Un poliziotto nella Roma occupata dai Tedeschi (1943-1944)
Gli interventi dell’infermiera Focaroli, del Fatebenefratelli, dei Frati Minori e del maresciallo di Pubblica Sicurezza Lucignano per proteggere gli Ebrei ricercati dai Tedeschi il 16 ottobre 1943 a Roma

Nella manovra di accerchiamento attuata dai nazisti il 16 ottobre del 1943[1] non venne rivolta una particolare attenzione all’Isola Tiberina perché non vi risiedevano famiglie ebree. Si voleva soprattutto violare, oltre ad altre zone[2], l’area dell’antico Ghetto per cancellare l’immagine di una comunità viva e laboriosa. Tutta la zona venne circondata. C’erano pattuglie tedesche di guardia a ogni via di accesso: in Via del Tempio, in Via del Progresso, in Via del Portico d’Ottavia, in Piazza Costaguti, in Via Sant’Angelo in Pescheria, in Piazza Mattei, di fronte al Teatro Marcello… Mentre si sviluppò il rastrellamento, alcuni Ebrei riuscirono comunque a sfuggire alla cattura.[3] E poterono nascondersi anche all’interno di edifici situati sull’Isola.

Rastrellamento degli Ebrei

Rastrellamento degli Ebrei nell'area dell'antico Ghetto, Roma (Italia)

Lo scoppio del dramma

In questa Isola, a inizio mattina, furono in diversi ad accorgersi della tragedia in atto. Dall’Ospedale del Fatebenefratelli «San Giovanni Calibita» vennero presto individuate le manovre dei militari tedeschi. Tra i presenti nel nosocomio c’erano anche il medico Vittorio Emanuele Sacerdoti (Ebreo)[4] e il laureando in medicina Adriano Ossicini[5]. In quel momento era assente il primario, Dottor Giovanni Borromeo[6], ma i suoi collaboratori sapevano che era favorevole ad accogliere Ebrei e a nasconderli. Mentre Ossicini si assentò da Roma per alcuni giorni[7], si mosse nel frattempo una figura importante: quella dell’economo Fra Maurizio Bialek[8]. In una situazione di emergenza l’intesa tra frati, medici e infermieri fu immediata e fruttuosa[9]. Tale azione umanitaria fu approvata dal Cardinale Marchetti-Selvaggiani[10], Vicario del Papa per la Diocesi di Roma.

Anche i Frati Minori del convento San Bartolomeo si attivarono per accogliere nei loro ambienti un numero significativo di Ebrei.[11] Questi religiosi accolsero i perseguitati nell’arco di più mesi. Dopo una fase di immediata copertura si cercavano altri luoghi più decentrati. Tale dinamica si rivelò particolarmente a rischio quando i nazifascisti vollero far irruzione in Istituzioni Cattoliche, protette in più casi dall’extra territorialità: Pontificio Seminario Lombardo, Pontificio Collegio «Russicum», Pontificio Istituto di Studi Orientali (21 dicembre 1943); convento francescano presso le catacombe di San Sebastiano (4 gennaio 1944); Collegio religioso Leoniano (7 gennaio 1944); Abbazia di San Paolo fuori le Mura (notte tra il 3 e il 4 febbraio 1944); parrocchia del Buon Pastore (quartiere Eur; 14 maggio 1944); Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina (più controlli, dalla fine ottobre 1943 fino alla perquisizione del 25 maggio 1944).

L’Isola Tiberina in una foto storica

L’Isola Tiberina in una foto storica, Roma (Italia)

A sinistra in basso si individua l’edificio con torre che accolse l’Ospedale Israelitico e la Casa di Riposo per Ebrei anziani

La figura di Dora Focaroli

Nel contesto ricordato, la notizia della retata in atto era arrivata anche a chi operava nell’Ospedale Israelitico e nella Casa di Riposo per Ebrei anziani.[12] Emerse in tale frangente la figura dell’infermiera Focaroli.[13]

Teodora (Dora) Focaroli nacque a Borbona, in provincia di Rieti, il 27 giugno del 1915. Di religione cattolica. Rimase nel luogo natìo fino all’età di 16 anni. Nel 1931 si trasferì a Roma.[14] Da una relazione giovanile (con Egidio) nacque un figlio (Ferdinando) che in anni successivi affogò nel lago di Bracciano (era un aviere in servizio di leva).

La donna studiò per diventare infermiera (forse nei corsi della Croce Rossa). Nel 1934 iniziò a lavorare presso le Istituzioni ebraiche poste sull’Isola Tiberina (Ospedale Israelitico e Casa di riposo per Ebrei anziani).[15] Nel corso degli anni conobbe Mosè (detto Marcuccio) Di Veroli (1922-2001; Ebreo). Si trattava di un commerciante di metalli che raggiungeva l’Isola Tiberina per visitare una parente inferma. A quest’ultimo la donna fu vicina sentimentalmente (senza celebrazione di matrimonio) e – in seguito (1978) – anche religiosamente (culto ebraico; fu accolta dal Rabbino Elio Toaff).

