Scenette di vita domestica nel Seicento
Modelli di comportamento e aspetti della vita quotidiana, quando... si viveva in modo «opposto» ad oggi. In tutto

È curioso – e spesso divertente – pensare a quanto, nel corso del tempo, la visione del mondo e i modelli di comportamento che da essa scaturiscono possano cambiare, e in un periodo (relativamente) breve.

Non si tratta della moda, che si trasforma più rapidamente del trascorrere delle stagioni. Sto parlando di tutto ciò che caratterizza la vita, nei suoi aspetti materiali così come nei rapporti fra le persone.

Pensiamo per esempio al Seicento. Si tratta di storia «dell’altro ieri», di un’epoca molto vicina all’attuale... cronologicamente, intendo. Ci sono famiglie che conservano ancora la memoria e i ricordi degli antenati vissuti 400 anni fa. La scienza muoveva passi sempre più sicuri, si preparava a scandagliare i misteri del Cosmo (non senza brusche interruzioni), i libri «proibiti» circolavano senza troppi problemi, se potessimo fare un giretto per le vie sentiremmo una parlata incredibilmente simile all’attuale, perlomeno in Europa. C’era anche una crisi economica che ricorda molto da vicino – purtroppo – quella attuale.

C’è quindi da stupirsi se si pensa che una società così vicina nel tempo aveva modelli di vita e di comportamento non solo diversi dai nostri, ma addirittura diametralmente opposti ai nostri. Ciò che a noi apparirebbe volgare o di cattivo gusto, in quel tempo era considerato raffinato e di gusto squisito. A conferma che spesso il bello e il brutto non esistono in senso assoluto, ma dipendono dagli occhi di chi li guarda.

Possiamo chiarire quanto detto con un esempio.

Immaginiamo di andare a far visita a una dama appartenente all’alta società, in una qualche grande città d’Europa. Oggi noi suoneremmo il campanello o busseremmo alla porta, poi saluteremmo in modo cortese, ci toglieremmo il cappello ed eventualmente i guanti. Magari penseremmo a una romantica cenetta a lume di candela, o comunque a luci soffuse...

Nulla di tutto questo: nel Seicento, bussare sarebbe considerato una grave scorrettezza. Bisogna «grattare» alla porta, delicatamente, con la punta del mignolo, e quanto più questa unghia sarà lunga, tanto più l’uomo che la porta sarà considerato un raffinatone.

Una volta entrati, si saluta la signora con un profondo inchino e un compito baciamano; la manovra, a dire il vero, riesce un pochino complicata, data data la rispettosa distanza alla quale costringe a stare l’amplissima gonna indossata dalla dama.

Comincia la conversazione. Sul viso della donna campeggiano alcuni nei piuttosto vistosi. Noi faremmo di tutto per toglierli o perlomeno nasconderli, mentre la cosmetica seicentesca raccomanda alle signore di «decorare» le proprie guance, il mento, la fronte con l’applicazione di qualche neo artificiale di velluto o di seta. A Parigi c’è addirittura un negozio apposito per la vendita di questo – per noi – insolito articolo!

Mentre l’amorevole conversazione va avanti, la dama apre una preziosa tabacchiera e, con le sue dita delicate, prende un pizzico di tabacco. Con un gesto volutamente leggiadro, accosta le dita al nasetto incipriato e... aspira. Poi, con un sorriso angelico, porge la tabacchiera aperta al suo interlocutore: rifiutare sarebbe una grave scortesia.

Vita domestica nel Seicento

Scenetta di vita domestica nel Seicento, stampa d'epoca

Le stampe dell’epoca ricostruiscono alcuni quadretti di vita domestica. In un angolo di una sala da pranzo, alla tavola imbandita, siedono il cavaliere e la dama, riccamente vestiti e serviti da camerieri e valletti. È difficile destreggiarsi tra piatti, posate e pietanze con tutti gli abiti che si portano indosso: il cavaliere non si è neppure tolto l’enorme cappello piumato, mentre ai piedi calza gli stivaloni, come se dovesse recarsi a una battuta di caccia; capelli lunghi e ondulati, baffi spioventi, collettone e polsini di pizzo completano il suo abbigliamento. Per due soli commensali, ci possono essere anche tre servitori, un altro particolare che mette in risalto l’esteriorità di cui è circondata ogni azione della vita, anche quella privata: la presenza dei servitori, che quasi soffocano con le loro premure i due commensali, toglie ogni intimità e calore familiare anche a una semplice scena di vita domestica.

