che anche Panizzi in quegli anni fu fatto «sir» dalla Regina. Non così il Vate ed i membri della famiglia Rossetti che, seppure artisti famosi ed apprezzati in ambito internazionale, ebbero minore lustro. Sì, ciò mi conferma che la piazza napoletana dalla Regina era stata messa in un angolo.

Il Duca aveva come suo particolare Ministro anche l’ingombrante Ward, lui pure Inglese, nobilitato dal Duca nel 1834 e dopo la fine del dicato lucchese e delle fortune del Duca Carlo Ludovico, rimasto in Firenze ricco e rispettato. Ma soprattutto ricevette rispetto anche in Londra. Eppure ufficialmente era un personaggio controverso!

In tutte queste vicende la cartina di tornasole è rappresentata dall’ex agente murattiano lucchese Giuseppe Binda, alias Joseph Agamennon Binda, così si fece chiamare una volta ottenuta la cittadina britannica a servizio di Lord Holland. Qui rimase fino al 1817, poi senza un valido apparente motivo si trasferì a New York, in mezzo ai patrioti qui in esilio e sposò la figlia del potente Generale Statunitense Sumter.

Incaricato in seguito dal Presidente degli Stati Uniti e debitamente protetto proprio dal Parlamento Americano dove il suocero e la sua famiglia spadroneggiavano, fu inviato sempre intorno al 1840 come Console degli Stati Uniti a Livorno, luogo strategico all’epoca proprio per il Duca Borbonico che qui, con gli ambienti protestanti ed ebraici che frequentava, era sempre di casa.

Saranno le vicende unitarie a fare del Binda una spina nel fianco del nascente Stato Unitario nazionale, costringendolo con diversificate manovre politiche all’esilio dall’Italia, nonostante le proteste del Governo Americano, peraltro il primo Governo a riconoscere il nascente e neonato Stato Unitario Italiano.

Da questa descrizione possiamo ben comprendere che il Duca Borbonico e più tardi suo cugino Carlo Alberto di Savoia, che lo sostituì, io ritengo, nelle grazie della Corona Inglese, ebbero un ruolo fattivo, propositivo nel perorare la complessiva causa nazionale molto più ampio di ciò che appare normalmente leggendo le carte della storiografia ufficiale. Il Sud dopo un momento (pare dai documenti intorno al 1840) attivo e propositivo, venne messo da parte. Lo scenario cambiò. Mi ripeto, Londra ebbe diverse mire, attuò una diversa strategia. Lo Stato della Chiesa e i vari Regni Italici interessati dovettero adeguarsi a questo cambiamento e di mezzo ci andò non solo lo Stato della Chiesa ed i famosi Cattolico Liberali ma anche lo scavezzacollo Carlo Ludovico di Borbone. Furono i Savoia a farsi spazio, anche loro funestati dalle maglie di uno scenario internazionale affatto favorevole alla costituzione di uno Stato forte nella Penisola Italiana. Forse è per questo che siamo ancora uno Stato a «sovranità limitata»?

La mia analisi, ripeto, è documentabile, naturalmente si serve sia di documenti certi che di prove documentarie ricavate analizzando passaggi esclusivi ma ipotizzabili nello scenario di quegli anni. Spero con questo breve articolo di trovare lettori che desiderano approfondire, come ho cercato di fare io, questa nostra vivace storia nazionale, per un confronto fattivo e senza pregiudizi.

(febbraio 2018)

Tag: Elena Pierotti, Carlo Ludovico di Borbone, Regina Vittoria, Lord Bentick, Giuseppe Binda, Bonaparte, Carlo Alberto di Savoia, Gioacchino Prosperi, Mazzini, Lucca, Fabrizi, Bartolomeo Pacca.