La Chiesa di Pio XII e l’aiuto diretto agli Ebrei
La ragione dei «silenzi» di Papa Pio XII

Il 27 gennaio è la «Giornata della memoria» e vorremmo celebrarla ricordando alcune notizie poco note riguardo al contributo della Chiesa Cattolica nella protezione verso gli Ebrei.

Sul «Corriere della Sera» del 27 gennaio 2014 si legge che i perseguitati Ebrei trovarono spesso rifugio all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che godeva dell’extraterritorialità essendo di proprietà della Santa Sede. È anche per questi motivi che, come si è recentemente scoperto, molti Ebrei Romani lasciavano un lascito alla Chiesa. Alberto Della Seta, deportato nel ’43 durante la razzia del ghetto di Roma, ad esempio, ha affidato le proprie sostanze liquide alla propria famiglia e, nel caso che nessuno di loro avesse fatto ritorno, metà dei propri beni all’Università Israelitica e l’altra metà alla Chiesa Cattolica.

La somma verrà elargita alla famiglia superstite, ma la cosa sorprendente è proprio il fatto che un Ebreo decida di lasciare i propri beni alla Chiesa perché questo sta ad indicare che gli Israeliti Romani nutrivano verso il Pontefice e il Vaticano sentimenti di fiducia e riconoscenza. Del resto, l’azione di Della Seta non è di certo l’unica: il senatore Abramo Giacobbe Isaia Levi lascerà la sua villa in eredità a Pio XII in segno di riconoscenza per l’aiuto che gli fu offerto durante la guerra (il senatore aveva trovato rifugio all’interno di una proprietà ecclesiastica).

È nota infatti l’attività del Papa in favore degli Ebrei Romani nel periodo del rastrellamento del ’43 (disposizione a consegnare al rabbino Israel Zolli il denaro mancante che i nazisti chiedevano come riscatto, protesta informale all’ambasciatore tedesco Ernest Von Weizsacker per fare cessare gli arresti degli Israeliti, richiesta alle monache agostiniane dei Quattro Coronati di dare ospitalità agli Ebrei perseguitati, eccetera), ma anche nelle altre zone dell’Italia la Chiesa ebbe un ruolo fondamentale nell’aiutare gli Ebrei e più in generale tutti coloro che erano in pericolo: a Firenze operò per loro il Cardinale Dalla Costa proclamato Giusto nel 2012, titolo di Giusto ha ricevuto anche Don Francesco Repetto che svolse la sua azione a Genova; aiutò gli Ebrei anche il Cardinale di Milano Idelfonso Schuster e così fu anche in altre città. A Roma, come ha notato lo storico Andrea Riccardi, i salvataggi non potevano essere soltanto «iniziative dal basso» ma erano chiaramente coordinati e consentiti dai vertici della Chiesa.

Queste attività potevano essere rischiose per lo stesso Papa in quanto vi era il rischio che le truppe naziste potessero invadere lo Stato del Vaticano (giravano molte voci all’epoca che Hitler intendesse fare prigioniero il Pontefice). L’aiuto prestato agli Ebrei dalla Chiesa, ha spiegato la storica Anna Foa, docente ebrea di Storia Moderna all’Università «La Sapienza» di Roma, «non nasce da posizioni ideologiche filo cattoliche, ma soprattutto su ricerche puntuali sulla vita degli Ebrei durante l’occupazione, dalla ricostruzione di storie di famiglie o di individui». E «gli studi degli ultimi anni stanno mettendo sempre più in luce il ruolo generale di protezione che la Chiesa ha avuto nei confronti degli Ebrei durante l’occupazione nazista dell’Italia».

Nonostante questo permangono tuttavia delle critiche rivolte al Pontefice per aver scelto la cosiddetta tattica del «silenzio» e per non aver effettuato una denuncia pubblica. Eppure vi furono diverse personalità (anche ebraiche) che hanno considerato che un pubblico pronunciamento sarebbe stato non solo inutile ma persino dannoso, come lo storico Martin Gilbert o l’assistente al pubblico ministero americano al processo di Norimberga Robert M. Kempner («qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il Governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio procurato ma avrebbe accelerato l’assassinio di un numero maggiore di Ebrei e sacerdoti» ha dichiarato quest’ultimo). Questi giudizi non sono basati esclusivamente su ragionamenti teorici ma hanno avuto conferma anche da alcuni tragici avvenimenti: ad esempio nel 1942 in conseguenza delle proteste della Chiesa Olandese contro le deportazioni e le persecuzioni antisemite i nazisti arrestarono per «rappresaglia» tutti gli Ebrei convertiti al Cattolicesimo che riuscirono a trovare, tra i quali venne catturata anche Edith Stein.

Considerazioni simili valevano tra l’altro non solo riguardo alle atrocità verso gli Ebrei ma anche verso le popolazioni cattoliche come i Polacchi: il Vescovo di Katowike, Monsignor Stanislao Adamsky, spiegò in un opuscolo clandestino dell’epoca che «durante i primi mesi della guerra la radio del Vaticano citava tutti i giorni casi di assassinii, di arresti e di rappresaglie nei confronti dei Polacchi, soprattutto nei campi di concentramento. In seguito si rinunciò a dare informazioni così particolareggiate. Perché? La ragione è che per molte vie erano giunte in Vaticano richieste di cessare la trasmissione di tali notizie, perché dopo ogni audizione di tal genere preti e religiosi [...] erano maltrattati con maggiore crudeltà. Si dichiarava loro apertamente: “Questo è come compenso per il fatto che il vostro Papa o il vostro Cardinale hanno di nuovo parlato contro di noi”. Ed ogni volta un certo numero di prigionieri vi perdeva la vita, ed altri ancora contraevano malattie» (Matteo Luigi Napolitano, Pio XII tra guerra e pace, Roma 2002, pagina 134).

Il motivo per cui Pio XII «tacque» fu dunque principalmente per evitare ulteriori persecuzioni ai danni dei suoi fedeli e delle popolazioni soggette al dominio nazista, anche se i critici ne hanno dato le motivazioni più disparate (antisemitismo, filo nazismo, paura del comunismo, eccetera). Del resto, come ha sottolineato Peter Gumpel, postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, «oggi le critiche provengono soprattutto da persone che non hanno vissuto quegli anni e si sono costruite un’idea molto personale di Pio XII» e ha aggiunto anche che sul Pontefice ci si sta ormai avviando verso un notevole ripensamento, specialmente in America del Nord, da parte di persone che avevano giudicato negativamente Pacelli. Gumpel è fermamente convinto che un giorno Pio XII sarà elevato agli onori degli Altari e verrà dichiarato Santo e quando quel giorno verrà la «leggenda del Papa di Hitler» avrà forse finalmente termine.

Articolo in media partnership con www.uccronline.it
(gennaio 2016)

Tag: Mattia Ferrari, Pio XII, Italia, Seconda Guerra Mondiale, Chiesa Cattolica, Roma, opere umanitarie della Santa Sede, aiuto agli Ebrei, Pio XII e gli Ebrei, Giornata della memoria, Corriere della Sera, silenzi di Pio XII, Ospedale Bambino Gesù di Roma, Alberto Della Seta, Abramo Giacobbe Isaia Levi, Israel Zolli, Ernest Von Weizsacke, monache agostiniane dei Quattro Coronati, Cardinale Dalla Costa, Don Francesco Repetto, Idelfonso Schuster, Andrea Riccardi, Martin Gilbert, Robert M. Kempner, Edith Stein, Stanislao Adamsky, Matteo Luigi Napolitano, Peter Gumpel, Pacelli, leggenda del Papa di Hitler.