Nel XVII secolo è quanto mai radicata la convinzione che lavarsi con l’acqua sia dannoso alla pelle, al colorito, ai denti: si ritiene, infatti, che uno strato di sporcizia impedisca ai microbi di entrare nel nostro corpo e ci protegga dalle malattie, mentre oggi sappiamo che è vero esattamente il contrario. Alle donne si consiglia, come tutta pulizia mattutina, di passarsi semplicemente sul viso una pezzuola bianca. Con abbondanti profumi e pastiglie d’anice si provvederà poi a mascherare gli odori di certo poco piacevoli che devono emanare da queste persone. Negli spettacoli «in costume» si vedono spesso uomini e donne portarsi al naso dei fazzoletti: sono, appunto, imbevuti di profumo per coprire odori sgradevoli. Dato l’orrore che si prova al pensiero di lavarsi, le tinozze da bagno sono rarissime, anche nella case più ricche; visto l’uso sporadico che se ne fa, non è comunque difficile procurarsene una a nolo, quando occorra: a Parigi se ne può noleggiare una di rame per 20 soldi, una di legno per la metà.

L’abbigliamento, sia maschile che femminile, mostra benissimo il gusto per l’esteriorità, l’abbondanza e la stravaganza: sembra incredibile la quantità di indumenti che un uomo o una donna sono in grado di indossare; basti pensare che, per ornare un abito maschile, possono occorrere anche 400 metri di nastro. Molto usati sono gli ampi colletti di tulle ricamato, mantenuto rigido da un’armatura di sottile filo di ferro; abbiamo poi calze ricamate, confezionate con le prime macchine per tessere, tanto care che possederne tre paia è un segno di benessere economico; o scarpe per donna dette «all’italiana», col cuoio bianco della tomaia traforato e le stringhe di seta rosa. Le donne veneziane vanno in giro con un’acconciatura tipica, detta «a corna» per la forma a corna che assumono due «protuberanze» dei capelli. È probabile, però, che, per la maggior parte delle persone, gli abiti indossati rappresentino tutto il guardaroba; questa mancanza del cambio può essere una delle ragioni che spiega perché non si usa mutare la biancheria più di una volta al mese.

Per una signora del Seicento, appassionata all’arredamento della propria casa, una delle maggiori ambizioni è quella di ricoprirne le pareti con arazzi. Si tratta di pesanti stoffe, di dimensioni talora enormi (le stanze sono incredibilmente ampie), intessute di fili di lana, di seta, d’oro e d’argento coi quali si disegnano figure: sono dei veri e propri quadri, tessuti anziché dipinti. Ma anche il padrone di casa ha le sue pretese in fatto di arredamento, e la predilezione degli uomini va tutta per le «panoplie», decorazioni composte da armi e armature appese alle pareti – delle specie di trofei di guerra, ma comodamente acquistati nei negozi di oggetti usati. La passione per le decorazioni sovrabbondanti si rivela anche nei modesti oggetti di uso domestico, rendendo ricchi e malcomodi anche degli utensili da cucina, come ad esempio griglie, forchettoni, mestoli a forma di cuore, difficili persino da impugnare.

Il pasto dei contadini

Louis Le Nain, Il pasto dei contadini, circa 1642, Museo del Louvre, Parigi (Francia)

Le descrizioni appena fatte dei costumi, degli abiti e degli arredi in uso nel XVII secolo non devono però far credere che tutta l’umanità non faccia altro che occuparsi di frivolezze, scambiarsi cortesie e sfoggiare abiti sontuosi. Alla vita appariscente e dispendiosa dei nobili, dei mercanti e di quanti altri (non molti) possono permettersela, fa da contrasto l’esistenza misera del resto della popolazione. Il quadro di un pittore francese, Louis Le Nain, vissuto appunto nel Seicento, dà assai bene l’immagine dello stato in cui sono ridotte le classi più povere, operai e contadini. Il quadro è intitolato Il pasto dei contadini, ma sulla tavola si vede solamente un gran pane nero; i visi, precocemente invecchiati, esprimono tristezza e fatica; gli abiti sono poco più che cenci; l’ambiente è squallido. Quello che il pittore ha raffigurato è il ritratto veritiero di un’umanità che lotta faticosamente e quotidianamente contro la fame e che non ha altre preoccupazioni all’infuori del nutrirsi. Ma non è solo il XVII secolo che presenta un simile desolante quadro di vita domestica: si dovrà giungere fino al primo dopoguerra perché la gran parte della popolazione riesca ad annullare quasi ovunque, perlomeno in Italia, queste tristi condizioni di vita.

(novembre 2018)

Tag: Simone Valtorta, vita domestica nel Seicento, barocco, arazzi, panoplie, galateo nel Seicento, Louis Le Nain, Il pasto dei contadini.