La coppia andò ad abitare a Roma, in Via della Lungaretta. Non ebbero figli. Dora cessò di lavorare nel 1965. Una volta in pensione, visse a Latina in Via Solferino. Soffriva da tempo di enfisema polmonare. Nell’ultima fase della sua vita dovette essere ricoverata presso l’Ospedale Israelitico. Qui, la curarono vari medici: il primario Professor Walter Di Nepi, il Dottor Claudio Ventura e il Dottor Claudio Pitigliani.[16] Dora ricevette anche la visita dello storico Emanuele Pacifici. Sarà quest’ultimo a informare la Comunità Ebraica di Roma del decesso della donna[17], avvenuto il 16 maggio del 1994.[18]

Dora Focaroli con Connie Francis

Dora Focaroli in divisa da infermiera (a destra) con la cantante USA Connie Francis, di origine italiana

La Focaroli e i nazisti

Quando il 16 ottobre 1943 la Focaroli si accorse che i Tedeschi arrestavano gli Ebrei, tolse prima di tutto il cartello che indicava la sede dei presìdi ebraici. Avviò poi i malati in grado di camminare al Fatebenefratelli. In questo gruppo si inserì anche il presidente dell’Ospedale Israelitico Giuseppe Campagnano[19]. I più gravi, invece (cinque o sei), li condusse con un’ambulanza della Croce Rossa Italiana all’Ospedale Littorio (attuale San Camillo).

Gli anziani della Casa di Riposo furono nascosti nella torre inserita nell’edificio che accoglieva Ospedale e Casa di Riposo. Qui, troverà alla fine accoglienza, per otto mesi, pure il Rabbino Moshè Mario Piazza o Sed.[20] In tal modo, farà compagnia anche a sua madre (Aurora Z. L.) che era tra gli ospiti fissi della Casa di Riposo e che morì nel 1950.

Mentre la Focaroli salvava gli Ebrei a lei affidati, vennero nel frattempo arrestati e deportati tra gli altri: la settantenne Alina Cavalieri[21], consigliera dell’Ospedale Israelitico, e Giacomo Di Segni[22], presidente della Deputazione di carità.[23] Non fecero più ritorno.

Nei giorni successivi al 16 ottobre 1943, la Focaroli – risultando dai documenti cattolica – poté mantenere collegamenti con gli Ebrei nascosti presso il Fatebenefratelli[24], interagì con la Comunità dei Frati Minori, e operò per garantire agli anziani che vivevano nella torre non solo del cibo e delle cure ma anche una quotidiana assistenza religiosa serale, grazie a Rav Izhak Davide Panzieri[25] che morì poco dopo la fine della guerra.[26] Inoltre, l’infermiera citata, il 18 ottobre del 1943, si recò di nuovo all’Ospedale Littorio per consegnare agli Ebrei ricoverati le tessere annonarie.


La figura del Maresciallo di Pubblica Sicurezza Lucignano

La rete di solidarietà verso i perseguitati non poteva però passare inosservata agli occhi dei poliziotti che proprio all’Isola Tiberina avevano (e hanno) una postazione strategica. Questo nucleo di persone, che agiva nei ranghi della Polizia Fluviale, aveva come responsabile il Maresciallo di Pubblica Sicurezza Gennaro Lucignano. I dati che lo riguardano sono conservati nel fascicolo personale numero 024218. Nacque a Pozzuoli il 9 febbraio 1903[27]. Durante il servizio di leva fu impiegato dal 1923 al 1925 nella Regia Marina (Compartimento marittimo di Napoli). Tra i suoi titoli di studio figura un anno di Scuola Tecnica, una iscrizione quale «Barcaiuolo» nella Marina Mercantile Italiana, tra la «gente di mare di seconda categoria». Gli venne anche rilasciato in seguito (1960) un certificato di idoneità alla conduzione di imbarcazioni con motore fuoribordo. Nel 1927 iniziò il suo «cursus» come allievo guardia nel Corpo degli agenti di Pubblica Sicurezza. Divenne in seguito Guardia, Vice Brigadiere, Brigadiere. Il 23 ottobre 1938 contrasse matrimonio con Cecilia Buratti nel Comune di Roma. Il 16 agosto del 1943 fu promosso maresciallo di seonda classe e assegnato al presidio della Polizia Fluviale, posto sull’Isola Tiberina.[28] Lucignano divenne poi Maresciallo di prima classe. Fu collocato in congedo per infermità causa di servizio il 9 marzo 1963 e collocato nella categoria dei sottufficiali della riserva.[29] Morì a Roma il 24 dicembre 1964.

Gennaro Lucignano

Immagine del Maresciallo Gennaro Lucignano

Una sottolineatura

C’è anche da sottolineare un dato non marginale. Lucignano viveva il proprio credo religioso in modo semplice ma concreto. Ogni forma di oppressione verso altri fratelli, aggravata da comportamenti inumani, lo rendeva ostile verso chi dirigeva operazioni persecutorie. Il suo Cattolicesimo non deviava verso compromessi etici.


