Risvolti inediti delle vicende bonapartiste
E se non fosse andata proprio come ce l’hanno raccontata?

Proverò a descrivere, grazie ai documenti rinvenuti durante i lavori preparatori della mia tesi di laurea, in maniera il più possibile lineare alcune vicende bonapartiste «nascoste», defilate, che gli storici, vuoi per mancanza di documentazione certa, vuoi perché faceva comodo celare certi risvolti, hanno taciuto.

Napoleone Bonaparte, l’Imperatore per antonomasia, fu molto legato alla mia città, Lucca. Qui creò lo Staterello Baciocchiano, che affidò alla sorella Elisa. Ma qui soprattutto inviò sua moglie Giuseppina già durante la Prima Campagna d’Italia, quando questa lo raggiunse nella Penisola, per difenderla da possibili aggressioni. A Lucca avrebbe trovato la giusta protezione.

Il futuro Imperatore, allora ancora semplice Generale dell’Armata d’Italia, non si sbagliava. A San Miniato, in Toscana, sita in provincia di Pisa, abitavano suoi congiunti, che egli visitò. Alcuni di loro erano dei religiosi, e San Miniato per l’appunto diocesi di Lucca. Perché il clero locale non avrebbe dovuto proteggere sua moglie Giuseppina?

Le frequentazioni del futuro Imperatore e della sua famiglia dovevano essere antecedenti dunque a quella Campagna. Negli archivi di un Ordine Religioso cittadino lucchese, i Chierici Regolari della Madre di Dio, ci sono delle lettere inviate nel XVIII secolo da Pasquale Paoli a Padre Ghelsucci, di detto Ordine.

Qui il rivoluzionario Paoli definisce apertamente alcune questioni riguardanti un Generale Córso che era conosciuto da Padre Ghelsucci, e si confida col religioso. Pasquale Paoli era stato nel XVIII secolo per un certo periodo vicino alla famiglia Bonaparte, prima che questa si staccasse dalla causa rivoluzionaria córsa. Detto Ordine aveva legami anche con la città di Genova, e la madre di Napoleone, Letizia Ramolino, aveva origini genovesi.

In Lucca dimoravano talvolta i Calandrini, la famiglia lucchese che nel Cinquecento era fuggita a Ginevra come molte altre famiglie del tessuto cittadino dopo la Riforma Protestante, la quale famiglia aveva per giunta contratto parentela nel Seicento con la famiglia Bonaparte, come risulta dagli annali.

Ma ciò che più avvicina Napoleone Bonaparte alla città di Lucca è una lettera datata 1° gennaio 1815. Qui un tale Lorenzo Pierotti, che scrive per la verità da Empoli a Pisa all’Abate Ranieri Zucchelli, suo amico di gioventù e compagno di studi, descrive accuratamente i legami tra gli ambienti curiali e rivoluzionari toscani del tempo e l’Imperatore. Quel Lorenzo Pierotti ho motivo di ritenere che sia un mio avo (Lucca 1767-1854) perché i riferimenti che la lettera contiene me lo fanno facilmente supporre. C’era un rivoluzionario con lo stesso nome e cognome in Lucca in quel periodo, di stampo bonapartista, ed è gioco forza chiedersi, visti i coinvolgimenti religiosi in Lucca della sua famiglia, se un altro rivoluzionario con lo stesso nome e cognome e anche lui legato agli ambienti curiali, potesse non essere precisamente un omonimo. Senza contare che le lettere presenti alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze investono tre personaggi a seguire per date di nascita e morte, con lo stesso cognome, e precisamente un Lorenzo, un Cesare e un Giuseppe, che da un mio stato di famiglia risultano essere rispettivamente un nonno, un padre e un figlio. Più chiaro di così?

I contenuti della lettera con precisi riferimenti al conte Fabrizio Lazzari a Torino, nipote del Generale Bonapartista Rege De Gifflenga, sempre torinese, lasciano pochi dubbi. Vuoi vedere che le certezze espresse da Lorenzo nella lettera rinvenuta sulle sue mediazioni politiche rivoluzionarie del periodo sono dovute alla frequentazione di Lorenzo medesimo col conte Lazzari torinese, mi sono detta?

