Antonio Gramsci: cronista e analista delle rivoluzioni russe nel 1917
Durante le due rivoluzioni in Russia del 1917 Gramsci concentrò le sue analisi tramite tre articoli sul «Grido del Popolo» in cui si manifestò la sua concezione soggettivistica dell’interpretazione del marxismo

Gramsci seguì con interesse i fatti che dal febbraio del 1917 si verificarono in Russia. In quegli sconvolgimenti politici e sociali vide la «riscossa degli avvenimenti socialisti che non avevano tradito lo spirito dell’Internazionale».[1]

All’epoca dei fatti, già da quasi sei anni si trovava a Torino e da oltre tre anni era redattore della rivista «Grido del Popolo».[2]

Gramsci si informò degli avvenimenti tramite la stampa dell’epoca, quindi le notizie in suo possesso, anche se si trovava in una città crocevia come Torino con l’ampia diffusione dei mezzi di stampa e di organizzazioni culturali, erano piuttosto frammentarie, in modo particolare dovuto alla censura istituita durante la guerra.

Sin dai primi scioperi che si svilupparono a Pietrogrado e che precedettero l’insurrezione e la successiva abdicazione dello Zar, per Gramsci fu fondamentale l’adesione di alcuni reparti dell’esercito, definendola «una rivoluzione proletaria di stampo socialista», come la descrisse nel primo articolo dove trattò della Rivoluzione, intitolato Note sulla rivoluzione russa del 29 aprile del 1917, dove per la prima volta scrisse un articolo sugli avvenimenti in Russia:

«A leggere i giornali, a leggere il complesso delle notizie che la censura ha permesso di pubblicare, ciò non si capisce troppo. Sappiamo che la rivoluzione è stata fatta dai proletari (operai e soldati), sappiamo che esiste un comitato di delegati operai che controlla l’opera degli enti amministrativi che necessariamente si sono dovuti mantenere per il disbrigo degli affari ordinari».[3]

Nel seguito dell’articolo Gramsci sembra dare una descrizione degli eventi rivoluzionari un po’ idealizzati in cui scrive che la rivoluzione in atto si stava attuando secondo dei principi democratici attraverso l’istituzione del suffragio universale secondo la volontà popolare: «La rivoluzione russa ha distrutto l’autoritarismo, e gli ha sostituito il suffragio universale, estendendolo anche alle donne. All’autoritarismo ha sostituito la libertà, alla Costituzione ha sostituito la libera voce della coscienza universale».[4]

Gramsci differenzia subito la Rivoluzione russa con quella francese, sulla scorta della lettura delle Considerazioni sulla violenza di Sorel, dove l’autore francese sosteneva che non c’era soluzione di continuità tra autoritarismo e rivoluzione giacobina, definendo il giacobinismo come un «processo rivoluzionario borghese e violento».[5]

Per Gramsci, la rivoluzione francese era stata quindi un fenomeno prettamente elitario e borghese, costituito sul perseguimento di fini prettamente materiali e politici di una classe sociale, quella borghese:

«Il giacobinismo è un fenomeno puramente borghese; esso caratterizza la rivoluzione borghese di Francia. La borghesia, quando ha fatto la rivoluzione, non aveva un programma universale: essa aveva degli interessi particolaristici, gli interessi della sua classe, li servì con la mentalità chiusa e gretta di tutti quelli che tendono a fine particolaristici. Il fatto violento delle rivoluzioni borghesi è doppiamente violento: distrugge l’ordine vecchio, impone l’ordine nuovo».[6]

Nella realtà dei fatti, le forze rivoluzionarie russe erano molto composite e la visione utopistica di un’instaurazione del governo del popolo come conseguenza delle libere elezioni a suffragio universale era una prospettiva assai limitata al momento della scrittura dell’articolo. Il governo provvisorio presieduto dal socialista rivoluzionario Kerenskij stava disponendo l’arresto dei leader della fazione bolscevica.

Un altro elemento che fa percepire l’idealizzazione del processo rivoluzionario in atto in Russia da parte del pubblicista Gramsci è il passo, sempre del medesimo articolo, in cui vede gli eventi come una sorta di palingenesi morale dei costumi anche tra i criminali comuni russi: «In un reclusorio i condannati per reati comuni, all’annunzio che erano liberi, risposero di non sentirsi in diritto di accettare la libertà perché dovevano espiare le loro colpe. A Odessa essi si radunarono nel cortile della prigione e volutamente giurarono di diventare onesti e di far proposito di vivere del loro lavoro».[7]

Un’autodeterminazione degli individui del proprio concetto di libertà di matrice rousseauiana: «Libertà fa gli uomini liberi, allarga l’orizzonte morale, del peggiore malfattore in regime autoritario fa un martire del dovere, un eroe dell’onestà».[8]

Il 28 luglio Gramsci pubblicò il secondo articolo sugli eventi della Rivoluzione sempre sul «Grido del Popolo». Anche per questo elaborato, le informazioni erano scarne per i motivi sopra detti, ma già a una prima lettura dell’articolo si può ben notare come l’autore fosse già a conoscenza delle prime dinamiche interne dei vari movimenti rivoluzionari.