Il lavoro che doveva svolgere Lucignano

Al Maresciallo Lucignano spettava una serie di compiti che, in tempo di guerra, assumevano delle connotazioni particolari.

La Polizia Fluviale, tra l’altro, doveva controllare i barconi posti sul Tevere[30] e vigilare sulle sponde del fiume al fine di prevenire azioni di possibili gruppi eversivi. Aveva ancora l’obbligo di arrestare e far processare tutti coloro che proteggevano avversari del regime fascista, oppositori del nazismo, renitenti alla leva e soprattutto Ebrei (per la cattura dei quali erano state poste delle taglie). Unitamente a ciò, spettava a detta Polizia il controllo dell’area insistente sull’Isola Tiberina. La sorveglianza si concentrava soprattutto sui punti di accesso all’Isola e sull’area del Pronto Soccorso del Fatebenefratelli. Ma nel 1943 emerse anche una criticità da affrontare subito.


Lucignano e gli Ebrei

Lucignano sapeva benissimo (e con lui i suoi uomini) che sull’Isola Tiberina erano nascosti diversi ricercati. Conosceva l’Ospedale Israelitico. Era informato sulla presenza di Ebrei anziani nella Casa di Riposo. Aveva osservato i contatti tra il personale di Istituzioni cattoliche e quello di Organismi territoriali ebraici dell’Isola.[31] Unitamente a ciò, questo Maresciallo era vincolato a precise normative. Il 14 novembre del 1943 il congresso del Partito Fascista Repubblicano aveva stabilito: «Gli Ebrei sono stranieri e durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Il 30 dello stesso mese il Ministro degli Interni della Repubblica Sociale Italiana (Buffarini Guidi[32]) aveva specificato: «Tutti gli Ebrei a qualunque nazionalità appartengano e comunque residenti nel territorio nazionale, devono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni mobili e immobili devono essere sottoposti a immediato sequestro…)». Di conseguenza nascondere Ebrei non solo era illegale, ma significava anche collaborare con il nemico.[33]

In tale contesto, Lucignano poteva far rapporto ai superiori del tempo, poteva informare il Comando tedesco, e poteva collaborare a operazioni segnate da arresti e deportazioni. Anche i suoi uomini potevano comportarsi allo stesso modo.

Ciò però non avvenne. Lucignano, quindi, disobbedì agli ordini ricevuti.


Lucignano e la Focaroli

Una volta decisa la propria linea operativa, Lucignano, con il supporto dei suoi uomini, ebbe più incontri non solo con i membri del Fatebenefratelli e con i Francescani, ma soprattutto con l’infermiera Dora Focaroli. Fu proprio quest’ultima a ricordare, a distanza di diversi anni dai fatti tragici del 1943-1944, la figura di questo Maresciallo di Pubblica Sicurezza.

Tale fatto si concretizzò grazie all’iniziativa di un mio amico, lo storico Emanuele Pacifici (1931-2014). Egli volle intervistare l’infermiera Focaroli.

E scrisse al riguardo: «La cosa più importante di tutta la storia della Casa di Riposo fu un’intesa tra lei e il Maresciallo Luciniani (sic) che dirigeva il Comando della Polizia Fluviale che era sito nello stesso stabile, ma al piano terra. (Il comando di Pubblica Sicurezza Fluviale c’è ancora ai giorni nostri, s’intende il personale non è più quello).

Ebbe noie da parte di alcuni soldati austriaci e specialmente di uno che andò a domandargli: “C’è una Cattolica con degli Ebrei?”. Grazie al pronto intervento del Maresciallo Luciniani (sic) la cosa finì lì, in una bolla di sapone, e disse a Dora di stare tranquilla perché fino a quando lui era al comando di quel posto di Polizia non avrebbe più avuto da temere o aver fastidi.

Onde Dora potesse avere libertà di agire o di spostarsi anche nelle ore notturne, il Maresciallo Luciniani (sic) le procurò un lasciapassare per le ore di coprifuoco».[34]


La Polizia Fluviale nel ricordo del Rabbino Ravenna

La testimonianza della Focaroli è confermata pure da un intervento del Rabbino Alfredo Ravenna.[35] Si riportano alcuni passi: «L’ospedale israelitico e l’ospizio invalidi erano situati in Piazza San Bartolomeo all’Isola di fronte al Fate Bene Fratelli (sic). Occupavano due piani di un vecchio fabbricato, un’ala di un antico convento; al terreno c’era (e c’è ancora) un posto di polizia fluviale. Il primo piano che era adibito ad ospedale fu occupato da un istituto religioso cattolico, sfollato dai Castelli[36], al secondo piano rimasero gli invalidi indisturbati.

Era intervenuto un tacito accordo per cui le guardie che erano a piano terra avrebbero avvertito se si fosse verificato un qualche pericolo, ma fortunatamente questo non si verificò».

