La nascita del comunismo in Germania
I precursori e gli ispiratori di Karl Marx

Una cosa che balza all’occhio anche a chi non abbia una conoscenza approfondita della storia, è che il comunismo, dove non è stato portato con la forza delle armi (come per esempio nei Paesi dell’Europa Orientale invasi dall’Armata Rossa), si è sviluppato principalmente in quegli Stati che presentavano una certa arretratezza sociale ed economica: pensiamo alla Russia degli ultimi decenni del dominio degli Zar, alla Cina del tempo di Mao, a Cuba – Nazioni sottoposte a un Governo estremamente autoritario, a volte corrotto, e dove la maggior parte della popolazione era dedita ad attività agricole e tenuta in condizione di miseria o semi-schiavitù.

Non può quindi stupire che il comunismo abbia trovato terreno fertile presso alcuni pensatori tedeschi della metà dell’Ottocento, ovvero di una Nazione con un’organizzazione sociale poco più che feudale, una borghesia che non era ancora la classe «dominante» e un’industrializzazione agli inizi. Una terra dove la maggior parte degli intellettuali sognava il ritorno a una società fondata sul modello medievale, con le sue corporazioni e i suoi ordini.

Si noti che ho detto pensatori tedeschi, ma non dobbiamo credere che questi intellettuali vivessero in Germania: fino alla (fallita) rivoluzione del 1848 in quel Paese non c’era un movimento politico perché vigeva il divieto di organizzazioni simili ed era attiva una severa censura della stampa; esistevano solo organizzazioni di carattere assistenziale e sociale.

Un’attività di carattere politico, anche se segreta, cominciò a svilupparsi nelle associazioni degli emigrati tedeschi all’estero: a Berna, nel 1834 nacque la lega segreta «Neues Deutschland» («Nuova Germania»), più tardi chiamata «Junges Deutschland» («Giovane Germania»), simile alla «Giovine Italia» mazziniana. Nello stesso anno sorse a Parigi un’associazione molto importante, il «Bund der Geächteten» («Lega degli Espulsi»), dal quale nel 1873 si separò il «Bund der Gerecheten» («Lega dei Giusti»), che svolgerà la sua attività in maniera prevalente a Parigi e a Londra. Karl Marx giudicherà la sua dottrina una «miscela di socialismo o comunismo anglo-francese e di filosofia tedesca» (Il signor Vogt, 1860), anche se questa aveva specifiche origini tedesche, riconoscibili per esempio per il fervore religioso. Nella capitale britannica iniziò la cooperazione di Marx ed Engels con la Lega che, nel 1847, assunse il nome di «Bund der Kommunisten» («Lega dei Comunisti»). Su invito di questa Lega, Marx ed Engels redassero il Manifest der Kommunistichen Partei (Manifesto del Partito Comunista). Lo scopo di questa Lega non era però quello di diventare un partito politico, ma di influenzare tutto il movimento democratico nei vari Paesi Europei. Durante la rivoluzione del 1848, Marx ed Engels si trasferirono in Germania e sciolsero la «Lega dei Comunisti» perché il posto dei comunisti ormai lo vedevano all’interno dei vari movimenti rivoluzionari in Europa.

Se all’inizio il comunismo tedesco si intrecciava con la questione tedesca, cioè con il movimento nazionale mirante al rinnovamento politico e al riscatto della Germania, arretrata e sottomessa come nessun’altra Nazione alla Restaurazione attuata dalle potenze della Santa Alleanza, in seguito esso si irradiò e stabilì al di fuori dei confini della Nazione, a causa della mancanza di libertà interna e della conseguente emigrazione massiccia di artigiani e intellettuali tedeschi in altri Paesi dell’Europa Occidentale. Quest’ultimo fatto favorì un’ampia presa di contatto con una cultura e una società ben più avanzate e libere, oltre che con gli effetti più devastanti di quello sviluppo industriale che in Germania era solo agli albori: questo spiega perché il movimento comunista tedesco fosse fin dall’inizio internazionalista, per le circostanze che gli imponevano di esistere all’estero, e pervaso da un diffuso comunitarismo di stampo evangelico.

