Il Risorgimento Mediterraneo non è un mito
La Corsica negli studi e nelle istituzioni culturali durante il fascismo

Confutando un lavoro della studiosa e ricercatrice Deborah Paci, posso ben dire di dover smentire, documenti alla mano, quanto la studiosa ha prodotto. La stessa si rivolge sia alla Corsica che a Malta e asserisce che durante il fascismo fu ampiamente sfruttato dalla propaganda fascista il mito risorgimentale.

Intanto è necessario porre un distinguo netto tra Malta e la Corsica. Malta era territorio di pertinenza britannica e pertanto la stessa Gran Bretagna ebbe modo di sostenere l’isola maltese in modo decisamente diverso rispetto alla Corsica. Io mi occuperò in questo frangente solo della Corsica che ho ampiamente studiato e su cui ho ampiamente prodotto documentazione in rete e in una pubblicazione cartacea.

Ho ribadito che nel Risorgimento la Corsica fu parte integrante dei progetti di costituzione della Nazione Italiana. Naturalmente i progetti furono sempre confederali. Solo all’ultimo momento si realizzò una unità centralista per ragioni storiche ben definite, quando la stessa dinastia che mise in atto l’unificazione non prevedeva un’unità centralizzata.

La Corsica e i miei viaggi in quell’Isola del religioso lucchese Padre Gioacchino Prosperi, protagonista della mia tesi, lo dimostra ampiamente. Prosperi è una spia sabauda e contemporaneamente a servizio del suo Duca, Carlo Ludovico di Borbone Parma. È stato Padre Gesuita a Torino in casa Savoia, con cui è in confidenza, e in casa d’Azeglio, essendo egli come un figlio per il patriarca Cesare.

Poi nel 1834 lascia Torino, espulso ufficialmente per una frase incriminata di una sua Ode in memoria di Carlo Felice, pubblicata e pronunciata a Torino nel 1831. Questo accade dopo tre anni dalla pubblicazione perché la situazione politica è cambiata, Carlo Alberto non può più scopertamente sostenere i patrioti rivoluzionari e al tempo stesso moderati come Padre Gioacchino Prosperi. Preferisce condannare, espellere, salvo poi sostenere sottobanco. E infatti Padre Gioacchino Prosperi sta a Torino ufficialmente ancora nel 1838 a predicare la quaresima, nonostante l’espulsione.

In patria a Lucca, dove regna il cugino di Carlo Alberto, il Duca Carlo Ludovico di Borbone, che è anche cugino del Re di Napoli, Prosperi non può ottenere subito un impiego nonostante lui, nobile, appartenga alla cerchia di chi in città ha sempre governato, a partire dall’Alto Medioevo. Il Duca su suggerimento di Don Luigi Forlanini, un Córso protetto dal Duca in Lucca, un rivoluzionario moderato legato al partito bonapartista córso, convince Prosperi ad andare a predicare in Corsica e questo accadrà pressoché ininterrottamente dal 1839 al 1847, anno in cui Prosperi otterrà per «premio» in Lucca il rettorato della parrocchia di Sant’Anna Fuori le Mura e la docenza in storia nel Liceo cittadino lucchese che funge da Università, incarichi che egli manterrà fino al 1873, anno della sua morte.

Prosperi è un rivoluzionario, le sue predicazioni non ci sono nella pubblicazione dell’editore Fabiani di Bastia del 1843 sulla Corsica, editore che sostiene i rivoluzionari. Prosperi è amico e collaboratore di Luciano Bonaparte che conosce da sempre poiché il fratello di Napoleone è stato il protettore del cugino di Padre Prosperi, il grande musicista Luigi Rodolfo Boccherini. Prosperi nel 1844 viene arrestato a Firenze con molto denaro in tasca e lettere compromissorie. Eppure il processo si conclude in una farsa, lui continuerà sempre a fare ciò che vuole, ossia a sostenere «i Gesuiti sani di mente» come lui li chiama nelle lettere, Padre Boero e Padre de Ravignan, che lui cita nelle lettere contro i Gesuiti che non sono «sani di mente» come Padre Melia, contro cui si scaglia continuamente in pubblicazioni su giornali e riviste.

Padre Prosperi in quel periodo è Padre Francescano, e ciò è ampiamente rilevabile dalle sue lettere e da una pubblicazione. Inoltre un documento presente all’Archivio di Stato lucchese definisce Prosperi un Fra’ Massone che sostiene il partito bonapartista córso.