Poche righe dopo Pacifici chiede: «Come mai non venne disturbato e perseguitato dai Tedeschi l’Ospedale e la casa di cura?».

Al quesito Ravenna risponde: «1) Il locale era occupato dalle Suore con dei bambini fino all’arrivo degli Alleati.

2) Perché al piano terra c’era la Polizia Fluviale (c’è tuttora) che di accordo con le autorità della Casa di Riposo avrebbe immediatamente avvertito in qualsiasi momento in ogni minimo pericolo».[37]


Il Maresciallo Luciniano nel ricordo di Rav Moshè Mario Piazza o Sed

Il Maresciallo Luciniano è pure ricordato dal Rabbino Moshè Mario Piazza o Sed, di Shemuel. Quest’ultimo trasmette i suoi ricordi a Pacifici che annota: «Moscé Sed ricorda un particolare: appena dopo il 16 ottobre fu tolta la targa dal portone d’ingresso con la dicitura “Casa di Riposo e Ospedale Israelitico”. Dichiara che se nulla è accaduto a questa Istituzione ebraica, lo si deve al Maresciallo della Pubblica Sicurezza Fluviale che conduceva il comando nello stesso stabile al piano terra».[38]


Cancellare l’oblio

Oggi, la figura di questo Maresciallo di Pubblica Sicurezza non è conosciuta. Però, se si sviluppa una ricerca storica su Lucignano emergono almeno tre dati. Nel 1943-1944 difese gli Ebrei a suo rischio e pericolo. Nel 1949 ricevette la medaglia d’argento al merito di servizio.[39] Nel 1961 gli fu assegnata una medaglia di bronzo al valor civile per aver salvato l’11 dicembre 1960 a Pozzuoli due persone rimaste intrappolate nella propria macchina caduta in mare.[40] Per questi motivi ritengo che la sua figura non debba esser fatta cadere nell’oblio.


Testimoni del tempo

Fra Bartolomeo Coladonato o.h.. Nato a Rutigliano (Bari) il 16 aprile 1927. Ultimo sopravvissuto di quanti, nella Comunità del Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, vissero i fatti del 16 ottobre 1943. In quel periodo era un giovane postulante. Indossava la tonaca, anche se non aveva lo scapolare. Grazie all’abito religioso poteva far visita ai Padri Francescani. Interagì inoltre con il personale dell’Ospedale Israelitico e con il Maresciallo Lucignano.

Signora Maria Luisa Pasqualucci (Comunità Ebraica di Roma). Data l’età avanzata, ha comunicato verbalmente al Professor Pier Luigi Guiducci, in occasione del convegno su Dora Focaroli (Roma, Centro il Pitigliani, 16 maggio 2019, ore 9,30-13) che il Maresciallo Lucignano era molto amico di Dora Focaroli e che, in talune occasioni, prendeva per mano la piccola Maria Luisa e le faceva fare una passeggiata lungo la sponda del Tevere.


Fonti archivistiche

Archivio della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.

Archivio dello storico Emanuele Pacifici. Depositato presso la Fondazione Museo della Shoah, Roma.

Ghetto Fighters’ House Archives, Israele (vi è conservato l’archivio dello storico Michele Tagliacozzo, deceduto nel 2011.

Archivio del C.D.E.C. di Milano. Vi si trova, tra l’altro, la relazione che Emanuele Pacifici scrisse sull’Ospedale Israelitico di Roma, e l’Epistolario Momigliano che a pagina 81 fa riferimento alle ricompense erogate dai comandi tedeschi a chi favoriva la cattura di Ebrei.

Archivio dello storico Professor Pier Luigi Guiducci. Situato a Roma presso lo Studio del medesimo. Conserva copie di documenti storici di esponenti di Comunità Ebraiche e la corrispondenza con vari membri di Comunità Ebraiche.


Alcune indicazioni bibliografiche

M. Altoviti, 16 ottobre 1943, il rastrellamento di Roma e l’eroismo di Dora Focaroli, in «Avvenire», inserto Romasette, 17 maggio 2019

A. Riccardi, L’inverno più lungo, Laterza, Bari-Roma 2011, pp. 15-18.

P. L. Guiducci, Il III Reich contro Pio XII, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013, pagina 215

P. L. Guiducci, Tutti gli Ebrei del maresciallo, in «Avvenire», mercoledì 15 maggio 2019, rubrica Agorà

G. Magliozzi o.h., Morbo di K, una bugia da rischiarci la fucilazione!, in: «Archivo Hospitalario», anno 2018, numero 16, pagine 257-276