Grande importanza ebbero alcuni uomini sia per la diffusione dell’idea «utopica» del comunismo (Wilhelm Weitling), sia per l’ispirazione che hanno dato a Marx ed Engels (Moses Hess, Ferdinand Lassalle).

Wilhelm Weitling (1808-1871), un sarto membro della direzione della «Lega dei Giusti», esercitò un grande influsso sugli artigiani tedeschi che vivevano in Svizzera, Francia e Inghilterra, tra i quali cominciavano a diffondersi idee socialiste. Elaborò un sistema di notevole coerenza e originalità: vedeva la radice dei mali sociali nell’abbandono delle leggi della natura e della carità cristiana, nella disuguaglianza della distribuzione dei beni e nella concezione del lavoro; il mezzo di salvezza stava quindi nell’abolizione del diritto di proprietà e dell’eredità, nell’abolizione del denaro e nell’instaurazione di una comunanza di tutti i beni. Per questo, bisognava creare grandi «associazioni di famiglie» (simili alle Falangi di Fourier) come organizzazioni di produzione e di consumo (ognuna doveva abbracciare circa 1.000 famiglie), con vita comune e comune educazione dei figli. In queste organizzazioni doveva vigere l’obbligo del lavoro, un uguale tempo di lavoro per tutti, la distribuzione dei prodotti secondo i bisogni che dovevano essere determinati in modo uguale per tutti. Per mezzo di lavoro complementare sarebbe stato possibile acquistare beni di uso non necessario, secondo i bisogni individuali.

La realizzazione del nuovo ordine sociale si doveva raggiungere non per via di riforma, ma di rivoluzione. Per il rovesciamento della vecchia società e l’organizzazione della nuova, Weitling credeva necessaria la comparsa di un nuovo messia e per il periodo di transizione era fondamentale la dittatura. Come organizzazione definitiva della società comunista rifiutava la democrazia, in quanto in questa sono sempre determinanti gli interessi personali. L’organo supremo dell’amministrazione doveva essere composto da un «Trio» dei «più grandi filosofi» e anche per gli organi inferiori andava istituito un «potere del sapere».

Moses Hess (1812-1875), in opposizione a Weitling, cercò di fondare sull’economia la sua critica alla società presente, e in questo anticipò le teorie di Marx sulla concentrazione del capitale, sull’impoverimento della classe operaia e sul crollo del capitalismo. A differenza di Weitling che si muoveva ancora sul piano di una economia determinata dal lavoro artigiano, Hess prendeva le mosse dalla produzione industriale. Anch’egli richiedeva l’abolizione della proprietà privata, del denaro (visto come il valore umano espresso in cifre e che trasforma l’animale sociale in cannibale), il rigetto della democrazia; contrariamente a Weitling, voleva una società anarchica.

Fu il primo a propagandare negli ambienti intellettuali radicali il comunismo, ragione per la quale si meritò il titolo di «padre del comunismo tedesco»; esercitò un influsso notevole sul giovane Marx e su Engels, che guadagnò alla causa del comunismo; per primo cercò di fondare filosoficamente il comunismo, dimostrando la sua «necessità logica» come risultato di un processo dialettico dell’origine e dello sviluppo dell’umanità. Per Hess il socialismo era, da una parte, l’ultima conseguenza dell’idealismo tedesco, la realizzazione di questa filosofia e, dall’altra, il risultato del socialismo francese: come sintesi di questi, il «socialismo scientifico».

Ferdinand Lassalle nacque nel 1825 da genitori ebrei, studiò filologia e filosofia, subendo l’influsso di Hegel e di Marx; morì ancora giovane, il 31 agosto 1864, a Ginevra, per una ferita riportata in un duello.