Già dal titolo I massimalisti russi in cui i massimalisti, per Gramsci, erano identificati con i bolscevichi, dove la Rivoluzione iniziata da Kerenskij stava ormai lasciando il posto a una nuova fase che sarebbe stata guidata proprio dai bolscevichi: «Kerenskij, Zeretellli, Chernoff, sono l’oggi della rivoluzione, sono i realizzatori di un primo equilibrio sociale, la risultante di forze in cui i moderati hanno ancora molta importanza. I massimalisti sono la continuità della rivoluzione, sono il ritmo della rivoluzione: perciò sono la rivoluzione stessa».[9]

Nel prosieguo dell’articolo Gramsci definiva i bolscevichi dei «rivoluzionari e non evoluzionisti»,[10] dove questo termine era associato, in maniera dispregiativa, all’ala riformista del Partito Socialista rappresentato da Turati e Treves sulle scorte dell’evoluzionismo di matrice kaustskiana:[11] «Lenin alla rivoluzione socialista non ha avuto il destino di Babeuf. Ha potuto il suo pensiero convertirlo in forza operante nella storia. Ha suscitato energie che più marcano. Egli e i suoi compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare il socialismo. Sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non evoluzionisti».[12]

Con la Rivoluzione d’Ottobre, i bolscevichi prendono in mano le sorti della Rivoluzione in Russia, come aveva auspicato Gramsci, che redasse un articolo intitolato La rivoluzione contro il Capitale, dove lo spirito rivoluzionario, messo in pratica da un’avanguardia ovvero dai bolscevichi, era riuscito a rovesciare l’assunto del determinismo di Marx in cui la rivoluzione in un Paese ancora a capitalismo non avanzato come la Russia era pressoché impossibile: «La rivoluzione dei bolscevichi è maturata da ideologie più che da fatti (perciò , in fondo, poco ci ispira sapere più di quanto sappiamo). Essa è la rivoluzione contro Il Capitale di Carlo Marx».[13]

Già da questo scritto si può intravedere il pensiero della concezione antideterministica e antipositivista in Gramsci, di un’interpretazione del marxismo di matrice «idealista» e antidogmatica:

«Eppure c’è una fatalità anche in questi avvenimenti, e se i bolscevichi rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non si rinnegano il pensiero immanente, vivificatore... Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero italiano e tedesco, e che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e naturalistiche».[14]

Nella seconda parte dell’articolo, Gramsci si sofferma sulle cause che avevano portato all’accelerazione del processo rivoluzionario in Russia, dove rilevò che il motivo fondamentale era stato il conflitto bellico della Prima Guerra Mondiale, contingenza che Marx nel Capitale non avrebbe potuto prevedere dato il suo carattere stadiale e materialistico:

«Marx ha preveduto il prevedibile. non poteva prevedere la guerra europea. o meglio non poteva prevedere che questa guerra avrebbe avuto la durata e gli effetti che ha avuto. Non poteva prevedere che questa guerra, in tre anni di sofferenze indicibili, di miserie indicibili, avrebbe suscitato in Russia la volontà collettiva popolare che ha suscitato».[15]

Per Gramsci è stata fondamentale la volontà di superare i rapporti di forza dei Russi stessi e di aver avuto come guida la fazione bolscevica:

«La predicazione socialista ha messo il popolo russo a contatto con le esperienze degli altri proletari. La predicazione socialista fa vivere drammaticamente in un istante la storia del proletariato, le sue lotte contro il capitalismo, la lunga serie di sforzi che deve fare per emanciparsi idealmente dai vincoli del servilismo che lo rendevano abietto, per diventare coscienza nuova, testimonio attuale di un mondo da venire».[16]

Secondo Gramsci, il processo rivoluzionario in Russia è stato determinato da diversi fattori teorici quali: soggettività, volontarietà, determinismo e utilizzo della storia. Tale concezione verrà ripresa nei Quaderni dal carcere, come critica al manuale sulla Teoria del materialismo storico di Bucharin e alla sua assunzione all’ortodossia marxista, dove rifiuterà «in toto» le categorie economia-rivoluzione, mettendo al primo posto l’importanza di una nuova elaborazione del concetto di cultura e ideologia.[17]


Note

1 Guido Liguori, Gramsci e la Rivoluzione d’ottobre, in «Critica Marxista», 4-5, 2017, pagina 63.

2 Per una biografia di Gramsci negli della sua permanenza a Torino (1911-1922) si rimanda alla biografia di Angelo d'Orsi Un Nuovo Gramsci, Milano, Feltrinelli, 2019 (II edizione).

3 Antonio Gramsci, Note sulla rivoluzione in Russia, in «Il Grido del Popolo», 29 aprile 1917, ora in idem, Scritti politici, volume I, a cura di P. Spriano, Roma, Editori Riuniti, 1972, pagina 41.

4 Ibidem.

5 Rita Medici, «Giacobinismo», in Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni del carcere, a cura di Fabio Frosini, Guido Liguori, Carocci, 2004, Roma, pagina 113.

6 A. Gramsci, Note sulla rivoluzione in Russia, pagina 41.

7 Ivi, pagina 42.

8 Ibidem.

9 Antonio Gramsci, I massimalisti russi, in «Il Grido del Popolo», 28 luglio 1917, ora in idem, Scritti politici, volume I, a cura di P. Spriano, Roma, Editori Riuniti, 1972, pagina 44.

10 Ibidem.

11 G. Liguori, Gramsci e la Rivoluzione d’ottobre, pagina 65.

12 Antonio Gramsci, I massimalisti russi, pagina 44.

13 Antonio Gramsci, La rivoluzione contro il Capitale, in «Avanti!», edizione milanese, 24 dicembre 1917, ora in idem, Scritti politici, volume I, a cura di P. Spriano, Roma, Editori Riuniti, 1972, pagina 53.
Articolo destinato a uscire il 1° dicembre del 1917 sul «Grido del Popolo» ma completamente censurato. Riuscì a essere pubblicato nella sua interezza solamente il 24 dicembre 1917.

14 Ibidem.

15 Ibidem.

16 Ivi, pagina 54.

17 Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere. Edizione critica dell'Istituto Gramsci a cura di Valentino Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, pagine 1422-1426 (Quaderno II . § 22).

(agosto 2021)

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