Creati uguali
Il problema della schiavitù negli Stati Uniti dell’Ottocento attraverso l’analisi di John Steinbeck. Per liberarci da alcuni «luoghi comuni» ancora molto radicati nella nostra coscienza

Oggi noi crediamo che la schiavitù sia un crimine e un peccato, possiamo credere che la schiavitù sia sempre stata un delitto ed un peccato, anche se l’abbiamo ignorato in alcuni periodi precedenti.

Nessuna cosa potrebbe essere più lontana dalla verità; il nostro atteggiamento attuale verso la schiavitù è entrato nel nostro ordine d’idee meno di due secoli fa. Noi consideriamo lo schiavismo una negazione della dignità dell’uomo; ma la dignità umana non è stata mai più elevata o più tesaurizzata che nella Grecia dell’Età dell’Oro, quando i soli Ateniesi che non avevano schiavi erano quelli troppo poveri per possederne e per conseguenza erano costretti a divenire essi stessi schiavi.

Dagli inizi della storia conosciuta, i grandi Imperi si sono formati, sono cresciuti, hanno conquistato, eretto i loro monumenti duraturi e scolpito la loro immortalità interamente attraverso l’uso degli schiavi. E quando i continenti gemelli del Nord e Sud America si aprirono al mondo, non ci fu altro problema che quello di servirsi del lavoro degli schiavi per preparare, pettinare e ingentilire la loro terra asperrima con i suoi climi avversi.

I popoli indigeni furono utilizzati il più possibile nell’America Latina, ma c’è stata sempre una notevole difficoltà a servirsi degli Indiani come schiavi: era la loro terra, quella, ed essi lo sapevano; con i loro vicini e i loro compagni di tribù, gli Indiani erano portati a ribellarsi e a difendersi.

L’apertura dell’Africa al commercio degli schiavi risolse il problema: gli uomini, le donne e i bambini negri furono rinchiusi come greggi, trascinati sulla costa, incatenati a centinaia in specie di canili sotto coperta e trasportati – almeno quelli che riuscivano a sopravvivere – nel nuovo continente. Durante questo processo, essi persero non soltanto la loro natura indigena, ma anche la loro identità, i loro nomi, le loro famiglie e qualunque possibile avvenire.

Mentre la concentrazione degli schiavi si faceva sempre più grande in quelle parti dell’America dove l’uso di quella manodopera era più pratico, divenne palese una delle sua manifestazioni impratiche. Gli Spartani che erano stati superati in numero dai loro Iloti erano sempre stati nel pericolo di una rivolta; nel Sud degli Stati Uniti il problema del controllo degli schiavi divenne manifesto appena il numero dei negri li pose in grado di qualunque genere di resistenza. Non c’è modo di impedire ad un uomo di soffrire della sua schiavitù, il meglio che una comunità proprietaria di schiavi possa fare è di mostrare quanto la resistenza sia inutile e disperata. Un metodo di conseguire questo scopo è quello di lavare il cervello di uno schiavo sin dall’infanzia, inculcandogli la convinzione della sua inferiorità, stupidità, debolezza e irresponsabilità. Un altro metodo è di combattere la resistenza al suo nascere e punirla spietatamente; un terzo, spezzare i vincoli che legano le famiglie e gli amici fra loro, così che non possa formarsi nessuna associazione tribale e tanto meno stabilirsi; e il quarto, e forse il più importante, tenere ad ogni costo gli schiavi lontano dalla minima istruzione, con i suoi inevitabili interrogativi e rapporti. Tutti questi metodi furono usati e tuttavia c’erano ancora rivolte di schiavi, alcune di proporzioni molto serie.

Studiosi di quello che si chiama comunemente lavaggio del cervello concordano sul fatto che esso non giunge profondamente nell’intimo della coscienza e che i suoi effetti scompaiono a meno che la sua pressione non sia mantenuta. Il proprietario di schiavi che per lavoro, atteggiamento mentale e attività sosteneva di continuo: «Io non ho paura di voi negri perché siete inferiori a me, spiritualmente e mentalmente», era come un uomo che gridi di non aver paura del buio, senza sapere che non ne parlerebbe nemmeno se non ne avesse paura. Nel Sud questa paura dei negri divenne profonda nella popolazione bianca e restò profondamente racchiusa nell’intimo mediante l’insistente ripetizione della loro inferiorità. Ma uno dei paradossi della schiavitù è che, per la sua stessa natura, lo schiavo diventa più forte del suo padrone. Eccolo là a fare il lavoro più duro, più estenuante, più pericoloso e sgradevole invece del padrone. Inoltre, in breve uno schiavo perde valore come proprietà se è menomato fisicamente, debole o malato; non soltanto diventa inutile per il suo padrone, ma è privo di valore per essere rivenduto. I negri catturati in Africa e trasportati in condizioni raccapriccianti fino alla costa erano costati perdite considerevoli ai trafficanti, perché i più deboli fisicamente morivano, li ammazzavano i selvaggi o venivano ammazzati durante le rappresaglie o i tentativi di fuga, i deboli spiritualmente morivano di puro crepacuore e di disperazione. Poi erano soggetti alle molte malattie dei climi e dei Paesi nuovi e soltanto quei negri che possedevano un certo potere immunitario riuscivano a sopravvivere. Di conseguenza, coloro che non avevano la scaltrezza di nascondere i loro sentimenti e di prendere tempo venivano uccisi, e infine una dieta di cibi rozzi e naturali in quantità minime e una dieta scarsa di zuccheri e di grassi fece per loro ciò che qualunque dottore sconsiglierebbe ai suoi pazienti deboli. Frattanto, una carenza completa di assistenza medica ridusse gli schiavi a curarsi con erbe e infusi calmanti, insieme con la potente salute psichica della religione. Infine, il fatto di trovarsi sempre in presenza di un nemico attivo e anche troppo armato diede ai negri una comunione di spirito e una fiducia reciproca che i bianchi hanno avvertito vagamente soltanto in tempo di guerra, quando si sono sentiti assediati.