Nel febbraio del 1863 un’associazione locale di operai di Leipzig si rivolse con una lettera a Lassalle domandando il suo parere sulla possibilità di convocare un congresso nazionale di operai e chiedendogli di elaborare un progetto di programma sociale-politico per la stessa associazione. Lassalle rispose con una Offener Antwortbrief (Lettera aperta di risposta) nella quale consigliò di fondare un partito con lo scopo di un’agitazione pacifica e continua, per l’introduzione del suffragio universale diretto e segreto in tutti gli Stati Tedeschi. Il 23 maggio dello stesso anno venne fondata l’«Allgemeiner Deutscher Arbeitverein» («Associazione Generale degli Operai Tedeschi»), o ADAV, e Lassalle ne divenne il presidente.

Per la sua teoria sociale, Lassalle prese le mosse dalla Legge bronzea del salario: secondo questa legge il salario medio dell’operaio rimaneva sempre limitato a garantirgli il minimo per sopravvivere, di modo che all’operaio veniva reso impossibile un miglioramento del suo livello di vita. Da questa situazione l’operaio poteva uscire solo a condizione che lui stesso diventasse imprenditore. A tale scopo Lassalle proponeva la fondazione di cooperative di produzione, che avrebbero dovuto essere fondate con sussidi da parte dello Stato. Così esse sarebbero state capaci di rompere la potenza dei capitalisti e di condurre al socialismo. Per costringere lo Stato a concedere questi sussidi, gli operai avrebbero dovuto separarsi dal partito liberale di progresso e costituirsi in partito proprio.

Con Marx, Lassalle concordava nella denuncia del dominio della classe; vedeva nella storia l’azione di leggi necessarie e, di conseguenza, credeva che una rivoluzione non si potesse «fare» a volontà: la rivoluzione presupponeva infatti una situazione rivoluzionaria determinatasi in base alle leggi dello sviluppo storico; vedeva nella missione del proletariato l’emancipazione di tutta l’umanità. Dissentiva da Marx nella concezione del ruolo dello Stato cui chiedeva una collaborazione per l’emancipazione della classe operaia («Lo scopo dello Stato è di portare l’umanità a un dispiegamento positivo e a un continuo sviluppo; lo scopo dello Stato è l’educazione e l’allevamento del genere umano alla libertà», Arbeiterprogramm). Mentre Marx concepiva la «dittatura del proletariato» come fase di passaggio alla nuova società comunista durante la quale lo Stato sarebbe stato abolito, Lassalle richiedeva una «dittatura del sapere»: la trasformazione della società non sarebbe stata l’opera di opinioni individuali, ma avrebbe richiesto un grande personaggio capace di unire lo spirito della Nazione, avendo dalla sua parte la ragione, la scienza e il movimento della storia. Concepiva la democrazia secondo il modello plebiscitario, basato su un Duce e la dittatura della scienza; il modo con cui Lassalle si comportava da presidente dell’ADAV, faceva pensare che egli sognasse di diventare un Duce autoritario; d’altronde il modello di organizzazione dell’ADAV, nel quale il presidente aveva poteri quasi illimitati, era per lui concepito esplicitamente come modello della futura società.

Il rapporto tra Marx e Lassalle era ambivalente: da una parte Marx lo stimava come valoroso rivoluzionario, dall’altra i dissensi tra i due provocarono una distanza che sarebbe poi sfociata in una vera e propria rottura.

Questi furono i modelli da cui Marx prese ispirazione: concezioni utopiche, che non tenevano conto né delle differenze fra gli Stati, per non parlare di quelle tra i singoli uomini, né delle situazioni politiche e sociali del tempo; modelli che avrebbero potuto essere realizzati solo ed esclusivamente nei sogni. Morto Lassalle, l’esponente più prestigioso e più autorevole del comunismo tedesco restava indubbiamente Karl Marx. E fu la sua versione del comunismo a essere diffusa per il mondo.

(settembre 2021)

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