A. Majanlahti – A. Osti Guerrazzi, Roma occupata 1943-1944, il Saggiatore, Milano 2010, pagina 209

A. Riccardi, L’inverno più lungo, Laterza, Bari-Roma 2011, pagine 15-18.


Riferimenti generali a Dora Focaroli

S. Ficacci – M. T. Natale (a cura), 19 luglio 1943 – 4 giugno 1944: Roma verso la libertà, Gangemi, Roma 2014

B. Frale, Il principe e il pescatore, Mondadori, Milano 2011. Confronta il paragrafo: «Vatican escape-line»

U. Pacifici Noja – S. Pacifici Noja, ll cacciatore di Giusti. Storie di non Ebrei che salvarono i figli d’Israele, Effatà, Cantalupa (Torino) 2010, pagina 99 e seguenti. Con riferimento alla Focaroli gli Autori utilizzano come fonte lo storico Emanuele Pacifici

G. Rocco – C. Cipolla – A. Stievano (a cura), La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Franco Angeli, Milano 2015, pagina 322

http://www.icbsa.it/index.php?it/119/collezione-giuseppe-campagnano (viene evidenziata l’intesa operativa tra Giuseppe Campagnano e Dora Focaroli)

https://carlomafera.wordpress.com/2015/01/26/il-senso-di-una-scelta-aspetti-storici-della-polizia-di-stato/ (intervista al Professor Pier Luigi Guiducci)

http://ecolloquia.it/04-resistenza/medici-infermieri-della-resistenza/

http://www.gruppodeiromanisti.it/wp-content/uploads/2014/10/2006-parte-1-pp.-1-349.pdf, pagina 250.


Ringraziamenti

Presidente Signora Noemi Di Segni, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Professor Claudio Procaccia, Direttore Dipartimento Cultura della Comunità Ebraica di Roma. Dottor Pietro Ramirez, Presidente Associazione Pazienti Diabetici «Dora Fogaroli». Dottor Raffaele Camposano, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Direzione Centrale Affari Generali, Responsabile anche dell’Ufficio Storico della Pubblica Sicurezza. Dottor Massimo Improta, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Responsabile dell’Ufficio Prevenzione Generale Soccorso Pubblico. Dottor Mario Coi, Direttore Amministrativo Ospedale Israelitico. Dottor Ruben Spizzichino, Ufficio Stampa Ospedale Israelitico. Fra Giuseppe Magliozzi Pirro o.h., medico, docente e storico, Fatebenefratelli. Fra Bartolomeo Coladonato o.h., Comunità San Pietro, Fatebenefratelli. Dottoressa Nanette R. Hayon, Responsabile Biblioteca CDEC. Dottoressa Laura Brazzo, Responsabile Archivio CDEC. Dottoressa Gisèle Lévy, Responsabile Archivio Storico UCEI. Signora Anna Maria Aquilini sposata in Focaroli (Borbona, provincia di Rieti). Signor Roberto Di Veroli (Latina). Noam Rachmilevitch (Ghetto Fighters’ House Archives, Israele). Dottoressa Rita Laezza, Commissario della Polizia di Stato, Commissariato di Pozzuoli. Dottor Claudio Pitigliani, medico, Ospedale Israelitico.


Documento 1: Il comandante in capo tedesco del Sud – Ordinanza

1. Il territorio dell’Italia a me sottoposto è dichiarato territorio di guerra. In esso sono valide le Leggi Tedesche di guerra.

2. Tutti i delitti commessi contro le Forze Armate Tedesche saranno giudicati secondo il diritto Tedesco di guerra.

3. Ogni sciopero è proibito e sarà giudicato secondo il Tribunale di guerra.

4. Gli organizzatori di scioperi, i sabotatori ed i franchi tiratori saranno giudicati e fucilati per giudizio sommario.

5. Sono deciso a mantenere la calma e la disciplina e a sostenere le Autorità italiane competenti con tutti mezzi, per assicurare alla popolazione il nutrimento.

6. Gli operai italiani, i quali si mettono volontariamente a disposizione dei servizi Tedeschi saranno trattati secondo i principi Tedeschi e pagati secondo le tariffe Tedesche.

7. I Ministeri Amministrativi e le Autorità Giudiziarie continuano a lavorare.

8. Saranno subito rimessi in funzione il servizio ferroviario, le comunicazioni e le poste.

9. È proibita fino a nuovo ordine la corrispondenza privata. Le conversazioni telefoniche, che dovranno essere limitate al minimo, saranno severamente sorvegliate.

10. Le Autorità e le organizzazioni civili italiane sono verso di me responsabili per il funzionamento dell’ordine pubblico. Esse compiranno il loro dovere solamente se impediranno ogni atto di sabotaggio e di resistenza passiva contro le misure Tedesche e se collaboreranno in modo esemplare con gli Uffici Tedeschi.

Roma 11 settembre 1943.

Firmato: Feldmaresciallo Kesselring


Documento 2: Edizione clandestina de «Il Popolo», numero 3, 10 marzo 1944 – 182° giorno dell’occupazione nazifascista

Può essere considerato il terzo numero «anomalo», comparendo nel palchetto di sinistra il motto «Pace/Giustizia/Libertà», poi come negli altri due numeri «anomali» non compare la frase collocata normalmente sotto la testata «Una democrazia rappresentativa». Le quattro pagine che compongono il giornale misurano 27x39 centimetri. Nell’articolo posto in quarta pagina della rubrica «Fatti, notizie e commenti», viene contestata l’esistenza di una circolare volta a non dare ospitalità a estranei (quindi anche agli Ebrei) nei conventi.