In Lucca alcuni suoi cugini erano anche loro dei conti Lazzari, coinvolti questi ultimi in vicende politiche a partire dal 1300 con Castruccio Castracani nella battaglia di Montecatini.

A pensar male non ci si rimette mai. E infatti sono i trascorsi del nonno successivi alla lettera a confermarmelo. Napoleone Bonaparte in quel periodo è esule all’Isola d’Elba e sta preparando la sua fuga. Il sostegno di Murat sarà essenziale in tale fuga, e Murat è vicinissimo a questo Lorenzo. Il principale agente segreto di Murat infatti, tale Giuseppe Binda, è Lucchese e, guarda caso, non distante da Lorenzo, ideologicamente oltre che geograficamente. Quel Binda, una volta terminata l’esperienza murattiana e fuggito da ricercato prima in Inghilterra e poi a New York, diverrà il Console Americano a Livorno nel 1848, incaricato dal Governo Americano una volta divenuto in quello Stato cittadino anche per aver sposato la figlia del celebre Generale Sumter. Egli sarà successivamente un fido amico e collaboratore di Alexander Walewsky, figlio naturale dell’Imperatore Córso.

Napoleone Bonaparte fu, dopo la disfatta di Waterloo, relegato a Sant’Elena, dove morì.

Qualcuno insinuò che avesse più volte tentato la fuga dall’isola, e qualcun altro, in modo rocambolesco, che ci fosse persino riuscito. Non sarà mica stato Lord Holland a permettergli la fuga o, quantomeno, a organizzarla, mi sono detta? Il celebre Lord Inglese «whig» era amico di sua madre, Letizia Ramolino che, esule a Roma dopo la disfatta napoleonica, dove morirà nel 1837, venne a più riprese visitata proprio da Lord Holland, di casa in Italia. E questi, guarda caso, era stato a Londra il protettore di Giuseppe Binda, che nel 1817 era divenuto il bibliotecario ufficiale di Holland House, ossia di casa sua. Ma soprattutto Lord Holland fu sempre vicino ai Bonaparte superstiti, ospitati a più riprese in quegli anni non solo da lui, in Inghilterra, ma anche a Lucca, talvolta sotto mentite spoglie, da quel Lorenzo Pierotti cui ho fatto cenno. I documenti parlano chiaro. Sto parlando degli anni rivoluzionari che vanno dal 1834 al 1837. Tutto rigorosamente in incognito.

Potrei continuare a lungo a descrivere questi particolari trascorsi, ma preferisco fare un balzo in avanti e parlare questa volta del Secondo Imperatore della famiglia Bonaparte, ossia di Napoleone III.

Se nel 1837 fu quasi certamente, stando ai documenti, ospite anche lui di Lorenzo, da patriota rivoluzionario, è altrettanto certo che quando era ormai Imperatore a Parigi, pubblicava presso una tipografia che era la stessa in cui pubblicava anche un membro della famiglia di Lorenzo, l’ingegnere Ermete Pierotti. Lontane parentele tra questi ultimi due? Anche in questo caso sono i documenti a parlare e particolari situazioni a farlo supporre.

C’è poi uno strano prete rivoluzionario in Lucca, Padre Giocchino Prosperi, cugino di Lorenzo. Definito, Padre Prosperi, il prete della Corsica perché predicò nell’Isola Bella per ben 10 anni pressoché ininterrottamente, dal 1839 al 1849. Anche lui fu vicinissimo ai Bonaparte e in particolare a una nobildonna lucchese, la marchesa Eleonora Bernardini, che a partire proprio dall’ex Imperatore Napoleone I sino ad arrivare a Luciano Bonaparte, ai figli di quest’ultimo e a molti altri napoleonidi, aveva sempre tenuto serrati legami con loro. Così vogliono i numerosi documenti al suo attivo. La marchesa in quegli anni fu a suo modo una donna rivoluzionaria, e Padre Prosperi si affidò sempre ai suoi graditissimi suggerimenti. Mi sembra che sufficienti siano i riferimenti esposti per stabilire che:

