Aspirina
Un farmaco eccezionale

Un farmaco che ha avuto (e continua ad avere) un successo eccezionale, senza controindicazioni per adulti (non va bene per bimbi e adolescenti), è quello denominato Aspirina, che pur non essendo altro che un comune acido acetilsalicilico, è un vero e proprio tesoro della farmacologia.

Le sue origini affondano nel lontano passato. Il più antico documento noto è quello inciso a caratteri cuneiformi in una tavoletta di argilla sumera, chiamata Ur III (cioè della Terza Dinastia Ur), risalente al 3.000 avanti Cristo. Si tratta di uno scritto medico nel quale è riportato che le piante da cui si traggono i salicilati (mirto e corteccia di salice), sono valide per diversi rimedi contro i dolori dell’uomo.

Anche Erodoto di Alicarnasso, lo storico greco che visse nel VI secolo avanti Cristo, nella sua opera Storie, raccontò che sapeva di un popolo che era resistente alle malattie più comuni e che era sua consuetudine masticare o mangiare le foglie di salice.

Ippocrate di Kos, ritenuto il padre della medicina, vissuto in Grecia nel V secolo avanti Cristo, si oppose a ogni pregiudizio relativo a influenze magiche o di natura soprannaturale sui problemi e sulle sofferenze dell’uomo e, stando con i piedi per terra, narrò (come si ritrova nei suoi scritti noti come Corpus Ippocraticum) che era prassi estrarre dalla corteccia del salice una polvere amara, che aveva il privilegio di calmare il dolore e di far diminuire la febbre; inoltre, egli suggeriva alle partorienti di bere infuso di foglie del salice o liquido estratto dalla sua corteccia, per combattere le doglie del parto.

Notizie analoghe sono legate ai Sumeri, agli Assiri, agli Egizi.

Nella prima metà del I secolo dopo Cristo, il Romano Aulo Cornelio Celso, famoso soprattutto quale enciclopedico, scrisse il libro De Medicina, nel quale descrisse le cause che, secondo lui, provocano infiammazioni: queste sono «calor», «dolor», «tumor» e «rubor», cioè «calore», «dolore», «gonfiore» e «arrossamento», e ne propose la cura utilizzando estratti di foglie di salice. Da ciò si può ritenere che sia stato il primo a usare foglie di salice approfittando delle loro proprietà antinfiammatorie.

Sempre nello stesso secolo, a Roma, durante l’Impero di Nerone, il medico e botanico greco Dioscoride Pedanio (che è stato posto da Dante nel limbo dell’Inferno e ricordato come un «buon accoglitor delle qualità delle piante»), nella sua opera De materia medica dedicò un capitolo intero alle proprietà del salice per curare i dolori alle orecchie e ai fianchi, per risolvere problemi alla vista, per alleviare i disturbi dovuti alla podagra. Il trattato Sulle erbe mediche, un erbario, fu di sponda a molti medici sino al XVII secolo, quando fu abbandonato quando nacque la medicina moderna.

Quando gli Europei raggiunsero l’America, dopo la scoperta di Colombo, seppero che da secoli le tribù indigene usavano infusioni di corteccia e foglie di salice bianco per alleviare i dolori articolari e reumatici.

Nel Medioevo – chissà perché – tale uso era riservato alla gente di campagna, finché a un certo momento la raccolta dei rami di salice addirittura fu proibita per riservarla alla produzione di canestri.

Un giorno del 1757, il reverendo inglese Edward Stone, che soffriva di «agues» (un termine di cui non ho trovato la traduzione in italiano, ma che descrive uno stato febbrile nel quale si verifica una successione avvicendata di febbre, brividi, sudorazione, come capita a chi ha la malaria), passeggiando nella campagna di Chipping Norton, un paese della contea dell’Oxfordshire, per curiosità masticò un pezzetto di corteccia di salice e, invece di buttarla disgustato giacché si era dimostrata estremamente amara, pensò alla corteccia dell’albero di china peruviana («Cinchona»), dalla quale si estrae il chinino, un alcaloide utilizzato fin dal XVII secolo dagli Spagnoli quale antipiretico, analgesico e soprattutto antimalarico. «Chissà» – si chiese – «se anche questa pianta potrebbe essere utile per fornire un antidolorifico». Per chiarire questa riflessione, approfondì lo studio e da un chilogrammo di corteccia di salice ricavò una polvere, che fece sperimentare a una cinquantina di persone: il risultato fu soddisfacente, per il fatto che si dimostrò valida nella cura dell’«agues». Insomma, per lui fu un giorno fortunato, giacché scoprì l’acido salicilico, il principio attivo che portò più tardi all’aspirina. Così, ne diede l’annuncio ufficiale attraverso una lettera (tuttora esistente) inviata al presidente della Royal Society George Parker, conte di Macclesfield.

La sostanza suscitò moltissimi interessi, e gli studi in merito si susseguirono. Nel 1828, si approfondirono gli esami sulla corteccia del salice bianco («salix alba») da parte del Tedesco Johann Andreas Buchner, il quale dalla bollitura di corteccia di quella pianta ottenne una massa gialla che chiamò «salicina».

Con il miglioramento del processo eseguito nel 1830 da Henri Leroux, un chimico francese, la salicina ottenuta dalla corteccia di salice divenne più pura e in quantità superiore.

Interessanti furono gli studi del chimico calabrese Raffaele Piria che a Parigi, dov’era emigrato, nel 1856 dimostrò la possibilità di passare dalla salicina all’acido salicilico, rendendolo meglio utilizzabile e facilitandone la produzione industriale.