«È assolutamente falso che la Sacra Congregazione dei Religiosi abbia diramato una circolare per proibire ai conventi di dare ospitalità ad estranei. Nessuna pubblicazione di tale ordine è apparsa negli organi ufficiali della Santa Sede né i superiori dei conventi hanno ricevuta alcuna comunicazione al riguardo».

Anche dall’Archivio storico del Vicariato di Roma non risultano direttive che obbligano a non accogliere stranieri (ed Ebrei). Si evince pertanto che, in un clima di incertezza e di voci incontrollate, sono state talvolta date per certe (e annotate) frasi di persone in ansia per la situazione legata all’occupazione tedesca e in allarme per possibili perquisizioni. Nelle memorie della chiesa parrocchiale di San Gioacchino (Roma), ad esempio, alla data del 2 novembre 1943 si legge: «Arriva una grave notizia: “domani avrà inizio la perquisizione di tutti gli istituti religiosi”».

Su questo punto: https://www.sangioacchino.org/node/40.


Documento 3: Intervista con Fra Bartolomeo Coladonato svoltasi tra le 10 e le 12 del mattino di giovedì 25 aprile 2019 nell’Ospedale San Pietro, che i Fatebenefratelli hanno a Roma in Via Cassia, 600

Alla presenza di Fra Giuseppe Magliozzi, nato a Roma il 25 marzo 1938 e ivi residente, il Professor Pier Luigi Guiducci, nato a Roma il 13 dicembre 1951 e ivi residente, docente di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, ha rivolto a Fra Bartolomeo Coladonato, quale ultimo sopravvissuto della Comunità dei Fatebenefratelli presente sull’Isola Tiberina il 16 ottobre del 1943, alcune domande sugli eventi nell’Ospedale Tiberino al tempo dell’occupazione nazista di Roma. Fra Bartolomeo nacque a Rutigliano (Bari) il 20 aprile 1927 e risiede a Roma.

Quando arrivò in Comunità all’Isola Tiberina?

Ero entrato nel 1942 nel Postulantato di Benevento ma, quando nel settembre 1943 gli Americani iniziarono a bombardare l’area dell’Ospedale, i Postulanti e il loro Maestro, Fra Vito Mongelli, furono subito trasferiti all’Isola Tiberina, dove perciò ero già quando il 16 ottobre 1943 avvenne la retata degli Ebrei, alcuni dei quali già quella notte riuscirono a nascondersi nel nostro Ospedale. Al mattino il Superiore ci informò della loro presenza. Il loro primo nascondiglio fu uno scantinato dove si poteva ispezionare lo sblocco nel Tevere dell’impianto fognario dell’Ospedale. Allo scantinato si accedeva tramite una botola che era nel pavimento di una stanzetta per infetti che era situata in un angolo della Sala Assunta, accanto all’altare. Affinché non venisse notata, la botola venne coperta con un tappeto. Erano i frati a portare loro il vitto, spesso offerto da Lella Fabrizi (sorella del famoso attore), che noi chiamavamo scherzosamente «sora Lalla», e a volte lo portai anch’io. Poiché il numero dei nascosti andò aumentando e la Sala Assunta era divisa in due da una vetrata, l’intera parte che era dal lato dell’altare venne trasformata in Sala per Infettivi e i rifugiati vi furono ricoverati dal Primario Borromeo come affetti dal «morbo di Kappa». Ci dovette essere una spiata ai nazisti, poiché quasi subito vennero una mattina i Tedeschi per verificare se v’era gente nascosta in Ospedale, ma il dottor Boromeo, che era fluente in tedesco, si offrì di guidarli in tutto l’Ospedale e li convinse che esisteva davvero il pericolosissimo «morbo di Kappa».

Quanto tempo restò in Comunità all’Isola Tiberina e quali rapporti esistevano con le altre Istituzioni presenti nell’isola?

Arrivai come Postulante, vi iniziai il Noviziato il 2 gennaio 1945, vi emisi i Voti l’11 febbraio 1946 e vi conseguii il titolo di infermiere nel giugno 1947. Fui poi assegnato alle Comunità di varie Case e fui ordinato sacerdote il 27 novembre 1989 a Roma nell’Ospedale San Pietro. Quando arrivai all’Isola Tiberina come Postulante, non vestivo ancora l’abito religioso completo, ossia la tonaca e lo scapolare che si iniziano a portare dal Noviziato, ma solo la tonaca, che però già mi faceva subito individuare come membro della Comunità. All’Isola avevamo frequenti rapporti con tutte le altre istituzioni presenti in essa e spesso andavo a visitare i Francescani, che molto spesso venivano a celebrare nella nostra Chiesa, e talora anche l’Ospedale Israelitico, dato che qualcuno di loro veniva a visitarci, specialmente l’infermiera Dora Focaroli, che veniva come volontaria a fare un po’ di pratica e spesso parlottava con gli Ebrei nascosti.