Nel Sud prebellico, si sapeva in generale che i negri erano, più o meno, fisicamente forti e virili e che, con gente fisicamente molto forte, erano fisicamente potenti e attivi. Ciò aggiunse un altro piano alla torre della paura; si riteneva che i negri erano appunto soltanto questo – forti e dominati dalla sessualità – e il fatto che questa stirpe forte e resistente si fosse sviluppata attraverso la selezione non è mai passato per il capo dei bianchi del Sud.

Non è stato per gentilezza, o per moralità o per delicatezza di sentimenti che i bianchi hanno tenuto la schiavitù lontano dagli Stati del Nord nell’Ottocento, ma per motivi economici.

C’erano alcuni schiavi nelle città e nelle grandi tenute agricole e molte navi che avevano trasportato i loro miseri carichi di infelici dalla Costa d’Oro fino ai concentramenti di schiavi del Sud erano proprietà, comandate e governate dai bianchi della Nuova Inghilterra. Ma le tenute agricole della Nuova Inghilterra, minuscole, povere, rocciose, non erano in grado di mantenere degli schiavi. È facile essere contro qualche cosa di cui non si ha bisogno e da cui non si può trarre giovamento. Ma gli yankee abolizionisti erano giunti all’idea che la schiavitù fosse un male? Forse la vena puritana così profondamente impressa dai Padri Pellegrini nelle anime dei loro discendenti non poteva tollerare l’idea di climi caldi, di raccolti lussureggianti e di benessere, le comodità e il lusso delle immense piantagioni del Sud. I Pellegrini odiavano queste cose nella Chiesa e nella Corona d’Inghilterra e ne diffidavano in America; e se la schiavitù era la base di questo genere di vita, la schiavitù era un male, il peccato. Ne seguiva che gli schiavi dovevano essere innocenti e buoni. Nel Sud molti proprietari di schiavi avevano cominciato a dubitare del valore dell’istituzione e lentamente cominciarono a liberarsi dei loro schiavi, sia vendendoli sia attraverso l’emancipazione.

Quindi la potenza della disapprovazione del Nord si abbatté sopra il Sud. Tutti i proprietari di schiavi erano uomini malvagi e brutali, così ne derivò il fatto che i Sudisti dovettero difendere la schiavitù per difendere se stessi. I negri americani d’anteguerra, se avessero potuto conoscere la loro doppia immagine, sarebbero rimasti molto confusi. Per gli yankee il negro era una creatura maltrattata, brutalizzata, sempre affamata, quasi una figura eroica ma mai, in nessun caso, un uomo simile agli altri uomini. Per l’uomo del Sud il negro era un animale stupido e pigro, pericoloso, scaltro, imbroglione, ladro e lascivo.

Negli anni che precedettero il 1861 il Nord e il Sud, avvicinandosi la guerra, ebbero parecchie discussioni e litigi se i nuovi Stati dovessero essere schiavisti o liberisti, ma gli schiavi non furono mai presi in considerazione e dopo anni di distruzione e di morte fu promulgata la grande Proclamazione di Emancipazione, fu dichiarata secondo il momento e annunciata non come strumento di libertà, ma come misura militare, volta a confondere e sgomentare il Sud già vacillante. Non sappiamo quello che Lincoln avrebbe fatto o avrebbe potuto fare per spianare la strada della transizione, se fosse vissuto ancora. Ciò che accadde fu spaventoso.

Milioni di schiavi, sbalorditi e senza aiuto uscirono nella luce abbagliante della libertà, e non erano più adatti o preparati a quella libertà di quel che sia un uomo che ha passato la vita in prigione e si trova costretto ad affrontare complicazioni, incertezze e le responsabilità del mondo esterno. Se fosse stato dato il tempo di abituarsi, adattarsi alla transizione; se il Sud fosse stato in grado di capire che quel cambiamento era necessario e inevitabile e se l’avesse messo in moto localmente e lentamente, la storia avrebbe avuto un altro corso.

Ma l’emancipazione fu imposta sul Sud e i Meridionali bianchi si trovarono circondati da un nemico vendicativo, selvaggio ed incapace. Il bianco non aveva più nessuna responsabilità del negro; doveva soltanto pensare a difendersi e a proteggere la sua famiglia e i suoi vicini.

