Le Ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana
Una storia di abnegazione, fedeltà ed eroismo

Durante gli ultimi anni di guerra, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ai combattenti italiani che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana, fu chiesto di impegnarsi in uno sforzo bellico senza precedenti per tentare di evitare la capitolazione. In quel difficile periodo, per la prima e unica volta nella nostra storia militare, le Forze Armate arruolarono tra le proprie fila personale femminile volontario in parità di doveri e diritti con i soldati di sesso opposto.

Queste donne in uniforme, lavorando negli ospedali e condividendo anche i sacrifici dei reparti che operavano in prima linea, furono inquadrate nel Servizio Ausiliario Femminile. Il servizio nacque ufficialmente con il decreto ministeriale del 18 aprile 1944, che autorizzava l’arruolamento di volontarie comprese tra i 18 e i 45 anni.

Il personale prendeva parte a particolari corsi, della durata di 45 giorni, istituiti appositamente per le quattro specialità della nuova formazione: servizi militari, ospedalieri, difesa contraerea e servizi di ristoro.

Le principali materie di insegnamento erano: l’addestramento formale, il pronto soccorso, l’uso delle armi, i regolamenti, la topografia e il canto.

Ogni Ausiliaria era dotata di un libretto personale che ne riportava la fotografia, i dati anagrafici, il grado e la matricola; al termine del corso prestava giuramento di fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana e venivano apposti i «gladi» sui baveri delle uniformi.

Le ausiliarie erano presenti in quasi tutte le formazioni militari della Repubblica Sociale Italiana, comprese quelle dislocate in Germania e dimostravano di sapersi far valere in qualunque circostanza e in qualsiasi luogo.

Centinaia furono le Ausiliarie cadute durante i bombardamenti e mitragliamenti, martoriate e uccise nelle imboscate e negli attentati. Numerose furono le citazioni, gli encomi e le ricompense al valore, molto spesso alla memoria.

Al termine del conflitto l’odio dei partigiani, autoproclamatisi vincitori di una guerra che senza il massiccio intervento americano non avrebbero mai vinto, si accanì contro le Ausiliarie con una ferocia spesso disumana. Molte pagarono con la vita la loro partecipazione alla Repubblica Sociale Italiana (non di rado dopo essere state stuprate), altre vennero rapate e fatte sfilare per le strade fra il ludibrio della feccia urlante, alcune denudate e frustate, altre ripetutamente violentate, in un’esplosione di odio bestiale che non ha e non può avere alcuna giustificazione. Le meno sfortunate, che solo il caso sottrasse al supplizio e alla morte, finirono nei vari campi di concentramento come il P.W.E. 334 di Scandicci (Firenze) tenuto dagli Americani, o in quelli tenuti dagli Ialiani, questi ultimi definiti «di rieducazione morale»: espressione davvero paradossale se si pensa che intanto, qua e là per l’Italia, dilagava la prostituzione fra gli invasori angloamericani di ogni razza e colore. Da quei campi di concentramento le Ausiliarie uscirono solo dopo mesi e mesi di prigionia, le ultime nel gennaio 1946 . Il Servizio Ausiliario Femminile è la formazione militare che, in proporzione ai suoi effettivi, ha pagato il più alto tributo di sangue alla causa della Repubblica Sociale Italiana.

Secondo l’Associazione culturale Servizio Ausiliario Femminile, il numero delle Ausiliarie cadute sia in conseguenza di vicende belliche che uccise a guerra finita dovrebbe avvicinarsi alle duemila unità. La cifra esatta non è nota perché molte di loro furono date come disperse o uccise e sepolte in fosse comuni o, comunque, sparite nel nulla.

(Parte dell’articolo è di Filippo Giannini)
(gennaio 2015)

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