Si ricorda se veniva in Ospedale anche il maresciallo della Polizia Fluviale Lucignano?

Lo ricordo bene e veniva molto spesso non solo lui, ma anche i poliziotti che aveva alle dipendenze, e parlottavano con le persone che tenevamo nascoste.

Che cosa ricorda di Fra Maurizio Bialek?

Parlava italiano così bene che solo dopo molto tempo scoprii che era Polacco. Era molto amico del Primario Borromeo e lo aiutava nel nascondere i ricercati dai nazisti. Addirittura si prese l’impegno di inviare notizie ai partigiani con una radio trasmittente nascosta in uno scantinato accanto alle caldaie della Cucina, ma anche lì ci fu una spiata e un giorno i Tedeschi circondarono l’Isola e vennero a cercarlo in Economato, dove s’imbatterono in lui, ma non lo riconobbero e gli chiesero di lui, che furbamente disse loro che l’andava subito a chiamare, ma in realtà incaricò Fra Clemente Petrillo di buttare a Tevere la radio e poi si nascose in Clausura in un piccolo armadio a muro, davanti alla cui porta fu posto un armadietto che la nascondeva completamente, per cui i soldati, pur perquisendo tutto l’Ospedale, non riuscirono a trovarlo e neppure trovarono la radio.

Che cosa ricorda del Dottor Vittorio Sacerdoti?

Era un giovane medico ebreo, che era dovuto scappare dal suo paese e Borromeo lo aveva fatto assumere come suo assistente.

Firme di Fra Bartolomeo Coladonato o.h., sacerdote, di Fra Giuseppe Dottor Magliozzi o.h., del Professor Pier Luigi Guiducci (Archivio Provincia Romana dell’Ordine del Fatebenefratelli)


Note

1 Tra le molte pubblicazioni si segnala anche: G. Debenedetti, 16 ottobre 1943, Einaudi, Torino 2001. M. Baumeister – A. Osti Guerrazzi – C. Procaccia (a cura), 16 ottobre 1943. La deportazione degli Ebrei Romani tra storia e memoria, Viella, Roma 2016. P.L. Guiducci, Il Terzo Reich contro Pio XII, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013. M. Tagliacozzo, La comunità di Roma sotto l’incubo della svastica e la grande razzìa del 16 ottobre 1943, in: «Quaderni del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea», numero 3, Milano 1963.

2 Trastevere, Testaccio, Monteverde e altri.

3 Sono diverse le ricerche storiche che hanno approfondito tale aspetto. Confronta anche: L. Larcan, A Trastevere il tunnel che salvò gli Ebrei, in: «Il Messaggero», 25 febbraio 2017, rubrica «cultura».

4 Vittorio Emanuele Sacerdoti (1915-2005). Medico. Era stato cacciato dall’Ospedale Civile di Ancona, ma il suo primario, Professor Bombi, l’aveva indirizzato all’amico Professor Borromeo perché quest’ultimo lavorava in una struttura religiosa.

5 Adriano Ossicini (1920-2019). Nel 1943 aveva 22 anni. Si laureò in medicina nel 1944.

6 Giovanni Borromeo (1898-1961). Primario ospedaliero. Antifascista. Dichiarato «Giusto tra le Nazioni». Medaglia d’argento al valor militare.

7 16 ottobre 1943. La deportazione degli Ebrei di Roma. La testimonianza di Adriano Ossicini, intervista, in: «Il Messaggero», 16 ottobre 2003.

8 Maurizio Bialek (1912-2009). Polacco. Economo dell’Ospedale dell’Ordine del Fatebenefratelli, Isola Tiberina. Medaglia d’argento al valor militare (1946).

9 file:///D:/Pictures/Downloads/001783_2004_0001_0107-155121%20(1).pdf, pagine 207-208.

10 Francesco Marchetti Selvaggiani (1871-1951). Papa Pio XI lo creò Cardinale nel 1930. Nel 1931 divenne Vicario Generale della Diocesi di Roma. Il suo appartamento privato era nel Palazzo dell’ex Sant’Uffizio (Vaticano). Amico d’infanzia di Pio XII (si davano del tu). Fu il Cardinale protettore dell’Ordine del Fatebenefratelli.

11 Nel convento era presente Padre Samuele Puri da Bolsena (Viterbo) ofm (1883-1966). Protesse gli Ebrei anche Padre Stefano Bianchi ofm (1913-2013) che non risiedeva a San Bartolomeo.

12 L’Ospedale Israelitico e il Ricovero Israeliti Poveri Invalidi  si trovavano fin dal 1882 (l’Ospedale) e dal 1887 (il Ricovero) all’Isola Tiberina in uno spazio ricavato da un antico monastero.