Nel 1860, nell’Università di Marburgo nell’Assia tedesca, il professor Hermann Kolbe con la collaborazione di suoi studenti, riuscì a sintetizzare l’acido salicilico (del resto estratto anche da diverse altre sostanze), introducendolo sul mercato del settore a un prezzo una decina di volte inferiore a quello del prodotto estratto dalla salicina.

Nel 1853, sempre in Francia, il chimico Charles Frederic Gerhardt riuscì a combinare l’acido salicilico con sodio e cloruro di etile, ottenendo una sostanza detta acido acetilsalicilico. Peccato che non ne abbia intesa l’importanza e non sia andato avanti su una strada tanto promettente.

Nel 1876, poi, scienziati tedeschi, capeggiati da Franz Stricker e Ludwig Riess, pubblicarono i risultati delle terapie fondate su sei grammi di salicilati sulla rivista inglese «The Lancet».

Nel 1897, Felix Hoffmann e Arthur Eichengrün ripresero i risultati di Gerhardt e prepararono un composto, detto acido acetilsalicilico, meno aggressivo: insomma l’Aspirina era definitivamente nata. Hoffman, tutto soddisfatto, nel 1899 era pronto a lanciare sul mercato il suo prodotto e, malgrado la contrarietà espressa dal suo superiore Heinrich Dreser, che puntava su un altro preparato, con l’appoggio del responsabile del lancio del nuovo prodotto Arthur Eichengrün, la spuntò e si preparò il tutto per immettere la sua creatura sul mercato farmaceutico.

Nel frattempo la Bayer avviò la distribuzione del nuovo farmaco ai medici, con l’invito a farlo provare ai loro pazienti.

Così, dopo una serie di sperimentazioni che hanno dato tutte esito positivo, la Bayer tedesca depositò il marchio Aspirina (nome che risulta dalla unione di «a» per acetil, «spir» dal fiore «spiraea ulmaria» dal quale si estrae l’acido salicilico, e «ina» per i farmaci scoperti in natura) il 1° febbraio 1899, mentre il 6 del mese successivo fu registrato nell’elenco dei marchi di fabbrica dell’Ufficio Brevetti di Berlino, come medicamento antipiretico.

A proposito del nome attribuito al medicinale, c’è una leggenda napoletana secondo la quale esso derivò dal nome Aspreno, il primo Vescovo di Napoli e patrono di chi soffre di mal di capo. Si racconta, infatti, che quando un cittadino era tormentato dal dolore di testa, si recasse nella chiesa a lui dedicata posta nei pressi di Piazza della Borsa e inserisse il capo rasato contro la nicchia dove erano conservate le sue reliquie, ricevendone beneficio. Durante una visita a Napoli, l’amministratore delegato di allora della Bayer, attratto dalla notizia, decise di dare al farmaco il nome Aspirina come analgesico.

Nel 1915, durante la Prima Guerra Mondiale, l’aspirina venduta in compresse divenne il prodotto farmaceutico da banco maggiormente noto e utilizzato nel mondo.

Purtroppo per la Bayer ci furono avversità. Nel 1917 ci furono parecchi produttori del farmaco che ne usarono sia il nome sia la formula, prima della scadenza del brevetto. Poi, come conseguenza della Prima Guerra Mondiale, gli Alleati vendettero le sue proprietà. Nel 1918, la ditta Sterling Drug Inc. acquistò il titolo per chiamare il suo prodotto «Aspirin», nome che anche altre case farmaceutiche usarono senza incertezze, finché nel 1922 la Corte Federale Statunitense sentenziò che «Aspirina» era il nome generico di un farmaco non più soggetto a brevetto.

A quel punto, era diventata il farmaco maggiormente venduto al mondo, quale antipiretico, analgesico, antinfiammatorio, tanto che nel 1950 entrò nel Guinness dei primati. E, come se non bastasse, nel frattempo si erano individuate nuove possibilità di impiego (reumatismi, mal di denti, mal di testa, nevralgie, raffreddore, febbre, eccetera): insomma, un rimedio... tutto fare.

Quando, il 12 luglio 1969, l’astronauta americano Neil Armstrong fu il primo uomo a scendere sulla luna, la Bayer, venuto a sapere che il dottor Charles Berry, direttore sanitario della NASA (Ente Aeronautico e Spaziale Statunitense), aveva inserito l’Aspirina nell’armadietto di pronto soccorso del modulo lunare Apollo XI, ebbe a commentare il fatto come segue: «Senza dubbio l’Aspirina sarà usata per sempre come rimedio universale».

A conclusione della storia dell’Aspirina si può ricordare l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che ha espresso il parere che essa sia un medicinale «indispensabile per la salute dell’uomo». Del resto, i quantitativi di questo prodotto venduti nel mondo e consumati ogni anno lo dimostrano: sono valutati in 40.000 tonnellate.

(ottobre 2021)

Tag: Mario Zaniboni, Aspirina, acido acetilsalicilico, farmacologia, Ur III, corteccia di salice, Erodoto di Alicarnasso, Ippocrate di Kos, Corpus Ippocraticum, Aulo Cornelio Celso, De Medicina, Dioscoride Pedanio, Dante, De materia medica, Sulle erbe mediche, Edward Stone, china peruviana, George Parker, Johann Andreas Buchner, Henri Leroux, Raffaele Piria, Hermann Kolbe, Charles Frederic Gerhardt, Franz Stricker, Ludwig Riess, Felix Hoffmann, Arthur Eichengrün, Bayer, Aspreno, Neil Armstrong.