E adesso veniamo ai fatti del partito bonapartista córso. È sostenuto da Luciano Bonaparte e dai suoi figli di secondo letto, ripetutamente presenti sotto mentite spoglie e in quegli anni protetti dal Duca Borbonico, come i documenti attestano. Ma anche da Luigi Napoleone Bonaparte, il loro cugino, futuro Imperatore Francese e anche lui presente nel Ducato in incognito. Naturalmente l’ex Sovrano Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone, non è da meno. Sta a New York e collabora col lucchese Giuseppe Binda, ex agente murattiano lucchese e soprattutto con Luigi Angiolini di Seravezza, suo amico che attraverso la figlia Enrichetta e il genero Gherardi Angiolini lotta da mazziniano «perseguitato». In Corsica non passano solo patrioti di ogni colore politico. In Corsica i patrioti di ogni colore politico preparano la battaglia. Il 29 marzo del 1846 sul sagrato di San Rocco in Ajaccio Prosperi benedice questi patrioti che lì sono convenuti perché hanno ricevuto la cattiva notizia dei fatti polacchi di inizio mese. Lì sono presenti armi, munizioni visto che Prosperi invoca una sottoscrizione che si sta svolgendo in quel preciso momento per armare questi patrioti. Vogliono che la loro Isola diventi a pieno titolo parte di un «Santo Regno Italico (confederale) sotto egida papale» e Prosperi sostiene che il laicismo italo-sardo sia ancora fastidiosamente vantaggioso rispetto alle posizioni cattolico-liberali. Ma tutti quanti collaborano per un Mediterraneo diverso. E infatti una lettera del 1843 mette in evidenza che si sta ordendo una congiura con a capo sia il Duca Borbonico che il Principe di Carignano, congiura sostenuta dal Barone d’Everton, Charles Sebrigt, allora governatore di Cefalonia per conto di Sua Maestà Britannica, con cui tutte queste forze collaborano alacremente. Poi per sopraggiunte difficoltà sia nel Mediterraneo Orientale che in Italia non se ne fece nulla, ma i presupposti c’erano tutti.

Dire che la Corsica in modo marginale ha fatto parte del Risorgimento Italiano è un falso storico. È necessario, io credo, andarsi a rileggere le carte che ho ampiamente pubblicato. Per quanto riguarda il periodo fascista Churchill sostenne ampiamente Mussolini, e la Corsica in mano all’Italia anziché alla Francia per l’Inghilterra era buona cosa. Almeno fino alla campagna d’Etiopia e al cambio di passo in Italia in politica estera. Del resto Churchill è politicamente l’erede di quel Lord Holland che nel XIX secolo sostenne i Bonaparte mazziniani e chi voleva un’Italia indipendente sotto egida papale. Tutte le carte tendono a confermarlo. Era amico Lord Holland di Joseph Agamennon Binda, che tenne ampiamente il gioco di questo politico. Era amico di donna Letizia Ramolino, madre dell’Imperatore Francese Napoleone che visitò ripetutamente in Roma fino al 1838, anno della morte della stessa. L’Inghilterra del periodo si aspettava una diversa risposta da Roma, questo sì, che non venne.

In epoca fascista gli intellettuali del tempo rispolverarono tutti questi documenti. Parlo di Giovanni Gentile, di Gioacchino Volpe, di Ersilio Michel, di Luigi Venturini, peraltro quest’ultimo un Córso. Tutti storici e intellettuali che volevano ricostruire i fatti come si erano verificati e volevano riportare la Corsica in orbita italiana, su sostegno inglese. Giovanni Gentile scrisse addirittura che se ritrovava le carte di Nicola Cattaneo dei Cattaneo di Corsica, che era cugino di Felice Baciocchi e dunque dell’Imperatore Francese, avrebbe riscritto la storia d’Italia. Probabilmente non ha ritrovato queste carte. Solo un piccolo fascicolo è presente all’Archivio di Stato di Lucca. A ogni modo i documenti ci sono, ripeto, basta leggerli. E Mussolini e la sua politica in Corsica (mi limito alla Corsica perché non ho analizzato nel dettaglio Malta) rispondeva pienamente alla situazione non solo storica ma politica del tempo nei rapporti che intercorrevano tra Roma e Londra. Spero che le ovvietà in futuro non rimangano solo ovvietà.

(settembre 2021)

Tag: Elena Pierotti, Risorgimento Mediterraneo, Benito Mussolini, Winston Churchill, Luciano Bonaparte, Gioacchino Prosperi, Joseph Agamenno Binda, Giovanni Gentile, Gioacchino Volpe.