13 In alcuni testi il suo cognome è scritto erroneamente: «Fogaroli».

14 Da quest’anno non risulta più censita negli atti comunali.

15 Come infermiera e poi come ostetrica (Fonte: Bruno Sed, presidente dell’Ospedale Israelitico, intervento al convegno su Dora Focaroli. Roma, 16 maggio 2019, Centro culturale Pitigliani).

16 Fonte: Dottor Claudio Pitigliani. Lettera trasmessa al Professor Pier Luigi Guiducci in data 17 maggio 2019.

17 La Focaroli venne poi sepolta nel Cimitero Flaminio (Prima Porta, Settore Israelitico).

18 Fonti: Ufficio Anagrafe (Archivio Comunale di Borbona). Signora Anna Maria Aquilini sposata in Focaroli (colloquio con il Professor Guiducci, maggio 2019). Signor Roberto Di Veroli (colloquio con il Professor Guiducci, maggio 2019). Fondazione CDEC Milano, Fondo Comunità Ebraiche in Italia, b. 3, fascicolo «Roma». Testimonianza di Dora Fogaroli (sic). Le domande all’ex-infermiera vennero rivolte da Emanuele Pacifici. Questo lavoro è datato: Roma, giugno 1978.

19 Giuseppe Campagnano (1873-1963).

20 Moshè Mario Piazza o Sed, di Shemuel (1915-1982). Fu docente alla Scuola ebraica di Roma e al Collegio Rabbinico Italiano.

21 Alina Cavalieri (1882-1943). Risiedeva a Roma in Via Marghera.

22 Giacomo Di Segni (1906-1944).

23 Confronta anche: E. Zolli, Prima dell’alba, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, pagina 206.

24 Testimonianza di Fra Bartolomeo Coladonato (nato nel 1927), sacerdote, ultimo sopravvissuto di quanti, nella Comunità del Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, vissero i fatti del 16 ottobre 1943. Colloquio con il Professor Pier Luigi Guiducci alla presenza di Fra Giuseppe Magliozzi. Roma, Villa San Pietro, 25 aprile 2019. Archivio Storico Provincia del Fatebenefratelli, Roma.

25 Rav Izhak Davide Panzieri (1875-1946).

26 Nel 1955 Dora Focaroli ricevette un attestato di benemerenza dall’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane per l’opera umanitaria svolta a protezione degli Ebrei a rischio della propria vita. La segnalazione per l’attestato a Dora fu fatta in Comunità dalla signora Maria Segre.

27 Di Luigi e Barletta Assunta.

28 Confronta anche: Bollettino Ufficiale del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, Ministero dell’Interno, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1943, «Gennaro Lucignano», pagina 694.

29 In sintesi: operò nella Compagnia viabilità di Roma (1927-1945), alla sezione Traffico (dal 1949), e alla sezione autisti del Terzo Nucleo del Servizio Tecnico (dal 1954).

30 In un barcone del dopolavoro del Ministero delle Finanze, posizionato vicino Ponte Risorgimento, le forze tedesche, tramite un delatore, arrestarono il tenente Maurizio Giglio e il suo attendente Giovanni Scottu che avevano sistemato una radio ricetrasmittente per comunicare con gli Alleati. Fu arrestato anche il guardiano del barcone, Luigi Mastrogiacomo, che verrà ucciso con Giglio alle Cave Ardeatine.

31 Contatti confermati da Fra Bartolomeo Coladonato.

32 Guido Buffarini Guidi. Nato nel 1895. Fucilato a Milano il 10 luglio 1945.

33 Il Comandante Germanico di Roma, inoltre, con ordinanza del 22 dicembre 1943, aveva stabilito che «chi ospita delle persone non regolarmente iscritte viene punito secondo le Leggi di guerra germaniche».

34 L’Ospedale e la Casa di Riposo Israelitici di Roma durante l’occupazione tedesca (a cura di Emanuele Pacifici). Note e Documenti. I. Testimonianza di Dora Fogaroli, in: «Quaderni del Centro di Studi sulla Deportazione e l’Internamento», numero 10, Roma, Associazione Nazionale Ex Internati, 1978-1982, Centro Stampa di R. Tortora, Napoli febbraio 2014, pagina 66.

35 Professor Alfredo Ravenna (1899-1981). Fu insegnante di molti orientalisti e biblisti italiani.

36 Si tratta delle Suore Figlie di Maria Immacolata (Immacolatine) di Albano.

37 L’Ospedale e la Casa di Riposo Israelitici di Roma durante l’occupazione tedesca. II. Testimonianza del Rabbino Alfredo Ravenna, pagine 68-69.

38 L’Ospedale e la Casa di Riposo Israelitici di Roma durante l’occupazione tedesca. III. Testimonianza del Rabbino Moshè Sed, pagina 70.

39 Concessione numero 13.804 del 28 novembre 1949.

40 Confronta al riguardo: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, numero 228, 13 settembre 1961, pagina 3.629.

(giugno-luglio 2019)

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