Foibe giuliane
Il dramma delle donne nella tragedia di un intero popolo

Il martirio degli Italiani infoibati o diversamente massacrati dai partigiani di Tito nelle zone del confine orientale, in modo particolare nel quadriennio 1943-1947 e con significative accentuazioni a guerra finita, è stato oggetto di un’ampia storiografia e di una cospicua memorialistica, ed infine ha trovato riconoscimento istituzionale nella Legge 30 marzo 2004 numero 92, con cui si è data attuazione al Giorno del Ricordo ed alla prassi di conferire ai congiunti delle vittime la Medaglia d’Onore in memoria di quel tremendo sacrificio.

Il contributo femminile alla tragedia delle foibe e delle altre uccisioni indiscriminate è meno conosciuto, sia pure con qualche significativa eccezione come quella di Norma Cossetto, divenuta un simbolo dell’intero martirologio giuliano, istriano e dalmata, in specie da quando, nel 2006, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi volle conferire a mani della sorella Licia, «motu proprio», la Medaglia d’Oro al Valore per il nobile comportamento della martire davanti ai propri assassini.

In effetti, le donne infoibate od altrimenti massacrate in quegli anni di piombo furono almeno molte centinaia, pagando con la vita la sola colpa dell’italianità, o quella di essere state madri, mogli, figlie, sorelle di uomini che, a loro volta, erano stati fedeli servitori dello Stato, quando appartenenti a forze militari o militarizzate, ovvero civili impegnati in ogni attività professionale, comprese le più umili, per non dire dei minorenni, o dei sacerdoti e delle suore uccisi «in odium fidei».

A fronte di stime circa il numero delle vittime come nella valutazione sinora insuperata di Luigi Papo[1] pari a non meno di 16.500, quella compiuta da Giuseppina Mellace[2] in maniera specifica per le donne ha prodotto un elenco di 432 nominativi, con un’incidenza nell’ordine del 2,6%. In ogni caso, si tratta di cifre approssimate per difetto: nel caso delle vittime femminili è possibile affermarlo con certezza.

Infatti, estrapolando dall’elenco dei riconoscimenti sinora intervenuti a fronte della Legge numero 92 – pari ad oltre un migliaio – quelli riferiti alle donne, è facile rilevare che, a fronte delle 21 domande presentate e delle 19 accolte[3], soltanto 12 si riferiscono a nominativi di cui all’elenco Mellace. È la conferma di quanto siano carenti, per ovvie ragioni, tutte le valutazioni sulle cifre reali, e di quanto siano difficili, ad oltre 70 anni dai fatti, le ulteriori ricerche; ma ciò non significa che non sia importante approfondire e perpetuare la memoria storica di quel dramma epocale, e le responsabilità ormai ineludibili del comunismo slavo e del collaborazionismo italiano.

Ciò posto, è naturale concludere affermando che le attenzioni dei possibili aventi causa (indicati dalla Legge in questione nei congiunti entro il sesto grado) rivolte alle vittime femminili non sono state proporzionali a quelle complessive, peraltro comprensibilmente ridotte dalla legge inesorabile del tempo, ma nello stesso tempo da un’informazione quanto meno carente: cosa che avrebbe dovuto e potuto suffragare l’istanza presentata dall’Onorevole Giorgia Meloni[4] per l’estensione del diritto di domanda, anche alle Amministrazioni Comunali dei luoghi di origine dei caduti.

Il delitto contro l’umanità tradottosi nella tragedia delle foibe e delle altre allucinanti esecuzioni, e nel grande esodo dei 350.000, rimane una testimonianza ed un monito, quale atto compiuto alla luce di una fede perversa, a danno di vittime innocenti fra cui tante donne, ma senza poter interdire l’affermazione finale di verità e giustizia.


Note

1 Confronta Luigi Papo, Gli ultimi tremila anni dell’Istria, terza edizione, Unione degli Istriani, Trieste 2003; Luigi Papo, Albo d’Oro, seconda edizione, Unione degli Istriani, Trieste 2009.

2 Confronta Giuseppina Mellace, Una grande tragedia dimenticata: la vera storia delle foibe, Newton Compton Editori, Roma 2015 (l’elenco delle vittime femminili è riportato alle pagine 239-261).

3 Le domande respinte si riferiscono alla Signora Marianna Dal Bo in De Pieri ed all’Ausiliaria Caterina Prizzon, uccise da elementi partigiani in modo agghiacciante. Il rifiuto, oggettivamente opinabile, è stato motivato con la presunzione secondo cui si sarebbe trattato di azioni civili di guerra!

4 L’istanza in parola era stata formulata assieme alla proposta di proroga della Legge numero 92, poi statuita nel febbraio 2016 senza variazioni né integrazioni, ma nulla vieta che possa essere riconsiderata ed estesa nella parte relativa ai soggetti abilitati a presentare le domande di conferimento.

(febbraio 2018)

Tag: Laura Brussi, Maresciallo Tito, Legge 30 marzo 2004 numero 92, Norma Cossetto, Carlo Azeglio Ciampi, Licia Cossetto Tarantola, Luigi Papo, Giuseppina Mellace, Giorgia Meloni, Marianna Dal Bo in De Pieri, Caterina Prizzon.