1) i patrioti italiani di ogni colore mai abbandonarono davvero l’Imperatore e la sua augusta famiglia nelle vicende politiche dei Bonaparte che coincisero a lungo con le loro stesse vicende politiche;

2) l’essere degli autentici cattolici liberali mai inficiò i rapporti degli stessi con gli ambienti bonapartisti, e direi con la stessa Elisa Bonaparte e con Napoleone I;

3) i Paesi coinvolti in tali vicende furono del tutto favorevoli e a lungo per una soluzione anche marcatamente bonapartista della questione italiana, o quanto meno videro nei Bonaparte un punto strategico di riferimento;

4) Paesi come la Gran Bretagna e gli stessi emergenti Stati Uniti non ebbero affatto un ruolo secondario nelle vicende e videro con occhio benevolo non tanto il primo Napoleone (ma forse anche lui, soprattutto quando questi decise di adottare i suggerimenti di Benjamin Constant, nei famigerati 100 giorni, come aveva promesso) quanto i Bonaparte a lui superstiti, per risolvere le questioni dello Stivale.

Se poi il tutto abortì si dovette più a una concatenazione di eventi che non a una precisa volontà di togliere di mezzo quei Bonaparte, i quali fra l’altro si imparentarono in quegli anni con le principali Case Regnanti Europee.

Perché gli storici si limitano a dirci che Napoleon I fu definitivamente sconfitto dai risultati del Congresso di Vienna e non spiegano quanto il ruolo suo e poi dei suoi familiari sia andato ben oltre, in anni in cui parrebbe inimmaginabile un loro intervento politico di rilievo e diretto, secondo la storiografia ufficiale? I documenti all’attivo di Padre Prosperi in Corsica parlano addirittura di sommovimenti rivoluzionari nella regione, mai presi in considerazione dalla storiografia.

Troppo poco si dice del ruolo rivoluzionario bonapartista sulla Penisola Italiana durante il Primo Risorgimento, questo il mio parere.

La Chiesa Romana era responsabile di questo stato di cose? Non direi, dai documenti che ho rinvenuto pare il contrario, che sottobanco la Chiesa Romana fosse ancor più rivoluzionaria degli stessi rivoluzionari, quanto meno che non fosse così soddisfatta del suo ruolo da Cenerentola che il Congresso di Vienna le aveva affibbiato in quel periodo. E che, anche dopo l’Unità Nazionale Italiana, nonostante le difficoltà che dovette affrontare, non perse mai di vista a esempio la causa protestante per un riavvicinamento con la stessa Inghilterra e con l’Europa tutta, anche se ufficialmente si era arresa ai risultati stabiliti dall’impresa garibaldina.

Anche in questo caso mi piacerebbe davvero che qualche storico e/o cultore della materia potesse avvalersi non solo di quanto ho pubblicato su internet al riguardo ma dei pochi studi esistenti sull’argomento per rivedere quelle posizioni storiografiche ancora in auge, francamente obsolete e fuorvianti.

Tali interpretazioni storiografiche non rappresentano affatto la mole di documenti che ho avuto la fortuna di poter leggere e anzi, tendono a negare tali documenti. Ma carta canta. Un vero peccato che siano i rapporti internazionali piuttosto che l’incuria del tempo a celare la vera storia del nostro Paese. Il mio naturalmente vuol essere solo un invito alla riflessione, e alla lettura delle carte cui faccio riferimento.

(febbraio 2019)

Tag: Elena Pierotti, Bonaparte, Gioacchino Prosperi, Fabrizio Lazzari, Corsica, Rege de Gifflenga, Lorenzo Pierotti, Lucca, il Risorgimento e i Bonaparte.