Gli Statunitensi del Sud hanno per tutta la loro storia dato prova di possedere doti militari.

Si sono battuti nella Guerra Civile con coraggio ed ingegnosità incredibili e resistito col puro spirito alla schiacciante superiorità numerica e logistica dei Nordisti. Quando alla fine furono sconfitti e gli schiavi liberati contro la loro volontà, il Sud reagì come una Nazione militare quando è sconfitta, circondata, occupata e soggetta ad infiltrazioni ostili. Inventò una nuova specie di guerriglia e continuò senza perder tempo a combattere. I suoi ordini segreti e precisi tendevano a mantenere una pressione costante di terrore sui negri sbalorditi ed infuriati.

Mantenere la «legge e l’ordine» significava mantenere uno stretto e feroce controllo sui negri a mezzo della forza armata, imponendo il rispetto delle leggi da parte di ufficiali scelti da bianchi, in particolare quelle leggi che negavano ai negri il diritto di legiferare. E i rappresentanti sudisti presso il Governo Nordista svilupparono una tecnica di controllo da parte della minoranza mediante l’infiltrazione di comitati legislativi, mentre il loro uso brillante dell’ostruzionismo sbarrò quasi ogni via d’indagine e di rinnovamento.

Gli sforzi dei Sudisti riscossero enormi successi; gli emendamenti alla Costituzione, che garantivano ai negri la libertà e il diritto di partecipare al Governo, furono completamente annullati dalle usanze locali, dalle locali leggi e dagli ufficiali preposti al rispetto della legge, così che per quasi cento anni i negri, che spesso superavano di numero i bianchi, non furono né emancipati né liberati. Scuole, ambienti, professioni e privilegi bianchi furono negati ai negri. Ogni infrazione della legge provocò un tipo di punizione per i negri e un altro per i bianchi, mentre ogni organizzazione designata all’auto-protezione del negro fu spietatamente infranta e dispersa dalla legge, ogni qual volta fosse possibile e con la tattica del terrore segreto quando la legge non bastava. La schiavitù fu sostituita dalla servitù del debito, della necessità, dell’ignoranza e della continua imposizione del ricordo dell’inferiorità negra.

È vero che dei negri erano liberi di andarsene altrove, se volevano e potevano, e molti lo fecero, solo per trovare che il Nord, che aveva combattuto per la loro emancipazione, non li voleva accogliere se non alle stesse condizioni dal Sud.

Durante la Ricostruzione, quando molti negri furono eletti alle legislature di Stato, votarono a favore di cose per le quali non avevano mai votato, e tra queste figurava l’istruzione.

Nei pochissimi e brevi anni della partecipazione negra alla Ricostruzione del Sud, leggi sulla scuola furono emanate più numerose di qualunque momento prima o dopo di quello. E quando i legislatori negri furono cacciati a pedate dalla carica e scavalcati dal potere crescente dei bianchi, queste leggi furono tolte dai libri. La rabbia dei bianchi era tale che la stessa parola «scuola» parve essere bandita e molte scuole del Sud, che un tempo erano state molto apprezzate, scivolarono in un’ombra dalla quale non sono ancora emerse.

È una cosa semplicemente pazzesca: i bianchi negavano a se stessi i dolciumi, per timore che qualcun altro potesse averne una parte!

Oggi, a più di cento anni di distanza, i negri americani stanno elevandosi verso l’uguaglianza che fu promessa loro e non fu data nel 1867.

I dirigenti negri sono per la maggior parte istruiti, sanno di letteratura, meditano e in generale sono uomini esperti. La capacità di penetrazione del movimento, basata sulla religione, ha quasi la disciplina e la forza della stessa religione. E oggi i negri hanno accesso alla ricchezza e alla capacità di distribuirla. Uomini d’affari in tutta la Nazione si sono finalmente accorti del fatto che ciò che è male per i negri alla fine è male anche per il mondo degli affari e così per l’America tutta.

Nella continua pressione delle cause negre, alcune persone irriflessive domandano: «Dopo tutto, che cosa vogliono i negri? Che cosa vanno cercando?». È molto semplice. Vogliono esattamente le cose che vogliono gli altri Americani: la pace, la comodità, la sicurezza e l’amore. L’essere umano vuole tutto ciò che può concepire e, mentre attraverso l’istruzione e la comprensione i suoi concetti si fanno più larghi, egli vuole sempre cose maggiori e differenti, forse anche migliori.

Non c’è da dubitare che i negri raggiungeranno la loro uguaglianza, ma l’uguaglianza secondo la legge è soltanto la parte minima dell’essere uguali.

Ciò che ferisce il negro e il sospetto profondamente radicato nel bianco sono uguagliati soltanto dalla paura e dal sospetto del bianco nei confronti del negro. E fino a quando rimarrà la minima traccia di questo sentimento, non sarà raggiunta la vera uguaglianza.

Sintesi tratta da "L’America degli Americani" di John Steinbeck
(settembre 2015)

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